Cristophe non era un pescatore, ne' un agricoltore. Non
lavorava come bracciante, ne' era un commerciante. Viveva sull'isola
di Vache, uscendo a volte a pesca con la sua piccola barca,
coltivando svogliatamente un orticello ricavato sulle erte pendici
della piccola collina alla base della quale aveva costruito la sua
capanna. Raccoglieva i frutti delle palme da cocco, dei banani e
della papaia che crescevano selvatici ovunque sull'isola, e di altri
alberi che i francesi avevano portato da lontano. Quando aveva
necessita' andava a lavorare qualche giornata come bracciante nella
fattoria di Mounsier Duvalier, dove era sempre bene accetto in virtu'
dell'essere, come Duvalier, un mulatto.
Nel complesso la vita di Cristophe scorreva per lo piu'
solitaria e quasi incoscia delle miserie che lo circondavano, dei
malumori e dei sempre piu' frequenti tumulti generatisi fra la
popolazione di schiavi. Non aveva molti contatti col mondo, Cristophe,
ne' desiderava averne. Viveva la sua vita in serenita', contemplando
un universo che non riusciva a comprendere ma che lo affascinava, ed
abbandonandosi spesso ad una introspezione che lo turbava perche si
rendeva conto che, nonostante la semplicita' della vita condotta, lui
era un essere complesso. Non si dispiaceva della compagnia di altre
persone: ammirava le donne della fattoria di Duvalier, scherzava con
i giovani dei villagi vicini, ascoltava interessato i racconti degli
anziani e si divertiva a giocare coi bambini. Aveva semplicemente
deciso di non vivere in mezzo a loro e di condurre un'esistenza
appartata.
Ma un giorno in cui si era recato a lavorare alla
fattoria di Duvalier, rientrato dalla piantagione di caffe' e in
procinto di incamminarsi verso la sua capanna, vide una giovane donna
lasciare una delle ali dell'edificio e dirigersi verso il sentiero
che portava al modesto insediamento di Cacor. La sua bellezza colpi'
Cristophe e lo fece prigioniero, lui che sempre era stato libero. Il
seno abbondante ed alto, i fianchi snelli, i capelli neri che
ricadevano fino alla vita e il passo sicuro lo ammaliarono.
-Chi e' quella donna?- chiese ad un altro bracciante,
uno schiavo negro dalla statura imponente, senza riuscire a staccare
gli occhi dalla pelle bianca e senza difetto delle sue spalle e del
suo collo,
-Si chiama Angeline. E' una petit blanc che vive a
Cacor. Ogni tanto viene alla qui alla tenuta.
-A fare cosa?
-Non lo so.
Guidato da un impulso, senza dire una parola di
commiato, Cristophe si incammino' dietro ad Angeline, che camminando
a passo spedito aveva guadagnato gia' un discreto vantaggio.
Immediatamente la paura di stare per fare qualcosa di stupido lo
strinse allo stomaco. Angeline era bella, troppo bella per lui. Ma
sapeva che se non avesse almeno tentato di parlarle non sarebbe
riuscito a togliersela dalla testa.
La strada fino a Cacor era lunga, e siccome Cristophe
non voleva che Angeline capisse che la stava seguendo, ridusse la
distanza piano piano, affrettando il passo solo quando una curva del
sentiero nella boscaglia portava Angeline fuori vista, e beandosi
della sua figura per tutto il resto del tempo. Ma non ci volle molto
perche' le giungesse abbastanza vicino perche' lei udisse il rumore
dei suoi passi. Angeline si guardo' alle spalle da sopra la spalla e
lo sguardo di lei quasi lo spinse a smettere di seguirla. Non era
stato lo sguardo duro o magari impaurito di una donna sola che
realizza di essere seguita nella boscaglia da un uomo. Lo sguardo di
Angeline era stato vuoto, disinteressato. Cristophe non era neanche
sicuro che lei lo avesse visto veramente, perche; non si era
effettivamente focalizzato su di lui. Ma Angeline era troppo bella
per desistere.
Dopo poco Cristophe la raggiunse. -Buonasera-, disse con
un sorriso.
-Buonasera-, rispose Angeline con voce neutra, voltando
a malapena la testa di quel tanto necessario per guardarlo di sbieco.
-La strada per Cacor e' lunga. Sarebbe piacevole
accorciarla con una compagnia con cui parlare.
Questa volta Angeline si volto' a guardarlo per bene ed
un sorriso stanco apparve sulle sue labbra sottili. Una flebile luce
scintillo' nei suoi occhi chiari, mentre lo studiava attentamente.
Cristophe quasi trattenne il fiato. La sua pelle era decisa chiara,
tanto che a prima vista poteva essere creduto un bianco molto
abbronzato dal sole dei Caraibi, ma anche se i tratti negroidi erano
molto blandi la sua natura di mulatto non sarebbe sfuggita ad una
osservazione appena piu' che superficiale.
-Il mio nome e' Cristophe.
-Io mio chiamo Angeline.
-Lo so-, rispose Cristophe con un sorriso malizioso.
-Ah si'? Come fai a saperlo?
-L'ho chiesto quando ti ho visto uscire dalla tenuta di
Duvalier-, rispose Cristophe pronunciando ancor di piu' il suo
sorriso.
Angeline sorrise a sua volta, ma non mostro' di
afferrare il sottinteso di Cristophe. La cosa lo lascio' sconcertato
e per un attimo privo di parole.
-Non ti ho mai visto a Cacor.
-Non vivo li'. E non ci vado quasi mai. Ma adesso ho...
una faccenda da sbrigare e potrei recarmici spesso.
-E dove vivi?
-Nella piccola baia a ovest, vicino al promontorio.
-Non c'e' niente laggiu'-, commento' perplessa Angeline.
-Non ci sono persone, ma ci sono tante cose-, rise lui.
-E' quello che intendevo. Non ci sono villaggi.
-Proprio per questo vivo la'-, disse Cristophe deciso,
attendendo la reazione che immancabilmente arrivo'
-Vivi lontano dalle persone perche' lo vuoi?-
L'espressione sul volto di lei diceva chiaramente che non capiva.
Con l'ombra di un sorriso sulle labbra Cristophe
inspiro' a fondo e comincio' a spiegare perche' viveva lontano dai
villaggi. E Angeline trattenne il fiato mentre ascoltava. Ascolto'
Cristophe descriverle il colore del mare nei diversi momenti della
giornata e delle diverse forme che la schiuma delle onde poteva
assumere, e dei colori dei fiori che gli arbusti della collina
producevano e dei dolci odori che entravano nella sua capanna portati
dalla brezza notturna, delle sensazioni trasmesse dal tatto della
sabbia calda sotto i piedi o delle differenti foglie contro la pelle
della sua shiena nuda. E mentre Cristophe raccontava di come fosse
dolce dormire all'ombra degli alberi il tempo trascorse e si fece
buio, e mentre nel crepuscolo Angeline ascoltava la descrizione dei
rumori della notte la strada fu consumata e giunsero a Cacor.
