Sunday, 26 October 2014

Indopakistrani 2

Cosa Nostra si reca ad un paio di negozi stamani e trova, davanti alle porte chiuse del Tesco, una scena "degna della Sicilia anni '50" (sue parole testuali): un assembramento di donne in niqab, hijab e burqa attende che si aprano le porte, con monelli e carrelli a due ruote al seguito, mentre una coppia di uomini anziani con i tradizionali taqiyah (copricapi pakistani da preghiera) urla e sbatte i pugni contro le porte pretendendone l'apertura. Due manager del supermercato arrivano fino alla porta ed uno dei due mostra, premendolo contro il vetro, l'orologio: le 10:10. I due vecchi non intendono e continuano a declamare improperi in urdu e sbattere i pugni contro il vetro, offesi dal comportamento del personale che rifiuta di aprire loro le porte. Del resto tutte le domeniche loro vengono a quest'ora ed è sempre aperto. Cosa Nostra guarda l'orario di apertura: 11 o'clock. E allora? Allora semplice, è finito l'English Summer Time (la nostra ora legale) e la scorsa notte l'orologio è arretrato di un'ora. Ma figuriamoci se la comunità indopakistrana se ne fosse curata. Io li avrei lasciati lì, ma Cosa Nostra è più di buon cuore rispetto a me e spiega ad una donna (perché gli uomini lo ignorano) che è cambiata l'ora, che sono le 10 e non le 11, e quindi devono tornare fra un'ora. I due vecchi continuano a sbattere i pugni. L'assembramento di imbacuccate si disperde piano piano, un'altra donna spiega ai due vecchi, che pare non abbiano capito neanche questa volta ma che comunque se ne sono andate. L'assedio al supermercato è finito.
Cinque minuti dopo Cosa Nostra ripercorre la strada in direzione opposta e l'assembramento si sta formando nuovamente: indiani, pakistani e anche qualche inglese. E pensare che telefoni cellulari e computer, ormai, aggiornano l'ora autonomamente...

Thursday, 23 October 2014

Indopakistrani

In questi giorni l' East End londinese risuona di fuochi d'artificio. Da prima delle 8 di sera è una ininterrotta cacofonia di scoppi e fischi e botti e sfrigolii. I nuovi arrivati, che non avevano e ancora non hanno idea di che cosa si tratti, sono più stressati dei cani l'ultimo dell'anno in Italia e i social media si riempiono di domande allarmate nonché irritate su cosa stia accadendo in East London. Ebbene, questo è il capodanno indiano. O qualche altra loro festa del cazzo.  Il tutto nella peggiore tradizione napoletana, la cui componente gioiosa è mancante, che si trascina ben oltre la mezzanotte. Tanto i miei vicini color cacchetta mica vanno a lavorare al mattino, quindi posso stare alzati tutta notte a fare casino. Perché questa festa consiste in rumore e niente più. Ed ovviamente, essendo una festa asiatica non dura un giorno soltanto, ma si compone di vari anticipi e prove e poi si protrae a tempo indeterminato, sulla base delle scorte di botti che la speziata comunità indopakistrana ha acquistato. Dietro casa mia è in atto una replica dello Sbarco in Normandia, mentre dalla strada davanti arrivano lampi che pare ci sia una tempesta elettrica.
Chissà se qualcuno nella colorata e diversamente profumata comunità indopakistrana si pone mai la fatidica domanda se il suo oltranzista festeggiare possa infastidire i non appartenenti al gruppo e arriva a rispondersi che sì, a tante persone della loro festa non frega un cazzo e vorrebbero poter dormire la notte.

Watch us dance

Tuesday, 21 October 2014

Malarazza


Tu ti lamenti, ma che ti lamenti? Pigghia nu bastune e tira fora li denti! (X3)

Un servo tempu fa intra 'na piazza,
pregava Cristu in cruce e ci ricia:
Cristu, lu me patrune mi strapazza,
mi tratta comu un cane pi la via,
si pigghia tuttu cu la sua manazza,
mancu la vita mia rici ch'è mia!
Distruggila, Gesù, sta Malarazza!
Distruggila, Gesù, fallo pi mmia! Sì..fallo pi mmia!

Tu ti lamenti, ma che ti lamenti? Pigghia nu bastune e tira fora li denti! (X2)

Cristo me rispunne dalla cruci:
Picchì? Si so spezzate li to brazza?
Cu vole la giustizia si la fazza!
Nisciun'ormai cchiù la farà pi ttia!

