Il drakkar, snello e variopinto, sfilo' sul mare quieto aggirando il promontorio a forza di remi. Non c'era vento e la vela era stata lasciata legata. Gli uomini si piegavano regolarmente sui remi, senza forzare la spinta. Il suono delle risate arrivava fino alla cima del promontorio, un cuneo proteso al di fuori della costa irta di aguzzi scogli. Sulla nave erano tranquilli e allegri.
Sulla cima del promontorio, i piedi affondati fino alle caviglie nella verde erba estiva, comparve Reginn, la Sacerdotessa del santuario. I lunghi capelli biondo cenere, il colore appena un poco spento dall'eta', le arrivavano al di sotto della vita. Ben oltre i cinquanta inverni camminava ancora eretta e il bel volto non era deturpato da rughe. Solo intorno agli occhi e agli angoli della bocca le si diramavano finissime, in special modo quando montava in collera, com'era in quel momento. I suoi occhi grigi si puntarono sul drakkar, ardenti di rabbia.
Alle sue spalle, affrettando il passo per non rimanere indietro, giunsero le novizie del santuario, dieci ragazze in tutto, di eta' compresa fra i dieci e i venti inverni. Istruite in precedenza le si disposero alle spalle in un semicerchio, pronte a eseguire la parte loro assegnata.
Le labbra strette in una linea sottile si aprirono in una invocazione, che presto volse in un canto ripetitivo. Sollevo' il volto e le braccia al cielo. La nera pelliccia di orso che le copriva le spalle scivolo' all'indietro, trattenuta solo dalla grande spilla tonda di metallo che la chiudeva sul petto. Dopo la terza strofa cantata le ragazze, divise in tre gruppi, iniziarono tre melodie differenti che si intrecciavano in un unico sottofondo al canto di Reginn, il quale intanto si sviluppava in un crescendo.
Sul drakkar gli uomini interruppero le risate e i rematori si fermarono, alzando lo sguardo al promontorio su cui Reginn si stagliava contro il terso cielo azzurro.
-Che sta facendo?- chiese Sigurðr, un gigante fra giganti, i biondi capelli raccolti in due trecce spesse.
Fàlki il Nero, dalla sua posizione vicino all'albero dove stava rifacendo una gomena, sogghigno'. -Sta gridando la sua rabbia-, rispose di rimando con voce irrispettosa.
Un coro di risate accolse le sue parole. Ne' Sigurðr ne' Egill, fratello di Fàlki, si unirono alle risate. Il volto di Egill era corrucciato.
-Non deridere la Sacerdotessa-, disse Sigurðr.
Voltandosi verso il gigante, un' espressione sprezzante sul volto dalla pelle scura retaggio di una donna meridionale nel ramo familiare, Fàlki chiese: -E che puo' farmi? Ha forse potuto fare qualcosa prima? Si e' forse accorta di qualcosa? Femmina inutile che se ne sta chiusa nel santuario, mantenuta da noi altri!
Egill punto' lo sguardo sul fratello. I due non si sarebbero detti neanche parenti, tanto scuro di pelle e nero di capelli era l'uno quanto pallido e dai capelli ramati l'altro.
-Fàlki smetti. Non dovevi toccare la ragazza, quindi smetti di insultare la Sacerdotessa.
Una luce rabbiosa baleno' per un attimo negli occhi di Fàlki, che subito cambio' in cattiva.
-Dovevi sentire come squittiva-, rise. -E come strillava quando l'ho presa da dietro.
I rematori scoppiarono a ridere e motteggiarono il comnpagno, incitandolo a raccontare le sue gesta.
Intanto sul promontorio l'invocazione di Reginn continuava. Il ritmo del suo canto si fece serrato, piu' veloce ed alto, seguito dal controcanto delle ragazze. Ogni risata che udiva giungere dal drakkar era come una stilettata al petto. Come osavano ridere?
Improvvisamente l'atmosfera cambio', la temperatura crollo'. Una forte folata di vento corse rasente la superficie piatta del mare increspandola. A pochi metri dalla barca sollevo' un'onda che si schianto' contro la fiancata. Le risate si interruppero di colpo, mentre la barca rollava vigorosamente e gli uomini erano costretti ad aggrapparsi a qualcosa per non cadere.
Il canto era un crescendo di rabbia.
Il vento crebbe in forza rapidamente, le folate si fecero cosi' frequenti che non c'era piu' una pausa fra una e l'altra. Il cielo si velo'. Dapprima il sole si fece pallido dietro sottili nubi, poi scuri nembi temporaleschi si radunarono dai quattro canti andando a chiudersi al di sopra del drakkar. Il vento prese a gemere e ululare, il giorno si era fatto notte. Lontano sul mare, all'orizzonte, frastagliate saette frantumavano la tenebra. Il rumore del tuono crepito' sulle acque e la terra rocciosa, mentre le onde si levavano sempre piu' alte.
