Saturday, 31 January 2015

Ahi Maria chi mi manca sei tu


La notte vado a ballare
per cancellare i sogni miei
da qualche tempo ho più donne del DJ
ahi Maria ma tu non ci sei



Tuesday, 27 January 2015

Dal sottobosco

Francamente sono stanco di dovermi spiegare. Tu dici che ti piace il sole, io dico che mi piacciono le ombre. E tu mi rispondi che hai "problemi a frequentare chi non valorizza cose e persone". Da cosa tu abbia estrapolato questo giudizio che mi hai tagliato e messo addosso non riesco ad immaginarlo. E neanche lo voglio sapere, a dirla tutta. Tieniti le tue idee, non me ne importa. Sei una delle tante persone "solari" abbagliate dal sole. La vista e' l'unico senso su cui fate affidamento e neanche vi rendete conto di quanto sia ingannevole. Non sapete piu' come usare il tatto per scoprire le vere forme di una persona; l'olfatto per sapere dove e' stato il vostro compagno e chi ha incontrato, oppure l'udito per capire se nel buio della vostra camera stia dormendo o se sia inquieto. E quand'e' l'ultima volta che avete assaporato l'essenza di una persona? Non sapreste riconoscere i cibi dal gusto se non poteste vederli, figuriamoci riconoscere una persona dal gusto.
   Tu resta pure nel sole, dove cio' che non vedi non e' reale, io siedo qui nelle ombre, dove tutto e' molto piu' reale e non serve vederlo per sapere che e' li'. E un'ultima cosa. Ho sempre detto di essere un'ombra in cerca del suo sole. E non e' forse la' dove il sole splende piu' luminoso che le ombre si fanno piu' fitte? Non ti sei neanche fermata a riflettere sulla relazione fra sole ed ombra...

Monday, 26 January 2015

Saturday, 24 January 2015

The storyteller

Nella locanda affollata gli avventori chiedono a gran voce un'altra storia. La loro pancia e' piena di cibo, il vino dà loro allegria, per loro e' tempo di divertimento e vogliono ascoltare un'altra storia. Al mattino torneranno alle loro preoccupazioni, ma ora non ci vogliono pensare. Ma la bocca del cantastorie e' secca, la sua gola brucia, per tutte le ballate che ha raccontato loro. Dov'e' quella cara ragazza della ballerina? Dove sono i due aitanti musici? Perche' non si fanno avanti per dargli un breve tempo di riposo? Le voci si alzano, alcune si fanno rabbiose guidate dall'ebbrezza del vino. Nessuno si fa avanti per rilevare il cantastorie. Solo il padrone della locanda si avvicina, con una mezza pinta di birra e l'incoraggiaento a continuare. La paga va meritata, dice con un sorriso mellifluo. Il cantastorie inghiotte la sua bile con un sorso di birra, poi la sua voce si leva nell'apertura di una nuova ballata, per la felicita' degli avventori. Stanotte non c'e' riposo per il cantastorie; domani potra' riposare, quando gli altri saranno impegnati nei loro affari e a malapena si degneranno di salutarlo. Fino al successivo momento in cui vorranno divertirsi.

In the crowded inn the customers shout for a new story. Their bellies are full of food, the wine gives them cheerfulness, it's time of fun and they want to listen to an another tale. At the morning they'll go back to their worries, but now they don't want to think about them. But the storyteller's mouth is dry, his throat soars due all the ballads he played to them. Where's the dancer, that nice girl? Where are the two awesome musicians? Why don't they step forward to give him a bit of relief? The voices rise, some become angry with the inebriation brought by the wine. Nobody comes to release the storyteller. Just the landlord comes closer, with a half a pint of ale and the hint to carry on. The wage must be deserved, he says with a honeyed smile. The storyteller wash his gall down with
a sip of ale, then his voice rises in the opening of another ballad, for the patrons' happiness. There's no rest tonight for the storyteller: tomorrow he will be allowed to rest, when the other ones will mind their own businesses and hardly will deign him of a greeting. Till the next time they will want fun.