Si tu si un uomo e nun si testa pazza,
ascolta bene sta sintenzia mia,
ca iu 'nchiudatu in cruci nun saria
s'avissi fattu ciò ca ricu a ttia!
ca iu 'nchiudatu in cruci nun saria!

Tu ti lamenti, ma che ti lamenti? Pigghia nu bastune e tira fora li denti! (X4)


Il testo della canzone fu tratto da Modugno da una poesia attribuita al poeta siciliano Lionardo Vigo, vissuto nell' Ottocento ad Acireale. La poesia, dedicata "ai poveri cristi della Ducea di Bronte", distilla tutto l'odio che secoli di sempre maggiore oppressione da parte della classe nobiliare avevano creato nel popolino, privato di ogni cosa, ridotto in condizioni miserabili e considerato semplicemente come "qualcosa" da sfruttare (mancu la vita mia rici ch'è mia). Questo è il testo originale della poesia:

 Un servu, tempu fa, di chista piazza
cussì priàva a Cristu e nci dicìa:
"Signuri 'u me patruni mi strapazza,
mi tratta comu un cani pi la via,
tuttu mi pigghia cu la so' manazza
la vita dici chi è mancu la mia.

Si jeu mi lagnu cchiù peju m'amminazza
chi ferri mi castja a prigiunia.
Undì jò mo ti prejiu 'sta malarazza
distruggimmilla Tu, Cristu, pi mmia
distruggimmilla Tu, Cristu, pi mmia".

"E tu forsi chi hai ciunchi li vrazza,
oppuru ll'ha 'nchiovati com'a mmia?
Cu voli la giustizia si la fazza
non speri ch'autru la fazza pe ttia.
Si tu si omu e non si testa pazza
metti a profittu 'sta sintenzia mia.
Jò non sarrìa supra sta cruciazza
s'avissi fattu quantu dicu a ttia!"

Tuesday, 14 October 2014

I am...

I'm the scent left on a pillow, the fear in the heart of another person. I'm the worry biting at my stomach, the undertaken road and even more the forsaken. I'm smoke and colours, anger and misery, the sown sorrow and the stolen bliss. I'm a harvest lost even before seeding, the fruit of a labour not done. I'm a rocky ground, a source of bitter water, slime on the bottom of the soul, poison and blood and foolishness. I'm that part carved by the blade, a lost gamble, a forgotten dream, a re-surfaced memory.

I am what I am: a kiss at the corner of a smile, the glare blinding the eye, the shadow bemusing the mind. I am what I am: something wrong, something lost.

Sono...

Sono l' odore lasciato su un cuscino, la paura nel cuore di un' altra persona. Sono il dubbio che 
rode il mio stomaco, la strada intrapresa, ma ancor di più quella che ho abbandonato. Sono fumo e colori, rabbia e miseria, il dolore seminato e la felicità rubata. Sono un raccolto già perso ancor prima di seminare, il frutto di un lavoro non fatto. Sono un terreno roccioso, una fonte di acqua amara, fango sul fondo dell'anima, veleno e sangue e stoltezza. Sono quella parte che il coltello ha scavato, sono una scommessa persa, un sogno dimenticato, un ricordo riemerso.


Sono ciò che sono: un bacio all'angolo di un sorriso, il riflesso che acceca l' occhio, l' ombra che confonde la mente. Sono ciò che sono: qualcosa di sbagliato, qualcosa di perduto.

Saturday, 4 October 2014

Into the underwood

You like as I write, you say, but I ought to put some more rays of sun in it. Even you... But why all of you ask for the sun to me, me who am just a shadow searching for its sun? I am a dark corner in a man's heart, and with the sun... well, with the sun I would simply disappear. I live in to the underwood, under the thick and woven leafy branches of centuries-old trees. It is in this place of shadows and scents, moist and sometimes cold but crawling with life, that I live, observe, create and compose. And what I create, unfortunately, would be trivial when brought into daylight. Much better to let it linger in the lights and shadows created by the sun piercing through the foliage. Or to let it move slow there where the wood is thicker, and leave to your fantasy the duty of giving shape and size to it since there's no light enough to define it.
After all, some shadows are beneficial to you all as well. Sometimes the light dazzles, or makes too evident some flaws; or maybe there's something you prefer not to be seen, a small sin which would glitter in the afternoon sun. And so, every time you have the desire, or you feel the need, come to me, through blackthorns and bramble, here where I have my den, dug amongst the sturdy roots of a knotty tree. I will entertain you with my tales and arouse conflicting emotions in you with my stories. I will delight in your applauses, then I'll let you return to the light you're born from. Rotten leaves, moss and worms, mushrooms and wet soil scent: these treasures are mine and for me alone. Let's everybody lives in its own realm and will try not to change the other one.

