Friday, 30 August 2013

Indiscutibili virtu'

   Jeremy Paxman, nel suo bel libro The English: A Portrait of a People, elenca una serie di virtu' collettive a suo dire indiscutibili, su alcune delle quali pero' e' forte proprio la tentazione di discutere. Per esempio, scrive: "Cio' che [negli inglesi] e' rimasto costante e' una grande insofferenza nell'essere troppo osservati o controllati, l'amore per la liberta', l'energia; un interesse modesto per l'attivita' sessuale, almeno a paragone con i popoli vicini; una strenua fiducia nel valore dell'educazione per la formazione del carattere; molta delicata considerazione per i sentimenti degli altri; un forte attaccamento al matrimonio e all'istituto familiare.
   Questa delicatezza per i sentimenti degli altri (consideration and delicacy for the feelings of other people) e' probabilmente vera nei rapporti interni, molto meno in quelli con gli stranieri.

I segreti di Londra, Corrado Augias


   "But then he was Chiatze, and we are a people who understand sensitivy." Zhusai said.
   "I have found in my life", Talisman replied, "that people who boast of their sensitivity are sensitive only to their own needs, and utterly indifferent to the needs of other."

The Legend of Deathwalker, David Gemmell


   "We speak much of honour," said Fanlon sorrowfully, "but in reality it is in short supply. It always was."

The Legend of Deathwalker, David Gemmell


Delle altre indiscutibili virtu' non parlo, almeno non stasera perche' sono troppo pieno di rancore.

Thursday, 29 August 2013

Gastroarcheologia

Se ci fate attenzione, noterete che a Londra e' difficile trovare un ristorante. Ma cosa dici? esclamera' qualcuno. Fateci caso, non potete vedere un'insegna con semplicemente scritto "Restaurant". Sara' sempre roba tipo "The Bombay Kamasutra, Indian Restaurant", oppure "J-J the Trojan, Italian Restaurant" (questo era, al secolo, Gigi il Troione che dopo trasferitosi a Londra, da bravo Britalian, cerca di mascherare le sue origini da un lato mentre le propaganda dall'altro come garanzia di qualita'). E poi Greek Restaurants, Mexican Restaurants, Turkish, Pakistan, French e via dicendo. Ma non il semplice restaurant indice di cucina locale. La cucina tradizionale inglese pare sia stata spazzata via da ere geologiche, uniche rimanenze i fish and chips shops. Tant'e' vero che, preannunciando ai miei colleghi al lavoro l' intenzione di andare a mangiare in un "traditional British food restaurant", mi hanno risposto: "Where? At the fish and chips shop at the corner?"

Se la cucina inglese non solo non si e' diffusa nel mondo ma e' anche andata sparendo da Londra (ma quasi quasi mi azzardo a dire dall'Inghilterra) ci sara' un perche'. Buona o cattiva che sia la cucina, ho sempre avuto voglia di provarla. Come posso parlare male di qualcosa che non conosco? I suggerimenti ricevuti fin'ora da utenti stabili sul territorio londinese da un decennio circa si sono sempre rivelati farlocchi. Un'occhiata al menu' dei locali indicatimi e' stata sufficiente per scartare ogni suggerimento: caviale, cibi con nomi tahilandesi, pretesa pasta italiana, foie grass, asparagi e sashimi. Questo e i commenti di varie persone porterebbero a pensare, in realta', che la cucina inglese non abbia mai avuto un gran che da offrire, e i nomi piu' fantasiosi in cui sono incappato nascondevano in realta' una pochezza estrema. I Faggots in gravy (letteralmente Froci al sugo) altro non e' che un mash di patate con salsina (patate schiacciate con la onnipresente brown sauce); il Toad-in-the-hole (Rospo nel buco) sono salsicce, sebbene fatte al forno insieme allo Yorkshire pudding, che altro non e' che un tipo di pane (pero' l'aspetto e' invitante); lo Spotted dick (il C***o macchiato), e' un dolcetto non so quanto tradizionale dato che usa il limone (pianta non proprio locale in UK). Insomma, nella letteratura si trovano tanti riferimenti, parlando con gli inglesi ti decantano le delizie di cosi' tanti piatti "lovely and delicious" (che non capisci una beneamata mazza di come sono fatti perche' ti raccontano tutto in slang), ma arrivati al pratico trovi poco, se non sedicenti piatti tradizionali serviti nei pub che hanno tutti lo stesso sapore: meat pie, veggy pie, to' ma' pie... ma sempre lo stesso sapore. La domanda e' lecita: ma cosa mangiavano gli inglesi nel dopoguerra? Tanto per scegliere un periodo storico a caso.
Fra la Compagnia delle Indie Orientali e la Compagnia delle Indie Occidentali, la Gran Bretagna ha mosso tonnellate e tonnellate di "ingredienti" diversi, ed e' venuta in contatto con decine di culture e cucine diverse: a mio avviso qualcosa dovrebbe avere assorbito. Le basi per una varieta' inimmaginabile ci sono. Che ne e' stato, quindi, della cucina tradizionale inglese? E' scomparsa perche' le donne hanno diovuto lavorare in fabbrica fin dal Dopoguerra e non hanno piu' avuto tempo di cucinare? O questo popolo ha le papille gustative piallate come suggerisc eil loro bisogno di affogare ogni cibo in Brown e Piccalilly sauce? Da questi quesiti il desiderio di capire, quindi la necessita' di scavare nella gastronomia di Sua Maesta'. Ma dove andare, visto che non ci sono ristoranti "inglesi"?

Finalmente ho trovato un pie and mash shop che sta li' fin dal 1900 ed apparentemente serve gli stessi cibi sin da allora. Finalmente la possibilita' di provare il brivido di assaggiare le jelly eels! Non potrete dichiararvi Londeners fin quando non ne avrete mandata giu' una. Lasciamo stare che tutti gli inglesi che me ne hanno parlato hanno dichiarato che a loro fanno schifo.
Lo scorso sabato ho organizzato la missione esplorativa, ed in sei abbiamo sfidato la pioggia, a tratti torrenziale (la prima vera pioggia "buona" che ho visto in due anni-la terra e' ancora bagnata), per andare a provare qualcosa della cucina tradizionale inglese. Ci siamo recati in quel di Broadway Market, una strada piena di negozi interessanti (nulla di che, per carita'). Un ristorante che serve la Full Italian Breakfast: fresh Italian sausage with eggs, grilled pancetta,sauteed mushrooms, tomato and toasted bread (tipica, no? La colazione che facevamo tutti noi quando ancora stavamo in Italia). E poi librerie, nolleggio DVD, parrucchieri, pub e ristoranti, l'immancabile off license. Nella vetrina di quest'ultimo risaltava The Kraken, black spicy rum, con tanto di mostro marino tentacolato sull'etichetta stampata in bianco e nero. Il polacco dentro il negozio, che tra l'altro ha cercato di rifilarmi un Chianti da poco a un prezzo stratosferico, aveva il vizio di non lasciarmi finire la frase. Per un logorroico che pretende di avere sempre ragione come me e' stato un bel problema, non riuscire a mettere una frase compiuta nel mezzo dei suoi tentativi di rifilarmi vino da poco. Alla fine l'ho zittito chiedendogli un Amontillado che ovviamente non aveva: grazie Poe!



E cosi' siamo arrivati da Cooke, un negozio spoglio, con alcuni tavolini da sei posti 
ciascuno (sembravano fatti apposta per noi), 
dove abbiamo ordinato bull meat pies e jelly eels. Le due pietanze le abbiamo oculatamente 
scelte in un menu' degno dell'aspetto del negozio, 
che vantava una lista di ben due piatti differenti: bull meat pie e jelly eels. 
Il tipo dietro il bancone, il proprietario, cosi' alto che per vederlo 
ci si doveva sporgere sopra il banco, 
con un accento cosi' marcato che ci ho messo un poco per riuscire ad afferrare cosa andava dicendo, ha avuto a sua volta problemi di comprensione, ed abbiamo dovuto ripetere 
molte volte che volevamo prendere tutte e tre 
le pies rimaste piu' una porzione di anguille. 
Il suo problema, pero', non era il nostro accento. 
E' che proprio non riusciva a credere che degli 
italiani volessero mangiare le sue pies.