Friday, 23 January 2015

Fra rabbia e dolore

Oscillando fra depressione ed esaltazione, passando dalla rabbia al dolore, mi sono fermato a pensare, mi sono fermato ad ascoltare. Nel battito aritmico del mio cuore ho cercato di ricordare. Non tutto era nero, un tempo. C'erano sogni. C'erano desideri. Ed avevo speranze. Quando sono cambiato? Cosa mi ha cambiato? Possibile che questo sia tutto cio' che rimane di un amore? O veramente qualcosa in questa citta' mi ha infettato, qualcosa salito dai campi di sepoltura che giacciono celati sotto di essa? Come una spugna ho assorbito sentimenti non interamente miei, che in me si sono amplificati. Forse la disillusione ha fatto il resto. Il buio e' sempre stato in me, ma prima non ero cosi'. Prima riuscivo a  tenerlo sotto controllo. Ora sono qui che penso a cosa possa essere cambiato, e proprio non riesco a capirlo. Forse, tutto e' cominciato quando ho inziato a vivere in attesa del giorno in cui me ne sarei andato. Da allora il buio e' cresciuto ed ora si allarga tutto intorno a me, tocca le persone che mi vengono vicino, decide le parole che pronuncio, vela tutto cio' che guardo. Con un passato ricco come il mio, il vuoto del presente puo' condurre solo ad un' assenza di futuro. Ma tutto cio' che chiedevo era una ninna nanna alla sera.

Swinging between depression and exaltation, moving from anger to sorrow, I've stopped to think, I've stopped to listen. Into my arrhythmic heart beat I've tried to remember. Not everything was dark once. There were dreams. There were desires. And I had hopes. When did I change? What did it change me? Is it possible that this is all that of a love remain? Or truly did this city infected me, with something rose from its burial grounds hidden underneath her? Like a sponge I absorbed feelings which weren't completely mine, which in me did amplify. Maybe the disillusion made the remaining part. The gloom has always been inside me, but I wasn't in this way,  before.  I could keep it under control, before.
And now here I am, trying to imagine what has changed, and I have no clue. Maybe, it began the day I started to live for the day I would have quit. Since then the gloom has grown up and now it spreads all around me, touches the people who come closer, decides the words I utter, hazes all that I watch. With a past as rich as mine, the void of the present can lead just to a lack of future. But all that I asked for was a lullaby at night.


Sunday, 18 January 2015

Wednesday, 14 January 2015

One of the most interesting words in English language


A relationship is over when...

A relationship is really over when... 

...you don't find her hair on your clothes anymore,

...you stop receiving her magazines at your address,

...and you have given back her last pair of socks forgotten in the wardrobe.

Tuesday, 13 January 2015

If the core holds

Camminando sempre su quel confine incerto dove la volonta' cede alla disperazione, ti pieghi a guardare dentro l'abisso, ad osservare gli altri attraverso te stesso. A volte sei il sussurro che fa voltare una testa, l'assenza che pesa su un cuore smarrito; a volte sei il toro impazzito che devasta un animo indebolito. E sei sempre tu, anche se continuamente cerchi di perderti, perche' il tuo centro e' troppo forte e continua ad attrarre indietro i pezzi che tu abbandoni per strada. Ti chiedi se ne vale la pena, o se il volto sfigurato che si riflette nello specchio in frantumi non meriti infine di essere dimenticato. La strada che ti avevano detto celarsi dietro lo specchio non era li'. E il sangue cade, goccia a goccia, dalle tue mani ferite, disegnando un sentiero che indica casa. E' il tuo io piu' profondo che chiama, che ti incita alla lotta, ma come puoi incendiare la notte se hai perso la scintilla? Sei brace che cova sotto la cenere, ancora pericolosa; sei un vuoto che vorresti riempire, un vuoto che ha gia' inghiottito il mare; sei un dolore sordo che non vuol guarire, dolore che svia e al contempo ancora la tua anima. Volgi lo sguardo indietro e vedi solo confusione. Ti protendi in avanti e non c'e' alcun sentiero da seguire. Diviso fra rabbia e tormento, amore e delusione, sai bene quale sia la tua strada e come Giona tu non la vuoi seguire. Ma qui non c'e' alcuna balena dentro cui ti puoi nascondere.


