Sunday, 28 December 2014

La magia delle parole

 Sai che la tua magia sta nelle parole. Nelle tue parole risiede la tua capacita' di affascinare le persone, di farti amare, di far sognare gli altri, dar loro sollievo o dolore. Ma per dare questo potere alle tue parole le devi infondere con cio' di tuo che e' piu' intimo. Quindi ti protendi al tuo interno, scendi verso il tuo cuore sepolto in profondita', e li' prendi a piene mani per poi cominciare a raccontare. Racconti le tue paure, racconti le tue gioie; racconti i tuoi luoghi, la tua storia, i tuoi dolori. Racconti di cio' che hai amato, racconti la tua vita. Parli di quando camminavi nel bosco, per poi rimanere immobile nel silenzio a contemplare il tappeto colorato di funghi tutto intorno a te che si distendeva in ogni direzione. Parli dell'esplosione di colori che trasformava gli alberi in autunno, o dell'inverno e di un paesaggio bianco in cui stormi di uccellini colorati venivano a mangiare il pane che lasciavi loro nella neve. Descrivi i sapori dei cibi che andavi a trovare nelle piccole fattorie, descrivi il piacere che provavi nel fare il pane in casa, o lo yogurt, o i vasetti di funghi sottolio. Narri dei lavori che facevi per ristrutturare quella casa nel bosco, lavorando il suo legno e la sua pietra, legame fra te e quella terra a cui sebbene nato su un suolo differente sentivi ormai di appartenere. In quel suolo pensavi che saresti stato sepolto.
E mentre narri senti che hai il pubblico sotto controllo. Lo capisci da come ti guardano in silenzio, lo percepisci nel cambio del loro respiro. Li vedi rilassarsi e sognare, e diventare parte come te di quella terra, di quel racconto. Anche se solo per un momento. Hai condiviso te stesso, hai dato loro qualcosa di bello, e sai di avere adempiuto al tuo scopo. Cio' che loro non vedono e' cio' che tutto cio' costa a te. Ogni parola, ogni memoria, ogni sentimento ed ogni emozione che hai dato loro attraverso i tuoi racconti e' uno strappo da cui la tua carne comincia a sanguinare, e' un dolore che ti consuma nel profondo. Perche' sai che tutto cio' e' perduto, e' qualcosa a cui non potrai mai tornare, e che se anche ci ritornassi lo troveresti diverso, ostile, un luogo avvelenato, che non ti accetterebbe piu'.
Con questa consapevolezza, dove puoi trovare sollievo? Come puo' il tuo animo non essere venato di tristezza? Quella vena di tristezza e' sempre li': ora solo un filamento che nessuno nota, ora un fiume ingrossato dalla piena che trabocca dai tuoi occhi. E' un gusto amaro che non abbandona mai la tua bocca: non importa quanto dolci siano le gioie che assapori, sai che sempre, alla fine, quell'amaro risalira' alla tua lingua. E chi lo vede non capisce, o non vuole capire, o non sa come capire. Ne e' offeso. La tua tristezza e' un insulto, e' la prova che tu ancora vivi nel passato, vivi per qualcun altro, e' il tuo rifiuto ad essere felice. E' come se, dopo aver perso l'uso delle gambe in un incidente, ti accusassero di rifiutarti di correre insieme. Non ha senso, ma e' cio' che succede. La tua magia e' ancora li', ma adesso e' dolore cio' che dispensa. Ed allora lasci che le accuse siano deposte dinanzi a te, ti lasci mettere alla barra, chini il capo ed accetti che la vergogna sia messa come un manto sulle tue spalle, una vergogna che non ritieni di meritare. Ma ci deve sempre essere un colpevole, quindi perche' non tu? Lasci che dicano, e non ribatti piu'. Chi non vuole capire non capira' mai.
Adamo perse stupidamente il diritto a vivere nell'Eden. Ne fu scacciato, il ritorno gli fu precluso. Riesci ad immaginare il suo stato d'animo nel constatare che tutti i suoi sforzi non erano piu' sufficienti per ottenere qualcosa che fosse altrettanto soddisfacente? Coltivava la terra, ma i frutti che ne ricavava non avevano lo stesso sapore. Creava artefatti con le sue mani, ma non erano piu' perfetti. Dormiva, ma non riposava. Mangiava, ma non era mai sazio. Contemplava l'orizzonte, ma quella bellezza non era pari a cio' che ammirava dall'alto dell'Eden. L'insoddisfazione era un verme che lo scavava dentro. Che forse amo' meno sua moglie per questo motivo? O prese in odio i suoi figli? Smise forse di tentare, rinuncio' a vivere? Ma come poteva essere pienamente felice, col Monte dell'Eden a stagliarsi sopra di lui, memento di cio' che aveva avuto e che aveva perso?
Camminerai verso luoghi in cui non troverai vera soddisfazione, le tue mani si adopereranno nel costruire cio' che non puo' durare. Cosa vuoi che sia se un amore che credevi dolce si e' scoperto amaro, se una persona rifiuta di confortarti? Quanto male in piu' puo' farti il sapere che non ci sara' mai piu' un luogo in cui ti sentirai a casa? Puo' forse un rifiuto a starti vicino essere ferita peggiore di quelle che la tua memoria ti infligge? In tutto questo sei ancora capace di amare, di gustare cio' che e' buono, di apprezzare la bellezza. Sei ancora capace di andare avanti anche se sai che non c'e' un dove andare, non per te, ma sai che incontrerai qualcuno che avra' bisogno di appoggiarsi a te. La tua magia e' li' per quelle persone, che restino con te a lungo o solo per un momento. Vai avanti e cerchi solo conforti temporanei, raccogli cio' che trovi lungo la via e ne trai quanta soddisfazione ti e' possibile, perche' cio' di cui sei capace non bastera' mai: chi dice di volerti stare vicino guardera' sempre a cio' di cui non sei piu' capace.


