Friday, 22 April 2016

Il filo di Anansi

Cristophe non era un pescatore, ne' un agricoltore. Non lavorava come bracciante, ne' era un commerciante. Viveva sull'isola di Vache, uscendo a volte a pesca con la sua piccola barca, coltivando svogliatamente un orticello ricavato sulle erte pendici della piccola collina alla base della quale aveva costruito la sua capanna. Raccoglieva i frutti delle palme da cocco, dei banani e della papaia che crescevano selvatici ovunque sull'isola, e di altri alberi che i francesi avevano portato da lontano. Quando aveva necessita' andava a lavorare qualche giornata come bracciante nella fattoria di Mounsier Duvalier, dove era sempre bene accetto in virtu' dell'essere, come Duvalier, un mulatto.
Nel complesso la vita di Cristophe scorreva per lo piu' solitaria e quasi incoscia delle miserie che lo circondavano, dei malumori e dei sempre piu' frequenti tumulti generatisi fra la popolazione di schiavi. Non aveva molti contatti col mondo, Cristophe, ne' desiderava averne. Viveva la sua vita in serenita', contemplando un universo che non riusciva a comprendere ma che lo affascinava, ed abbandonandosi spesso ad una introspezione che lo turbava perche si rendeva conto che, nonostante la semplicita' della vita condotta, lui era un essere complesso. Non si dispiaceva della compagnia di altre persone: ammirava le donne della fattoria di Duvalier, scherzava con i giovani dei villagi vicini, ascoltava interessato i racconti degli anziani e si divertiva a giocare coi bambini. Aveva semplicemente deciso di non vivere in mezzo a loro e di condurre un'esistenza appartata.
Ma un giorno in cui si era recato a lavorare alla fattoria di Duvalier, rientrato dalla piantagione di caffe' e in procinto di incamminarsi verso la sua capanna, vide una giovane donna lasciare una delle ali dell'edificio e dirigersi verso il sentiero che portava al modesto insediamento di Cacor. La sua bellezza colpi' Cristophe e lo fece prigioniero, lui che sempre era stato libero. Il seno abbondante ed alto, i fianchi snelli, i capelli neri che ricadevano fino alla vita e il passo sicuro lo ammaliarono.
-Chi e' quella donna?- chiese ad un altro bracciante, uno schiavo negro dalla statura imponente, senza riuscire a staccare gli occhi dalla pelle bianca e senza difetto delle sue spalle e del suo collo,
-Si chiama Angeline. E' una petit blanc che vive a Cacor. Ogni tanto viene alla qui alla tenuta.
-A fare cosa?
-Non lo so.
Guidato da un impulso, senza dire una parola di commiato, Cristophe si incammino' dietro ad Angeline, che camminando a passo spedito aveva guadagnato gia' un discreto vantaggio. Immediatamente la paura di stare per fare qualcosa di stupido lo strinse allo stomaco. Angeline era bella, troppo bella per lui. Ma sapeva che se non avesse almeno tentato di parlarle non sarebbe riuscito a togliersela dalla testa.
La strada fino a Cacor era lunga, e siccome Cristophe non voleva che Angeline capisse che la stava seguendo, ridusse la distanza piano piano, affrettando il passo solo quando una curva del sentiero nella boscaglia portava Angeline fuori vista, e beandosi della sua figura per tutto il resto del tempo. Ma non ci volle molto perche' le giungesse abbastanza vicino perche' lei udisse il rumore dei suoi passi. Angeline si guardo' alle spalle da sopra la spalla e lo sguardo di lei quasi lo spinse a smettere di seguirla. Non era stato lo sguardo duro o magari impaurito di una donna sola che realizza di essere seguita nella boscaglia da un uomo. Lo sguardo di Angeline era stato vuoto, disinteressato. Cristophe non era neanche sicuro che lei lo avesse visto veramente, perche; non si era effettivamente focalizzato su di lui. Ma Angeline era troppo bella per desistere.
Dopo poco Cristophe la raggiunse. -Buonasera-, disse con un sorriso.
-Buonasera-, rispose Angeline con voce neutra, voltando a malapena la testa di quel tanto necessario per guardarlo di sbieco.
-La strada per Cacor e' lunga. Sarebbe piacevole accorciarla con una compagnia con cui parlare.
Questa volta Angeline si volto' a guardarlo per bene ed un sorriso stanco apparve sulle sue labbra sottili. Una flebile luce scintillo' nei suoi occhi chiari, mentre lo studiava attentamente. Cristophe quasi trattenne il fiato. La sua pelle era decisa chiara, tanto che a prima vista poteva essere creduto un bianco molto abbronzato dal sole dei Caraibi, ma anche se i tratti negroidi erano molto blandi la sua natura di mulatto non sarebbe sfuggita ad una osservazione appena piu' che superficiale.
-Il mio nome e' Cristophe.
-Io mio chiamo Angeline.
-Lo so-, rispose Cristophe con un sorriso malizioso.
-Ah si'? Come fai a saperlo?
-L'ho chiesto quando ti ho visto uscire dalla tenuta di Duvalier-, rispose Cristophe pronunciando ancor di piu' il suo sorriso.
Angeline sorrise a sua volta, ma non mostro' di afferrare il sottinteso di Cristophe. La cosa lo lascio' sconcertato e per un attimo privo di parole.
-Non ti ho mai visto a Cacor.
-Non vivo li'. E non ci vado quasi mai. Ma adesso ho... una faccenda da sbrigare e potrei recarmici spesso.
-E dove vivi?
-Nella piccola baia a ovest, vicino al promontorio.
-Non c'e' niente laggiu'-, commento' perplessa Angeline.
-Non ci sono persone, ma ci sono tante cose-, rise lui.
-E' quello che intendevo. Non ci sono villaggi.
-Proprio per questo vivo la'-, disse Cristophe deciso, attendendo la reazione che immancabilmente arrivo'
-Vivi lontano dalle persone perche' lo vuoi?- L'espressione sul volto di lei diceva chiaramente che non capiva.
Con l'ombra di un sorriso sulle labbra Cristophe inspiro' a fondo e comincio' a spiegare perche' viveva lontano dai villaggi. E Angeline trattenne il fiato mentre ascoltava. Ascolto' Cristophe descriverle il colore del mare nei diversi momenti della giornata e delle diverse forme che la schiuma delle onde poteva assumere, e dei colori dei fiori che gli arbusti della collina producevano e dei dolci odori che entravano nella sua capanna portati dalla brezza notturna, delle sensazioni trasmesse dal tatto della sabbia calda sotto i piedi o delle differenti foglie contro la pelle della sua shiena nuda. E mentre Cristophe raccontava di come fosse dolce dormire all'ombra degli alberi il tempo trascorse e si fece buio, e mentre nel crepuscolo Angeline ascoltava la descrizione dei rumori della notte la strada fu consumata e giunsero a Cacor.
-Io vivo qui-, disse Angeline arrestandosi all'improvviso davanti ad una piccola casetta ai margini del villaggio.
Perso nel suo racconto Cristophe non capi' immediatamente cosa Angeline avesse detto e si fermo' anche lui, in silenzio, fin quando comprese che il suo tempo con la bella Angeline era giunto al termine. Un'espressione di delusione si dipinse sul suo volto, ma ando' persa nel buio.
-Dove devi andare?
-Eh... Oh, giu' verso il molo. Il tempo e' passato in fretta in tua compagnia.
-Anch'io sono stata bene.
-Magari... magari potremmo rivederci. Nei prossimi giorni devo ritornare a Cacor.
-Senz'altro-, disse Angeline con un sorriso che lui immagino' piu' che vedere.-Buonanotte.
Cristophe la guardo' entrare in casa e chiudersi la porta alle spalle, poi, preda di una strana sensazione di leggerezza, si incammino' verso il molo.
Fu solo a quel punto che Cristophe comincio' a riflettere su dove passare la notte. Non conosceva nessuno in Cacor e la strada fino alla sua capanna era lunga e non adatta ad essere percorsa di notte. Mentre pensava e un po' si dava dello stupido per aver obbedito all'impulso di seguire Angeline, continuo' a camminare ed in breve si ritrovo' all'opposto margine del paese. Ondulazioni rocciose coperte di boscaglia rada delimitavano la linea delle case, su questo lato, diversamente da quello da cui era giunto che era occupato da coltivazioni. Con un sospiro si inoltro' nella boscaglia in cerca di un grosso cespuglio o piccolo albero sotto il quale dormire.

