Dedico questo post a tutti gli italiani, sempre meno di giorno in giorno per fortuna, che credono "che all'estero tutto funzioni meglio". Ora che mi accingo a scrivere sono reduce da una nottata in bianco, con giusto un po' di sonno rubacchiato su una poltrona neanche tanto comoda. Occhio, quindi, che sono di pessimo umore.
A&E sta per Accidents & Emergencies, ma potrebbe tranquillamente stare per Art & Entertaiment. E' l'equivalente del Pronto Soccorso in Italia. A parole, per lo meno.
Stanotte ho avuto la mia terza esperienza in un A&E: le prime due per me stesso, questa volta per la "piccola" che si è sentita male. La prima volta in Tooting fu a seguito di una caduta dalle scale ed una brutta storta alla caviglia che mi tenne in casa per un mese: quattro ore di attesa dietro a persone che per lo più non necessitavano il pronto soccorso e che alla fine se ne andavano a casa allegre e zompettanti anche se avevano passato tutto il tempo di attesa su una sedia a rotelle. La seconda volta fu a Newham, non tanto tempo fa, nel tentativo (riuscito) di ottenere degli antibiotici per curare una brutta bronchite. Altre quattro ore di attesa in compagnia di persone che per lo più non parevano stare poi così male, dato che andavano in su e giù senza fermarsi un minuto, ed infermiere apatiche e insensibili che parlavano un inglese piccione, storpiando tutti i nomi che chiamavano per poi fissare senza capire la persona che ripeteva loro il proprio nome con la giusta pronuncia. Stanotte è andata peggio.
Tornata a casa da lavoro, improvvisamente, alla piccola cominciano a bruciare gli occhi, come se li avesse pieni di sabbia. Nelle ore successive la cosa peggiora, al punto che a mezzanotte chiamiamo un minicab e ci facciamo portare al pronto soccorso. A questo punto la piccola già non riesce a tenere gli occhi aperti ed ha seri problemi di equilibrio. Alla reception, nonostante ci siano due impiegate ed una sola persona davanti a noi, dobbiamo aspettare 10 minuti buoni. La prima visita, con un infermiere, avviene dopo brevissimo tempo, per lo meno, ma è solo il prodromo della sala d'aspetto, che condividiamo con un ragazzone inglese dalla parlata scurrile che si è storto una caviglia giocando a calcio, una coppia di amici sudamericani uno dei quali pure si è storto una caviglia, un polacco con la moglie incinta che non ha una bella cera, più tutta una vagonata di gente che cammina, ride e scherza e da fastidio. Bambini compresi. Il tipo di persone che arrivano al pronto soccorso guidate dal non riuscire ad ottenere un appuntamento dal medico di base, fenomeno in crescita di cui si discute su tutti i giornali inglesi. Sugli schermi appesi al muro si staglia la scritta: WAITING TIME 4H +. Ci si preannuncia una lunga attesa.
Il tempo passa, il dolore della piccola aumenta, al punto da cominciare a piangere. Vado in cerca di un infermiere e chiedo un painkiller, che ci viene portato con molta calma. Nel frattempo gli altri pazienti vengono rimbalzati da un infermiere all'altro a causa di una chiara penuria di dottori, chiamati ora in una direzione ora in un'altra da un inserviente, senza preoccuparsi se si tratta della donna incinta o del ragazzone che non riesce a camminare. Se la devono sbrigare da soli. Mentre gli stranieri sopportano in silenzio, l'inglese bestemmia (quando il personale non lo può sentire, ovviamente). Perché poi la sala d'aspetto è in un punto dove nessuno del personale e soprattutto nessun infermiere ti vede, e se stramazzi al suolo fra le poltroncine ti ritrova l'omino delle pulizie. Che probabilmente ti spazza via col suo scopettone col resto dei bicchieri del caffè e delle bottigliette di plastica abbandonate sul pavimento. Insomma, se ti senti veramente male mentre sei in sala d'aspetto non c'è nessuno che possa notarlo, a meno che non sia un altro paziente il quale si prenda la briga di cercare aiuto. Ma mentre sei in coda che aspetti, non molti hanno voglia di far passare qualcun altro avanti. E se tu sei prima di loro e muori, tanto di guadagnato, no?