1 comment:

  1. Il mondo che ho lasciato da tempo sta marcendo, ormai una realtà che non mi conosce più. Di me non gli interessa. Il mondo che ho lasciato da poco non è mai stato mio; estraneo, il tempo vissuto in esso un esilio, un confino, un limbo fra la vita e la morte, uno stato vegetativo. Lasciai il calore di un posto in declino per uno senz’anima. Ma una pianta ha bisogno di più che di aria, acqua e terra. Un cuore più che di cibo e acqua; una mente più che di qualche parola e numero. “Casa" non esiste più. Ogni volta che lascio un posto, mi accorgo di quanto era quello sbagliato. Dove sono ora ho trovato vita, persone interessanti, amicizie; amicizie recenti, anche di convenienza, ma almeno affini, con gli stessi fantasmi e le stesse speranze. Qualcuno che ti capisce, perché ha visto le stesse cose; qualcuno che se trova un lavoro altrove, non lo vedi mai più. Ma in questo mondo, a questo tavolo si gioca così.
    Chi sei tu? Una somma di esperienze. Non basta: perché vivi? Per chi vivi? La risposta non ti piace, e allora seppellisci la domanda, ma è inutile, quella ogni tanto affiora. Pensi a dei volti, ma essa ti deride. Rispondi “un momento”, ma essa si ripete. E allora i “momenti” diventano mesi, forse anni; vuoi rispondere, ma non ’Niente’ o ’Nessuno’, perché in quel caso il gioco finisce, e dal grande gioco della vita non vuoi uscire per mano tua; non sei un debole; tu non perdi mai, non a questo gioco. Rispondere diventa una sfida, una missione, infine la tua stessa strategia di sopravvivenza. Per ora ti basta, allora giochi, giochi con la vita. Per ora io gioco, ma con la consapevolezza che altri, anche felici, anche loro stanno semplicemente giocando. Quali saranno le prossime carte? Non so; l’unica certezza è che un giorno anche questo mondo inizierà a marcire e ne cercherò uno nuovo. Intanto io sono casa mia; gioco e cerco una risposta.

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