-Io vivo qui-, disse Angeline arrestandosi
all'improvviso davanti ad una piccola casetta ai margini del
villaggio.
Perso nel suo racconto Cristophe non capi'
immediatamente cosa Angeline avesse detto e si fermo' anche lui, in
silenzio, fin quando comprese che il suo tempo con la bella Angeline
era giunto al termine. Un'espressione di delusione si dipinse sul suo
volto, ma ando' persa nel buio.
-Dove devi andare?
-Eh... Oh, giu' verso il molo. Il tempo e' passato in
fretta in tua compagnia.
-Anch'io sono stata bene.
-Magari... magari potremmo rivederci. Nei prossimi
giorni devo ritornare a Cacor.
-Senz'altro-, disse Angeline con un sorriso che lui
immagino' piu' che vedere.-Buonanotte.
Cristophe la guardo' entrare in casa e chiudersi la
porta alle spalle, poi, preda di una strana sensazione di leggerezza,
si incammino' verso il molo.
Fu solo a quel punto che Cristophe comincio' a
riflettere su dove passare la notte. Non conosceva nessuno in Cacor e
la strada fino alla sua capanna era lunga e non adatta ad essere
percorsa di notte. Mentre pensava e un po' si dava dello stupido per
aver obbedito all'impulso di seguire Angeline, continuo' a camminare
ed in breve si ritrovo' all'opposto margine del paese. Ondulazioni
rocciose coperte di boscaglia rada delimitavano la linea delle case,
su questo lato, diversamente da quello da cui era giunto che era
occupato da coltivazioni. Con un sospiro si inoltro' nella boscaglia
in cerca di un grosso cespuglio o piccolo albero sotto il quale
dormire.
Si sveglio' che stava per albeggiare, e alla luce del
nuovo giorno si rese conto che l'altura sulle cui pendici aveva
passato la notte dominava quella parte del paese dove si trovava la
casa di Angeline. Si arrampico' fino in cima, trovo' un punto in cui
sarebbe stato nascosto agli sguardi dal paese e si sedette tenendo
d'occhio la porta di Angeline.
Oltre un'ora dopo, quando il sole era gia' alto e l'aria
calda, la porta si apri'. Il cuore di Cristophe salto' un battito
quando Angeline usci', anche se da quella distanza poteva a malapena
essere sicuro che fosse lei. La segui' con lo sguardo mentre si
incamminava verso il molo con un paniere sotto braccio, da dove poi
si incammino' lungo la spiaggia nella direzione di Cristophe. A quel
punto Cristophe si affretto' giu' per il declivio, diretto verso la
spiaggia, pregando che Angeline non cambiasse direzione.
Giunto alla spiaggia si diresse per incontrarla,
camminando sul bagnasciuga e cercando di darsi l'aria di chi fosse
immerso nei propri pensieri e fosse li' per motivi suoi.
-Buongiorno!- disse con un sorriso quando Angeline fu a
pochi metri, sicuro che la sua faccia lo stesse tradendo.
-Oh... buongiorno.- Sul volto di Angeline si formo'
un'espressione come se non ricordasse chi fosse Cristophe. Poi,
chiaramente, lo riconobbe e sorrise. -Cosa fai qui!
Cristophe, un po' imbarazzato, balbetto': -Ho passato la
notte... Beh... Ho sbrigato quella faccenda per cui sono venuto. Mi
stavo incamminando verso casa.
-Buon rientro, allora.
-Veramente non ho fretta. Non ho niente da fare, oggi.
Voglio solo essere a casa prima di buio.
-Io stavo andando a raccogliere della frutta.
-Posso aiutarti!
-Non c'e' bisogno. Non voglio trattenerti.
-Non e' un problema. Davvero, mi farebbe piacere.
-Va bene, allora-, disse Angeline facendo una mezza
piroetta e riprendendo a camminare.
Cristophe esito' un attimo, poi, con una risata, la
segui', recuperando il terreno perso con due lunghi passi ed
afferrando il cesto di Angeline.
-Dallo a me.
-Ma no! E' leggero.
-Pesera' al ritorno. Dammelo.
Lei gli sorrise e si lascio' togliere il cesto dalle
mani. Quel sorriso mozzo' il fiato a Cristophe, che si sforzo' di
zittire il tarlo di un dubbio: come poteva una donna cosi' bella
anche solo spendere il suo tempo con lui.
-Raccontami ancora di quando esci in barca di notte-,
disse Angeline.
E Cristophe comincio' a raccontare delle notti passate
al largo, sotto la luce della luna o nell'oscurita' luccicante di
stelle, dello sciabordio delle onde contro la fiancata della sua
barca, degli odori portari dal vento cosi' diversi da quelli che il
vento diurno e' solito portare. Lui parlo' camminando, cercando di
affascinare quella donna che lo aveva affascinato; lei ascolto'
mentre raccoglieva frutti da riporre nel paniere che Cristophe
reggeva per lei, senza mai fargli capire se stava avendo successo.
Il tempo trascorse, il paniere si riempi', i racconti di
Cristophe sembravano non avere fine e cosi' pure la capacita' di
Angeline di ascoltare.
Non ce ne sta piu'-, disse Angeline. -Possiamo tornare
indietro.
E Cristophe provo' una fitta al petto, perche' presto si
sarebbe dovuto separare da lei. Ma annui' senza dare segno della sua
sofferenza. Si avviarono sulla via del ritorno e il paniere nelle
mani di Cristophe si fece pesante.
Erano quasi ai margini del paese quando Angeline disse:
-E' bello stare con te.- Spazzando via con quelle semplici parole
tutto il dolore dal petto di Cristophe. -Hai detto che dovrai tornare
a Cacor. Quando?
-Non so esattamente-, tergiverso' Cristophe. -Forse
lunedi' prossimo.
-Se torni lunedi' mi piacerebbe passare del tempo
insieme.
-Certo, farebbe piacere anche a me-, rispose lui
cercando di nascondere la sua eccitazione. -Rimaniamo d'accordo per
lunedi', allora. A meta' mattinata va bene?
Angeline sorrise, allungo' le mani per riprendersi il
suo paniere e si avvio' verso casa. Fatti tre passi volto' il capo,
gli sorrise e disse: -A lunedi'.
Cristophe rimase li', senza parole, il fiato affannato,
incapace di credere che l'avrebbe rivista. Poi, dopo alcuni minuti,
si avvio' verso casa, esaltato e a passo spedito. Sperando che quei
tre giorni che lo separavano da Angeline trascorressero velocemente,
ma sapendo in cuor suo che sarebbe stata una lunga agonia durante la
quale avrebbe sofferto per la sua mancanza e smaniato per rivederla.