Si sveglio' che stava per albeggiare, e alla luce del nuovo giorno si rese conto che l'altura sulle cui pendici aveva passato la notte dominava quella parte del paese dove si trovava la casa di Angeline. Si arrampico' fino in cima, trovo' un punto in cui sarebbe stato nascosto agli sguardi dal paese e si sedette tenendo d'occhio la porta di Angeline.
Oltre un'ora dopo, quando il sole era gia' alto e l'aria calda, la porta si apri'. Il cuore di Cristophe salto' un battito quando Angeline usci', anche se da quella distanza poteva a malapena essere sicuro che fosse lei. La segui' con lo sguardo mentre si incamminava verso il molo con un paniere sotto braccio, da dove poi si incammino' lungo la spiaggia nella direzione di Cristophe. A quel punto Cristophe si affretto' giu' per il declivio, diretto verso la spiaggia, pregando che Angeline non cambiasse direzione.
Giunto alla spiaggia si diresse per incontrarla, camminando sul bagnasciuga e cercando di darsi l'aria di chi fosse immerso nei propri pensieri e fosse li' per motivi suoi.
-Buongiorno!- disse con un sorriso quando Angeline fu a pochi metri, sicuro che la sua faccia lo stesse tradendo.
-Oh... buongiorno.- Sul volto di Angeline si formo' un'espressione come se non ricordasse chi fosse Cristophe. Poi, chiaramente, lo riconobbe e sorrise. -Cosa fai qui!
Cristophe, un po' imbarazzato, balbetto': -Ho passato la notte... Beh... Ho sbrigato quella faccenda per cui sono venuto. Mi stavo incamminando verso casa.
-Buon rientro, allora.
-Veramente non ho fretta. Non ho niente da fare, oggi. Voglio solo essere a casa prima di buio.
-Io stavo andando a raccogliere della frutta.
-Posso aiutarti!
-Non c'e' bisogno. Non voglio trattenerti.
-Non e' un problema. Davvero, mi farebbe piacere.
-Va bene, allora-, disse Angeline facendo una mezza piroetta e riprendendo a camminare.
Cristophe esito' un attimo, poi, con una risata, la segui', recuperando il terreno perso con due lunghi passi ed afferrando il cesto di Angeline.
-Dallo a me.
-Ma no! E' leggero.
-Pesera' al ritorno. Dammelo.
Lei gli sorrise e si lascio' togliere il cesto dalle mani. Quel sorriso mozzo' il fiato a Cristophe, che si sforzo' di zittire il tarlo di un dubbio: come poteva una donna cosi' bella anche solo spendere il suo tempo con lui.
-Raccontami ancora di quando esci in barca di notte-, disse Angeline.
E Cristophe comincio' a raccontare delle notti passate al largo, sotto la luce della luna o nell'oscurita' luccicante di stelle, dello sciabordio delle onde contro la fiancata della sua barca, degli odori portari dal vento cosi' diversi da quelli che il vento diurno e' solito portare. Lui parlo' camminando, cercando di affascinare quella donna che lo aveva affascinato; lei ascolto' mentre raccoglieva frutti da riporre nel paniere che Cristophe reggeva per lei, senza mai fargli capire se stava avendo successo.
Il tempo trascorse, il paniere si riempi', i racconti di Cristophe sembravano non avere fine e cosi' pure la capacita' di Angeline di ascoltare.
Non ce ne sta piu'-, disse Angeline. -Possiamo tornare indietro.
E Cristophe provo' una fitta al petto, perche' presto si sarebbe dovuto separare da lei. Ma annui' senza dare segno della sua sofferenza. Si avviarono sulla via del ritorno e il paniere nelle mani di Cristophe si fece pesante.
Erano quasi ai margini del paese quando Angeline disse: -E' bello stare con te.- Spazzando via con quelle semplici parole tutto il dolore dal petto di Cristophe. -Hai detto che dovrai tornare a Cacor. Quando?
-Non so esattamente-, tergiverso' Cristophe. -Forse lunedi' prossimo.
-Se torni lunedi' mi piacerebbe passare del tempo insieme.
-Certo, farebbe piacere anche a me-, rispose lui cercando di nascondere la sua eccitazione. -Rimaniamo d'accordo per lunedi', allora. A meta' mattinata va bene?
Angeline sorrise, allungo' le mani per riprendersi il suo paniere e si avvio' verso casa. Fatti tre passi volto' il capo, gli sorrise e disse: -A lunedi'.
Cristophe rimase li', senza parole, il fiato affannato, incapace di credere che l'avrebbe rivista. Poi, dopo alcuni minuti, si avvio' verso casa, esaltato e a passo spedito. Sperando che quei tre giorni che lo separavano da Angeline trascorressero velocemente, ma sapendo in cuor suo che sarebbe stata una lunga agonia durante la quale avrebbe sofferto per la sua mancanza e smaniato per rivederla.