La nave e la strega

Dunque, la Cutty sark è una nave, situata in prossimità dell'omonima stazione della DLR. Se uscendo dalla stazione andate verso il fiume Thames potete raggiungerla, tirata in secca in una piazza e trasformata in un museo per i turisti. A pagamento, of course. La Cutty Sark, i cui alberi sono visibili al di sopra degli edifici, è uno degli ultimi tea clipper costruiti ed anche uno dei più veloci. Dicono sia anche l’ultimo integro tea clipper attualmente esistente, ma al riguardo non ho informazioni certe ed essendo ciò che dicono gli inglesi non c’è da fidarsi. Fu costruito in Scozia nel 1869 con lo scopo di trasportare tè sulla rotta delle Indie Orientali, ma la (ri)apertura del Canale di Suez (avvenuta nello stesso anno) rese le navi a vela obsolete su tale tratta, in quanto la scorciatoia per la Cina era navigabile solo da battelli a vapore. Nel giro pochi anni, quindi, la Cutty Sark fu tolta dal tea trade ed impiegata nel commercio della lana con l’Australia, sulla cui tratta stabilì il record di velocità che conservò per 10 anni. Questo anche perché capitanata da un “pazzo” che seguiva la rotta antartica, per sfruttarne i venti più forti, incurante di dover zig-zagare fra gli iceberg. E sulla tratta australiana resterà fino al 1895, quando ormai i battelli a vapore uguagliarono, o addirittura migliorarono, le performance dei clipper. In tale anno fu venduta ad una compagnia Portoghese, per poi essere riacquistata nel 1922 da un capitano in pensione che la adibì a nave scuola. Esaurita la sua utilità come nave scuola, la Cutty Sark fu tirata in secca nel 1954 e messa a disposizione del pubblico.

   E fin qui la storia di questa nave non ha niente di inusuale, ma è proprio ciò che le è successo dopo essere stata tirata all'asciutto che è degno di menzione. Nel maggio del 2007, durante dei lavori di restauro, la nave prese fuoco. I pompieri impiegarono alcune ore per domare l’incendio, al termine del quale il veliero era praticamente distrutto. La Cutty Sark era sopravvissuta agli iceberg antartici e ai tifoni dell’Oceano Indiano, per poi essere bruciata proprio dagli operai che dovevano restaurarla. Il restauro fu completato grazie a fondi privati, superando il costo di 35 milioni di sterline (compresi i lavori inizialmente programmati) e la nave resa nuovamente accessibile al pubblico nell’aprile del 2012. Il Cutty Sark Trust, che gestisce la nave, dichiarò all'epoca che meno del 5% del fasciame originale della nave era andato distrutto dal fuoco in quanto era già stato rimosso per l’opera di restauro. C’è da chiedersi cos’è che si vede bruciare nell’incendio immortalato in foto.

   La polizia non trovò alcuna prova che si trattasse di un incendio doloso, e costruì un’ipotesi che non può che far sorridere amaramente, in quanto l'accaduto è qualcosa legato alla mentalità britannica e con la quale chiunque viva su quest'isola deve fare i conti. Nella poppa della nave era collocato un aspiratore dotato di tre motori per rimuovere la segatura prodotta durante i lavori, e dato che nessuno degli operai era stato incaricato di spegnerlo, il venerdì sera tutti se ne andarono a casa, o per meglio dire al pub, senza spengerlo. L’aspiratore non aveva un interruttore di sicurezza in caso di surriscaldamento, ma era di un tipo che potesse lavorare ininterrottamente senza problemi. Fin quando i filtri venivano tenuti puliti. Ma nessuno degli operai era incaricato di pulire i filtri. Così pare che l’aspiratore si sia surriscaldato, abbia preso fuoco ed incendiato la nave. Dico pare perché non ci sono prove certe: uno dei motori si bruciò sicuramente mentre il macchinario era in funzione, ma potrebbe essere accaduto in precedenza senza che il personale lo notasse in quanto i restanti due motori supplirono a sufficienza. Questa resta comunque l’ipotesi più plausibile.