E cosi' fu. I tre giorni si trascinarono lenti, pieni
dell'assenza di Angeline, per lui che non aveva mai sofferto della
mancanza di persone vicino a lui. Ogni volta che quella lontananza si
faceva schiacciante, lui si rifugiava nel ricordo del suo sorriso,
nella memoria della sua voce. Per rendere piu' breve l'attesa usci'
in barca la notte di domenica per pescare, cercando sollievo nella
solitudine dell'oscurita' e delle onde, e quando il sole sorse
all'orizzonte, tiro' in barca le reti e si diresse verso Cacor,
eccitato e felice.
Approdo' al molo di Cacor, insieme ad un paio di altri
pescatori, ed alcune donne gli si fecero incontro per comprare cio'
che aveva pescato. Contratto' il prezzo della pesca, in parte lo
riscosse subito e in parte concordo' di passare a riscuoterlo nei
giorn successivi. Tenne per se' unicamente un grosso pesce, e con
quello si avvio' felicemente verso casa di Angeline.
Qualcosa che non si aspettava fu di sentirsi impacciato
una volta davanti alla sua porta. Tergiverso', pauroso come mai era
stato di bussare. Infine alzo' la mano e con le nocche busso' alla
porta, facendo un passo indietro e aspettando che lei aprisse.
Passo' un minuto e Cristophe busso' nuovamente. Passo'
un altro minuto e nessuno venne ad aprire. La gioia si prosciugo'
completamente nel cuore di Cristophe. Il tarlo del dubbio torno' a
roderlo di nuovo. Lo scricchiolio che produceva insinuava di una
presa in giro di cui solo un ingenuo come lui poteva cadere vittima.
Una donna di colore, dal seno enorme e dai fianchi
troppo abbondanti, apparve sulla porta di una casa vicina.
-Sapete dov'e' Angeline?- le chiese d'impulso Cristophe.
La donna si strinse nelle spalle, insensibile
all'espressione di smarrimento e dolore che era dipinta sul volto di
Cristophe.
-Sara' uscita prima dell'alba. A volte lo fa, e nessuno
la vede per giorni.
-Uscita per andare dove?- C'era una nota di disperazione
nella voce di Cristophe.
-E chi lo sa?- ritorse la donna. -Nessuno sa cosa fa
quella.
E rientro' in casa chiudendo la porta sulla
costernazione di Cristophe.
Una sensazione di vuoto nel petto, nessun pensiero ma
solo un turbinare fosco nella mente, Cristophe si incammino' verso il
molo, incapace di venire a patti con la sua delusione. E senza
neanche sapere come vi era giunto, stava attraccando la sua piccola
barca a vela nella rada nascosta dove aveva costruito la sua capanna.
Durante tutta la settimana Cristophe torno' tre volte a
Cacor. Era un pragmatico, quindi tutte le volte parti nottetempo per
pescare e vendere il pesce al molo. Anche perche' non voleva mostrare
in modo troppo palese agli abitanti del paese il suo interesse per
Angeline. Per due volte si arramico' sulla rocciosa collinetta da cui
poteva osservare casa di Angeline e vi rimase fino a notte, nella
speranza di vederla tornare, ma la porta e le imposte della finestra
rimasero sempre chiuse. Una volta riusci' a raccogliere il coraggio
per bussare alla sua porta, sotto gli occhi impietosi delle vicine,
ma nessuno venne ad aprire.
Fu oltre due settimane dopo la sua scoperta della
scomparsa di Angeline che, al termine di una giornata di lavoro nella
piantagione di Duvalier, una delle serve lo avvicino' e, chiamandolo
per nome, gli dette un messaggio di Angeline.
-Mi ha detto di dirti che si scusa. E' dovuta partire
all'improvviso e non haavuto modo di avvisarti.
Cristophe guardo' la serva senza mostrare particolare
interesse per il messaggio, ma il suo cuore aveva cominciato a
battere all'impazzata.
-Ha detto anche-, continuo' la serva, -che se puoi
andare a trovarla fra due giorni la troverai a casa.
-Grazie del messaggio-, rispose Cristophe impassibile e
si volto' per andarsene.
La sua mente era un turbinio di idee frammentarie e
inconcludenti, il suo cuore un turbinio di emozioni confuse. Dolore,
felicita', incomprensione si mescolavano fra loro e rifiutavano di
assumere una forma. Esultanza per l'invito si frantumava contro il
muro del dubbio di un gioco che la donna stava conducendo a sue spese
per poi risorgere e ricomporsi e quindi cadere ancora. Per tutto il
tempo che impiego' per camminare fino a casa si chiese se dovessi
recarsi a trovarla o sempliceente ignorarla, si chiese se lei fosse
veramente interessata a vederlo o se lo stesse malignamente
illudendo.
Ma due giorni dopo prese la sua barca e si reco' a
Cacor, ripetendo il copione della prima volta, per bussare alla porta
di Angeline con un pesce da cuocere. Aveva appena finito di bussare
che la porta si apri' ed Angeline lo accolse con un sorriso. Tutti i
dubbi scomparvero dalla mente e dal cuore di Cristophe.
-Vieni dentro-, disse lei.
E Cristophe enro' in casa di Angeline, senza chiedersi
il perche' dell'inusuale comportamento della donna, senza chiederle
dove era stata, troppo felice di essere in sua compagnia.
-Perdonami per non averti avvisato-, disse lei. -Sono
dovuta partire e non ho avuto modo di avvisarti.
-Non preoccuparti-, rispose Cristophe. -Ora non ha piu'
importanza. E da quel giorno cominciarono a frequentarsi
assiduamente. Quando capitava loro di lavorare per Duvalier lo stesso
giorno Cristophe le faceva compagnia lungo la strada per casa, per
poi proseguire verso la sua capanna a notte fonda in una lunga
camminata lungo la spiaggia, e il sabato sera si recava a trovarla,
per poi presenziare con lei alla messa in Cacor e passare il
pomeriggio con lei.
Passarono le settimane, passarono i mesi. Mesi di
incontri spesi a parlare, a raccontarsi, ad ascoltare. Talvolta
Angeline gli lasciava dei messaggi scritti che la solita serva gli
passava quando andava a lavorare per Duvalier, un'abitudine
cominciata senza che Angeline si ponesse la questione se lui sapesse
leggere o meno. Messaggi a cui lui raramente poteva rispondere,
perche' la carta non era facile da trovare sulla piccola isola ed era
estremamente costosa, ma che Cristophe custodiva gelosamente e che
leggeva e rileggeva quando non poteva incontrarla. Comincio' a
portarle piccoli regali: un fiore essiccato, una collana di piccoli
pezzi di corallo bianco raccolti sul bagnasciuga dove il mare li
depositava. Cristophe parlo' del suo passato, semplice ma vissuto
intensamente; Angeline lascio' capire che c'era un uomo nella sua
vita, con cui non era felice ma che non poteva lasciare, e che aveva
fatto cose che le avevano portato addosso il giudizio della gente.