E cosi' fu. I tre giorni si trascinarono lenti, pieni dell'assenza di Angeline, per lui che non aveva mai sofferto della mancanza di persone vicino a lui. Ogni volta che quella lontananza si faceva schiacciante, lui si rifugiava nel ricordo del suo sorriso, nella memoria della sua voce. Per rendere piu' breve l'attesa usci' in barca la notte di domenica per pescare, cercando sollievo nella solitudine dell'oscurita' e delle onde, e quando il sole sorse all'orizzonte, tiro' in barca le reti e si diresse verso Cacor, eccitato e felice.
Approdo' al molo di Cacor, insieme ad un paio di altri pescatori, ed alcune donne gli si fecero incontro per comprare cio' che aveva pescato. Contratto' il prezzo della pesca, in parte lo riscosse subito e in parte concordo' di passare a riscuoterlo nei giorn successivi. Tenne per se' unicamente un grosso pesce, e con quello si avvio' felicemente verso casa di Angeline.
Qualcosa che non si aspettava fu di sentirsi impacciato una volta davanti alla sua porta. Tergiverso', pauroso come mai era stato di bussare. Infine alzo' la mano e con le nocche busso' alla porta, facendo un passo indietro e aspettando che lei aprisse.
Passo' un minuto e Cristophe busso' nuovamente. Passo' un altro minuto e nessuno venne ad aprire. La gioia si prosciugo' completamente nel cuore di Cristophe. Il tarlo del dubbio torno' a roderlo di nuovo. Lo scricchiolio che produceva insinuava di una presa in giro di cui solo un ingenuo come lui poteva cadere vittima.
Una donna di colore, dal seno enorme e dai fianchi troppo abbondanti, apparve sulla porta di una casa vicina.
-Sapete dov'e' Angeline?- le chiese d'impulso Cristophe.
La donna si strinse nelle spalle, insensibile all'espressione di smarrimento e dolore che era dipinta sul volto di Cristophe.
-Sara' uscita prima dell'alba. A volte lo fa, e nessuno la vede per giorni.
-Uscita per andare dove?- C'era una nota di disperazione nella voce di Cristophe.
-E chi lo sa?- ritorse la donna. -Nessuno sa cosa fa quella.
E rientro' in casa chiudendo la porta sulla costernazione di Cristophe.
Una sensazione di vuoto nel petto, nessun pensiero ma solo un turbinare fosco nella mente, Cristophe si incammino' verso il molo, incapace di venire a patti con la sua delusione. E senza neanche sapere come vi era giunto, stava attraccando la sua piccola barca a vela nella rada nascosta dove aveva costruito la sua capanna.

Durante tutta la settimana Cristophe torno' tre volte a Cacor. Era un pragmatico, quindi tutte le volte parti nottetempo per pescare e vendere il pesce al molo. Anche perche' non voleva mostrare in modo troppo palese agli abitanti del paese il suo interesse per Angeline. Per due volte si arramico' sulla rocciosa collinetta da cui poteva osservare casa di Angeline e vi rimase fino a notte, nella speranza di vederla tornare, ma la porta e le imposte della finestra rimasero sempre chiuse. Una volta riusci' a raccogliere il coraggio per bussare alla sua porta, sotto gli occhi impietosi delle vicine, ma nessuno venne ad aprire.