   
   E questa è la storia della Cutty Sark. Ora date un’occhiata alla polena del veliero, una donna a petto nudo che stringe in mano una coda di cavallo. Rappresenta la strega Nannie Dee, personaggio ideato da Robert Burns per il racconto Tam o’ Shanter, e che dà il nome alla nave. L’ ubriaco Tam, mentre cavalca attraverso un bosco, incappa nella giovane strega che danza indossando solo un paio di mutandoni, in scozzese chiamati sark, che le erano state regalati quando era bambina, ma che ora le vanno decisamente corti, da cui cutty. Elettrizzato dallo spettacolo erotico, Tam urla “Well done, cutty sark!”, svelando la sua presenza alla strega che lo insegue. Per sfuggire a Nannie Dee, in quanto era ritenuto che le streghe non potessero passare i corsi d’acqua, Tam attraversa un ponte, ma non prima che la strega riesca a strappare la coda del suo cavallo. Morale della favola secondo Burns: state lontani dalle donne lascive. Soprattutto se siete ubriachi, perché magari avete scambiato per lascivia qualcos’altro.

PS cercando in internet foto della polena della nave, potreste trovarne in cui Nannie Dee ha il seno coperto. Si tratta non della polena originale ma di una montata successivamente per opera di uno dei proprietari della nave per "restaurarne la decenza morale". Suppongo che una copia della versione originale sia stata nuovamente piazzata sulla nave durante i lavori di restauro.

Foto in apertura di Igor Taran https://www.flickr.com/photos/69060112@N05/

Thursday, 2 October 2014

Tappami, Levante



Se l'appuntamento di domani sera non va bene,
voglio essere tappato pure io. 
Però aspettate che vi dica com'è andata.
Gli scaccolatori di nasi altrui possono tornare
su questo post sabato sera per sapere com'è finita.

Aggiornamento di sabato, ore 20:00 - Vedo dallo Stato del mio blog che qualcuno è veramente venuto a controllare su questo post per sapere. Ma realmente avete creduto che vi avrei raccontato del mio appuntamento?!



Saturday, 27 September 2014

The forgotten dream

I dreamed. But I don't remember what. Awakening has being tiring and made me more tired then when I went to sleep. In my mouth the ferrous taste of blood, legacy of the night labour which didn't give birth to anything. In the confused darkness of the sleep, pieces of a landscape fell behind, glimpses of unknown places lost into the darkness and smoke. A feeling of incompleteness and an omen of tragedy are the bitter flavour of failure, the thought that maybe I observed a new panorama is the gain made forsaking the chosen path.
Forsaking a dream may be the end of the path, the dead calm sea where to languish waiting for something that can never arrive.

Wednesday, 24 September 2014

Le ricerche improbabili di Google

Mi piace, di tanto in tanto, andare a vedere come le persone capitano sul mio blog. I più, ovviamente, ci arrivano o per un tweet o perché sono lettori regolari, ma succede anche che qualcuno ci arrivi tramite una ricerca su Google. E se alcune di esse hanno un perfetto senso logico, ed è pure gratificante trovare il mio blog nella prima pagina di Google Ricerche, altre devo dire che mi lasciano a dir poco perplesso.
Con le parole "ad'essere", per esempio, non spunta niente, mentre con le parole "insegnato ad amare" si ottiene il post Nessuno ci ha insegnato ad amare in seconda pagina. La particolarità che mi ha colpito è che sia nelle prime due pagine che nelle seguenti, tutti i risultati trovati parlano in toni positivi, mentre il mio post è l'unico che abbia una connotazione negativa. Ma questo sono io.
Col famoso manfrediano "ermafrocito con gemito" si trova il post E dopo l'Anno dell'Orso... in cui riporto un link al film di Nino Manfredi.
Almeno una persona è arrivata sul mio blog con la ricerca "falene attratte dalla luce del neon". Dove abbia usato questa o una frase simile proprio non ricordo, in Canto di Natale forse. Ma su Google non compare niente, non più almeno.
Con le parole "oculista scartamento pupillare" si arriva ad un link che si trova in seconda pagina di Google Ricerche e che dovrebbe essere  A&E: come spendere una notte in modo alternativo; invece, cliccandoci sopra, si è reindirizzati a Enter: night.
Arrivano poi cinque ricerche che portano direttamente alla prima pagina di Google. "Cosa significa essere single mom" che fornisce il link a Se della vita non hai capito un cazzo, "Gesù il mescitore" con il link a Una giornata a Pratolino fra gli americani e il "buon" vino, "gli inglesi sono classisti" e l' omonimo post Gli inglesi sono classisti,  ed infine "le case in pietra hanno le fondamenta?" che porta a trovare il link per uno dei miei post preferiti e più sentiti, Era una casa in pietra, che è un lamento su ciò che è ormai perduto.
A questo punto si arriva alle ricerche inquietanti: "il ragazzino legato e imbavagliare nudo" e "storie di piccoli frocetti sadici". Qualcuno è arrivato al mio blog con queste ricerche. E più di una volta usando la seconda. Entrambe le ricerche, però, non danno più risultati che al momento compaiano nelle prime dieci pagine. Per fortuna?