Col tempo Cristophe arrivo', se non a conoscere bene
Angeline, perche' c'erano tanti aspetti della sua vita che lei non
raccontava mai chiaramente, a comprenderne l'anima turbata, il
tormento che si portava dentro e che per qualche ragione non riusciva
a lasciarsi alle spalle.
Poi giunse la stagione degli uragani e si persero di
vista, incontrandosi solo un paio di volte da Duvalier e scambiando
poche parole di sfuggita. In una di queste occasioni Angeline si
mostro' piu' serena del solito, affermando di aver trovato la forza
di troncare la sua relazione. E torno' infine l'inverno,con le sue
piogge rare e le temperature mitigate dal costante soffiare del vento
fresco. Critophe torno' a frequentare Angeline e la trovo' in uno
stato psicologico miserabile.
-Sono stanca-, gli confesso' lei. -Voglio cambiare la
mia vita ma non ci riesco. Ogni volta che provo' succede qualcosa che
me lo impedisce. Dio mi sta punendo e non e' giusto!
Cristophe la guardo' negli occhi, pieni di lacrime che
pero' non scendevano, perche' lei si rifiutava questo sollievo. -Non
dare la colpa a Dio. Perche' dovrebbe punirti?
-Perche'ho fatto cose orribili.
-Cosa hai fatto?
-Cose non belle.
E Cristophe sapeva che lei non gli avrebbe mai
raccontato la sua storia spontaneamente, ma lo avrebbe fatto solo se
lui l'avesse forzata. Accenni a cose che l'uomo che era stato nella
sua vita le aveva fatto fare avevano svelato il bisogno compulsivo di
Angeline ad essere dominata. Non era cio' che Cristophe voleva fare,
ma il suo desiderio per Angeline cresceva, incrementato dalla
consapevolezza che le differenze sociali non sarebbero state una
barriera, che tutto cio' che doveva fare per averla era pretenderlo.
-Angeline-, le disse un giorno. -Io ti desidero. Ti
voglio.
Lei lo guardo' a lungo negli occhi, indecisa, poi
annui'.
-Sei un caro amico, Cristophe. E lo farei volentieri per
te. Ma non sto bene. Dammi tempo per recuperare.
E il desiderio di Cristophe crebbe, vedendo che il suo
obiettivo era a portata di mano, che sarebbe bastato spingere un po'
di piu' per raggiungerlo in breve tempo. Ma era qualcosa che non le
voleva fare.
-Angeline-, le disse la volta dopo, -passa una notte con
me. Per favore. Solo per dormire insieme.
Lei arrossi'. -Non mi sembra giusto, Cristophe. Dici di
desiderarmi, ma non hai capito chi sono.
-Angeline, sei bella, sei intelligente. Il tempo con te
non e' mai abbastanza. Non mi importa del tuo passato.
-Tu non capisci cosa ho fatto...
-Raccontamelo.
Lei lo guardo' in silenzio.
-Dimmi cosa ti ha fatto fare quell'uomo.
-no...
-Racconta.
-Mi faceva andare a casa sua. Dovevo ballare per i suoi
amici. Una notte, dopo che avevo ballato per loro, mi hanno
circondata. Uno di loro mi ha afferrata e baciata. Poi mi ha tolto il
vestito e mi ha presa da dietro. Solo lui mi ha posseduta, gli altri
hanno solo guardato, ma avevo le loro mani addosso... e si
toccavano...
-Non e' stata l'unica volta.
-No. Un' altra volta c'erano solo due dei suoi amici e
lui e' stato a guardare. Ma perche' vuoi che ti racconti? Non ti fa
male, se mi desideri? O ti eccita pensarmi con altri uomini?
-No, non mi eccita. E si', mi fa male. Ma voglio sapere
tutto di te. E queste non sono cose che racconti a tutti.
-No, certo che no.
-Raccontami i dettagli.
-Mi hanno messa nel mezzo...
-E cosa ti hanno fatto?
-Ti prego...- La nota di dolore nella sua voce fece
desistere Cristophe.
-Angeline, spogliati per me.
Lei arrossi', diventando ancor piu' bella. -Mi vergogno.
-Smettila di mentire. Ti piace. Fallo per me.
E lei si sollevo' la veste e la sfilo' da sopra la
testa, lasciando che Cristophe si beasse del suo corpo nudo, delle
sue cosce sode e del seno prospero e alto. Sotto il suo sguardo i
capezzoli di Angeline si inturgidirono di eccitazione.
-Girati-, le disse Cristophe e lei lo fece, mostrandogli
la schiena dritta e la curva delle natiche.
Poi, notando il respiro di Cristophe che si faceva
corto, afferro' il suo vestito ed esclamando con una risata “Adesso
basta!” si rivesti'.
-Angeline. Io ti voglio. E faro' qualsiasi cosa sia
necessaria per averti.
-Tu non vuoi capire che tipo di persona sono.
Il giorno successivo Cristophe si reco' a trovare una
mambo. Il tempio era piccolo, fitto diombre, con solo tre altari sul
fondo della stanza e un tavolo con alcune sedie contro il muro su un
lato. Sul tavolo si trovavano sei candele e sei bicchieri di vetro
opaco e graffiato, capovolti. La sacerdotessa guardo' Cristophe un
po' sospettosa, un po' divertita.
-Cosa vieni a cercare, nel tempio di Erzulie?- chiese la
mambo dopo che Cristophe l'ebbe porto i suoi rispetti.
-C'e' una donna che desidero. Sono venuto a chiedere
consiglio a Erzulie su come comportarmi.
La sacerdotessa lo guardo' intensamente e a lungo.
-E' a Erzulie Freda che ti devi rivolgere. Ami quella
donna?
Cristophe ci penso' un attimo. L'amore era qualcosa che
non aveva mai considerato. Si sentiva attratto da Angelie, si sentiva
legato a lei in qualche modo, e la desiderava in un modo in cui mai
aveva desiderato un'altra donna. Ma poteva dirsi amore? Non era
sicuro.
-Posso amarla. Se sara' mia la amero'-, rispose.
La mambo valuto' la sua risposta a lungo. -Torna fra due
giorni, al tramonto-, disse poi. -Porta un sacrificio adatto a
Erzulie Freda.
Cristophe annui' e se ne ando'.
Torno' due giorni dopo, portando con se' una bottiglia
di rum bianco, una collana di perle appartenuta a sua madre e dei
fiori di frangipani. La mambo, che lo aspettava sulla porta, annui'
alla vista delle offerte e si sposto' per permettergli di entrare.