In conclusione, non e' che siamo arrivati a molto. Questa prima esperienza tende ad indicare che la cucina britannica, nonostante tutte le chance che ha avuto, non e' stata capace di assorbire alcun che dalle altre culture culinarie. La carne di toro sapeva di animale vecchio. Non so se avete mai provato il cavallo: quando l'animale e' giovane il sapore e' buono, ma quando e' vecchio sembra carne sul punto di andare a male (e se e' vero che qui una volta frollavano la carne per tre giorni...). La pie era cucinata bene, la sfoglia era anche buona, ma il macinato di carne con quei sapori non ben catalogabili qualche dubbio me lo ha lasciato, e solo il potato mash annaffiato di chilly vinegard o brown sauce ha salvato la situazione. Le anguille in gelatina, invece, erano una cosa misera, al sapore di fondale di fiume che neanche la carpa o lo zoccolo cresciuti nello specchio d'acqua italiano piu' fangoso e melmoso riescono ad acquisire, servite in una brodaglia verde chiamata liker (pronuncia likaa), che doveva essere una zuppa di piselli, ma che era totalmente priva di sapore cosi' com'era priva di sale. Una delle ragazze ha quasi sputato il boccone, e solo le sue estreme buone maniere da nordica italica le hanno impedito di performare il desiderato atto.

Un po' di buone maniere devo averle imparate: quando il proprietario mi ha chiesto se mi erano piaciute le anguille, ho risposto "They are not my cup of tea" (per forza, erano anguille, mica te' -.-), invece di rispondere che erano una cagata pazzesca come avrei risposto pochi anni fa. Sto acquisendo un po' di quelle buone maniere britanniche, cosi' "polite" e cosi' ipocrite. Io, a mia volta, gli ho chiesto quanti anni aveva la bestia quando era stata macellata (quanti anni sono passati prima che ce la servisse non lo volevo sapere), e la sua risposta e' stata: "I have no idea!" Grande! Manco sai cosa dai da mangiare ai tuoi clienti. 
Dato che non c'erano speranze di avere informazioni sulla tracciabilita' di cio' che avevamo ingerito, siamo finiti a parlare dei "vicentin magna gati" e di Berlusconi, a cui "piacciono le belle ragazze" (detto con accento londinese). Certo, come a Bill Clinton e Francois Hollande, per dirne due che son stati beccati con le brache calate. Anche se a dire il vero Clinton le preferisce un poco "grassottelle". Per non dire "ciccione" come scrisse la Oriana Fallaci. Almeno ho scoperto che in passato c'erano molti italiani che andavano a comprare le anguille da lui sotto Natale.

Comunque nessuno e' stato male, anche se siamo andati subito a rifarci la bocca in un pub, dove abbiamo anche ordinato dei dolci. Anche perche' da Cooke non c'era niente da bere. Unica nota positiva, per mangiare in sei abbiamo speso 18 pounds in tutto.Credo che prima o poi un altro tentativo lo faro', anche se dubito che la prossima volta avro' gli amici a farmi il coro

Piano piano il pomeriggio e' passato, fra una chiacchera seria ed una stupida, annaffiate con birra niente male e un waffel con gelato per addolcire la delusione per altro attesa, in uno di quei pub dove ti lasciano a disposizione giochi di societa' e pure qualche libro per trascorrere le ore. Quindi e' venuto il tempo di far rientro, e ci siamo incamminati lungo Regent's Canal per tornare a Bethnal Green Station. Beh, questo, per me, e' stato il topic della giornata: il crepuscolo umido che scendeva, Victoria Park con le sue forme indistinte nel buio da un lato, le case sull'altro, che davano direttamente sull'acqua, mezze nascoste dalla vegetazione di lilla e buddleie, aceri, salici e sambuchi, alcune con un piccolo spiazzo sulla riva che faceva da approdo per la barchetta a remi. La voce di un cantante italiano che giungeva amplificata da un locale sulla sponda opposta. Potevi fingere di non essere a Londra, in quel luogo, in quel momento. 
Le case, ovviamente, in quella zona hanno prezzi inarrivabili.

Wednesday, 28 August 2013

Italiani mammoni?

Vi ricordate questa pubblicita' in cui gli italiani venivano dipinti come mammoni?



Per carita', qualcuno cosi' l'ho conosciuto. Be', quasi cosi'. E mamme che vorrebbero i figli in questo modo ce ne sono a bizzeffe. Evidentemente i norvegesi della Obo (o chi per loro), pero', non hanno mai avuto a che fare con Indiani a Pakistani, che in eta' universitaria non sono ingrado di comprarsi le mutande da soli e che anche da adulti morirebbero di fame non avessero la mamma (o la moglie, quando la mamma si e' stufata di loro) a preparagli da mangiare e imboccarli.

Ma il massimo, a quanto pare, sono i Britons, questi sedicenti campioni di produttivita', che dicono che nel Sud Europa passiamo il tempo a fare la "Siesta", confondendosi pure sui continenti perche' di geografia non e' che ne sappiano un gran che. Secondo molti di loro la Gran Bretagna "went down" (andata giu?! ma quando?) per colpa degli stranieri, che vengono qui per avere i benefits (sussidio di disoccupazione e assistenza sociale) o vengono assunti solo perche' accettano paghe piu' basse. Chissa' perche', allora, io sono fra 85 giardinieri quello piu' pagato. Ma torniamo alle mamme. Quelle inglesi, pero'.

He said that he had mothers telephoning him to say that their sons were “too tired”.

Questa frase l'ha detta Jaime Oliver, lo chef di Food Revolution (vi consiglio di darci un'occhiata, smetterete di mangiare tante schifezze, dopo). Ma ecco l'articolo per intero:

Jamie Oliver Says British Workers

 'Whinge'

Jamie Oliver courts controversy by saying that European immigrants are "tougher" than British workers who whinge about long hours.



The television chef, Jamie Oliver, has said that if his restaurants had to rely on British staff rather than European immigrants they would close.

Oliver said that immigrants were "stronger" and "tougher" than their British counterparts who tended to "whinge" about too long hours.

He said that he had mothers telephoning him to say that their sons were “too tired”.


In his latest comments, the 38-year-old told Good Housekeeping magazine: "The average working hours in a week was 80 to 100. That was really normal in my 20s. But the EU regulation now is 48 hours, which is half a week's work for me. And they still whinge about it!"British kids particularly, I have never seen anything so wet behind the ears!

"I have mummies phoning up for 23-year-olds saying to me, 'My son is too tired'. On a 48-hour-week! Are you having a laugh?"

He told the magazine: "I think our European immigrant friends are much stronger, much tougher.

"If we didn't have any, all of my restaurants would close tomorrow. There wouldn't be any Brits to replace them."

Oliver, whose restaurants include Fifteen, which helps the young unemployed, and more than 30 UK branches of Jamie’s Italian, said: "It's all very well when people are slagging off immigration and I'm sure there are problems.

"Older people always complain about youth and I think it's a good thing because it is always changing. The young will be better at different things. But long hours in hot kitchens is not one of them!"

Con buon pace di tanti.



Monday, 26 August 2013

Per chi cerca lavoro in UK

Riporto, appena appena rimaneggiati, un paio di commenti che ho fatto sul forum di ItalianiaLondra, che chi fosse interessato puo' leggere interamente qui.

