Ieri, con una coppia americana, Victor e Sue, attualmente ospite a casa mia e che desiderava fare qualcosa prima di cena, andiamo all'aperitivo organizzato da una piccola vineria locale. Vini e prodotti della zona, cosa di meglio per mostrare loro un po' dello spirito italiano? Prendiamo l'auto di Victor, abituato al cambio automatico e alle spaziose corsie americane, e in qualche modo riusciamo a scendere a valle senza fare un frontale.
Mentre siamo seduti al tavolino davanti al negozio, mangiando mortadella e formaggio al tartufo, capofreddo su pane biscottato, sorseggiando un Montespertoli io e un traminette i miei ospiti, circondati da "ragazzi" e "ragazze" abbondantemente nei loro venti e trenta che parlano, ridono o giocano alla campana con la scusa di mostrare il gioco al figlio bizzoso di uno di loro, parliamo un po' dell'Italia e del loro viaggio attraverso il Bel Paese. Quando ne ho l'occasione cerco sempre di spiegare agli stranieri lo spirito italiano, quello spirito che noi italiani stessi dovremmo riscoprire e di cui riappropriarci. L'Italia è un paese così diviso, per cultura, politica, lingua, tradizioni, cucina, che possiamo tranquillamente affermare che gli italiani non esistono. Siamo di Firenze, o siciliani, o romani, o del Piemonte; solo all'estero diventiamo italiani. Eppure ci sono alcune caratteristiche comuni che uniscono tutte le sub-culture italiane e che potrebbero fare di noi una nazione, se solo possedessimo lo spirito giusto. Uno di questi fili, che passano attraverso tutte le regioni italiane come attraverso perle perfette per farne una collana di gusto e bellezza, è il concetto che se c'è qualcosa che tu devi fare inevitabilmente, tipo mangiare tutti i giorni per sostenere il tuo corpo, tanto vale farlo in un modo che sia quanto più piacevole possibile. Quindi, mentre per un nord europeo il cibo è semplicemente un carburante che serve a mandare avanti la macchina "corpo", per un italiano il cibo è un'esperienza che deve essere goduta e qualcosa che oltre al corpo sia nutrimento anche per l'anima. Il secondo di questi fili che ci uniscono tutti insieme è l'amore per l'estetica e il bello, non necessariamente intese come pura bellezza fisica. Da sempre gli italiani hanno eccelso nelle arti figurative più che in altre tipo la scrittura; noi non diciamo come gli inglesi, per esempio, "You are a good person" (Sei una persona buona), usando invece un "Sei una bella persona".
Con questi concetti che ancora frullavano in testa a Victor (come avrei scoperto di lì a poco), lasciamo la vineria per andare a prendere mio figlio al lavoro. In prova come cassiere nel minimarket di un campeggio, il ragazzo sta attualmente al lavoro dalle 8 la mattina fino, in teoria, alle 8 della sera. In pratica, alle 9 di sera non lo lasciano ancora andare e gli viene concesso di cominciare a lavorare alle 8 solo perché in prova, in quanto si suppone che sia al lavoro alle 7 e 15. Ovviamente, questi non sono gli orari che gli erano stati detti al colloquio.
Quando spiego ai miei ospiti la situazione, Victor, dal posto di guida della sua Giulietta a noleggio, mi guarda e chiede: "Where's the beauty in this?" Dov'è la bellezza in ciò? Non c'è nessuna bellezza in questo, ovviamente. C'è solo lo sfruttamento della forza lavoro perpetrato dai datori di lavoro grazie ad una precisa volontà politica sovranazionale che vuole distruggere le culture europee in favore della creazione di un meticciato amorfo, privo di identità culturale e facilmente controllabile.
Quello che vi dovete chiedere è: volete lasciare che questa gente distrugga definitivamente il vostro gusto per il bello?
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