Always walking on that blurred boundary where the will yields to desperation, you bend over to watch inside the abyss, to observe the others through yourself. Sometimes you're the whisper which turns somebody's head, the absence weighing a dismayed heart down; sometimes you're the enraged bull which ravages a weakened soul. And it's still you, even if you keep trying to lose yourself, because your core is too strong and keeps attracting back all the pieces that you drop along the road. You wonder if it's worth, or if maybe the disfigured face reflected in the shattered mirror deserves finally to be forgotten. The road that was told you had to be behind the mirror wasn't there. The blood drips, drop by drop, from your wounded hands, drawing a path leading home. It's your most inner self calling, urging you to stand up and fight, but how can you ignite the night if you miss the true spark? You're embers which smoulder under the ash, still dangerous; you're a void you wish to fill, a void which swallowed the sea; you're a dull pain which doesn't want to heal, a pain at the same time diverting and anchoring your soul. You stare back and you see just confusion. You push on and there's no path to follow. Split between anger and anguish, love and delusion, you know very well what your road is and like Jonah you refuse to follow it. But here there isn't a whale to hide in.

Let Me Bring You Down 3




Monday, 12 January 2015

Pensieri estemporanei: the London Fan

Durante le appena trascorse vacanze natalizie ho avuto occasione di conoscere un po' di gente nuova, chi a Londra da piu' e chi da meno tempo, e di ascoltare le loro storie personali e le storie che mi hanno raccontato riguardo altre persone che loro conoscono. L'impressione che ne ho tratto, e che a conti fatti e' in realta' il rafforzamento di un' idea che gia' avevo, e' che fra voi altri i piu' entusiasti riguardo Londra, i veri London Fan, sono proprio quelli che a Londra vivono nelle condizioni peggiori. Piu' e' bassa la vostra paga, peggiori sono le condizioni di lavoro che avete dovuto accettare, tanto piu' entusiastico sara' il vostro elogio di Londra e tanto piu' feroce ed offensiva sara' la vostra invettiva contro l'Italia. Dalle vostre dichiarazioni su come le cose vi vadano di bene in meglio da quando avete deciso di abbandonare l'Italia per venire a Londra, resto sempre un po' interdetto nello scoprire che tu, London Fan di turno che mi stai raccontando i tuoi "successi", lavori di notte per la minimum wage, non ti pagano l' overtime, i turni ti vengono comunicati sempre all'ultimo momento e che il weekend off non ti tocca praticamente mai, o che hai uno zero hours contract (niente ferie, niente malattia, niente pensione e magari turni di una sola ora al giorno - questo sta succedendo da Wetherspoon per esempio). Se poi siete qua a spese dei vostri genitori e non avete mai lavorato ma solo "studiato", siete i piu' entusiasti di tutti e i piu' pronti a proclamare comparazioni (sbagliate) fra Italia e Londra a tutto vantaggio di Londra. Esiste, ovviamente, una percentuale anche fra coloro che sono veramente ben pagati che usano gli stessi toni esaltati che usate voi, denigrando ed offendendo l'Italia (ed indirettamente loro stessi, ma non ci arrivano a capirlo), negando anche l'evidenza pur di dire che qui tutto funziona perfettamente. Chiaramente tali persone, questi Mr e Miss Livore, hanno qualche rancore personale, e del resto quando guadagni 60 o 80.000 sterline all' anno o addirittura di piu', non mi stupisco che una persona sia pronta a baciare il culo degli inglesi. Il fatto che gli inglesi non usino il bidet so che e' un problema che hanno risolto, come attestano le ingenti scorte di colluttorio e mentine che ho visto a casa loro. Ma in genere, chi lavora a Londra per una "buona paga", avendo fatto quella cosa "totalmente inutile" che e' andare all'universita' e studiare, e' dotata di una mente critica e, anche se si schiera a favore del sistema inglese, possiede ancora la capacita' di discernerne difetti e fallimenti. Insomma, in definitiva, voi che avete meno motivi per essere contenti qui a Londra, siete quelli piu' felici di come funzioni il sistema.
     Ora, e' comprensibile che quando fuggi dal tuo paese perche' disgustato da come stanno andando le cose, tu abbia bisogno di credere che sei andato in un luogo migliore. E' comprensibile che se poi vieni da una parte d'Italia dove non potevi trovare alcun tipo di lavoro o ti facevano lavorare ma poi non ti pagavano, anche una posizione da lavapiatti alla minimum wage sia tutto grasso che cola. E' comprensibile che ci sia bisogno di speranza. Cio' che non e' comprensibile e' il rifiuto di vedere che cio' che avete ottenuto e' a malapena sufficiente per sopravvivere. Quello che non e' comprensibile e' il rifiuto di vedere che le condizioni di vita la' "dove non avevate un lavoro" erano nettamente superiori a quelle che avete qui dove "almeno un lavoro lo avete". Quello che non e' comprensibile e' che vi rifiutiate di vedere che quasi tutto cio' che guadagnate ve lo riprendono con gli affitti astronomici delle topaie in cui vivete, muffose, senza un tavolo a cui sedersi per mangiare, ammassati in 8 o piu' in stanze che in Italia sarebbero usate come sgabuzzini per le scope e con un solo bagno a disposizione. Ah, si' si'. Certo, avete DUE bagni nella vostra top... in casa vostra. Peccato che uno dei due sia perennemente out of order. E soprassiedo sul fatto che spesso e volentieri siete voi l'origine del problema o ne siete comunque una parte, quando stendete il bucato ad asciugare in camera vostra e non aprite mai la finestra per cambiare l'aria, quando senza asciugarli mettete a posto i piatti a prender muffa dentro il mobile, o quando li lasciate tutti da lavare alla successiva persona che ne avra' bisogno, o quando essendo il vostro turno di fare le pulizie nelle aree comuni fate solo finta di pulire.
Gia' vi sento protestare. "E cosa dovremmo fare? Tornarcene in Italia dove non possiamo neanche trovare un lavoro da cameriere?" Non vi sto dicendo questo. Avete guardato la foto che ho messo all'inizio di questo post? Non vi pare una scena gia' vista? Dovrebbe farvi pensare. Io vi sto consigliando di cominciare ad usare il cervello. Almeno lo sto dicendo a quei pochi di voi che sono stati provvisti di un cervello. Aprite gli occhi e guardate come stanno veramente le cose, perche' molti di voi qui non hanno futuro. Qui potete solo sopravvivere, ma verra' il giorno in cui Londra vi sconfiggera', divorera' e ricaghera'. Meglio arrivare preparati a quell'appuntamento, con un piano B pronto e mettendo da parte nel frattempo ogni briciola come formiche, altrimenti perderete anche le mutande. A quella grande massa che natura matrigna ha dotato di due soli neuroni messi in croce, il mio consiglio e' di smettere di sbraitare offese sputacchiando in giro come Umberto Bossi e di stare ad ascoltare chi prova a spiegarvi le cose. E qui non mi riferisco a me stesso, ma ai molti che quotidianamente provano a fare informazione su blog come GoofynomicsL'AntidiplomaticoOrizzonte48 o VociDallEstero, cercando di far capire alla gente cosa realmente stia accadendo, a cosa realmente sia dovuta questa crisi che vi ha costretto ad abbandonare il sole, il buon cibo e case pulite. State fuggendo da qualcosa, ma se non sapete da cosa state fuggendo come farete a riconoscerlo qual ora ve lo ritroviate davanti?