Sirena

Sirena con due occhi grandi come la fame
Balla balla e poi lasciami qui






E faccia faccia con la porta della paura
Senza lacci senza cintura
Sirena con due occhi grandi come la fame
Guarda guarda io sono quaggiù

Tuesday, 16 September 2014

#oggimisentocosì



Effettivamente di tarli nella testa ne ho parecchi... 
E quel cazzo di filo, il filo di Arianna, che fine ha fatto!?

Tuesday, 9 September 2014

E tu, come uccideresti i tuoi amici?

Ma tu, ti sei mai chiesto quale sarebbe il modo più appropriato per uccidere i tuoi amici? Non parlo di amici amici, piuttosto di quelle persone con cui si esce e ci si vede, con una certa regolarità anche, ma che anche se non fanno parte della cerchia più intima sono qualcosa in più di semplici conoscenti. Insomma, quel tipo di persone per la cui natura del rapporto che abbiamo con loro stanno nella terra di nessuno fra la definizione di conoscenza e quella di amicizia. E non dico che li si debba uccidere per davvero, intendiamoci. Ma magari capita di pensarci. A me capita, a te no?
     Per esempio, la tipa petulante, quella che parla continuamente e in genere per lamentarsi. Quella che parla pure mentre fa sesso, al punto che uno decide di fare solo sesso orale, almeno così sta zitta. Ecco, l'hai inquadrata perfettamente! Ogni persona al mondo ne conosce almeno una così. Io mi ci vedo proprio, un giorno che mi ha rotto i maroni più del solito, o che mi sono alzato col piede sbagliato, afferrarla per la collottola, trascinarla in bagno e sbatterle la testa nel cesso, bloccargliela con la tavoletta e tirare l'acqua finché non affoga. E una l' abbiamo ammazzata.
     Poi c'è quella che "un uomo deve prima prendermi la mente." E tu ti chiedi: "Ma quale mente?!" Non passano neanche due minuti che ti racconta: "E poi è venuto a prendermi in Mercedes." "Aaaaah! Ci vuole un retino speciale per acchiappare la tua mente sfarfallante." Non per nulla nel gruppo degli amici aveva una relazione con quello che lavorava come direttore di banca. Una così io la ucciderei in un modo molto poco fantasioso: la farei correre davanti ad un auto come quella gallina che è, ogni tanto arrivandole vicino per darle un colpetto sul culo col paraurti, per poi rallentare e lasciarla guadagnare terreno. Quando la vedrei stanca, che comincia ad incespicare, segno evidente che il divertimento sta per finire, schiaccerei l'acceleratore a tavoletta e mi godrei l'urto (accompagnato da urlo stridulo, ne sono sicuro) ed il seguente sobbalzo. E siccome certa gente è tenace più delle zecche, so per certo che, guardando nello specchietto retrovisore, la vedrei tirare su la testa, puntellandosi sui gomiti per rialzarsi. Allora, con un sorriso soddisfatto di anticipazione, innesterei la retromarcia e la investirei una seconda volta a tutta velocità. Per essere sicuro al 100%, probabilmente, ci ripasserei sopra altre due o tre volte. Ed ovviamente l'auto usata sarebbe una Mercedes.
     Poi c'è l'amico che ci prova con la tipa che ho appena ammazzato. Nonostante lei gli abbia già detto no più di una volta. Nonostante tu gli abbia detto di lasciarla perdere che non ha speranze, perché a lei piacciono alti, biondi, afro-caraibici, con gli occhi azzurri, quattrinosi e con 25 cm di intelligenza. Ma lui niente, non la intende. Uno così lo attirerei in una fabbrica abbandonata, con un falso messaggio da parte della tipa, per rinchiuderlo in un silos a morire di inedia, con la voce della tipa registrata che ripete all'infinito "NO. NO. NO. NO. NO. NO. NO. NO."