Cristophe varco' la soglia e si ritrovo' in un ambiente
molto piu' luminoso della volta precedente grazie alla luce calda di
numerose candele. Una decina di donne erano presenti, di eta'
differenti e tutte sue parenti. Cristophe porse i suoi rispetti,
passando in rassegna sguardi che andavano dall'indifferenza alla
disapprovazione. Una bella ragazza dalla pelle nerissima era l'unica
nota differente, con una luce divertita negli occhi e un accenno di
sorriso sulle labbra piene.
Il tavolo era stato spostato ed apparecchiato, in modo
semplice perche' la comunita' era povera, per lo piu' con frutta nei
piatti e semplice acqua nei bicchieri, ma le offerte per i loa erano
state elaborate e presentate con cura.
La mambo prese le offerte dalle mani di Cristophe e le
poso' davanti all'altare di Erzulie Freda come sacrificio. Poi
iniziarono le preghiere e gli inni, in una serie di saluti a tutti i
loa della famiglia,mentre Cristophe aspettava da un lato; il fumo dei
sigari e di piccoli bracieri posti di fronte ad ogni altare ben
presto riempirono il locale, mentre alcune donne cominciavano a
danzare. Le ore trascorsero lente, in un rituale che era parte messa
religiosa, parte festa. Una ad una le ballerine si accasciarono al
suolo, stremate da una danza che si era fatta sempre piu' frenetica
via via che il fumo si infittiva. Frastornato, dalla stanchezza e dal
fumo inspirato, Cristophe realizzo' in ritardo che l'ultima voce
intonante inni aveva taciuto, che le danze si erano fermate
completamente e che solo la giovane ragazza era rimasta in piedi, il
corpo tremante, gli occhi rivoltati a mostrare il bianco e la testa
rovesciata all'indietro.
Poi, improvviso, ci fu un cambiamento nella ragazza. Fu
come se le fibre sfinite dei suoi muscoli si fossero contratte tutte
insieme recuperando la loro tonicita'. La postura si fece eretta
nuovamente, ma gli occhi rimasero rovesciati, sebbene si puntassero
su Cristophe. Un sorriso malizioso si dipinse sulle labbra carnose e
la ragazza avanzo' con passo sensuale verso Cristophe. Giuntagli
vicino allungo' una mano e la poso' sul suo petto. Erzulie era
entrata in lei.
-Sei qui in cerca del mio consiglio-, disse con voce di
velluto. -Perche' cerchi il mio consiglio?
-Ho bisogno del tuo consiglio per conquistare una
donna-, rispose con voce incerta Cristophe.
-La desideri cosi' tanto?- chiese Erzulie.
-Si'.
-E me? Non desideri anche me?
La mano sul petto di Cristophe si contrasse, affondando
leggermente le unghie nei suoi muscoli, mentre l'altra mano si alzava
ad aprire il bordo del vestito, mostrandogli un seno piccolo e sodo,
con un capezzolo pronunciato, turgido e scurissimo.
Gli occhi di Cristophe si puntarono duri in quelli
bianchi di Erzulie. -Io voglio Angeline-, disse perentorio.
Il sorriso scomparve dal volto di Erzulie, il vestito
torno' a coprire il seno. Con un vago sospiro Erzulie disse: -Ti
serve l'aiuto di Anansi. Lui solo sapra' aiutarti ad avere quella
donna. Fai vela per Les Coteaux. Approda la tua barca quando, dopo
aver passato Punta Abacou, vedrai tre alti pini morti. Troverai una
strada, incamminati verso nord ed ogni volta che giungerai una casa
ad un crocevia bussa alla sua porta e chiedi a chi ti aprira' dove si
trova Anansi.
Improvvisamente il sorriso ritorno' sulle labbra carnose
ed Erzulie, con una mossa rapida, si allungo' a passare la lingia
sulla bocca di Cristophe. Quindi gli volse le spalle e, ancheggiando,
torno' verso il centro della stanza. Fermatasi nel centro esatto si
volse a guardare Cristophe, gli mando' un bacio ed improvvisamente il
copro della ragazza collasso' a terra. Erzulie Freda se ne era
andata.
Cristophe prese il mare a notte fonda, circumnavigo' la
piccola isola di Vache e si diresse a sud, verso Punta Abacou, che
supero' a mezzogiorno. Da li' in poi scruto' ininterrottamente la
costa in cerca dei tre pini morti, ma su solo nel tardo pomeriggio,
con Les Coteaux quasi in vista, che li avvisto'. Alti e sottili,
inclinati in direzioni diverse, svettavano solitari fuori da un mare
di cespugli.
Aveva ormai imbrunito quando raggiunse la costa ed ebbe
tirato in secca la barca. Attraverso' la spiaggia bianca e raggiunse
il traingolo di alberi, ma era ormai troppo buio per vedere la
strada. Non c'era che da aspettare il giorno dopo, anche perche',
ammesso che non sbagliasse direzione e riuscisse a trovare la casa al
crocevia, non sarebbe stato educato andare a bussare alla porta in
piena notte. Percio' torno' alla sua barca e vi si distese dentro per
dormire come aveva fatto altre innumerevoli volte.
La luce dell'alba lo trovo' gia' sveglio e sotto i pini,
pronto ad incamminarsi lungo la strada che, al primo chiarore,
apparve davanti a lui. Tutto intorno a lui gli uccelli cantavano dai
cespugli e il profumo dei fiori degli arbusti a bordo strada riempiva
le sue narici.
Per circa un'ora Cristophe cammino' senza vedere alcuna
abitazione ne' tantomeno un crocevia, finche', all'incrocio della
strada con una mulattiera che sbucava dai cespugli alla sua destra e
scompariva in quella alla sua sinistra, arrivo' ad una piccola casa
intonacata di azzurro. Cristophe corse alla sua porta e busso'
ripetutamente, finche' un vecchio venne ad aprire. L'uomo, calvo,
dalla pelle scura bruciata dal sole e il mento pronunciato coperto di
barba ispida lo guardo' interrogativamente.
-Sapete dirmi dove si trova Anansi?- chiese Cristophe.
Il vecchio non pronuncio' parola, ma indico' la
mulattiera a sinistra del crocevia. Cristophe ringrazio' e si
incammino' lungo la mulattiera, camminando speditamente fra i
cespugli che arrivavano a sfiorargli le spalle.
Dopo circa mezz'ora giunse al crocevia con un sentiero
un po' piu' grande della mulattiera, con un'altra piccola casa
intonacata di azzurro che rassomigliava in tutto e per tutto alla
precedente. Cristophe busso' alla porta e questa volta ad aprire
venne una vecchia dagli occhi cisposi.