Trascorre il tempo, sono circa le 3:30 AM quando, in una waiting room ormai deserta, c'è il collasso. Lascio la piccola in stato di semi incoscienza sulla poltroncina e vado nella sala visite (un salone con un'isola centrale dove hanno tutti i computer, stampanti e altri schermi, circondata da piccole stanze coi lettini: a Totting le "stanze" erano create con tende mobili per dividere i lettini uno dall'altro). Spiego la situazione e mi dicono di andarla a prendere e farla sedere su una poltroncina che mi indicano. Certo. La piccola, per fortuna, riesce a camminare... camminare, che parola grossa in questo caso. Deambula, sostenuta da me e appoggiandosi al muro: non risponde al suo nome e non si ricorderà niente del percorso dalla sala d'aspetto alla sala visite (tutt'altro che breve). Il tempo di farla collassare sulla poltroncina che da una delle scrivanie mi viene detto di riportarla indietro in una delle stanze con lettino. Faccio notare che non riesce a camminare, e la donna mi risponde in modo sgarbato che ha camminato fin lì. Non c'è da stupirsi se in UK le aggressioni al personale ospedaliero aumentano di anno in anno. Hanno pure messo i manifesti: "Siamo qui per aiutarti" campeggia sopra la foto di un gruppo rappresentativo del personale, con sotto scritto: "Non aggredirci". Nella foto, sullo sfondo, alcuni poliziotti implicano la minaccia di conseguenze e rappresaglie. Beh, non state aiutando per niente e chi vi aggredisce, sebbene io non lo farei per quanto vicino mi ci stiate portando, non avrà mai molto del mio biasimo.
L'attesa continua, ma per lo meno adesso la piccola è stesa su un lettino col mio fazzoletto bagnato sugli occhi. Dopo non so quanto tempo viene un'altra infermiera, ci dice che la viene a visitare ma poi sparisce. A questo punto la piccola è completamente incosciente e delira. Non troppo, per fortuna. Vado a cercare l'infermiera, le dico: "She's getting worse. Is incouscious now." "Incoscious?!" mi ripete a papagallo la diversamente colorata con tono di scherno. Chiaramente è abituata con quelli della sua stessa razza, che recitano una perenne sceneggiata che neanche i napoletani (non me ne vogliano i partenopei) son capaci di eguagliare (c'è poco da fare, quelli abbronzati son più bravi di voi).
La visita fatta al momento dell'arrivo si ripete: rilevamento della pressione, del battito cardiaco, stesse domande, stesse risposte non ascoltate. Dieci minuti dopo arriva il primo dottore per una visita veloce e la decisione di controllare approfonditamente il fondo degli occhi ed il retro della testa. Il tutto da delegare ad un oculista. E qui riusciamo entrambi a prendere un po' di sonno,anche se leggero e spesso interrotto e ben poco ristoratore. Ci riusciamo perché l'oculista arriva verso le 6, quando entra in servizio.
L'oculista è una ragazzotto paffuto e culone (ecco la spiegazione del perché i calzoni della divisa medica sono così larghi) che parla un inglese indianese non proprio semplice da decifrare. Il neo-laureato esegue la primary survey, la stessa cosa che abbiamo già spiegato ai due infermieri nelle due precedenti occasioni, ma per lo meno questa volta parliamo con qualcuno che ha un'idea, sebbene minima, di ciò di cui si parla e che pone anche domande a tema. Bene, dice in conclusione, vado a prendere il necessario per fare un controllo del fondo dell'occhio. Praticamente si tratta di mettere un collirio per indurre la midriasi, ovvero la dilatazione della pupilla, per poi guardarci dentro con l'ausilio di una luce. Sparisce per 10 minuti o più, quindi ritorna a mani vuote. Ci ho ripensato, il controllo del fondo dell'occhio potrebbe peggiorare i sintomi, e qui non siamo attrezzati per controlli più approfonditi. L'unica cosa che posso fare è suggerirvi di recarvi in una clinica specializzata.