     Sono sicuro che anche tu hai un amico che lavora come programmatore e che è bloccato dentro i suoi schemi mentali, leggi dell'informatica e percorsi matematici. Lui ci prova poverino, cerca di fare qualche ragionamento fuori dagli schemi, ma proprio non ci riesce. Figurati che se vede il numero 10, o la parola IO, te li legge UNO-ZERO, bloccato com'è nel sistema binario. Certo, è un uomo, e il sistema binario è prettamente maschile, ma a te, che sei abituato ai voli pindarici, la cosa fa venire decisamente il nervoso. Io lo legherei ad una sedia, lasciandogli un braccio libero per poter usare il computer. Il computer sarebbe collegato al timer di una bomba posta sotto la sua sedia, o ad una capsula di cianuro se non volete sporcare troppo per casa. L'unico modo per fermare il timer, tarato alla mezz'ora, è quello di seguire un preciso percorso di domande le cui risposte possono essere trovate solo facendo ragionamenti astratti. Cioè, gli direi che le cose stanno così, ma in realtà il timer non potrebbe essere fermato. Mica voglio rischiare che riesca a rispondere correttamente per pura fortuna! Voglio vederlo sudare freddo per tutta la mezz'ora.
     E con l'amico ciclista che fare? Quello che quando si decide di vedersi col gruppo deve allenarsi, che il sabato deve andare al circuito (perché fa ciclismo su pista) per una gara o un allenamento speciale e quindi non esce con gli altri, e che poi al circuito non fa niente perché puntualmente piove (non dimenticare che siamo a Londra). Ovviamente è un single, pieno di fissazioni alimentari e di altri molti generi, per riempire quella parte della vita che dovrebbe essere riempita da una compagna. Ecco, io lo metterei su una bicicletta, quella da pista, che è senza freni e che ha i pedali a presa diretta con la ruota. Questa sarebbe pure senza sellino. Dicevo, lo metterei sulla bicicletta, e lo pigerei un pochino verso il basso, per essere sicuro che uomo e bicicletta si incastrino per bene. Un carrellino sarebbe legato al retro della bici con un elastico, e sul carrellino ci sarebbe una bomba, che, una volta innescata, se rimane ferma per più di un minuto esplode. E poi lo lasci pedalare. Fino allo sfinimento. Prima o poi, ad una delle curve del circuito (hai presente come sono inclinate le curve delle piste?) cede e cade giù, con bici e tutto, l'elastico si ritira e la bomba gli arriva proprio dietro il culo. E boom!
     E fin qui ne abbiamo accoppati cinque. Chi rimane? Ah, giusto. L'amico tonto. Quello che non sembra, che dici "Ci fa. Non può essere così stupido." E che invece ci è. Senza speranza. Che ti si è appiccicato perché una volta lo hai aiutato e continui ad invitarlo per compassione, ma che ogni volta che apre bocca ti fa venir voglia di darti una martellata sulle palle. Con uno così che vuoi fare? Apri un tombino e aspetti ci caschi dentro da solo.
     Poi c'è la ragazza lunatica. Moody in inglese. Quella che quando la inviti non sai mai cosa farà fino all'ultimo minuto. Mah, non so... Ma sì dai, vengo... Aspetta, non vengo più... Non lo so... Ti faccio sapere domani, va bene? No che non va bene! Basta! Decidi che cazzo vuoi fare! Vuoi stare in compagnia oppure no? Vuoi uscire oppure no? Che poi, quando ti dice di sì alla prima, è quando ti tira il pacco con una scusa ridicola all'ultimo minuto. Ah, non vengo! C'è lo sciopero della metro. Come? Cosa? Ma tu usi l'autobus... Ma una così, tu non le sbatteresti la testa nel muro fin quando non crolla stecchita?
     Infine c'è la ragazza con cui stavi, che ti ha lasciato per ragioni che neppure lei sa spiegare, che ti manca così tanto che la notte devi abbracciare il cuscino per riuscire a dormire, che ti ha spezzato il cuore ma a cui vuoi ancora un sacco di bene, che speri ancora decida di tornare indietro e a cui perdoneresti ogni errore. Beh, io a lei la soffocherei di baci.

Sunday, 7 September 2014

My house on Mars



"It is the end of the 21st Century. I have returned to my own childhood. I remember it
all as the Dream Sequencer images mix with my own recollections. This is the day my
sister and I realised that we would never see the planet Earth."


    [Johan Edlund, Floor Jansen]                    


Daddy where are you now
Forgot about your vow?
You promised you'd return and take me to Earth

Did you have to fight that war
What was it all for?
The honor of one's name, what is it worth?