Forse ho una visione troppo limitata del mondo del lavoro e della societa' britannica per darvi una visione corretta della cosa. Ma la mia impressione e' che il nepotismo, e "gli amici degli amici", ci sono sempre stati anche qui. Solo che nella marea di offerte di lavoro che c'erano una volta non si notava che i "soliti noti" erano stati accomodati per primi. Io vedo tanti di casi di idioti patentati che hanno accesso a master e phD nelle migliori universita' di Londra quando non dovrebbero essere nemmeno presi in considerazione per studiarci, o che trovano ottimi lavori in tempi brevissimi quando persone con CV e capacita' decisamente superiori e provate sono totalmente ignorati per le stesse o simili posizioni. Io do un consiglio a chiunque legga: levatevi dalla testa che qui esista la meritocrazia. E' solo una balla. Se fosse vero, come gia' o scritto qui, dovrebbero esserci i migliori a dirigere qualunque settore, quindi tutto dovrebbe filare liscio ed essere al top, dalla sanita' alla scuola, dai treni alla viabilita' e cosi' via. Invece disorganizzazione, sprechi e malfunzionamenti sono all'ordine del giorno.  
Provate a guardare la cosa da un ottica differente da quella a cui siete abituati. Non guardate a come fosse la situazione poco tempo fa, ma cercate di vedere i cambiamenti che stanno avvenendo e quali possono essere state le circostanze che hanno condotto a determinate situazioni. Pensate che gli "uomini sono tutti uguali", ma che in situazioni differenti agiscono diversamente, al punto da sembrare fatti di paste diverse. 
UK ha avuto, fino a pochissimo tempo fa, una sovrabbondanza di offerte di lavoro che neanche l'immigrazione riusciva (fino allo scoppio della crisi dell'Euro, ma che caso...) a supplire. In questo mare di offerte chiunque trovava una collocazione, chi aveva un minimo di buona volonta' saliva di livello, chi aveva delle capacita' saliva molto piu' degli altri. Viene da se' che anche le paghe erano elevate. Questa situazione tutt'ora permane nei settori altamente qualificati come l'IT; e' completamente scomparsa, pero', da quelli bassamente qualificati (pulizie, alberghi, etc.) o cosiddetti non qualificati(giardinaggio, agricoltura), dove il trattamento riservato ai dipendenti e' oramai lo stesso dell'Italia. Aggiungeteci che l'economia britannica ha da sempre mosso capitali maggiori di quella italiana, quindi gli sprechi e la malgestione non erano evidenti. Ma questa maggiore ricchezza non ha mai migliorato le condizioni della working class: a Prato negli anni '70 e '80 un operaio poteva comprarsi la prima casa ed arrivare a comprare quella al mare; mia madre non ha mai dovuto lavorare; figli d'operai potevano andare all'universita' (magari con qualche sacrificio, ma nn cosi' grandi tenuto conto di quanto altro la famiglia aveva). Qui, mentre le universita' mettono lavagne elettroniche in ogni stanza, pure quelle vuote, le tasse agli studenti sono state alzate da 3000£ a 9000£ all'anno; gli ospedali, a fianco di poche strutture eccellenti, ne hanno altre che sono allo stesso livello dei piu' infimi ospedali italiani (leggie stesso dicasi per l'assistenza agli anziani (leggi); le poste reali stanno per andare in sciopero, perche' mentre ai lavoratori tagliano paghe e allungano gli orari al management hanno distribuito piu' di 15mln di pounds in benefits (leggi). E questi giusto per fare qualche esempio. Se guardate ai lavori artigianali vedrete che vengono rifatti 3 o 4 volte per non essere mai fatti come dovrebbero, lo stesso dicasi per il settore edile. 
Circa  un mese fa mi e' capitata per le mani una petizione per provare a fermare una legge che autorizzerebbe i Parlamentari a prendere personale per le internship senza pagarli (per legge se e' un' internship deve essere pagata, poco o tanto che sia, altrimenti devi classificarla volontariato e le regole sono diverse). Insomma, sembrerebbe che qui stia per diventare peggio che in Italia per i portaborse, dove almeno, sebbene a nero, sono pagati.
Voglio farvi notare un'altra cosa: quando uno stato, o una societa', vede la necessita' di creare leggi specifiche contro un ben determinato atteggiamento, tipo la discriminazione sul lavoro per sesso o razza, significa che tale atteggiamento e' profondamente e fortemente radicato e sta creando grandi problemi. Fra tutte le varie leggi antidiscriminazione, antirazziali, etc., c'e' anche quella che obbliga le ditte a pubblicizzare ogni posizione lavorativa e raccogliere minimo 3 curricula. Legge ovviamente inutile, che fa solo perdere tempo ai jobseekers e li illude di poter accedere a buone posizioni manageriali. Puntualmente i curricula raccolti sono accuratamente scelti fra chi avrebbe le capacita' ma non ha esperienza per tale posizione, cosi' che la ditta possa dire di aver cercato ma che nessuno sufficientemente qualificato si e' fatto avanti e quindi coprire tale posizioni dall'interno, ovvero delegando maggiori responsabilita' ad un gia' esistente dipendente senza pero' aumentarne la paga in proporzione o non aumentandola affatto.

Ovviamente non ci sono statistiche riguardo queste cose, quindi potete accantonarle come "esperienza personale limitata". Ma se ne sentono troppe in giro. Come per le paghe sotto la minimum wage: le statistiche dicono sono meno dell'1%, ma si vede che li conosco tutti i io quell'1% di lavoratori. Basterebbe contare gli autolavaggi a mano che ci sono a Londra, vedere quante persone ci sono a lavare le auto, il costo del lavaggio (tal volta inferiore ai 5£, alcuni a 2£ e 50) e moltiplicare per il numero di auto lavate. Avreste cosi' un'idea su quanto i lava-auto possano essere pagati e di quanto il numero di persone che non ricevono la minimum wage a Londra sia superiore all'1%.

La differenza principale con l'Italia non e' una questione di mentalita', bensi' di situazione contingente. C'era la necessita' di avere buoni lavoratori, c'era tanto lavoro, e questo ha costretto le imprese e le autorita' a comportarsi in un certo modo. Questa necessita', grazie alla crisi europea, sta scomparendo. Quindi, sebbene ci siano tutt'ora molte piu' possibilita' che in Italia, se state entrando nel mondo del lavoro ora, state pronti a destreggiarvi fra annunci civetta, offerte che rasentano lo schiavismo e precariato (cercate notizie sui "Zero hours contract", di cui recentemente si e' iniziato a parlare con grande e finta indignazione, i quali di fatto sono sempre esistiti in UK); se siete gia' nel mondo del lavoro, ma non da tempo sufficiente ad esservi fatti una posizione, state pronti a dover lottare duramente solo per mantenere cio' che avete ottenuto fin'ora.
Aggiungo una nota. La situazione al presente e' sicuramente migliore che in Italia, e provare a cercare lavoro in UK non e' sbagliato se lo si fa in modo appropriato. Ma essere consapevoli di quale siano le reali motivazioni di una situazione aiuti a prendere le decisioni in modo piu' appropriato. Del resto la situazione qui e' ancora in fase di assestamento, con velocita' diverse per i vari settori dell'economia. Trovai il mio primo lavoro in 2 giorni, questo piu' di 2 anni fa, e successivamente non sono mai stato a casa piu' di una settimana, tenendo conto che un paio di volte mi sono ritrovato senza lavoro dall'oggi al domani (cosa che accade non raramente, qui). A fine 2012, rimasto senza lavoro per varie vicissitudini, mi e' servito piu' di un mese per trovarne un altro. Ma se parlate con un IT vi dira' che la crisi non esiste, perche' lui ancora non l'ha percepita. Stesso discorso se parlate a qualcuno che lavora nel settore telecomunicazioni. 