Cristophe pose la stessa domanda alla donna e quella,
senza dire una sola parola, gli indico' il sentiero alla sua
sinistra. Cristophe ringrazio' e si avvio' lungo il sentiero,
seguendolo fino a quando questo incrocio' una strada simile alla
prima che aveva preso. Anche a questo crocevia sorgeva una casetta
intonacata di azzurro, molto simile se non uguale alle precedenti
due. Quando busso' venne ad aprire un bambino vestito solo di
calzoncini che lo guardo' dal basso in alto coi suoi occhioni scuri,
senza parlare.
-Sai dirmi dove si trova Anansi?- gli chiese Cristophe.
E il bambino gli indico' la strada alla sua sinistra. Cristophe
ringrazio' e si avvio', alquanto sconcertato, nella direzione
indicatagli.
Dopo un'altra mezz'ora di cammino giunse dove la strada
ne incrociava un'altra. Il paesaggio gli parve familiare, cosi' come
la piccola casa azzurra che sorgeva al crocevia. Dubbioso ando' a
bussare alla porta e una bambina dai crespi capelli tagliati corti
corti venne ad aprire. Al suo sguardo interrogativo Cristophe chiese:
-Sai dirmi dove si trova Anansi?
La bambina indico' la strada alla sua sinistra.
-Grazie...- disse Cristophe. E si avvio' lungo la
strada.
Dopo pochi metri la sensazione di familiarita' si fece
piu' forte, come se avesse gia' percorso quella strada. Finche'
riconobbe una formazione rocciosa che aveva oltrepassato lungo la
prima strada. Com'e' possibile? si chiese sconcertato. Quella era la
stessa strada che aveva preso ai tre pini, ma non c'era nessuna casa
lungo di essa... Doveva trattarsi di un'altra strada... Eppure, ad
ogni crocevia aveva svoltato a sinistra, compiendo un angolo di
trecentosessanta gradi... Se quella era la prima strada, di li' a
poco avrebbe...
...ritrovato la prima casetta. Cristophe guardo'
intimorito la casa alla cui porta aveva bussato per prima. Poi,
ingoiando i suoi timori, cammino' fino alla sua porta e busso'.
Un vecchio venne ad aprire anche questa volta, ma non si
trattava dello stesso che aveva aperto in precedenza. Questo aveva
una postura eretta, indossava un vestito di canapa bianco, d'aspetto
costoso, e portava baffi e barba bianchi e perfettamente pettinati e
spuntati.
-Sei arrivato, infine-, disse l'uomo con fare affabile.
-I miei servitori mi hanno avvisato che mi stavi cercando.
-Anansi...?- Cristophe era senza parole.
-Certo!- rispose il vecchio un po' piccato. -Non era me
che stavi cercando?
Cristophe annui'.
Anansi sbuffo'. -Entra in casa-, disse, - cosi' potremo
parlare comodamente.
Anansi si fece di lato e Cristophe entro'. Gli occhi gli
si spalancarono e la bocca formo' una grand e O quando vide l'interno
della casa. Si trovava in un salone arredato sontuosamente che da
solo era troppo grande per essere contenuto nella piccola casetta a
cui aveva bussato. E numerose porte su tutti i lati della sala
mostravano accenni di altre stanze.
-Mi piacciono le comodita'-, commento' Anansi, prendendo
lo strabiliato Cristophe per un braccio e accompagnandolo verso due
poltrone di giungo intrecciato coperte da spessi cuscini. -Siedi qui.
Cristophe obbedi' e Anansi prese, da un tavolino posto
di fronte alle due poltrone,una caraffa di vetro da cui verso
dell'acqua in due bicchieri.
-Sarai assetato, dopo tanto camminare-, disse porgendo
uno dei bicchieri a Cristophe.
-Grazie-, rispose Cristophe prendendo il bicchiere.
Anansi prese l'altro bicchiere e si sedette sulla sua
poltrona. -Bene! E ora dimmi: perche' mi hai cercato?
Cristophe sorseggio' l'acqua e raccolse i pensieri.
Quindi inizio' a raccontare da quando aveva visto Angeline la prima
volta, di come fosse rimasto colpito dalla sua bellezza, di come il
suo sorriso lo avesse incantato, di come il tormento che aveva letto
nel profondo dei suoi occhi cristallini lo avesse incatenato.
-Perche' il suo tormento ti attrae?- chiese Anansi
realmente incuriosito. -Gli uomini fuggono il dolore, il proprio e
quello degli altri.
Cristophe lo guardo', ponderando la sua risposta. -Chi
accetta il dolore vede il mondo per come realmente e'. Chi accetta il
dolore puo' comprendere l'amore, perche' non vorrai mai che la
persona amata patisca tale dolore.
-E tu ami Angeline?
Ancora Cristophe prese tempo per riflettere prima di
rispondere, sorseggiando di nuovo dal bicchiere. -Cos'e' l'amore? Io
credo che l'amore sia come noi ci comportiamo con la persona che
abbiamo scelto di avere al nostro fianco. Ho visto uomini e donne
scegliere la persona di cui si erano innamorati. Io non voglio fare
una cosa del genere. Io amero' la persona che ho scelto.
-Ed hai scelto Angeline.
-Ho scelto Angeline. Non c'e' ipocrisia in lei:
riconosce i suoi sbagli e non cerca di incolpare nessuno per i suoi
errori. Conosce i suoi limiti e lotta per superarli. Ha una menta
bellissima: sa ascoltare e sa raccontare. E' discreta, ma quando
decide di aprirsi con te ti lascia entrare ovunque, anche se serve
del tempo per ottenere accesso a tutte le stanze del suo animo.
“E' stata ferita. Molte volte. Si e' ferita da sola,
anche, e tutt'ora sanguina. Voglio essere al suo fianco mentre
guarisce.
Cristophe, che mentre parlava aveva rivolto lo sguardo
nel vuoto, si volse verso Anansi. -Chiedo qualcosa di cosi' assurdo?
Anansi sorrise. -Questo e' un gioco che si gioca in due
e sulle cui regole bisogna accordarsi di volta in volta. Solo una
cosa non cambia mai: se entrambi giocano, o si vince in due, o si
perde entrambi.
-Mi aiuterai?- prego' Cristophe.
Anansi infilo' una mano nella tasca della sua giacca e
ne trasse una matassa di filo, translucido e sottile.
-Questo-, disse, -e' filo di tela di ragno. Tessuto per
me in una notte di luna piena sulla vetta piu' alta delle terre che
si trovano a ovest dell'Oceano. Te lo affido.
Cristophe guardo' la matassa che Anansi gli porgeva,
poi, incerto, allungo' la mano e lo prese.
-Cosa devo farne?
-Tocca Angeline sul cuore tenendone un'estremita' fra le
dita e lei vi rimarra' presa senza accorgersene. Ti seguira' e tu,
ogni sera, dovrai svolgere un po' di filo, intessendolo con cio' che
di piu' intimo hai, perche' lei ti accetti nel suo cuore. Molto
dipendera' da te: il filo e' sufficientemente lungo perche' tu possa
intessere nel suo cuore abbastanza da farla rimanere con te.