Sunday, 11 January 2015

Saturday, 3 January 2015

Raving Metropolis 4

 Iliana walked along the Metropolis streets. The holidays lights and the shop signs assaulted her eyes, the crowd thousand voices and the ambulance sirens assailed her hearing. Her mind swayed, tired. And yet I slept... She didn't know anymore if she was inside a dream or she was awake. The flood of people all around her laughed, screamed, cheered, joked... but their faces were just white and blank mask to her eyes. Empty, empty... you all are just empty! She wanted to shout it, but she knew better than let the others think she was crazy. Her children would have been taken away from her, she wouldn't see them again.
She stood to watch inside a shop window. She didn't see anything. Tiredness seemed to gnaw at her bones, but it wasn't physical, it wasn't her body to be tired. It was an always present tiredness, like something was sucking constantly her strength in the same way a leech sucks blood. On the window glass the lights were blurred reflections, the mirrored faces passed by were hazy and fast. She wanted to go home and have a shower to wash away from her body the smell of no clean humanity, the smell of her supervisor who got any chance to rub himself against her. Eating something... what? I need to buy some food... Put the kids to bed, sleeping. The night would pass quick as a breath, no scents to keep into her lungs, just vaguely nauseating smells. Then awake again, before dawn, in the cold, to go to work in a coughing and sniffling city, which walked dragging the feet.
What was there in that shop window? Why did I stop to watch? A face was reflected on the glass, big, open-wide eyes, full of a lucid madness, the vulgar mouth open in an indecent chuckle showing pointed teeth. Scared, Iliana turned suddenly. Nobody was behind her, just the crowd passing by indifferent. She turned back towards the shop window and that wicked glare was there. Shivering, Iliana left towards the station, almost running, among shoves, indifference, loneliness, alienation.