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(i lettori assidui sanno che i puntini di sospensione stanno a rappresentare le mie imprecazioni silenti)
Cioè, se si tratta di una battuta io mica l'ho capita. Il dottorino è dispiaciuto (non che appaia particolarmente affranto, e quindi ripeto che comprendo quelle persone che danno poi loro un aspetto infranto con un bel pugno in faccia). E' possibile per lo meno prenotare una visita? Così ci evitiamo altre "sei ore" di attesa, dico io. Devo verificare. Verifico anche dove sia la clinica specializzata più vicina. Preparo anche i paper work (che sarebbero i documenti per la dismissione). E il dottorino sparisce di nuovo.
Mentre siamo soli la piccola mi dice: "Dovrei presentarmi come laureata in medicina. Almeno eviterebbero di raccontarmi stronzate. Il dilatamento della pupilla non peggiorerebbe i sintomi. E' che tanto non possono fare niente di più quindi hanno deciso di risparmiare tempo. E' come non accertare se hai avuto un attacco di cuore perché tanto non hai la sala di rianimazione."
Il dottorino ritorna dopo un bel po', coi suoi fottuti paper work che ricapitolano tutto ciò che hanno fatto e diagnosticato e il nome della più vicina clinica oculistica, che sta dalle parti Holborn, cioè non proprio dietro l'angolo. Presso la quale non è possibile prenotare, ma tanto hanno un walk-in aperto 24 ore su 24. Cioè ti presenti, gli spieghi il tuo problema e se loro ritengono che tu realmente necessiti di controlli ti visitano. Tempo di attesa al walk-in: sconosciuto. Non so se afferrate l'assurdità di un walk-in in una clinica specializzata: in una clinica specializzata ci vai perché un medico generico, o comunque uno specialista allocato in una struttura non sufficientemente attrezzata per procedere ha preventivamente individuato nello "specifico" quale problema hai. Non vai di testa tua in una clinica specializzata perché ti brucia un occhio a causa di qualcosa che richiede al massimo un poco di liquido eye wash.
Ma ricapitoliamo anche noi ciò che hanno fatto per aiutarci: hanno dato un painkiller alla piccola, l'hanno fatta riposare su un lettino sotto l'aria condizionata fredda, poi ci hanno dismesso con delle scuse e il nome di un'altra cinica. Questo lo chiamano aiutare. Come possono aiutare in una struttura di primo soccorso che non è attrezzata neanche per il primo intervento in uno o più campi? E non è che il reparto oftalmico sia proprio senza pazienti: le ferite agli occhi rappresentano circa il 30% degli incidenti che si presentano agli A&E, e gli avvocati ci stanno facendo un sacco di soldi sopra. Ma con quale coraggio Cameron se ne è venuto fuori accusando i migranti europei di venire qui per benefit tourism? Ma solo un malato di mente, un totale demente verrebbe da uno qualsiasi degli altri paesi europei, dove i medici sono di gran lunga meglio qualificati e preparati, a farsi curare qui. In questi ospedali ci vai solo se proprio non puoi farne a meno, perché nel 70% dei casi non ti aiutano e ti dismettono consigliandoti di prendere del paracetamolo, l'ultima frontiera dei placebo, la panacea per tutti i mali dal raffreddore alla cecità e alle fibrillazioni cardiache. Non te lo rifilano anche per l'impotenza maschile perché la pillola è bianca e tutti sanno che la pillola giusta è blu. Ci sono anche gialle e rosa, certo, ma sono meno famose.
Quando ce ne andiamo la waiting room è nuovamente affollata, sicuramente per lo più di persone che potevano fare a meno di recarvisi, ma quando non riesci a vedere il tuo medico di base o, nel caso tu ci riesca, vieni ignorato per tutta la durata della visita (fittizia) e il medico non ti guarda mai neppure una volta in faccia, è logico che vai in cerca di rassicurazioni da un'altra parte. Solo che la sfiducia cresce di volta in volta. Distesa, rattrappita su una fila di poltroncine, c'è una donna in vestaglia, che piange e si lamenta. Ignorata da tutti. Forse è una di quelle che "recitano", che hanno fatto indigestione di olio di palma e si lamentano per un mal di pancia come se fossero state sventrate con un coltello seghettato. E forse no. Forse è arrivata in quelle condizioni, forse è peggiorata nell'attesa (da quanto è lì?), ma le waiting room sono posizionate (volutamente, nella mia opinione) per ridurre al massimo il contatto fra pazienti e personale. E la polizia deve stazionare permanentemente negli ospedali.
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