Le differenze con l'Italia vanno assottigliandosi. In piu' qui cibo e meteo fanno schifo :(

Un ricordo

Mio figlio nacque, circa 20 anni fa, dopo un travaglio durato 26 ore. Dalla rottura delle acque al parto, sono un bel lasso di tempo. Ovviamente il grosso della fatica non lo feci io, ma sebbene marginalmente coinvolto fu non poco sforzo. Immaginate: vieni svegliato alle 4 am e devi guidare fino all'ospedale; poi te torni a casa per prepararti e andare a lavorare; quindi la sera torni in ospedale e passi tutta la notte in bianco fino alle 6 e spiccioli del mattino successivo quando lasci la sala parto. Anche se sei riuscito a rubare un po' di tempo per dormire, fra una cosa e l'altra, non e' che sei proprio lucido. Bene, quando, stando in piedi alla parte opposta del lettino, vedi l'ostetrica che tira fuori tuo figlio, che oltre ad essere sporco di sangue e brutto come solo i bambini appena nati sono, ma lo vedi grigiastro di pelle, coperto di una fitta peluria, con mani sproporzionate rispetto al resto del corpicino al punto da sembrar badili, e peggio di tutto il cranio allungato all'indietro come quello di Alien...che vi verrebbe da pensare?
Io ho pensato: "Tutta questa fatica per questo coso?!"

Per fortuna poi le ossa del cranio hanno preso la giusta forma, la pelle asciutta il giusto colore, e col tempo "quel coso" e' cresciuto fino ad essere un bel ragazzo alto un metro e ottanta, con un fisico a posto e soprattutto con un cervello a posto. La fatica e' durata ben oltre quelle 26 ore, diversi anni di educazione, ma ne e' valsa la pena.

Thursday, 22 August 2013

Meritocrazia

   Ogni tanto mi capita di parlare con un italiano che afferma che in UK c'e' la meritocrazia. Mah... sara', ma io non l'ho mai vista. Devo aggiungere che se fino a poco tempo la cosa era affermata dai lavoratori di un po' tutte le categorie, ora rimangono solo gli impiegati dell'IT a dirlo.
   Vediamo po', quindi. Ora, un ragazzo/uomo (ovvio vale anche al femminile), IT, che in Italia e' stato fin'ora sfruttato e sottopagato, arriva qua, ottiene una posizione pari alle sue capacita' (non ai titoli di studio) e una paga pari alla posizione, e magari in poco tempo ottiene anche una promozione, non potra' che dire che qui c'e' meritocrazia. Andiamo pero' a vedere in quale ditta lavora e viene fuori che e' o una multinazionale o un vero e proprio fondo di investimento e ricerca di non si sa quali capitali, i quadri vengono quindi un po' da ogni angolo del mondo e non c'e' una prevalenza di questa o quella nazionalita', men che meno britannica. Si, non fatico a credere che nel settore IT ci sia meritocrazia. Ma mi viene da pensare che non stiamo parlando di aziende inglesi o britanniche nel senso stretto della parola: il Regno Unito e' un paradiso fiscale, con le Isole Cayman, l'Isola di Mann e molti altri luoghi che fanno capo a Londra, dove altro investire capitali senza che le tasse li assottiglino?
   Ma negli altri settori? Se mi guardo intorno mi viene da pensare che non ne esista molta, di meritocrazia, negli altri settori. Lasciamo da parte un attimo le esperienze personali e quelle di altri "testimoni" che vado raccogliendo, facciamo solo un ragionamento logico. Meritocrazia significa che chi e' piu' bravo sale di posizione, chi non lo merita resta dov'e' o addirittura viene buttato fuori. Bene, quindi, se la meritocrazia viene realmente applicata in UK dovremmo avere in ogni posizione dirigenziale il piu' meritevole, ovvero il piu' bravo, ovvero il piu' capace. Quindi gli ospedali dovrebbero funzionare al meglio, la rete stradale dovrebbe essere ottima, i treni "arrivare tutti in orario", le scuole essere le migliori. E di conseguenza la qualita' della vita essere alta, la gente istruita e pulita, gli edifici essere costruiti perfettamente. Continuate la lista da soli, puo' andare avanti quasi all'infinito.
   A questo punto potrei mettervi un po' di link, tipo articoli di giornale riguardo i problemi del Bart Hospital (che dovrebbe essere il migliore o uno dei migliori in Londra) o i morti sulla A50, o sui ritardi dei treni o sulle persone che ci si buttano sotto o sui segnali ferroviari che smettono di funzionare appena la temperatura sfiora lo zero o dei treni che si rompono intrappolando i passeggeri per 6 ore. Ma onestamente non mi va di mettermi a cercare questo materiale. Anche se ne avrei un poco salvato da una parte ed e' solo la punta dell'iceberg. A chi non vive qui dico di fidarsi quando affermo che qui c'e' ben poco che sia meglio che in Italia. A chi vive qui dico di guardarsi un poco intorno, cominciando dalle cose piu' semplici, tipo le finestre con gli spifferi, alla viabilita', allo stato delle strade (piene di toppe e buche e riasfaltate a cazzo di cane - quelle italiane sono splendide a confronto). Non ci sono neanche le fosse biologiche: la settimana scorsa ho scioccato un collega spiegandogli cosa fosse una fossa biologica, a cosa servisse e come funzionasse. Il poveretto si lamentava della merda che vedeva andare direttamente nel Tamigi ogni volta che la pioggia andava a sovraccaricare le fogne, e tenuto conto che non ci sono mai temporali come in Italia, gia' potete capire che sistema fognario hanno. Niente di strano che venga regolarmente ostruito da masse di grasso che arrivano fino a 15 tonnellate (se non sapete di cosa parlo ve lo racconto domani. O domani l'altro). Il mio collega ha faticato un poco ad afferrare il concetto che ogni casa in Italia ha una fossa biologica. "In campagna!" ha esclamato, "In citta' non e' possibile!" No no, proprio in citta', caro mio. In campagna qualcuna ancora sfugge alla regola della tricamerale.
   Insomma, guardatevi intorno, ragionate, e tirate le somme. Non e' tutto ora quello che luccica.

Maledetti Toscani

"Io son di Prato, m’accontento d’esser di Prato, e se non fossi nato pratese vorrei non esser venuto al mondo. E dico questo non perché son pratese, e voglia lisciar la bazza ai miei pratesi, ma perché penso che il solo difetto dei toscani sia quello di non esser tutti pratesi.S’immagini quello che sarebbero stati un Dante, un Petrarca, un Boccaccio, un Donatello, un Arnolfo, un Brunelleschi, un Michelangelo, se invece di nascere qua e là, sparsi tutt’intorno a Prato, fossero nati a Prato: e quel che sarebbero Firenze, Pistoia, Pisa, Lucca, Siena, Arezzo, Livorno, se invece di crescere sparpagliate, come sobborghi tutt’in giro alle mura di Prato, fossero state costruite proprio dentro Prato! Sarebbe stato certo un bel guadagno per tutti: perché la storia di Prato sarebbe stata la storia d’Italia, mentre ora la storia d’Italia è la storia di Prato.
Non mi par giusto, perciò, che fiorentini e pistoiesi, non so se per gelosia o per prudenza, fingano di non conoscerci, e a chi domanda loro notizie dei pratesi fan le finte di non saperne nulla, di non averci mai sentiti nominare: “Prato? la mi riesce nova”, e intanto si dan nell’occhio, e cercano di sviare il discorso, parlando di quanto è bella Firenze, e di quanto è grande Pistoia: quando Firenze, per noi pratesi, non è altro che una Prato di fuor di Porta Fiorentina e Pistoia nemmeno esisterebbe se a Prato non ci fosse la Porta Pistoiese.
E mi fan ridere, quanti credono di offendere i pratesi dicendo che sono il popolo più becero che sia in Toscana, anzi in Italia. Come se becero fosse un' ingiuria. Un becero è un becero: cioè un toscano allo stato di grazia. E i pratesi son beceri, quando son beceri, non per il fatto che lavoran gli stracci, [...], bensì per il fatto che dicono a voce alta in piazza quel che gli altri italiani tacciono o sussurrano fra quattro mura, in famiglia, e che non han paura di parlare come pensano, mentre gli altri italiani pensano come parlano, cioè biascicando i pensieri come biascicano le parole, e che non temono di “bociare” anche quando hanno torto, mentre gli altri italiani temono di vociare anche quando han ragione, e che, finalmente, son beceri ma pratesi, mentre gli altri italiani son beceri senza neppure il beneficio d’esser toscani, e pratesi."