I'm all alone - we're all alone
My future's unknown - our future's unknown
I reach out to the stars out here in my house on Mars

Mother did you hear me cry?
You never told me why
You put me in this world of rock and dust

No friends for playing games
No foes who scorn my name
Computerized machines of steel and rust

Is this my home? - this is our home
This desolate dome - this desolate dome
I call out to the stars: I'm alone in my house on Mars

I'll never smell the ocean breeze
I'll never climb the highest trees
I'll never feel the burning sun
I'll never meet my chosen one... in my house


Daddy I forgive you now
You could not keep your vow
You will never return, I'll never see Earth

My time has come - our time has come
I'm emotionally numb - emotionally numb
I'm headed for the stars, I'm leaving my house on Mars

No friends in my house on Mars
No foes in my house on Mars
I was born in my house on Mars
I will die in my house on Mars

Metropoli Farneticante 3

     Il Demone chiamò l'Uomo dei Pallidi Signori. "E' tempo che io cresca", disse il Demone. "Prepara
il terreno per la mia crescita." E l'Uomo dei Pallidi Signori andò a fare come gli era stato detto. I Potenti di altre nazioni furono blanditi con promesse di grande potere se avessero portato le loro ricchezze nella Metropoli; gli uomini di genio nati in altre terre furono attratti con ricche ricompense se avessero messo il loro genio al servizio della Metropoli. Ricchezze ed inventiva furono drenate dalle nazioni vicine. Nuove masse di lavoratori furono deportate nella Metropoli: attratte dalla promessa di una vita migliore, si ritrovarono in un luogo che non potevano più lasciare. E il Demone cominciò a costruirsi un guscio in cui crescere.
   Braccia metalliche eruppero dal suolo, cercando di afferrare il cielo. Nuove escrescenze si svilupparono dalla terra morente, iperplasie scintillanti al sole, algide forme che inghiottivano ogni giorno nuovi servi, inviati a saziare il Demone. Facce stanche, occhi vuoti, menti confuse e cuori induriti: non c'era altro nelle strade della Metropoli. Risate false, voci impastate dall'alcol, copule animali erano tutto ciò che i servi del Demone riuscivano a sperimentare nella loro vita non-vita. L'animo eroso e consumato, giorno dopo giorno fino al suo nocciolo più intimo, si lasciavano morire, scomparivano, tornavano infelici alle terre natie, lasciando il posto a nuovi schiavi moderni.
   E nel sottosuolo, il Demone rideva, un cachinno demente e malvagio, cominciando ad espandere il suo corpo verso il cielo, riempiendo progressivamente tutte le nuove corazze che crescevano sempre più in altezza. Gli uomini percepivano la sua presenza, ma non capivano cosa fosse. Sempre più si rinchiudevano in sé stessi, isolandosi dai loro simili, spendendo il loro tempo libero chiusi in abitazioni più simili a tane di animali che a case d'uomini. L'influenza del Demone, passo dopo passo, privava gli uomini della capacità di comunicare, di esprimere i propri sentimenti. Chiusi in ghetti nessuno parlava più con chi avesse diverse origini, con chi non si rassomigliasse nell'aspetto, con chi parlasse una lingua diversa anche se diceva le stesse cose. Ogni interesse veniva lentamente consumato e si perdeva, lasciando spazio solo per gli istinti più animali e la routine meccanica imposta dai Signori: mangia, dormi, lavora, ripeti. Sempre in meno si preoccupavano del luogo in cui vivevano e di chi ci viveva con loro. Lo sporco si accumulò sempre più nelle strade: chi era pagato per raccoglierlo venne sacrificato al Demone e rimpiazzato con predatori adatti a sottrarre denaro agli abitanti perché la crescita del Demone richiedeva grandi spese. Rancori e dissapori ribollivano sotto la superficie: i Pallidi Signori promulgarono leggi che vietavano ogni reale espressione dei propri sentimenti. La vita nella Metropoli si fece più dura: le paghe dei lavoratori vennero ridotte così da poter assumerne in numero maggiore. I profitti non erano abbastanza: i giovani vennero convinti a lavorare senza paga ma solo per ottenere esperienza che sarebbe stata inutile già il giorno successivo. Le perversioni peggiori si instaurarono  fra la popolazione: droghe ed alcol, violenze e sesso con bambini e le autorità guardarono da un'altra parte, perché tutto ciò rendeva il Demone più forte.
     E il Demone rideva, ed ora la sua risata non solo rimbombava nei tunnel che perforavano il sottosuolo della Metropoli, adesso la si poteva udire anche nell'aria, portato lontano dal vento. L'Uomo dei Pallidi Signori, reso folle dal Demone, decise che la Metropoli doveva crescere ancor di più, salire verso il cielo ed espandersi a coprire tutta la terra. Reso avido dal Demone, promise ai Potenti di altre nazioni la terra e le figlie e i figli del suo popolo. I Potenti arrivarono, comprarono i luoghi più belli della Metropoli, e dopo si volsero ad ogni luogo su cui i loro occhi cadevano. L'Uomo dei Pallidi Signori decise che la Metropoli doveva essere ripulita di ogni individuo che non fosse utile allo scopo, che i servi dovessero vivere fuori della Metropoli in cui lavoravano, perché la città fosse riservata solo ai ricchi e ai potenti della Terra. "Caccia chiunque sia inutile", disse il Demone. "Deportalo nelle terre neglette sotto i cieli grigi del Nord. Per i servi costruirai abitazioni lontano dalla mia vista: scava un percorso sotterraneo che unisca le loro case ai cantieri perché possano venire ogni giorno a servirmi, strisciando come i vermi cui rassomigliano. E quando il tempo sarà appropriato io crescerò lungo quel tunnel, mi insinuerò nelle loro case, e divorerò il cuore e l'anima dei loro figli mentre dormono nei loro letti."