Fu oltre due settimane dopo la sua scoperta della scomparsa di Angeline che, al termine di una giornata di lavoro nella piantagione di Duvalier, una delle serve lo avvicino' e, chiamandolo per nome, gli dette un messaggio di Angeline.
-Mi ha detto di dirti che si scusa. E' dovuta partire all'improvviso e non haavuto modo di avvisarti.
Cristophe guardo' la serva senza mostrare particolare interesse per il messaggio, ma il suo cuore aveva cominciato a battere all'impazzata.
-Ha detto anche-, continuo' la serva, -che se puoi andare a trovarla fra due giorni la troverai a casa.
-Grazie del messaggio-, rispose Cristophe impassibile e si volto' per andarsene.
La sua mente era un turbinio di idee frammentarie e inconcludenti, il suo cuore un turbinio di emozioni confuse. Dolore, felicita', incomprensione si mescolavano fra loro e rifiutavano di assumere una forma. Esultanza per l'invito si frantumava contro il muro del dubbio di un gioco che la donna stava conducendo a sue spese per poi risorgere e ricomporsi e quindi cadere ancora. Per tutto il tempo che impiego' per camminare fino a casa si chiese se dovessi recarsi a trovarla o sempliceente ignorarla, si chiese se lei fosse veramente interessata a vederlo o se lo stesse malignamente illudendo.
Ma due giorni dopo prese la sua barca e si reco' a Cacor, ripetendo il copione della prima volta, per bussare alla porta di Angeline con un pesce da cuocere. Aveva appena finito di bussare che la porta si apri' ed Angeline lo accolse con un sorriso. Tutti i dubbi scomparvero dalla mente e dal cuore di Cristophe.
-Vieni dentro-, disse lei.
E Cristophe enro' in casa di Angeline, senza chiedersi il perche' dell'inusuale comportamento della donna, senza chiederle dove era stata, troppo felice di essere in sua compagnia.
-Perdonami per non averti avvisato-, disse lei. -Sono dovuta partire e non ho avuto modo di avvisarti.
-Non preoccuparti-, rispose Cristophe. -Ora non ha piu' importanza. E da quel giorno cominciarono a frequentarsi assiduamente. Quando capitava loro di lavorare per Duvalier lo stesso giorno Cristophe le faceva compagnia lungo la strada per casa, per poi proseguire verso la sua capanna a notte fonda in una lunga camminata lungo la spiaggia, e il sabato sera si recava a trovarla, per poi presenziare con lei alla messa in Cacor e passare il pomeriggio con lei.
Passarono le settimane, passarono i mesi. Mesi di incontri spesi a parlare, a raccontarsi, ad ascoltare. Talvolta Angeline gli lasciava dei messaggi scritti che la solita serva gli passava quando andava a lavorare per Duvalier, un'abitudine cominciata senza che Angeline si ponesse la questione se lui sapesse leggere o meno. Messaggi a cui lui raramente poteva rispondere, perche' la carta non era facile da trovare sulla piccola isola ed era estremamente costosa, ma che Cristophe custodiva gelosamente e che leggeva e rileggeva quando non poteva incontrarla. Comincio' a portarle piccoli regali: un fiore essiccato, una collana di piccoli pezzi di corallo bianco raccolti sul bagnasciuga dove il mare li depositava. Cristophe parlo' del suo passato, semplice ma vissuto intensamente; Angeline lascio' capire che c'era un uomo nella sua vita, con cui non era felice ma che non poteva lasciare, e che aveva fatto cose che le avevano portato addosso il giudizio della gente.
Col tempo Cristophe arrivo', se non a conoscere bene Angeline, perche' c'erano tanti aspetti della sua vita che lei non raccontava mai chiaramente, a comprenderne l'anima turbata, il tormento che si portava dentro e che per qualche ragione non riusciva a lasciarsi alle spalle.
Poi giunse la stagione degli uragani e si persero di vista, incontrandosi solo un paio di volte da Duvalier e scambiando poche parole di sfuggita. In una di queste occasioni Angeline si mostro' piu' serena del solito, affermando di aver trovato la forza di troncare la sua relazione. E torno' infine l'inverno,con le sue piogge rare e le temperature mitigate dal costante soffiare del vento fresco. Critophe torno' a frequentare Angeline e la trovo' in uno stato psicologico miserabile.
-Sono stanca-, gli confesso' lei. -Voglio cambiare la mia vita ma non ci riesco. Ogni volta che provo' succede qualcosa che me lo impedisce. Dio mi sta punendo e non e' giusto!
Cristophe la guardo' negli occhi, pieni di lacrime che pero' non scendevano, perche' lei si rifiutava questo sollievo. -Non dare la colpa a Dio. Perche' dovrebbe punirti?
-Perche'ho fatto cose orribili.
-Cosa hai fatto?
-Cose non belle.
E Cristophe sapeva che lei non gli avrebbe mai raccontato la sua storia spontaneamente, ma lo avrebbe fatto solo se lui l'avesse forzata. Accenni a cose che l'uomo che era stato nella sua vita le aveva fatto fare avevano svelato il bisogno compulsivo di Angeline ad essere dominata. Non era cio' che Cristophe voleva fare, ma il suo desiderio per Angeline cresceva, incrementato dalla consapevolezza che le differenze sociali non sarebbero state una barriera, che tutto cio' che doveva fare per averla era pretenderlo.
-Angeline-, le disse un giorno. -Io ti desidero. Ti voglio.
Lei lo guardo' a lungo negli occhi, indecisa, poi annui'.
-Sei un caro amico, Cristophe. E lo farei volentieri per te. Ma non sto bene. Dammi tempo per recuperare.
E il desiderio di Cristophe crebbe, vedendo che il suo obiettivo era a portata di mano, che sarebbe bastato spingere un po' di piu' per raggiungerlo in breve tempo. Ma era qualcosa che non le voleva fare.
-Angeline-, le disse la volta dopo, -passa una notte con me. Per favore. Solo per dormire insieme.
Lei arrossi'. -Non mi sembra giusto, Cristophe. Dici di desiderarmi, ma non hai capito chi sono.
-Angeline, sei bella, sei intelligente. Il tempo con te non e' mai abbastanza. Non mi importa del tuo passato.
-Tu non capisci cosa ho fatto...
-Raccontamelo.
Lei lo guardo' in silenzio.
-Dimmi cosa ti ha fatto fare quell'uomo.
-no...
-Racconta.
-Mi faceva andare a casa sua. Dovevo ballare per i suoi amici. Una notte, dopo che avevo ballato per loro, mi hanno circondata. Uno di loro mi ha afferrata e baciata. Poi mi ha tolto il vestito e mi ha presa da dietro. Solo lui mi ha posseduta, gli altri hanno solo guardato, ma avevo le loro mani addosso... e si toccavano...
-Non e' stata l'unica volta.
-No. Un' altra volta c'erano solo due dei suoi amici e lui e' stato a guardare. Ma perche' vuoi che ti racconti? Non ti fa male, se mi desideri? O ti eccita pensarmi con altri uomini?
-No, non mi eccita. E si', mi fa male. Ma voglio sapere tutto di te. E queste non sono cose che racconti a tutti.
-No, certo che no.
-Raccontami i dettagli.
-Mi hanno messa nel mezzo...
-E cosa ti hanno fatto?
-Ti prego...- La nota di dolore nella sua voce fece desistere Cristophe.
-Angeline, spogliati per me.
Lei arrossi', diventando ancor piu' bella. -Mi vergogno.
-Smettila di mentire. Ti piace. Fallo per me.
E lei si sollevo' la veste e la sfilo' da sopra la testa, lasciando che Cristophe si beasse del suo corpo nudo, delle sue cosce sode e del seno prospero e alto. Sotto il suo sguardo i capezzoli di Angeline si inturgidirono di eccitazione.
-Girati-, le disse Cristophe e lei lo fece, mostrandogli la schiena dritta e la curva delle natiche.
Poi, notando il respiro di Cristophe che si faceva corto, afferro' il suo vestito ed esclamando con una risata “Adesso basta!” si rivesti'.
-Angeline. Io ti voglio. E faro' qualsiasi cosa sia necessaria per averti.
-Tu non vuoi capire che tipo di persona sono.

Il giorno successivo Cristophe si reco' a trovare una mambo. Il tempio era piccolo, fitto diombre, con solo tre altari sul fondo della stanza e un tavolo con alcune sedie contro il muro su un lato. Sul tavolo si trovavano sei candele e sei bicchieri di vetro opaco e graffiato, capovolti. La sacerdotessa guardo' Cristophe un po' sospettosa, un po' divertita.
-Cosa vieni a cercare, nel tempio di Erzulie?- chiese la mambo dopo che Cristophe l'ebbe porto i suoi rispetti.
-C'e' una donna che desidero. Sono venuto a chiedere consiglio a Erzulie su come comportarmi.
La sacerdotessa lo guardo' intensamente e a lungo.
-E' a Erzulie Freda che ti devi rivolgere. Ami quella donna?
Cristophe ci penso' un attimo. L'amore era qualcosa che non aveva mai considerato. Si sentiva attratto da Angelie, si sentiva legato a lei in qualche modo, e la desiderava in un modo in cui mai aveva desiderato un'altra donna. Ma poteva dirsi amore? Non era sicuro.
-Posso amarla. Se sara' mia la amero'-, rispose.
La mambo valuto' la sua risposta a lungo. -Torna fra due giorni, al tramonto-, disse poi. -Porta un sacrificio adatto a Erzulie Freda.
Cristophe annui' e se ne ando'.