Curzio Malaparte



Bene, ora lo sapete. Questo e' un retaggio di quel tipo che non si sa bene se nasconderlo, o se andarne fieri. Perche' di cose buone ne ha, ma vien sempre presentato in un modo che, ad essere onesto, mi ha sempre un po' fatto vergognare. Ma poi guardo chi mi sta  d' intorno e penso: "Vergognarmi di cosa?"

Sunday, 18 August 2013

La casa (parte terza)

   Parte prima
   Parte seconda

    Due ore dopo Marco era in biblioteca, fermo davanti ad uno scrittoio che doveva essere del '700 francese. Un calamaio vuoto ed un set di tre penne d'oca stavano appoggiati su un panno verde sul lato sinistro del piano di scrittura... il precedente proprietario era mancino?... mentre nel mezzo stava un voluminoso diario rilegato in pelle nera. Marco lo apri' in un punto a caso: le pagine erano una macchia indistinta di inchiostro bluastro, come se fossero state bagnate. E i fogli erano arricciati sui bordi e pieni di grinze come la carta bagnata e poi asciugata. E non solo le prime pagine che aveva aperto, ma anche le successive. Tutto il diario si era in qualche modo bagnato e poi era stato asciugato. Solo qua e la' alcuni passaggi, scritti in una calligrafia elaborata e fitta, ricca di svolazzi. Il primo leggibile che trovo' diceva:

  They tried again to pass through. This time some passed the hedge but were not able to walk through out the l

   Non aveva senso. Poche pagine dopo c'erano poche altre parole:

   It holds!

   Reggeva? Cosa?
  Mentre continuava a sfogliare le pagine raggrinzite in cerca di altre parti leggibili senti' il rumore di un motore. Chiuse di scatto il diario e si giro' verso l'ingresso. Quindi scatto' deciso verso la porta.
   Arrivo' ad aprire il battente che tre uomini (due uomini ed un ragazzetto, a dire il vero) scendevano da un furgone nero e argento con una decalcomania a coprire l'intera fiancata. Sullo sfondo di un meadow in piena fioritura giganteggiava la scritta Eden Garden.
   I giardinieri, penso'. Poco fantasioso quel nome...
   Il guidatore, un uomo alto e con capelli biondi lunghi fino alle spalle, gli fece un cenno ed un sorriso. -Are you all right?
   Marco stava per rispondere negativamente e sciorinare tutti i suoi problemi, come spesso faceva quando gli rivolgevano quel tipo di saluto. Non mi abituero' mai, si disse. I due compagni del biondo biascicarono un saluto incomprensibile e si diressero verso il retro del furgone.
   -Hi-, rispose. -I'm Marco, the new owner.
   -Really?-  sorrise l'uomo  incamminandosi verso di lui e lasciando l'incombenza di scaricare gli attrezzi agli altri due, un uomo tarchiato e con stampato in faccia "sono un accanito bevitore" il primo, un ragazzo neanche maggiorenne, segaligno e brufoloso il secondo, probabilmente piu' dedito al fumo di marijuana a giudicare dallo sguardo letargico. -They sold it out in the end!
   -What do you mean?-chiese Marco. Di dov'e' questo qui? Che strano accento...
   -Oh, nothing bad. Just that was a long time the house was empty. Since the previous oner died, more than one year ago.
   Marco annui'.
   -Nice to meet you. I'm Sam. Will you move in? Or it's just for holidays?
   -Actually I thought to move in, but...- disse marco stringendo la mano che l'altro gli porgeva.
  Il giardiniere alzo' un sopracciglio. Dietro di lui i suoi sottoposti avevano scaricato gli attrezzi e stavano riempiendo i serbatoi.
   -Oh, nothing. Just everything went wrong since yesterday night. The food I got bad, the car doesn't start.- Marco scosse la testa. -And about the car... Could you give me help?
   -Let's have a look!. Is the key in?
   -Ehm...no. Here it is-, disse Marco frugandosi in tasca e, al cenno dell'altro, lanciandogliela. Marco rimase un attimo ad osservare gli altri due giardinieri che avevano iniziato a lavorare: il ragazzetto, armato di edging shears rifilava i bordi del prato, mentre l'uomo aveva iniziato a ripulire le aiuole dei fiori secchi e delle erbacce.
   -It's the battery!- grido' il giardiniere.
   Ma va?! penso' Marco camminando verso la sua auto.
   -You're lucky. I have a jumper box.
  Mentre Marco raggiungeva la sua auto Sam si diresse al furgone e, apertone lo sportello, si piego' a prendere qualcosa sotto il sedile. Quindi torno' indietro con una scatola di plastica rossa, tenendola per il manico e sollevandola per mostrargliela. Marco aggrotto' le sopracciglia, poi capi' di cosa si trattava e sorrise.
   Pochi minuti dopo Marco stava ringraziando Sam per l'aiuto stando di fianco all'auto in moto.
   -Well, I need to buy some food. I didn't have a breakfast, even.
   -Then you need to go down to the town-, commento' Sam.
  -You're right-, disse Marco storcendo la bocca. -Yesterday I went to the nearly village but I found just rough people and food got bad.
   Un'espressione perplessa comparve sulla faccia di Sam. -Nearby village? The town is the nearest centre.
   -No, there's the village. I don't know the name. It's just two or three miles far.
   -That's Cold Ash...but no one lives in there.
  -Cos... Sorry. What?- Mi vuole prendere per il culo? Ma l'espressione seria sul viso del giardiniere diceva tutt'altro.
   -You must have gone farer to find people. Cold Ash is a ghost village. There just the houses, but no one lives there since the 50s.
   -I don't understand.
  -The original village... It was called with another name before the Second World War... was destroyed during the Blitzkrieg...
   -We are far from London-, commento' Marco interrompendo l'altro.
  -Yes, we are far.  But when Nazis started dropping bombs on England they spotted military airport. London bombing started for a mistake. Well, a military airport stood few miles east of Cold Ash, and one night Nazi bombers dropped their loads on the village instead of the airport. No survivors.
  "After the war the Government rebuilt the village, I don't know why they did it, really. But the new inhabitants fled their homes after few years. No one knows why. Since then it's always been empty.
  Marco guardo' il giardiniere sconcertato. -Perhaps I drove farer then I think...- Ma le sue parole non suonarono convinte.
   Sam lo fisso' per un attimo quindi si strinse nelle spalle, un movimento appena accennato. -Perhaps. Now I have to help my boys. Forgive me.
   -No worries. Thanks again-, rispose Marco accennando all'auto.
   -Had better if you stop at the garage. They'll check the battery properly.
   -I'll do it.
   Sam lo lascio' e Marco ando' in casa per prendere il portafogli, rimuginando su quanto gli era stato detto. Paese vuoto? Lui la gente l'aveva vista. E sentita, anche, se ripensava al tipo che lo aveva urtato uscendo dal negozio. Non aveva guidato a lungo. Ci sara' un paese che lui non conosce, concluse con se stesso.