The carriage was cold, even if full up of men and women of so many different races who consumed all the oxygen in it. Shrunken on the bottom seat Iliana couldn't stop shivering, shaken by what she didn't know. The other commuters were anonymous and featureless, isolated and unfathomable, surrounded by invisible walls and prisoners of themselves. The noise of the train, the scream of the air compressed between the coaches travelling at high speed and the tunnel's vault, were a new physical attack to her just deprived energy. And blended with the other noises, so vague and fragmented which could be a work of her imagination, a laugh. A wild cachination, demented, obscene. “Who are you? What do you want from me?” Iliana repeated whispering. Nobody could hear her, in the noise. Someone stared at her lips incessantly moving. You're crazy, the eyes of those people said. I don't want to share anything with you, the eyes of those strangers said. The laugh carried on resounding at the bottom of her ears.
Then a short walk from the station to home, passing in front of a graffiti covered high wall: Sleep. Eat. Work. Repeat. Dirty road, cold and humid wind, spoiled trees, drunkards and malevolent glares like just men are able to be malevolent when facing a woman. A little bit of tired bliss when back home... a home without warm... in the kids' greetings and hugs. The food she needed to buy forgotten, but the tiredness too much to get out again and back to the supermarket. A dinner made with what remained in the larder, children tired and listless. Then into the bed, under damp covers, in the dark but not in the silence. Screams at the next door, police's sirens somewhere not far, scratching of small paws inside the empty walls, a nasty argument on the road. Broken glasses. The sleep which struggles to come, tackled by an ache in every muscle. And still that laugh, almost held back, like to avoid to disturb her. Reason to find it even more scaring than on the train.
“Who are you? What do you want from me?” Questions whined under her breath while drifting into sleep.
I'm the engine of this city...
“Let me sleep... go away...”
A merry chuckle. I'll never leave you alone. You cannot split me from you.
Iliana sunk into a sleep full of nightmares. People without face shoved her on the road, malevolent faces laughed at her from the shop windows. Sleep. Eat. Work. Repeat. Demented cackle. Sleep. Eat. Work. Repeat. And the alarm, pitiless. A feeling of nausea, cold water on the face, a retch and a shiver of cold. A message for the kids. Then out into the humid dark with an empty stomach, stalking towards the station.
Iliana stopped suddenly when a figure materialized from behind a tree. Walk, a voice in her mind ordered. Or you'll be late at work, added mockingly. Iliana resumed her walk, stiff. The figure moved along with her.
-Who are you?
A sidelong glance, more perceived than seen, a look of amused stupor. Do you really want to know it? People never want to see me. When I take everything from them, they turn their head to the opposite direction. Even while I devour their soul, they speak up and stare in front of them, so to pretend it's not happening. Are you sure you want to know who I am?
-Who are you?- A quiver in her voice, a knot in her throat, while she walked stiff staring in front of her.
I'm the engine of this Metropolis. I'm your master.
A breath of satisfaction.
And now that you know who I am, I'll tell you who you are.
A chill run down Iliana's back.
You're nothing. You're my slave. You're fuel for the engine. I'll feed on your soul, then I'll discard you. And after yours, I'll devour your children's.
Tears... warm... Strange, Iliana thought, something warm... flowed down her chicks. They arrived insipid to her lips. When I was child they were more salted...
-I just wanted to be happy...- Iliana moaned, still walking towards the station, the voice broken with sobs. -I wanted... just... to be happy...
Happy? What an absurdity! You're not here to be happy. The voice fell silent and the figure disappeared.

In the depths of the Metropolis the Demon laughed, a laugh which ran along all the tunnels, taken far by the trains stuffed of bodies. From the hight of his towers alive of cranes, the Demon's eyes watched Iliana to complete her way to the station. Sleep. Eat. Work. Repeat. Not even a quick glance to the graffiti. And the Demon laughed. Laughed at Iliana's tears, laughed at the tiredness gnawing at her. Laughed at her desperation. Laughed at her defeat.


