"I'm extraordinarily patient provided I get my own way in the end."
Baroness Thatcher, 1925-2013
L' Applications Game si è concluso. Si è concluso quel balletto di form da riempire, curricula da inviare, telefonate e appuntamenti presi e viaggi spesso inutili dall'altra parte di Londra (no, non quella che funziona, semplicemente quella che sta all' altro capo delle linee della tube rispetto a Stratford). Fine del carosello di facce serie, allegre, impressionate, sospettose, false. Niente più interview informali fra i sacchi di concime o formali in un ufficio in Central London nelle profondità di un palazzo storico di fronte ad un triumvirato imbellettato. Niente più incontri con "eiaculatori precoci" in uffici ricavati sotto la sopraelevata di una delle principali arterie stradali di Londra: la tua ditta sarà pure di quelle che curano i "top end gardens" di Londra, ma che ti è passato per la testa di selezionare 50 candidati per la prima interview e fare colloqui di 15 minuti?
Niente più incontri con head gardener pronte a sgravare che soprintendono a giardini di logge massoniche (che altro può essere una società di avvocati?) il cui giardino è tenuto così (relativamente) male che mi son bastati 10 minuti per notare il bordo dei prati non rifilato, la linea delle aiuole non diritta, lo sporco nelle canalette e il ghiaino sparso sulle pietre del piazzale, nonché i cespugli potati male e lo stallatico sparso sulle erbacee anziché sul terreno. Niente più risposte negative che si alternano fra "you are overqualified for this position" e "you don't have the necessary experience for this position". Niente più sensazioni di essere stato chiamato solo per avere uno straniero nella short list né offerte con paghe ridicole. Tutto questo è finito, grazie a Dio.
Ma in che modo è finito? Probabilmente nel migliore dei modi possibili. Rimango con la mia attuale ditta. In un altro dipartimento della ditta si è resa necessaria l'assunzione di un giardiniere con competenze tecniche per eseguire la manutenzione di un paio di living wall che stanno dando problemi (e che stanno costando troppo) e i manager del mio dipartimento hanno proposto e appoggiato la mia candidatura, trasformando in fatti le parole "Alessio non vogliamo perderti". Un grazie sentito, perché la mia fiducia nella razza inglese se ne era andata da tempo.
Venerdì scorso, poi la ciliegina sulla torta. Viene fuori che per lavorare sulla piattaforma sospesa (foto a lato) da cui si fa la manutenzione del "muro vivente" (foto sopra) sono necessari due operatori. Vengo contattato dal mio direttore per un'opinione su chi affiancarmi e ovviamente faccio il nome di Igor. E' un amico, un ottimo lavoratore che usa la testa in quello che fa, quindi niente di strano. A parte il fatto che lui lavora per un'agenzia, non è un dipendente della ditta, mentre ci sono altri due dipendenti che venerdì hanno fatto il loro ultimo giorno di lavoro. Per uno dei due poco importa, dato che ha trovato un altro lavoro che comincia domani. Per il secondo, invece, si prospettano i benefit, dato che neppure ha cercato, in questi due mesi, un altro lavoro. Perché non ha avuto la possibilità, dice, dato che oggigiorno si fa tutto online e lui non ha internet a casa. Già, ma ci sono le biblioteche dove puoi usare un computer, che sono aperte fino alle 7 di sera e pure il sabato e spesso anche la domenica. Ora, per onestà avrei dovuto e avrebbe dovuto anche la ditta mettere questa persona avanti ad un "agency guy". Non fosse che il tipo in questione è il razzista che mi ha dato precedenti problemi, e che per mesi dopo che lo avevo fatto spostare in un altro team ha tentato ad ogni incontro di farmi arrabbiare con offese velate per arrivare negli ultimi giorni agli insulti espliciti, quando ormai il management non aveva più interesse né possibilità di prendere provvedimenti. Qualcuno, agli inizi della vicenda, mi disse che avrei dovuto sistemare la questione in modo chiaro. Beh, io sono una persona "straordinariamente paziente", e quando ho il tempo per mettere la pulce nell'orecchio alle persone giuste riguardo un "trouble maker" e al contempo sottolineare le buone qualità di un altro "hard worker", di sicuro ottengo la "my own way in the end". E così è stato. Grazie anche ad una buona dose di provvidenza divina, certo, ma non scordiamoci la parte di Cesare.
Mi hanno raccontato la reazione del trouble maker all'apprendere che un agency guy veniva tenuto mentre lui veniva licenziato, e devo dire che ne ho provato soddisfazione. Non perché io sia felice del male in cui è incorso, ma perché ritengo giusto che ognuno raccolga il frutto delle proprie azioni. Non che ci siano speranze che una tale persona capisca, si inasprirà soltanto nelle sue convinzioni, ma ciò che conta è che me lo sono levato dai piedi.