A volte ti vengono dette delle parole che toccano una corda particolare. Quelle parole riportano a galla questioni che, non voglio dire stai provando a dimenticare, ma che cerchi comunque di mettere un po' da un lato. E per l'ennesima volta ti ritrovi a porti le stesse domande: il dolore ormai e' scemato, la rabbia cerca di infilarsi in mezzo ai tuoi sentimenti ma e' qualcosa che tu non vuoi e la ricacci, sei capace di mantenere un certo distacco. E cosi' ti ritrovi a parlare di fatti accaduti tempo addietro, a pensarci bene, in un certo senso ti sono accaduti in un'altra vita, su un altro mondo. E' qualcosa che ti e' successo quando vivevi sul mondo precedente, non su questo che ti vai creando; e' qualcosa che non dovrebbe aver parte in cio' che stai realizzando, sebbene, in fondo, quel rimpianto ne sia alle fondamenta. Quindi guardi indietro, ma e' come guardare attraverso un varco dimensionale, ripensare a qualcuno con cui non parli piu' neanche al telefono, su cui non fai piu' speculazioni, di cui non ricordi neanche piu' l'odore. Guardare indietro non provoca sofferenza. Lucidamente analizzi le tue azioni passate, vivisezioni cio' che hai fatto e cio' che non hai fatto. Tiri fuori dal mucchio tutti i tuoi errori e li metti da una parte, per esaminarli uno ad uno. Sono tanti, alcuni anche piuttosto brutti. Ovviamente li metti su un piatto della bilancia: sull'altro vanno tutte le cose belle, i momenti felici, le rinunce fatte e molto altro. Gli errori pesano sempre di piu'. Perche' quando una persona smette di amarti, quando una persona decide di non amarti piu', tende a dimenticare le cose buone che hai fatto, a vedere i tuoi pregi solo nella luce distorta dei tuoi difetti. E niente che tu possa fare permettera' mai a quel fottuto piatto su cui hai messo i tuoi errori di risollevarsi, di ritornare in pari con le cose buone che hai fatto.
Quelle parole che mi sono state dette, parole dolci e di comprensione in una dolce conversazione, mi hanno indotto una volta ancora a guardare la bilancia, in particolare il piatto dei miei difetti ed errori. Li ho guardati attentamente, e cazzo no! Non possono aver portato alle conseguenze che ci sono state, non posso aver provocato un simile disastro!
E allora?
E allora non lo so. Non conosco la risposta. So solo che per quanto analizzi e mi chieda perche', posso solo ripetermi che cio' che mi ha fatto fuggire dalla mia precedente vita per rifugiarmi in questo mondo per ora artificiale, non e' la logica conseguenza della somma delle mie azioni. Per quanto gravi, non c'e' mai stato niente di cosi' grave da non poter essere riparato, superato, rimesso a posto. So solo che per quanto analizzi e mi chieda perche', non riesco ancora a capire una donna che mi respingeva di giorno e mi si concedeva di notte. So che non capisco, che non comprendo da dove sia arrivato il tarlo che ha roso le fondamenta della mia casa, della mia vita precedente.
Forse sbaglio nel continuare a chiedermi cosa si sia rotto e perche'; forse questo mio questionare serve solo ad avvelenare le acque del mio nuovo mondo. Ma se per alcune persone e' facile, piu' semplice lasciar andare tutto senza tentare di capire, o addirittura rifiutando di capire, e' qualcosa che a me non riesce. Io ho bisogno di capire.
E la domanda restera' li', un po' in ombra, a tratti dimenticata, finche' una parola, un volto, un accadimento la riporteranno in primo piano ed io, distaccatamente, una volta di piu' mi chiedero': perche'?
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