Saturday, 6 September 2014

5.Towards Dover

23th of August

Towards Dover. Blackfriars, London St. Pancras, Ashford, Dover. Early on the timetable. As usual. In Blackfriars station a girl runs to catch the train. Needs to hold her bosom with the left forearm. Needs a better bra.
Time for thinking. For remembering. Remember her smiles. Remember her tired eyes. Remember her "smileys". She was of a shocking beauty. There's nothing more cruel then beauty. To remember is not the best thing, in such a situation. But memories are all that remains to you. I liked to breathe the scent of her skin. I did the same with Alice. Breathing scent/skin of a woman by night, in justapoxition to the particulate we breathe by day.
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Fucking National Railway!!! On the train from St. Pancras. Direct to Dover. First call Stratford International. I live 10 minutes from Stratford! But why did they send me to Central London? I could sleep one hour more.
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High Speed. Out of the window wind turbines, rows of Black Poplar Trees, warehouses covered with asbestos and electrical pylons. Then a flat landscape: ponds and marshes, grazing cows. Next top Ebbsfleet, where te government wants to build a "garden city" to confine the benefit people and those who can't afford a rent in London.
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Nearly to Ashford. The English countryside became a bit more wavy. We even passed by a wood. I miss my woods. The incompleteness feeling last yet: the feeling to have forgotten something, to be not ready... ready for what?
A girl on a forum asked me what I like the most. Easy to answer: sharing. Now I have nobody to share with. Except my blog few readers. This journey is loosing its purpose. There's no reason to travel out of reach of the people you know when you just don't communicate with nobody.
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Some English cyclists on the train. They speak about Brussels, Paris and the Gioconda. Brussels is horrible, Paris is dirty, the Gioconda is small, London is much cleaner, London is much better. Tipical English behavior: if they can't appropriate of something and say that it's their or that was made thanks to them, they piss on it.
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Collected online paid ferry tickets. "Mr Gennari?" "Yes. Do you need an ID?" "No. When you confirmed me your name it's fine to me." Another tipical behavior.
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The famous white cliffs of Dover are greyish from close. And small. Absolutely no worthy of mention. The caste is everything but impressive. Dover looks to be another homologated town of terraced houses. Cliffs seen from the sea: at least they are long.
To think seriously about selling a kidney. They work too well and some days they are a real nuisance. One would be enough and I could make some money. The fumes coming from the ferry chimney fall down on the poop deck. What do we breathe?
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On French soil. Nobody speaks English. Even at the Port. Watched a comic scene. If the Britons would stop demanding to be understood when they speak quickly... All the journey long I had the engine noise in to my ears. An incessant dull hammering. And the particulate pushed down on the deck by the wind. But I wanted to enjoy the sun.
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Reached the hotel. Collapsed on the bed. Slept 2 hours. Then walked throug Calais. Public gardens wonderful. French gardeners have got the point on the English. Journey even more empty of meaning. Too many thing bring back memories of the trip to Paris. I was happy during those days. Far from London and with her. Don't think she understood the range of what she did to me. She took everything from me. I'll build something else, I always stand up again. But fuck sake it hurts. Thinking to send her the shot of her on the rocking horse in the small public garden. She laughed out loud. Happy and so beautiful. Would it be mean? Or sharing the pain? An attempt to delay the spiritual separation which logically should follow the physical separation?
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Calais is invaded by migrants. Mostly illegals. They mass in every green area. Had troubles in a park because I was taking photos. They wait for the chance to go to England. While I wait the change to flee it...