Friday, 2 January 2015

Raving Metropolis 3


The Demon called the Pale Lords' Man. “It's time to me to grow”, the Demon said. “Make the ground ready for my growth.” And the Pale Lords' Man left to do it abiding with the Demons request. The Mighty of other nations were coaxed with promises of future power if they brought their wealth to the Metropolis; men of genius who were born in other lands were lured with great rewards to put their genius at the Metropolis service. Riches and inventiveness were drained from the near nations. New labour masses were deported to the Metropolis: attracted by the promise of a better life, they ended up in a place they couldn't leave. And the Demon began to build a shell to grow in.
Metallic arms erupted from the ground, trying to grab the sky. New excrescences outgrew from the dying land, hyperplasias shining in the sun, frigid shapes swallowing every day new servants, sent to satiate the Demon. Worn out faces, blank eyes, confused minds and hardened hearts: there was nothing else in the Metropolis streets. Fake laughs, voice made thick by the alcohol, animal copulas were all the Demon's servants could experiencing during their life no-life. The spirit eroded and consumed, day by day till the most inner itself, people let themselves to die, disappeared, troubled they went back to their homelands, leaving room for new modern slaves.
In the underground, the Demon laughed, a demented and evil cachinnation, starting to expand its body towards the sky, filling progressively all the new shells which grew more and more in high. The men perceived its presence, but they didn't understand what it was. More and more people withdrew in themselves, distanced themselves from other people, spending all their free time inside accommodations more similar to dens than to man homes. The Demon's influence, step by step, deprived the men of their ability to communicate, to manifest their sentiments. Penned in ghettos nobody talked anymore to who had different origins, to who was of a different look, to who spoke a different tongue even if saying the same things. Any interest was slowly consumed and was lost, leaving room just for the most animal-like instincts and the mechanical routine the Pale Lords imposed: eat, work, sleep, repeat. Less and lesser cared about the place they lived in and of who lived with them. The filth accumulated on the roads: who was paid to pick it up was sacrificed to the Demon and replaced with predators more apt to snatch money from people, because the Demon growth requested great expenses. Disagreements and grudges simmered under the surface: the Pale lords enacted laws to forbid the expression of people own feelings. Life in the Metropolis became harder: the wages were decreased so that employers could hire more labourers. Profits were not enough: the youth were persuaded to work for no money but just to gain experience, an experience useless the very next day. The worst perversions established among people: drugs, alcohol, violences and sex with children and the authorities turned in an other direction, because all of it made the Demon stronger.
The Demon laughed and now its laugh didn't resounded just in the tunnels piercing the Metropolis underground. Now it was audible even in the air, taken far from the wind. The pale Lords' Man, brought to distraction by the Demon, ruled that the Metropolis had to grow even more, to climb to the sky and cover all the lands. Made greed by the Demon, he promised to the Mighty of other nations the land and his own people's children. The Mighty came, bought the most beautiful places of the Metropolis, then they turned their desire to everything their eyes fell upon. The Pale Lords' Man ruled that the Metropolis had to be rid of any individual not useful to the aim, that the servants had to live out of the city's boundaries where they worked, so as to leave it just for the rich and powerful people of the Earth. “Chased away all the useless ones”, the Demon said. “Deport them to the neglected lands under the grey northern skies. Build homes for my servants out of my sight, and dig a tunnel to link their houses with the building sites to let them coming everyday to serve me, crawling like the worms they are. And when the time will be ripe I will grow along that tunnel, to creep up on them in their own homes and to devour their children's heart and soul while they sleep in their beds.”

Stand up and fight


Thursday, 1 January 2015

At the night's doors

Alle porte della notte ascolta la mia canzone. Qui non ci sono nomi, solo la nostra storia. Il domani giungera' per portarci lontano, e sulla strada che percorreremo ti diro' il mio nome. Nessuno dovrebbe chiedere il nome del narratore: le parole della storia sono cio' che deve essere ricordato, non chi le pronuncia. Nella notte le parole creano fantasmi con cui danzare, le preoccupazioni si sciolgono e le paure scompaiono, lasciando posto per il calore di un abbraccio senza nome. Lascia che le mie parole ti guidino nel sogno che all'alba dovremo lasciare. All'alba ti diro' il mio nome.



At the night's doors listen to my song. There are no names here, just our story. Tomorrow will come to take us away, I'll tell you my name while walking along the road. Nobody should ask for the
storyteller's name: the words of the story is what matter to remember, not who utters them. In the night the words create ghosts to dance with, concerns melt away and fears dissolve, living space to the warm of  a nameless embrace. Let my words lead you into the dream which we must leave at dawn. At dawn I'll tell you my name.