Torno' due giorni dopo, portando con se' una bottiglia di rum bianco, una collana di perle appartenuta a sua madre e dei fiori di frangipani. La mambo, che lo aspettava sulla porta, annui' alla vista delle offerte e si sposto' per permettergli di entrare.
Cristophe varco' la soglia e si ritrovo' in un ambiente molto piu' luminoso della volta precedente grazie alla luce calda di numerose candele. Una decina di donne erano presenti, di eta' differenti e tutte sue parenti. Cristophe porse i suoi rispetti, passando in rassegna sguardi che andavano dall'indifferenza alla disapprovazione. Una bella ragazza dalla pelle nerissima era l'unica nota differente, con una luce divertita negli occhi e un accenno di sorriso sulle labbra piene.
Il tavolo era stato spostato ed apparecchiato, in modo semplice perche' la comunita' era povera, per lo piu' con frutta nei piatti e semplice acqua nei bicchieri, ma le offerte per i loa erano state elaborate e presentate con cura.
La mambo prese le offerte dalle mani di Cristophe e le poso' davanti all'altare di Erzulie Freda come sacrificio. Poi iniziarono le preghiere e gli inni, in una serie di saluti a tutti i loa della famiglia,mentre Cristophe aspettava da un lato; il fumo dei sigari e di piccoli bracieri posti di fronte ad ogni altare ben presto riempirono il locale, mentre alcune donne cominciavano a danzare. Le ore trascorsero lente, in un rituale che era parte messa religiosa, parte festa. Una ad una le ballerine si accasciarono al suolo, stremate da una danza che si era fatta sempre piu' frenetica via via che il fumo si infittiva. Frastornato, dalla stanchezza e dal fumo inspirato, Cristophe realizzo' in ritardo che l'ultima voce intonante inni aveva taciuto, che le danze si erano fermate completamente e che solo la giovane ragazza era rimasta in piedi, il corpo tremante, gli occhi rivoltati a mostrare il bianco e la testa rovesciata all'indietro.
Poi, improvviso, ci fu un cambiamento nella ragazza. Fu come se le fibre sfinite dei suoi muscoli si fossero contratte tutte insieme recuperando la loro tonicita'. La postura si fece eretta nuovamente, ma gli occhi rimasero rovesciati, sebbene si puntassero su Cristophe. Un sorriso malizioso si dipinse sulle labbra carnose e la ragazza avanzo' con passo sensuale verso Cristophe. Giuntagli vicino allungo' una mano e la poso' sul suo petto. Erzulie era entrata in lei.
-Sei qui in cerca del mio consiglio-, disse con voce di velluto. -Perche' cerchi il mio consiglio?
-Ho bisogno del tuo consiglio per conquistare una donna-, rispose con voce incerta Cristophe.
-La desideri cosi' tanto?- chiese Erzulie.
-Si'.
-E me? Non desideri anche me?
La mano sul petto di Cristophe si contrasse, affondando leggermente le unghie nei suoi muscoli, mentre l'altra mano si alzava ad aprire il bordo del vestito, mostrandogli un seno piccolo e sodo, con un capezzolo pronunciato, turgido e scurissimo.
Gli occhi di Cristophe si puntarono duri in quelli bianchi di Erzulie. -Io voglio Angeline-, disse perentorio.
Il sorriso scomparve dal volto di Erzulie, il vestito torno' a coprire il seno. Con un vago sospiro Erzulie disse: -Ti serve l'aiuto di Anansi. Lui solo sapra' aiutarti ad avere quella donna. Fai vela per Les Coteaux. Approda la tua barca quando, dopo aver passato Punta Abacou, vedrai tre alti pini morti. Troverai una strada, incamminati verso nord ed ogni volta che giungerai una casa ad un crocevia bussa alla sua porta e chiedi a chi ti aprira' dove si trova Anansi.
Improvvisamente il sorriso ritorno' sulle labbra carnose ed Erzulie, con una mossa rapida, si allungo' a passare la lingia sulla bocca di Cristophe. Quindi gli volse le spalle e, ancheggiando, torno' verso il centro della stanza. Fermatasi nel centro esatto si volse a guardare Cristophe, gli mando' un bacio ed improvvisamente il copro della ragazza collasso' a terra. Erzulie Freda se ne era andata.