Le parole di Reginn erano un grido di furia ancestrale.
Sballottato dal vento e percosso dalle onde il drakkar girava su se stesso, ora in una direzione ora in un'altra, chi prima rideva ora gridava di sgomento.
-CAGNA!- Fàlki agito' il pugno verso la donna lontana, gli occhi roventi di rabbia e odio.
-Taci, stolto!-gli urlo' Sigurðr.
Il vento mugghio' rovesciando sulla nave una cataratta d'acqua, un'onda la sollevo' per lasciarla ricadere quasi su un fianco. Fàlki era corso a prua, e stretto alla testa di drago con un braccio, agitava l'altro in direzione del promontorio lanciando insulti e bestemmie.
-Egill!-urlo' Sigurðr. -Ci fara' affondare!
Egill si volto' verso Sigurðr.
-Uccidilo, Egill! La Sacerdotessa vuole la sua vita!
Egill scosse la testa. Non servirebbe, penso'.
-Uccidilo o siamo tutti morti!
Alcuni uomini si unirono alla richiesta di Sigurðr. Fàlki, perso nella sua collera, non si accorse di niente.
Egill strinse i denti ed estrasse il pugnale dalla lama triangolare. Mosse un passo verso prua, barcollo' quando un'onda scosse la nave, si fermo' e si volse verso Sigurðr.
-E' mio fratello-, gli disse, protendendo di lato il braccio e porgendo il pugnale. Sigurðr si mosse deciso e rapido, e passando afferro' il pugnale dalla mano di Egill che stava a capo chino digrignando i denti. Giunse veloce alle spalle di Fàlki, lo afferro' con la sinistra alla fronte, strattonandogli il capo all'indietro per scoprire la gola. La lama passo' sulla carne, tagliando l'arteria, troncando l'ennesima bestemmia. Nel momento in cui il corpo cedette, tutta la vita fuggita via, lo spinse facendolo cadere in mare.
-E' morto!- urlo' Sigurðr ergendosi a prua, le mani sporche di sangue allargate in un gesto di resa, bilanciandosi per restare in piedi mentre il mare scuoteva la nave sotto i suoi piedi. -E' morto! E' stato punito! Ora basta!
Le parole giunsero fino a Reginn nonostante l'ululare del vento. Aveva visto il fiotto di sangue sgorgare dalla gola recisa, sangue come quello che sporcava la giovane Halldòra, tredici inverni appena. Lei non bestemmiava, non gridava, piangeva in silenzio. Piangeva senza riuscire a smettere, piangeva cosi' tanto che le lacrime avevano inzuppato le vesti stracciate. Quelle vesti che si stringeva addosso nel vano tentativo di coprirsi, mentre raggomitolata giaceva in un angolo del magazzino. No, diceva il suo canto. Voi sapevate, accuso'. Sapevate e lo avete accettato con voi, sapevate e ridevate.
Un grido stridulo e feroce usci' altissimo dalla gola di Reginn. Un'onda si alzo' improvvisa, Sigurðr fu strappato via dal ponte e perso in mare. E mentre il grido continuava un'altra, ultima onda si formo' giungendo dal largo, fu sollevata alta dal vento e ristette minacciosa al di sopra del drakkar. Le urla di paura degli uomini furono portate lontano dal vento, la massa d'acqua si abbatte' come un martello e lo schianto del legno fu come l'urlo di un dio. La barca si spezzo' in due e gli uomini furono gettati in mare, mentre l'acqua si richiudeva su di loro onda dopo onda che erano come i corpi di un esercito nemico venuto per perderli.
L'urlo di Reginn si spense, si interruppe improvvisamente. E cosi' il vento, cadde repentino com'era nato, evocato dalla rabbia e dal dolore. Le nubi si dissolsero in pochi minuti, restituendo al mondo l'estivo cielo azzurro. E il sole torno' a splendere sul mare piatto. Un mare dove galleggiavano corpi d' uomini e relitti di legno, una vela colorata di bianco e rosso, scudi di quercia e remi spezzati.
Ed ora, si chiese Reginn, che rimane? La vendetta e' compiuta, ma che mi rimane?
Il suo sguardo corse alla costa, la' dove il fiordo si apriva. Una folla d'uomini e donne, vecchi e bambini si era raccolta sulla spiaggia, giungendo dai villaggi.
Voi siete testimoni, andate e raccontate, che si sappia cos'e' successo oggi. Che si sappia come quegli uomini hanno pagato, e che cio' non si ripeta piu'.
Almeno qui.