“Al prossimo plenilunio verro' a riprendermi il filo.
Per allora, se sarai stato abile a sufficienza Angeline sara' tua. Se
non l'avrai ancora conquistata... significa che non c'e' niente che
tu possa fare.
Cristophe guardo' il filo e inspiro' profondamente.
Chiuse gli occhi e, dopo aver rilasciato il fiato, disse: -Grazie.
Anansi sorrise. -Ed ora e' tempo che vai. Sbrigati a
tornare alla tua barca e sfrutta la marea che cambia.
Cristophe incontro' Angeline una domenica mattina alla
messa. Lei gli sorrise ma rimase lontana da lui, come sempre durante
le funzioni. Cristophe, rigirandosi la matassa del filo di Anansi
nella tasca del vestito, penso' per tutta la durata della messa a
quando, al suo termine, sarebbero andati a casa di lei, o a camminare
lungo la spiaggia. Angeline, di tanto in tanto, lo guardava fisso,
con un sorriso appena accennato agli angoli della bocca e un
interrogativo inespresso negli occhi, in un modo che Cristophe
trovava enigmatico ed incantevole allo stesso tempo.
La messa fini' e i due si ritrovarono fuori della
chiesa, incamminandosi in silenzio verso casa di lei, incuranti degli
sguardi della gente intorno a loro. Non parlarono finche' la porta fu
chiusa alle loro spalle.
-Mi sei mancato!- esclamo' Angeline con un sorriso.
-Dove sei stato?
Cristophe le elargi' un ghigno imbarazzato. -Dovevo
sbrigare alcune faccende... lavorare.
-Beh, non importa. Ora sei qui.
-Angeline...
-Si'?
-Vieni via con me.
-Cristophe, ne abbiamo gia' parlato. Non me la sento. Tu
non hai ancora capito che donna sono io. E poi devo risolvere il mio
problema...
-Lo risolveremo insieme!
Lei scosse la testa, le labbra strette. -No. Devo
risolverlo da sola.
-Non c'e' niente di sbagliato nell'avere aiuto da
qualcuno che ti vuole bene.
-Non sarebbe giusto nei tuoi confronti, Cristophe. Sei
un caro amico, sto bene in tua compagnia, ma non mi hai mai visto
come sono realmente.
-Vedo quello che mi mostri quando sei con me.
-Quando sono con te non credo di essere realmente io.
-Pero' non ti dispiace essere come ti faccio essere io
con la mia presenza.
-No, non mi dispiace. Ma ci sono cose del mio passato
che devo risolvere prima di poter stare con un uomo. E ancora non
capisco cosa ci trovi in me di cosi' attraente.
Cristophe, che per tutto il tempo aveva giocato con la
matassa di filo di ragno nella sua tasca, vide la sua occasione e
prese un capo del filo fra le sue dita.
-Sei bella e...
-Non sono bella.
-Sei bella e lo sai. Smettila con questi giochetti.
-Va bene, sono bella.
-E sei intelligente.- E con la punta di due dita della
mano sinistra tocco' la fronte di Angeline. Lei sorrise. -E hai un
grande cuore-, prosegui' Cristophe toccandola sul cuore con la punta
delle dita della mano destra. E il filo di Anansi si avvolse come un
cappio intorno al cuore di Angeline.
-Trovi strano che ti desideri? Trovi strano che non
voglia aspettare?
-Devo ritrovare me stessa, prima di ogni altra cosa.
-Non ti ritroverai standotene qui da sola.
-Non posso venire con te se non sono certa che rimarro'.
Come ti sentiresti se di punto in bianco sentissi il bisogno di
andarmene senza ragione apparente?
-So come mi sentirei se ti lasciassi andare. So come mi
sentirei se tivedessi diventare di un altro. Ti voglio per me,
Angeline. Vieni via con me, questa notte.
-Ma cosa posso darti, io?
-Mi stai gia' dando tanto, anche se non te ne rendi
conto. Io ho bisogno di te, per come sei. Vieni via con me. Questa
notte.
Angeline non rispose subito, lo sguardo fisso per terra
e un' espressione seria ad incupirle il bel volto.
-Non lo so...
-Vieni con me. Faro' il possibile per darti cio' di cui
hai bisogno.
-Cristophe! Io mi devo liberare da cio' di cui ho
bisogno!
-Angeline, a te piace venire usata dagli uomini.
-Non voglio piu'.
-Perche'? Se la cosa ti fa stare bene...
-Non mi fa stare bene. Pero' non riesco a farne a
meno...
-Ti piace essere dominata sessualmente.
-Si'.
-E perche' vuoi cambiare questa cosa?
-Perche' non voglio che le persone si approfittino di me
ancora.
-Io non mi approfittero' di te. Potrai godere del mio
desiderio di te senza pericoli. Ma vieni via con me questa notte.
Vieni a vivere con me.
-E se poi io non riusciro' a desiderarti?
-Non mi importa. Ti voglio vicina. Ti voglio solo per
me.
Angeline chiuse gli occhi ed emise un leggero ma
profondo sospiro. -Va bene...- sussurro'. -Verro' via con te.
Cristophe sorrise felice, stringendo forte la matassa di
filo nella sua tasca.
Nel buio della notte portarono i pochi effetti personali
di Angeline sulla barca e salaprono, lasciandosi Cacor alle spalle.
Nel buio della notte, col sottofondo del rumore delle onde, Cristophe
svolse un poco del filo e comincio' ad tesserlo con le sue parole,
raccontando ad Angeline dei suoi momenti felici e dei suoi dolori,
raccontando di se' fin quando si rese conto che la donna si era
addormentata. Allora sorrise e, in silenzio, guido' la sua barca fino
all'ingresso della piccola rada che aveva eletto a sua dimora.
Ammaino' la vela quando ancora lontano da riva e si
dispose ad aspettare, guardando la figura della donna addormentata e
sentendosi ripieno di energia solo per la sua vicinanza. E lei,
riflette', si chiedeva cosa potesse dargli. Quando era in sua
compagnia si sentiva ricolmo di energia, ogni malinconia scompariva e
i pensieri tristi non riuscivano ad emergere nella sua mente. Solo
questo era un dono enorme!
L'ultima parte della notte si consumo' rapidamente,
scolorendo nel grigio del crepuscolo che poi si tinse di azzurro.
Allora Cristophe allungo' una mano per toccare Angeline su una
spalla.
-Angeline. Svegliati.
-Uh? Cosa?
-Apri gli occhi e guarda.
Angeline si sollevo' a sedere e guardo' nella direzione
che Cristophe le indicava. E in quel momento il sole sorse
dall'oceano, un disco di fuoco bianco che rapidamente si sollevo' da
oltre l'orizzonte, trasformando in oro le onde che, lontane, si
infrangevano sui fondali bassi.