Cristophe prese il mare a notte fonda, circumnavigo' la piccola isola di Vache e si diresse a sud, verso Punta Abacou, che supero' a mezzogiorno. Da li' in poi scruto' ininterrottamente la costa in cerca dei tre pini morti, ma su solo nel tardo pomeriggio, con Les Coteaux quasi in vista, che li avvisto'. Alti e sottili, inclinati in direzioni diverse, svettavano solitari fuori da un mare di cespugli.
Aveva ormai imbrunito quando raggiunse la costa ed ebbe tirato in secca la barca. Attraverso' la spiaggia bianca e raggiunse il traingolo di alberi, ma era ormai troppo buio per vedere la strada. Non c'era che da aspettare il giorno dopo, anche perche', ammesso che non sbagliasse direzione e riuscisse a trovare la casa al crocevia, non sarebbe stato educato andare a bussare alla porta in piena notte. Percio' torno' alla sua barca e vi si distese dentro per dormire come aveva fatto altre innumerevoli volte.
La luce dell'alba lo trovo' gia' sveglio e sotto i pini, pronto ad incamminarsi lungo la strada che, al primo chiarore, apparve davanti a lui. Tutto intorno a lui gli uccelli cantavano dai cespugli e il profumo dei fiori degli arbusti a bordo strada riempiva le sue narici.
Per circa un'ora Cristophe cammino' senza vedere alcuna abitazione ne' tantomeno un crocevia, finche', all'incrocio della strada con una mulattiera che sbucava dai cespugli alla sua destra e scompariva in quella alla sua sinistra, arrivo' ad una piccola casa intonacata di azzurro. Cristophe corse alla sua porta e busso' ripetutamente, finche' un vecchio venne ad aprire. L'uomo, calvo, dalla pelle scura bruciata dal sole e il mento pronunciato coperto di barba ispida lo guardo' interrogativamente.
-Sapete dirmi dove si trova Anansi?- chiese Cristophe.
Il vecchio non pronuncio' parola, ma indico' la mulattiera a sinistra del crocevia. Cristophe ringrazio' e si incammino' lungo la mulattiera, camminando speditamente fra i cespugli che arrivavano a sfiorargli le spalle.
Dopo circa mezz'ora giunse al crocevia con un sentiero un po' piu' grande della mulattiera, con un'altra piccola casa intonacata di azzurro che rassomigliava in tutto e per tutto alla precedente. Cristophe busso' alla porta e questa volta ad aprire venne una vecchia dagli occhi cisposi.
Cristophe pose la stessa domanda alla donna e quella, senza dire una sola parola, gli indico' il sentiero alla sua sinistra. Cristophe ringrazio' e si avvio' lungo il sentiero, seguendolo fino a quando questo incrocio' una strada simile alla prima che aveva preso. Anche a questo crocevia sorgeva una casetta intonacata di azzurro, molto simile se non uguale alle precedenti due. Quando busso' venne ad aprire un bambino vestito solo di calzoncini che lo guardo' dal basso in alto coi suoi occhioni scuri, senza parlare.
-Sai dirmi dove si trova Anansi?- gli chiese Cristophe. E il bambino gli indico' la strada alla sua sinistra. Cristophe ringrazio' e si avvio', alquanto sconcertato, nella direzione indicatagli.
Dopo un'altra mezz'ora di cammino giunse dove la strada ne incrociava un'altra. Il paesaggio gli parve familiare, cosi' come la piccola casa azzurra che sorgeva al crocevia. Dubbioso ando' a bussare alla porta e una bambina dai crespi capelli tagliati corti corti venne ad aprire. Al suo sguardo interrogativo Cristophe chiese: -Sai dirmi dove si trova Anansi?
La bambina indico' la strada alla sua sinistra.
-Grazie...- disse Cristophe. E si avvio' lungo la strada.
Dopo pochi metri la sensazione di familiarita' si fece piu' forte, come se avesse gia' percorso quella strada. Finche' riconobbe una formazione rocciosa che aveva oltrepassato lungo la prima strada. Com'e' possibile? si chiese sconcertato. Quella era la stessa strada che aveva preso ai tre pini, ma non c'era nessuna casa lungo di essa... Doveva trattarsi di un'altra strada... Eppure, ad ogni crocevia aveva svoltato a sinistra, compiendo un angolo di trecentosessanta gradi... Se quella era la prima strada, di li' a poco avrebbe...
...ritrovato la prima casetta. Cristophe guardo' intimorito la casa alla cui porta aveva bussato per prima. Poi, ingoiando i suoi timori, cammino' fino alla sua porta e busso'.
Un vecchio venne ad aprire anche questa volta, ma non si trattava dello stesso che aveva aperto in precedenza. Questo aveva una postura eretta, indossava un vestito di canapa bianco, d'aspetto costoso, e portava baffi e barba bianchi e perfettamente pettinati e spuntati.
-Sei arrivato, infine-, disse l'uomo con fare affabile. -I miei servitori mi hanno avvisato che mi stavi cercando.
-Anansi...?- Cristophe era senza parole.
-Certo!- rispose il vecchio un po' piccato. -Non era me che stavi cercando?
Cristophe annui'.
Anansi sbuffo'. -Entra in casa-, disse, - cosi' potremo parlare comodamente.
Anansi si fece di lato e Cristophe entro'. Gli occhi gli si spalancarono e la bocca formo' una grand e O quando vide l'interno della casa. Si trovava in un salone arredato sontuosamente che da solo era troppo grande per essere contenuto nella piccola casetta a cui aveva bussato. E numerose porte su tutti i lati della sala mostravano accenni di altre stanze.
-Mi piacciono le comodita'-, commento' Anansi, prendendo lo strabiliato Cristophe per un braccio e accompagnandolo verso due poltrone di giungo intrecciato coperte da spessi cuscini. -Siedi qui.
Cristophe obbedi' e Anansi prese, da un tavolino posto di fronte alle due poltrone,una caraffa di vetro da cui verso dell'acqua in due bicchieri.
-Sarai assetato, dopo tanto camminare-, disse porgendo uno dei bicchieri a Cristophe.
-Grazie-, rispose Cristophe prendendo il bicchiere.
Anansi prese l'altro bicchiere e si sedette sulla sua poltrona. -Bene! E ora dimmi: perche' mi hai cercato?
Cristophe sorseggio' l'acqua e raccolse i pensieri. Quindi inizio' a raccontare da quando aveva visto Angeline la prima volta, di come fosse rimasto colpito dalla sua bellezza, di come il suo sorriso lo avesse incantato, di come il tormento che aveva letto nel profondo dei suoi occhi cristallini lo avesse incatenato.
-Perche' il suo tormento ti attrae?- chiese Anansi realmente incuriosito. -Gli uomini fuggono il dolore, il proprio e quello degli altri.
Cristophe lo guardo', ponderando la sua risposta. -Chi accetta il dolore vede il mondo per come realmente e'. Chi accetta il dolore puo' comprendere l'amore, perche' non vorrai mai che la persona amata patisca tale dolore.
-E tu ami Angeline?
Ancora Cristophe prese tempo per riflettere prima di rispondere, sorseggiando di nuovo dal bicchiere. -Cos'e' l'amore? Io credo che l'amore sia come noi ci comportiamo con la persona che abbiamo scelto di avere al nostro fianco. Ho visto uomini e donne scegliere la persona di cui si erano innamorati. Io non voglio fare una cosa del genere. Io amero' la persona che ho scelto.
-Ed hai scelto Angeline.
-Ho scelto Angeline. Non c'e' ipocrisia in lei: riconosce i suoi sbagli e non cerca di incolpare nessuno per i suoi errori. Conosce i suoi limiti e lotta per superarli. Ha una menta bellissima: sa ascoltare e sa raccontare. E' discreta, ma quando decide di aprirsi con te ti lascia entrare ovunque, anche se serve del tempo per ottenere accesso a tutte le stanze del suo animo.
E' stata ferita. Molte volte. Si e' ferita da sola, anche, e tutt'ora sanguina. Voglio essere al suo fianco mentre guarisce.
Cristophe, che mentre parlava aveva rivolto lo sguardo nel vuoto, si volse verso Anansi. -Chiedo qualcosa di cosi' assurdo?
Anansi sorrise. -Questo e' un gioco che si gioca in due e sulle cui regole bisogna accordarsi di volta in volta. Solo una cosa non cambia mai: se entrambi giocano, o si vince in due, o si perde entrambi.
-Mi aiuterai?- prego' Cristophe.
Anansi infilo' una mano nella tasca della sua giacca e ne trasse una matassa di filo, translucido e sottile.
-Questo-, disse, -e' filo di tela di ragno. Tessuto per me in una notte di luna piena sulla vetta piu' alta delle terre che si trovano a ovest dell'Oceano. Te lo affido.
Cristophe guardo' la matassa che Anansi gli porgeva, poi, incerto, allungo' la mano e lo prese.
-Cosa devo farne?
-Tocca Angeline sul cuore tenendone un'estremita' fra le dita e lei vi rimarra' presa senza accorgersene. Ti seguira' e tu, ogni sera, dovrai svolgere un po' di filo, intessendolo con cio' che di piu' intimo hai, perche' lei ti accetti nel suo cuore. Molto dipendera' da te: il filo e' sufficientemente lungo perche' tu possa intessere nel suo cuore abbastanza da farla rimanere con te.
Al prossimo plenilunio verro' a riprendermi il filo. Per allora, se sarai stato abile a sufficienza Angeline sara' tua. Se non l'avrai ancora conquistata... significa che non c'e' niente che tu possa fare.
Cristophe guardo' il filo e inspiro' profondamente. Chiuse gli occhi e, dopo aver rilasciato il fiato, disse: -Grazie.
Anansi sorrise. -Ed ora e' tempo che vai. Sbrigati a tornare alla tua barca e sfrutta la marea che cambia.