   Rientro' a casa nel pomeriggio. La prima cosa che aveva fatto arrivato in citta' era stato andare al garage. Avevano controllato la batteria e trovata perfettamente funzionante. Unica spiegazione era che si fosse dimenticato le luci accese. Marco era sicuro di no, ma non stette a discutere. Spero' solo che il problema non fosse dovuto a qualche altro guasto. I cleaners non sarebbero venuti fino al mercoledi' della settimana successiva, e rimanere bloccato la' per altri cinque giorni non lo entusiasmava. Dopo il garage ando' al supermercato, fece provviste abbondanti, e stava per mettersi sulla via del ritorno quando decise di dare un'occhiata in giro. Non che ci fosse molto da vedere, oltre un parco con una serie di piccoli laghi ed uno piu' grande per la pesca sportiva. A mezzogiorno trovo' un caffe' che serviva ancora le colazioni ed ordino' una Great British Breakfast: salsicce, funghi e uova e tutto il resto erano ottimi per pranzo. Dopo pranzo si fermo' a dare un'occhiata alla biblioteca locale, stranamente piu' ben fornita, sia per numero di volumi che per la loro importanza, di tutte le biblioteche che aveva visto a Londra.
   Fra una cosa e un'altra, arrivo' a casa che erano le due e tranta passate. Trovo' il prato rasato, con perfette strisce chiare e scure, i mix borders in ordine, il ghiaino del piazzale rastrellato e nessuna traccia dei giardinieri. Precisi, efficenti e veloci, a quanto pareva.
   Ma per pagarli? Non aveva idea di come funzionasse. Chiedero'.

  Dopo pranzo decise di fare una passeggiata all'interno della proprieta' e si incammino' nel boschetto di betulle, aceri e querce che si stendeva a ovest del cottage. Pochi passi lungo il sentiero di terra battuta e si senti' letteralmente piu' leggero. Come se tutti i pensieri e le brutte esperienze del giorno prima e di quel mattino non fossero accaduti.
    Cammino' un poco fra gli alberi, pieni di uccelli. Nessun passero, pero'. Non ne aveva mai visti molti in Inghilterra. Tanti altri uccelli della stessa famiglia, in genere piu' variopinti, ma i nugoli di passeri tipici dell'Italia non li aveva mai visti. Qualcuno, una volta, gli aveva detto che in passato ce n'erano tantissimi. Magari me lo hanno detto cosi', per farmi contento, penso'. Il sottobosco non era particolarmente fitto. C'erano felci, alcuni rovi carichi di more, ed un'infinita' di altri arbusti ed erbe che non conosceva.
Mangio' un po' di more, non le piu' saporite che avesse mai mangiato, ma grazie all'estate secca e calda, una stagione letteralmente presa in prestito dal Mediterraneo, non erano cattive. Poi, soddisfatto, e sazio pure, si rese conto con sua sorpresa, fece ritorno a casa. Trascorse il resto del pomeriggio in biblioteca, ceno' presto e si mise a letto con un libro. Ulysses, di James Joyce. Si era sempre ripromesso di leggerlo.
   Si addormento' mentre leggeva:

  Shouts from the open window startling evening in the quadrangle. A deaf gardener, aproned, masked with Matthew Arnold's face, pushes his mower on the sombre lawn watching narrowly the dancing motes of grasshalms.
   To ourselves... new paganism... omphalos.
   -Let him stay-, Stephen said. -There's nothing wrong with him except at night.

   Fece un incubo anche quella notte.

Pleasantville

     Ilford. East London. O Essex, secondo il post code. La nomea e' pessima, gia' si sapeva. Fino ad oggi non avevo avuto occasione di verificare di persona quanto tale nomea fosse meritata. Ci ero stato gia' qualche volta, ma ero arrivato alle vie principali subito ad est della North Circular, e non e' che sembrasse quella gran brutta cosa. Rumorosa, caotica e piena di traffico. Non particolarmente sporca, con sistemi dal dubbio buon gusto messi in atto dal Council per tenerla pulita.


      A parte questo non avevo visto altro. Fino a stamani, quando mi sono deciso di cercare un Lidl particolarmente grande situato in Ilford. Innanzitutto vi dico qualcosa che avrei dovuto realizzare molto prima: i supermarket piu' grandi (quelli della catena Lidl almeno) hanno molta meno scelta di quelli piccoli, in quanto per fornirli di parcheggio sono situati nelle periferie piu' fetide, abitate da relitti umani e da una sub-umanita' che, se non priva di soldi, lo e' certamente di gusti. Impossibile vendere loro qualcosa di buono. 
       Chiusa parentesi sulle scelte di marketing di Lidl, veniamo alla sub-umanita' che vagola ed abita questo out-skirt londinese. Stamani metto le sacche apposite sul portapacchi della bici, la inforco e mi dirigo verso Ilford pedalando lungo Romford Road (altra bella strada londinese, dovreste sentire i commenti del mio landlord al riguardo). Ho deciso di non prendere il cellulare con me, e me ne sono pentito, in quanto penso che qualcuno di voi non credera' o riuscira' ad afferrare lo stato reale delle cose che sto per descrivere senza una documentazione fotografica.
       Attraversata l'area contigua alla North Circular, lasciatami alle spalle la High Road dei negozi, un' area pedonale, dopo poche decine di metri sono entrato in un'area che e' un misto di ex-zona industriale e residenziale. Il Lidl che cercavo era subito li', in un gruppo di edifici commerciali intorno ad un grande parcheggio. Poco prima dell'ingresso del parcheggio un gruppo di alcolizzati faceva mucchio intorno ad un paio di panchine. Una quindicina di membri, ma in aumento, fra uomini ridotti a bruti e donne che sembravano uomini, la pelle scurita in quel modo che solo la vita all'aperto e l'essere abitualmente sporchi puo' dare. Il parcheggio era gia' pieno di auto per almeno tre quarti alle 11 di mattina, ma non dei clienti dei negozi. Nel Lidl c'era quasi nessuno e gli altri negozi erano ancora chiusi, eccettuata una palestra situata al primo piano dove un'ossessa di istruttrice gridava "Three! Four!- Three! Four!" senza interrompersi un momento. Il parcheggio era disseminato di vetri sbriciolati dagli pneumatici delle auto. Non tutti i vetri erano di bottiglie.
      Fra gli alcolizzati, zingare (e dite pure che non e' vero che gli Zingari rubano, se vi pare) ed altri individui dal dubbio aspetto, mi sono messo in cerca di un buon punto dove allucchettare la mia bici (D-lock con cavo per evitare che si rubino le ruote, ovviamente). Compiendo il mio giro di perlustrazione vedo, ad un muro, un cartello che dice "Pay here", con una freccia bianca che indica in basso. Il cartello doveva essere la rimanenza di qualcosa da lungo tempo smantellato (probabilmente il tassametro), ma la freccia sembrava l'avessero messa apposta, in quanto guardando nello spazio fra due auto vedo, abbandonato nella nicchia
murata a mattoni di quella che era una grande porta di un magazzino, il piu' abbrutito dei membri di quel clan di alcolizzati cui ho accennato prima. Probabile che se gli avvicinavo un fiammifero avrebbe preso fuoco.
       Trovato il parcheggio per le bici, allucchettato il mio beater appropriatamente, entro nel supermercato. Alla delusione per la carenza di varieta' nei prodotti in vendita (non raggiunge il nadir del Lidl di West Ham, devo ammettere, ma quello ad Ilford e' quasi il doppio) si e' aggiunto il fastidio datomi da bambini frignanti i cui genitori non li degnavano della minima attenzione e da un bimbo figlio di genitori di non ben definita nazionalita' che lo apostrofavano in un inglese da capre, il quale correva da tutte le parti, ignorando totalmente i richiami neanche troppo convinti dei due disgraziati che qualcuno con un minimo di buon senso avrebbe dovuto sterilizzare quando ancora erano in giovane eta'. 
      Il limite l'ho raggiunto mentre cercavo, nella misera varieta' offerta, di scegliere un vino decente. Un uomo alle mie spalle, un pakistano dall'aspetto, lascia cadere un oggetto di plastica che si affretta a raccogliere. Era il tappo di una bottiglietta di profumo che aveva aperto, ritenevo stupidamente, per odorarne la fragranza. Perche' stupidamente? Perche' siamo a East London! Ha iniziato a versarsi il profumo sulle mani e passarselo sui polsi, sulla gola e sul collo. Una successiva manciata di liquido e' servita per la fronte e i vestiti. Quindi si e' capovolto la boccetta sulla testa e si e' rovesciato il profumo nei capelli (radi). Quando ha posato la bottiglia il profumo gli ruscellava lungo il collo fin dentro la camicia. 
     Sicurezza in giro zero. Mentre il pakistano apriva una seconda boccetta di profumo ho preso una bottiglia di vino, un bianco siciliano che avevo gia' provato e che non sa troppo di chimico ma che non vale un terzo di quello che costa (come la maggior parte dei vini che potete trovare a Londra, del resto) e me ne sono andato alla cassa. Il manager a cui ho riferito la cosa l'ha presa come una cosa normale, cosa che non mi ha stupito affatto. 
     La mia esperienza ad Ilford si e' conclusa in un'ora circa. Non intendo tornarci. 
    Commento: girate al largo da Ilford. Non c'e' niente che valga la pena di essere visto. A meno che non siate antropologi, ovviamente.

