Sunday, 25 May 2014

Per noi che siamo fuggiti

Niente di meglio, per non pensare a ciò che si è appena perso, che guardare a ciò che abbiamo perso tempo addietro, a ciò che ci siamo lasciati alle spalle, magari senza conoscerlo o addirittura sapere che esistesse. Troppo spesso si danno per scontate le ricchezze del proprio territorio, ed un territorio così frammentato e spesso straziato come quello italiano, è così ricco di differenti bellezze che occorrerebbero molte vite solo per catalogarle tutte. Eppure, tanti di noi, hanno voltato le spalle alle bellezze della terra natia e di quelle circostanti, ed alle persone che da tali territori sono sorte, cresciute fra credi e costumi fra i più vari, persone che avrebbero potuto arricchirci ma che noi abbiamo rigettato.
 Per noi che siamo fuggiti verso altre luci che poi non abbiamo capito, inizierò da oggi a infilare, di quando in quando, piccoli cammei per ricordarci, o farci conoscere per la prima volta, i tesori che abbiamo così leggermente ignorato. Comincio col Salento, quella pianura che occupa gran parte del tacco della penisola, arsa dal sole, di terra rossa ed argillosa cosparsa di pietre calcaree fra cui fiori selvatici crescono in gruppi estesi, di distese di fichi d'india oltre i quali si vede un orizzonte costituito di mare azzurro, e sulle cui spiagge, ora di sabbia e ora di scoglio, il mesebriantemo cresce strisciando e coprendole di un vivace colore violetto.


Certo, qualcuno qua ha trovato la sua dimensione, qualcuno ciò che cercava e pochi ciò di cui avevano bisogno. Questo non toglie che come porci a cui hanno dato delle perle, noi le abbiamo calpestate e ci siam rivoltati contro i nostri tutori. Qualcosa scorre nel sangue di chi è nato sulle sponde del Mediterraneo. Non lasciamo che scompaia.


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