Cristophe incontro' Angeline una domenica mattina alla messa. Lei gli sorrise ma rimase lontana da lui, come sempre durante le funzioni. Cristophe, rigirandosi la matassa del filo di Anansi nella tasca del vestito, penso' per tutta la durata della messa a quando, al suo termine, sarebbero andati a casa di lei, o a camminare lungo la spiaggia. Angeline, di tanto in tanto, lo guardava fisso, con un sorriso appena accennato agli angoli della bocca e un interrogativo inespresso negli occhi, in un modo che Cristophe trovava enigmatico ed incantevole allo stesso tempo.
La messa fini' e i due si ritrovarono fuori della chiesa, incamminandosi in silenzio verso casa di lei, incuranti degli sguardi della gente intorno a loro. Non parlarono finche' la porta fu chiusa alle loro spalle.
-Mi sei mancato!- esclamo' Angeline con un sorriso. -Dove sei stato?
Cristophe le elargi' un ghigno imbarazzato. -Dovevo sbrigare alcune faccende... lavorare.
-Beh, non importa. Ora sei qui.
-Angeline...
-Si'?
-Vieni via con me.
-Cristophe, ne abbiamo gia' parlato. Non me la sento. Tu non hai ancora capito che donna sono io. E poi devo risolvere il mio problema...
-Lo risolveremo insieme!
Lei scosse la testa, le labbra strette. -No. Devo risolverlo da sola.
-Non c'e' niente di sbagliato nell'avere aiuto da qualcuno che ti vuole bene.
-Non sarebbe giusto nei tuoi confronti, Cristophe. Sei un caro amico, sto bene in tua compagnia, ma non mi hai mai visto come sono realmente.
-Vedo quello che mi mostri quando sei con me.
-Quando sono con te non credo di essere realmente io.
-Pero' non ti dispiace essere come ti faccio essere io con la mia presenza.
-No, non mi dispiace. Ma ci sono cose del mio passato che devo risolvere prima di poter stare con un uomo. E ancora non capisco cosa ci trovi in me di cosi' attraente.
Cristophe, che per tutto il tempo aveva giocato con la matassa di filo di ragno nella sua tasca, vide la sua occasione e prese un capo del filo fra le sue dita.
-Sei bella e...
-Non sono bella.
-Sei bella e lo sai. Smettila con questi giochetti.
-Va bene, sono bella.
-E sei intelligente.- E con la punta di due dita della mano sinistra tocco' la fronte di Angeline. Lei sorrise. -E hai un grande cuore-, prosegui' Cristophe toccandola sul cuore con la punta delle dita della mano destra. E il filo di Anansi si avvolse come un cappio intorno al cuore di Angeline.
-Trovi strano che ti desideri? Trovi strano che non voglia aspettare?
-Devo ritrovare me stessa, prima di ogni altra cosa.
-Non ti ritroverai standotene qui da sola.
-Non posso venire con te se non sono certa che rimarro'. Come ti sentiresti se di punto in bianco sentissi il bisogno di andarmene senza ragione apparente?
-So come mi sentirei se ti lasciassi andare. So come mi sentirei se tivedessi diventare di un altro. Ti voglio per me, Angeline. Vieni via con me, questa notte.
-Ma cosa posso darti, io?
-Mi stai gia' dando tanto, anche se non te ne rendi conto. Io ho bisogno di te, per come sei. Vieni via con me. Questa notte.
Angeline non rispose subito, lo sguardo fisso per terra e un' espressione seria ad incupirle il bel volto.
-Non lo so...
-Vieni con me. Faro' il possibile per darti cio' di cui hai bisogno.
-Cristophe! Io mi devo liberare da cio' di cui ho bisogno!
-Angeline, a te piace venire usata dagli uomini.
-Non voglio piu'.
-Perche'? Se la cosa ti fa stare bene...
-Non mi fa stare bene. Pero' non riesco a farne a meno...
-Ti piace essere dominata sessualmente.
-Si'.
-E perche' vuoi cambiare questa cosa?
-Perche' non voglio che le persone si approfittino di me ancora.
-Io non mi approfittero' di te. Potrai godere del mio desiderio di te senza pericoli. Ma vieni via con me questa notte. Vieni a vivere con me.
-E se poi io non riusciro' a desiderarti?
-Non mi importa. Ti voglio vicina. Ti voglio solo per me.
Angeline chiuse gli occhi ed emise un leggero ma profondo sospiro. -Va bene...- sussurro'. -Verro' via con te.
Cristophe sorrise felice, stringendo forte la matassa di filo nella sua tasca.

Nel buio della notte portarono i pochi effetti personali di Angeline sulla barca e salaprono, lasciandosi Cacor alle spalle. Nel buio della notte, col sottofondo del rumore delle onde, Cristophe svolse un poco del filo e comincio' ad tesserlo con le sue parole, raccontando ad Angeline dei suoi momenti felici e dei suoi dolori, raccontando di se' fin quando si rese conto che la donna si era addormentata. Allora sorrise e, in silenzio, guido' la sua barca fino all'ingresso della piccola rada che aveva eletto a sua dimora.
Ammaino' la vela quando ancora lontano da riva e si dispose ad aspettare, guardando la figura della donna addormentata e sentendosi ripieno di energia solo per la sua vicinanza. E lei, riflette', si chiedeva cosa potesse dargli. Quando era in sua compagnia si sentiva ricolmo di energia, ogni malinconia scompariva e i pensieri tristi non riuscivano ad emergere nella sua mente. Solo questo era un dono enorme!
L'ultima parte della notte si consumo' rapidamente, scolorendo nel grigio del crepuscolo che poi si tinse di azzurro. Allora Cristophe allungo' una mano per toccare Angeline su una spalla.
-Angeline. Svegliati.
-Uh? Cosa?
-Apri gli occhi e guarda.
Angeline si sollevo' a sedere e guardo' nella direzione che Cristophe le indicava. E in quel momento il sole sorse dall'oceano, un disco di fuoco bianco che rapidamente si sollevo' da oltre l'orizzonte, trasformando in oro le onde che, lontane, si infrangevano sui fondali bassi.