Saturday, 17 August 2013

Ai nuovi arrivati

Parrebbe che, di tanto in tanto, un nutrito gruppo di neo-espatriati abbia il vizio di venire a leggersi qualcosa su questo blog. Chi in cerca di consigli, chi di un diverso punto di vista. Beh, ne approfitto per mettervi sull'avviso. Quello scampolo di estate sud-europea che il Mediterraneo ha benevolmente prestato a quest'isola e' praticamente finito. Preparatevi psicologicamente a cieli velati, piu' o meno grigi, e a temperature che invogliano a stare al chiuso e a bere. Preparate le pasticchine di vitamina D (senza sole non la si metabolizza) e se vi riuscira' stranamente difficile svegliarvi, se anche dopo una notte di buon sonno vi sentirete stanchi, e' segno che quelle pasticchine dovete prenderle. L'ultimo mese e poco piu' e' stato ottimo, e chi sia arrivato nel frattempo potrebbe farsi un'idea sbagliata di quella che e' la vera situazione, cosi' come se la fece chi venne lo scorso anno durante le Olimpiadi. Beccarono due settimane scarse di sole e ci accusarono di lamentarci del meteo per niente. Ma se nella stazione di Angel, in data 13 giugno 2012, qualcuno scrisse questo, un motivo ci sara' stato.


Ma alla fin fine il meteo qui non e' che sia poi cosi' male. Se sei un'anatra. O una rana.
Se siete meteropatici vi conviene mettervi avanti col lavoro e tagliarvi subito le vene.

Thursday, 15 August 2013

House of the Rising Sun




There is a house in Charming Town 
They call the Rising Son 
And it's been the ruin of many a poor girl 
And me, Oh God, I'm one 
If I listened to my mama Lord I'd be home today 
But I was young and foolish 
A handsome rider led me astray 
Go tell my baby sister never do what I've done 
To shun the house in Charming Town 
They call the Rising Son 
My Mother, she's a tailor 
She sewed my new blue jeans 
My sweetheart he's a rambler 
Lord he rides an old machine.

Now the only thing a rambler needs 
Is a suitcase and a gun 
The only time he's satisfied 
Is when he's on the run 
He fills his chamber up with lead 
And takes his pain to town 
Only pleasure he gets out of life 
Is bringing another man down 
He's got one hand on the throttle 
The other on the brake 
He's riding back to Redwood 
To own his father's stake 
And me I wait in Charming Town 
The game my love has won 
I'm staying here to end my life 
Down in the Rising Son.

From the season 4 Finale of Sons of Anarchy

Wednesday, 14 August 2013

How indications are given in England

      Yesterday was told me I would have worked in a new area of the Olympic Park, an area just converted from simple parking to parking with some raised beds. They call it SC21. Does it say something to you? No? Neither to me. I asked were it was and my Manager told me that it was on the border of the Park, in front of the Cow Pub. Good, I knew the same than before. Pubs, venues and shops, buildings in general don't make an impression on me. I had seen that pub many and many times I realized later, but I didn't remember it.
      -I have no idea-, I said. -I don't notice pubs and shops. Tell me about a tree and maybe I understand, but I don't remember pubs.
      -It isn't good-, stepped-in a member of my team. -It's with pubs that we give indication here.
      -I know. Indeed I always get lost in London.
      The Pub, or Public House, is an essential place in Briton's lives. Living in houses that are small and uncomfortable, conceived just like shelter for the night where rarely they invite guests, the Britons spend the most part of socializing hours at the Pub. Friends, colleagues and sometimes, apparently, even relatives are met at the Pub. It's hard they let them in home. Probably the Pub is the evolution of the Common Building typical of many settlements in North Europe, that big building which stood at the village center and was used for every public event and more. From this the importance of the Pub in the British culture.
      They don't use the Pubs just for indication. Once I asked to a coworker commuting from the countryside how much big his community was. The answer was: -There are 4 or 5 pubs.

      I looked on internet for a pubs/inhabitants converter but I didn't find it. Is someone of you able to convert it? Since I don't still know how much that community was.

Tuesday, 13 August 2013

Come si danno le indicazioni stradali in Inghilterra

     Stamani mi viene detto che devo recarmi a lavorare in una zona nuova del Parco Olimpico, un'area appena trasformata da semplice parcheggio a parcheggio con due grandi aiuole rialzate. Viene chiamata SC21. Vi dice qualcosa questa siglia? Neanche a me. Chiedo dove sia e il mio manager mi dice che e' ai margini del Parco, proprio davanti al Cow Pub. Bene, ne sono quanto prima. Pub, locali e negozi, edifici in genere non mi restano impressi nella memoria. Quel pub l'ho visto centinaia di volte, ho realizzato piu' tardi, ma proprio non lo ricordavo.
      -Non ne ho la minima idea-, rispondo. -Pub e negozi non li noto proprio. Dimmi di un albero e magari capisco, ma i pub proprio non li ricordo.
      -Non va bene,- interviene uno del mio team, -e' coi pub che noi diamo le indicazioni stradali qua.
      -Eh, lo so. E infatti io mi perdo sempre a Londra.
       Il Pub, o per esteso Public House, e' un luogo fondamentale della vita dei Britons. Abitando in case piccole e scomode, per lo piu' concepite come semplice rifugio per la notte e dove quasi mai invitano ospiti, i Britons svolgono la maggior parte della loro vita sociale al Pub. Il commento che feci in un altro post riguardo alla metropolitana come luogo di contatto fra le differenti classi sociali, razze e nazionalita' si riferiva, appunto, a qualcosa di diverso: amici, colleghi di lavoro e talvolta, a quanto pare, pure i parenti vengono incontrati al Pub. A e' casa difficile che li facciano entrare. E' probabile che il Pub sia l'evoluzione della Casa Comune tipica dei centri abitati di molti popoli del Nord Europa, quel grande edificio che stava al centro del villaggio e che veniva usato per tutti gli eventi pubblici e non solo. Da qui l'importanza del Pub nella cultura britannica.
       E non usano i pub solo per dare indicazioni stradali. Una volta chiesi ad un collega proveniente da fuori Londra quanto era grande il luogo dove abitava. La risposta fu: -Ci sono 4 o 5 pubs.