Vissero quel giorno insieme, finalmente in silenzio
perche' la vicinanza non richiedeva piu' parole. Le ore scorsero
serene ed al tramonto si ritirarono nella capanna di Cristophe.
Quando si stesero sul giaciglio nell'angolo, Cristophe srotolo' un
altro poco di filo di ragno e le racconto' di quanto la trovasse
bella, parlando fino a che le ombre furono troppo fitte per
distinguere i lineamenti di lei. Allora la bacio' sulle labbra.
Angeline, felice di piacergli, lo accolse fra le braccia e si lascio'
amare, godendo dei fremiti che attraversavano il corpo di lui ogni
volta che la baciava o la accarezzava.
Un sonno senza sogni li porto' al giorno successivo, che
trascorse allegro e vivace, fino al tramonto successivo. E quella
sera, svolgendo un altro poco del filo, Cristophe le racconto' del
suo desiderio di possederla, corpo ed anima, gelosamente. Angeline fu
eccitata dal desiderio di lui, e si amarono a lungo nel silenzio
notturno.
Un sonno ristoratore li porto' ad una nuova, laboriosa
giornata, spesa proficuamente e piena di soddisfazione. E nel
crepuscolo, prima di dormire, Cristophe svolse un altro poco di filo
di ragno e racconto' ad Angeline del suo amore per lei, qualcosa di
cosi' complesso che le parole non potevano realmente spiegare, ma
solo le azioni, dando loro il tempo di una vita intera, avrebbero
potuto svelare nella sua magnificenza. Ed Angeline si spavento',
perche' Cristophe stava parlando di qualcosa che lei non aveva mai
incontrato e che non riusciva a comprendere.
Quella notte Angeline lo amo' fino a sfinirlo, e quando
Cristophe sprofondo' nell'oscurita' del sonno, lei accese una candela
e alla sua luce tremolante si mise ad osservarlo. La sua mente era
confusa dalle parole di Cristophe, il suo cuore spaventato da una
dichiarazione le cui implicazioni le erano aliene. E mentre si
chiedeva cosa lui veramente intendesse con quelle parole, cosa lui
veramente volesse fare delle loro vite, guardandolo vide il filo di
Anansi vicino alla sua mano luccicare alla luce della candela.
Incuriosita e un po' sospettosa raccolse la piccola
matassa di filo e, nel farlo, tiro' l'estremita' legata al suo cuore.
Senti' un leggero tirare al petto, ripete' il movimento e la sua
confusione aumento' quando si senti' nuovamente tirare al petto.
Tiro' ancora' e questa volta vide la luce riflessa lungo il filo che
dalla matassa le arrivava e si agganciava al cuore. Sconvolta,
impaurita, dette un violento strattone. Una fitta di dolore le
sconvolse il petto, togliendole il fiato, ma fu solo un momento
seguito da uno stato di insensibilita'.
Guardo' il filo sottile nella sua mano, alla cui
estremita' una piccola goccia scarlata rappresentava qualcosa di
Angeline che lei, con quel gesto, si era strappata via. Di impulso
passo' la matassa di filo sulla fiamma della candela e la guardo'
bruciare e cadere dalla sua mano in corti filamenti arricciati e neri
alle estremita'. Poi raccolse velocemente le sue cose ed usci' dalla
capanna.
Cristophe si sveglio' consapevole che Angeline non era
con lui. Vide la candela accesa e vide il filo di Anansi consumato e
ridotto in pezzi, uno dei quali appesantito da una goccia scarlatta.
Con la disperazione nel cuore si alzo' ed usci' dalla capanna,
dirigendosi a colpo sicuro verso l'ormeggio della sua barca. Non
c'era una ragione per andare la', non c'era un ragionamento dietro la
sua corsa. Solo la certezza di chi sa che la persona amata non e' al
suo fianco. E, mentre correva, sapeva che non avrebbe fatto in tempo.
Vide la sua barca scivolare sulle acque della rada a
pochi metri da riva. Avrebbe potuto tuffarsi in acqua, raggiungere la
barca a nuoto e riportare indietro Angeline. Invece si fermo' vicino
ad un piccolo albero di scavola, una vecchia pianta che da un gruppo
di rocce si protendeva sull'acqua, e la chiamo' per nome tre volte.
Angeline non rispose, seduta al timone non si mosse, non
si volse verso Cristophe.
-Ti prego, Angeline. Torna da me! Voglio starti vicino,
voglio essere con te mentre le tue ferite guariscono!
Ma Angeline non rispose, anche se questa volta si volse
a guardarlo. Nell'oscurita' il suo volto era celato.
-Angeline-, disse Cristophe mentre la barca lo superava
e si allontanava, -io volevo solo baciare le tue cicatrici.
Ma Angeline, se udi' quelle parole, non rispose. E se
una qualche emozione comparve mai sul suo volto ando' persa nel buio.
Giunse il plenilunio ed Anansi si presento' alla porta
di Cristophe, che stava seduto demoralizzato contro una parete.
-Benvenuto, Anansi-, lo saluto' stancamente Cristophe.
-Bentrovato, Cristophe-, rispose il loa. -Non mi pare di
trovarti in uno stato particolarmente felice, pero'. Non ha
funzionato?
Cristophe scosse la testa con un sorriso mesto. -Non ha
funzionato, no. E' stata con me solo tre giorni, poi se ne e' andata.
-E' fuggita, per la precisione-, aggiunse dopo un attimo
di riflessione.
-Mi dispiace-, rispose Anansi. -A volte capita.
-E non ho piu' il tuo filo-, confesso' Cristophe. -E'
andato distrutto.
-Mal di poco-, disse Anansi. -Era solo filo di ragno.
-Ma... Era magico.
-Magico? Quel filo? Niente affatto. Era filo di tela di
ragno. Nient'altro.
-Ma la magia che ha convinto Angeline a venire con me...
Anansi sorrise. -Quella magia era nelle tue parole,
Cristophe. Non certo nel filo. Tu hai convinto Angeline a seguirti.
Cristophe pondero' le parole di Anansi.
-Ed io l'ho persa-, disse poi amareggiato.
-Come ti ho gia' detto, questo e' un gioco che si gioca
in due. Ma se uno dei due si rifiuta di giocare...
Cristophe scosse la testa. -Non mi resta che
dimenticarla.
-Forse-, commento' Anansi. -Oppure puoi riprovarci.
Cristophe sollevo' gli occhi a guardare Anansi. -Pensi
che possa valerne la pena?
-Se non lo fai non lo sai. Dalle un po' di tempo per
pensare, poi vai a trovarla. O falle avere un messaggio. Da cio' che
mi hai raccontato di quella donna ritengo che un altro tentativo vada
fatto. Non puoi lasciarla andare senza provare.
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