Vissero quel giorno insieme, finalmente in silenzio perche' la vicinanza non richiedeva piu' parole. Le ore scorsero serene ed al tramonto si ritirarono nella capanna di Cristophe. Quando si stesero sul giaciglio nell'angolo, Cristophe srotolo' un altro poco di filo di ragno e le racconto' di quanto la trovasse bella, parlando fino a che le ombre furono troppo fitte per distinguere i lineamenti di lei. Allora la bacio' sulle labbra. Angeline, felice di piacergli, lo accolse fra le braccia e si lascio' amare, godendo dei fremiti che attraversavano il corpo di lui ogni volta che la baciava o la accarezzava.
Un sonno senza sogni li porto' al giorno successivo, che trascorse allegro e vivace, fino al tramonto successivo. E quella sera, svolgendo un altro poco del filo, Cristophe le racconto' del suo desiderio di possederla, corpo ed anima, gelosamente. Angeline fu eccitata dal desiderio di lui, e si amarono a lungo nel silenzio notturno.
Un sonno ristoratore li porto' ad una nuova, laboriosa giornata, spesa proficuamente e piena di soddisfazione. E nel crepuscolo, prima di dormire, Cristophe svolse un altro poco di filo di ragno e racconto' ad Angeline del suo amore per lei, qualcosa di cosi' complesso che le parole non potevano realmente spiegare, ma solo le azioni, dando loro il tempo di una vita intera, avrebbero potuto svelare nella sua magnificenza. Ed Angeline si spavento', perche' Cristophe stava parlando di qualcosa che lei non aveva mai incontrato e che non riusciva a comprendere.
Quella notte Angeline lo amo' fino a sfinirlo, e quando Cristophe sprofondo' nell'oscurita' del sonno, lei accese una candela e alla sua luce tremolante si mise ad osservarlo. La sua mente era confusa dalle parole di Cristophe, il suo cuore spaventato da una dichiarazione le cui implicazioni le erano aliene. E mentre si chiedeva cosa lui veramente intendesse con quelle parole, cosa lui veramente volesse fare delle loro vite, guardandolo vide il filo di Anansi vicino alla sua mano luccicare alla luce della candela.
Incuriosita e un po' sospettosa raccolse la piccola matassa di filo e, nel farlo, tiro' l'estremita' legata al suo cuore. Senti' un leggero tirare al petto, ripete' il movimento e la sua confusione aumento' quando si senti' nuovamente tirare al petto. Tiro' ancora' e questa volta vide la luce riflessa lungo il filo che dalla matassa le arrivava e si agganciava al cuore. Sconvolta, impaurita, dette un violento strattone. Una fitta di dolore le sconvolse il petto, togliendole il fiato, ma fu solo un momento seguito da uno stato di insensibilita'.
Guardo' il filo sottile nella sua mano, alla cui estremita' una piccola goccia scarlata rappresentava qualcosa di Angeline che lei, con quel gesto, si era strappata via. Di impulso passo' la matassa di filo sulla fiamma della candela e la guardo' bruciare e cadere dalla sua mano in corti filamenti arricciati e neri alle estremita'. Poi raccolse velocemente le sue cose ed usci' dalla capanna.

Cristophe si sveglio' consapevole che Angeline non era con lui. Vide la candela accesa e vide il filo di Anansi consumato e ridotto in pezzi, uno dei quali appesantito da una goccia scarlatta. Con la disperazione nel cuore si alzo' ed usci' dalla capanna, dirigendosi a colpo sicuro verso l'ormeggio della sua barca. Non c'era una ragione per andare la', non c'era un ragionamento dietro la sua corsa. Solo la certezza di chi sa che la persona amata non e' al suo fianco. E, mentre correva, sapeva che non avrebbe fatto in tempo.
Vide la sua barca scivolare sulle acque della rada a pochi metri da riva. Avrebbe potuto tuffarsi in acqua, raggiungere la barca a nuoto e riportare indietro Angeline. Invece si fermo' vicino ad un piccolo albero di scavola, una vecchia pianta che da un gruppo di rocce si protendeva sull'acqua, e la chiamo' per nome tre volte.
Angeline non rispose, seduta al timone non si mosse, non si volse verso Cristophe.
-Ti prego, Angeline. Torna da me! Voglio starti vicino, voglio essere con te mentre le tue ferite guariscono!
Ma Angeline non rispose, anche se questa volta si volse a guardarlo. Nell'oscurita' il suo volto era celato.
-Angeline-, disse Cristophe mentre la barca lo superava e si allontanava, -io volevo solo baciare le tue cicatrici.
Ma Angeline, se udi' quelle parole, non rispose. E se una qualche emozione comparve mai sul suo volto ando' persa nel buio.

Giunse il plenilunio ed Anansi si presento' alla porta di Cristophe, che stava seduto demoralizzato contro una parete.
-Benvenuto, Anansi-, lo saluto' stancamente Cristophe.
-Bentrovato, Cristophe-, rispose il loa. -Non mi pare di trovarti in uno stato particolarmente felice, pero'. Non ha funzionato?
Cristophe scosse la testa con un sorriso mesto. -Non ha funzionato, no. E' stata con me solo tre giorni, poi se ne e' andata.
-E' fuggita, per la precisione-, aggiunse dopo un attimo di riflessione.
-Mi dispiace-, rispose Anansi. -A volte capita.
-E non ho piu' il tuo filo-, confesso' Cristophe. -E' andato distrutto.
-Mal di poco-, disse Anansi. -Era solo filo di ragno.
-Ma... Era magico.
-Magico? Quel filo? Niente affatto. Era filo di tela di ragno. Nient'altro.
-Ma la magia che ha convinto Angeline a venire con me...
Anansi sorrise. -Quella magia era nelle tue parole, Cristophe. Non certo nel filo. Tu hai convinto Angeline a seguirti.
Cristophe pondero' le parole di Anansi.
-Ed io l'ho persa-, disse poi amareggiato.
-Come ti ho gia' detto, questo e' un gioco che si gioca in due. Ma se uno dei due si rifiuta di giocare...
Cristophe scosse la testa. -Non mi resta che dimenticarla.
-Forse-, commento' Anansi. -Oppure puoi riprovarci.
Cristophe sollevo' gli occhi a guardare Anansi. -Pensi che possa valerne la pena?
-Se non lo fai non lo sai. Dalle un po' di tempo per pensare, poi vai a trovarla. O falle avere un messaggio. Da cio' che mi hai raccontato di quella donna ritengo che un altro tentativo vada fatto. Non puoi lasciarla andare senza provare.


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