       Ho cercato in internet un convertitore pubs/abitanti ma non l'ho trovato. Qualcuno di voi sa fare questa conversione? Perche' io ancora non so quanto fosse grande quella cittadina.

Thursday, 8 August 2013

La casa (parte seconda)

...in casa era buio, quel buio che c'e' poco prima del crepuscolo mattutino, quando gli oggetti gia' cominciano a delinearsi e riesci a dare loro dimensione e posizione nello spazio, ma non certo a distinguerne i particolari e spesso scambi una cosa per un'altra. La sua camera era silenziosa, ma qualcosa lo aveva svegliato. Col cuore che inspiegabilmente gli batteva forte rimase immobile, in ascolto, a tratti trattenendo il respiro perche' gli risuonava forte nelle orecchie. Niente, nessun suono. Niente di niente. Ma una strana sensazione era all'origine della sua ansia, si rese conto, la sensazione che qualcuno o qualcosa fosse in attesa di lui.
In attesa? Non aveva senso... oppure si'? Incerto, si alzo' dal letto e, a piedi scalzi, raggiunse la finestra. E li vide. Stavano sul prato davanti alla casa, eccetto che al posto del prato c'era una distesa di erbe alte al ginocchio e parzialmente seccate dall'inverno. Nel buio non riusciva a contarli in maniera precisa, ma erano diverse decine. Uomini e donne, disposti disordinatamente, immobili a fissare la casa. A fissare la finestra a cui si era affacciato. A fissare lui. E gli occhi... riflettevano come gli occhi dei gatti la poca luce che filtrava dalle nubi. Non producevano nessun rumore, si limitavano a fissarlo, le braccia abbandonate lungo i fianchi, il capo inclinato all'indietro. Vestivano panni grezzi, incolori; alcuni uomini portavano un cappello, alcune delle donne avevano i capelli racchiusi in un fazzoletto. I capelli lunghi delle donne, insieme all'erba alta e alle loro sottane, erano le uniche cose che si muovessero, agitati di tanto in tanto da un refolo di vento...

...Marco fissava la porta della casa. I colpi di pugni contro il battente erano incessanti. Qualcuno stava addirittura battendo contro lo stipite e i muri di pietra. Nessuno parlava o emetteva un suono. Stavano tutti ammassati dietro la porta, premendo per aprirla.
Improvvisamente la serratura gemette, il legno dello stipite si scheggio' e il battente si piego' verso l'interno, minacciando di cedere. Con un grido, Marco si lancio' contro la porta, premendo con la spalla per opporsi alla spinta che giungeva dall'esterno. Il battente si piego' ancor di piu' nella parte superiore e quello che era uno spiraglio si allargo' al punto che Marco vide una porzione di viso al di la' della porta.
Poi la serrattura cedette con uno schianto...

...Marco era in piedi al centro della strada. La notte era fredda e sferzata da un vento umido che soffiava a raffiche, agitando i pantaloni del pigiama intorno alle sue gambe scarne. L'asfalto freddo risucchiava il calore dai suoi piedi nudi. Due file di case uguali si allontanavano parallele nel buio. Il villaggio dove era stato a fare la spesa? Nessuna luce filtrava da una delle finestre, nessun lampione era acceso in strada. Poi, Marco si rese conto che di lampioni non ce n'erano: ne' pali, ne' fissati alle pareti delle case o sospesi da cavi al disopra della strada. E le finestre erano occhiaie vuote da cui gli infissi erano stati letteralmente strappati. Le porte di ingresso giacevano abbattute all'interno degli edifici.
Una raffica di vento piu' forte levatosi alle sue spalle lo prese di sorpresa, facendolo barcollare verso le file delle case. Si era appena risollevato quando un altro colpo di vento lo costrinse a fare un passo in piu'. La terza raffica non lo colse impreparato, ed opponendosi inclinando in corpo contro vento rimase sul posto. Il vento comincio' a soffiare in maniera continuata, crescendo di intensita'. Fogli, sacchetti vuoti e altra spazzatura prese a volargli intorno, insieme ad erba e foglie e nuvole di polvere. Marco oppose tutto il suo corpo alla spinta del vento, spinse nella direzione opposta, ma piano piano il vento comincio' a prevalere su di lui. Gli parve che quasi diventasse qualcosa di corporeo, tanto lo aveva avvolto intorno alle gambe e alle spalle. era come se delle mani premessero, lo spingessero verso il villaggio deserto. Un passo dopo l'altro, Marco inizio' a muoversi verso gli edifici abbandonati. Ormai il vento lo aveva costretto a girarsi, il viso rivolto alle case, mentre continuava a premere sulle gambe, le braccia allargate e sulla schiena, fecendo forza in modo migliore. Marco era costretto a sollevare i piedi e a muovere un passo dopo un altro, solo per evitare che il vento lo trascinasse.
Le case si facevano sempre piu' vicine...

...la porta era spalancata. La folla stava di fronte alla casa, nel buio della notte silenziosa e immota. Occhi lucenti come quelli dei gatti. Figure scolorite nella notte, volti anonimi i cui lineamenti non rimanevano nella memoria. Improvvisamente un uomo fece un passo verso la porta aperta e il resto della folla lo segui'.
Marco li vide venire verso di lui...

...con un ansito Marco si sollevo' a sedere sul letto. La luce del sole entrava dalle finestre prive di tende.
"E' gia' giorno?"
Ansimando, una patina di sudore a coprirgli la fronte, allungo' una mano verso il cellulare.
"Le 4:30? Cazzo!"
Con un gemito si lascio' ricadere sul cuscino. E niente campo, si rese conto guardando lo schermo del cellulare. Lasciando cadere l'apparecchio inutile sul letto al suo fianco, rimase a fissare il soffitto. Che fare? Di riprendere sonno non c'era alcuna possibilita', lo sapeva benissimo. Ma non aveva nessuna voglia di alzarsi. Non aveva neanche pensato di prendersi un libro dalla fornitissima biblioteca del piano di sotto.
Una pressione sempre piu' forte alla vescica e i brontolii dello stomaco lo costrinsero infine a decidere di alzarsi. Uso' il bagno della camera, quindi, ancora in pigiama, scese in cucina per fare colazione.
Prese il latte dal frigo, una tazza e i cereali dalla credenza e programmo' il microonde. Apri' la bottiglia del latte e lo verso'. Il latte colo' nella tazza con un risucchio liquido, una massa di yogurt acido. Marco non sapeva se essere esterrefatto o infuriato. Alzo' la bottiglia all'altezza degli occhi per leggere la data di scadenza solo per scoprire che dove la l'etichetta la riportava era cosi' scolorita da essere illeggibile.
-Assurdo-, mormoro'.
Colto da una strana idea afferro' la scatola dei cereali e la apri'. Il sacchetto di plastica all'interno del cartone era rotto. Quello che venne fuori quando lo scosse era simile a segatura di legno. I brontolii del suo stomaco aumentarono.
Colazione in citta', decise. Gettata la confezione dei cereali nella pattumiera, svuotato il latte nel lavandino e mandata la bottiglia a seguire i cereali, Marco risali' le scale verso la camera da letto. La tazza l'avrebbe lavata al suo ritorno, insieme alle stoviglie della sera prima.
Dieci minuti dopo era seduto al volante della sua auto, girando ripetutamente ed inutilmente la chiave, ascoltando i click-click che ogni volta si producevano, e fissando incredulo il quadro che non dava segni di vita. La batteria era morta.
La testa gli cadde contro il volante mentre un paio di singhiozzi gli sfuggivano dalle labbra. Auto in panne, cellulare senza campo, in un posto sperduto e dimenticato da Dio, col villaggio piu' vicino a oltre due miglia e abitato dalle persone piu' incivili che avesse mai incontrato, e la cittadina successiva a quindici miglia e piu'.
Ma chi glielo aveva fatto fare di rimanere per la notte?