Sunday, 13 July 2014

Catabasi

La discesa agli Inferi, o catabasi, è da sempre presente nei miti dell'uomo. Si pensi ai miti greci di Ercole, che deve recarsi nell' Ade per compiere la sua ultima fatica, e di Orfeo, che vi si reca per riportare in vita Euridice. E poi alla dea sumera Inanna, al mito ittita di Kessi il cacciatore, alla letteratura italiana con Dante Alighieri. In tutti i casi si tratta sempre di personaggi che possiedono caratteristiche non comuni, che permettono loro di superare la furia delle prove che li attendono in un luogo governato da potenze ultraterrene e a far ritorno alla terra dei vivi. Una sorta di purificazione è sempre necessaria, spesso unita all'apprendere un qualche mistero. L'eroe deve, per poter aver successo nella sua ricerca, per giungere alla fine del viaggio che volente o nolente ha intrapreso, raggiungere una moralità non comune, far proprio un superiore codice spirituale che gli permetta di padroneggiare la conoscenza di sé e dell'universo. Tale consapevolezza gli porterà controllo e potere che, se sapientemente utilizzati, gli permetteranno di intraprendere la catabasi e raggiungere integro il suo traguardo.
Ma c'è un'altro tipo di discesa agli inferi. E' quella che un uomo intraprende quando rinuncia alle sue regole morali, quando abbandona tutto ciò che aveva tenuto insieme il suo Io e guidato la sua vita. E' quel desiderio di sapere cosa giace nel buio, nelle stanze oscure dell'animo umano. E' la volontà di lasciarsi guidare da quel desiderio per qualcosa che sappiamo non ci porterà niente, se non delusione e senso di vuoto. E' l'euforia falsa per ciò che è proibito, che ci hanno proibito, o che noi stessi ci siamo proibiti. E' un processo autodistruttivo, che decidiamo di affrontare, decisione presa consciamente talvolta, inconsciamente molto più spesso.
Altre volte mi era capitato di indugiare davanti alla Porta del Tramonto, così come capita a Kessi il cacciatore. Un nome invitante per un passaggio che conduce in un luogo di tenebra. Spesso ho sentito l'urgenza di aprire quella porta. Per lo più gli ho girato le spalle e me ne sono andato da quella tentazione. Altre volte ho provato la maniglia, ma qualcosa era sempre successo che mi aveva allontanato, come una persona che mi afferrasse per il colletto per trascinarmi via mentre già cominciavo a sbirciare nella porta socchiusa. Questa volta no.
Solo, mi sono trovato davanti alla porta. Solo, ho indugiato abbastanza a lungo, resistito ai tentativi di allontanarmi. Ho aperto quell'accesso, sono scivolato silenziosamente attraverso l'apertura e ho mosso il mio primo passo per intraprendere la mia catabasi. Nel modo esattamente opposto a quello che dovrebbe essere. Senza la protezione e la forza di quelle regole morali che mi sono lasciato alle spalle per poter intraprendere questo viaggio. So che non c'è niente per me in tali luoghi dell'animo umano, non sono esperienze che portano un uomo a crescere. Non gli danno niente. Lo so, ma voglio comunque continuare.
Il primo passo è stato fatto. Non è mai troppo tardi per tirarsi indietro. Ma non voglio. Non ho idea di quanto vicino al fondo arriverò, ma ciò che conta non è quanto lontano vai dal confine che non dovevi oltrepassare. Ciò che conta è che hai oltrepassato quel confine. Ed io l'ho fatto, sapendo che non c'è niente al di là di esso, niente che valga il costo. Ed allora, allora perché?

Tu sai darmi una ragione?



The descent to the Underworld, or catabasis, has alway been present among the myths of mankind. For instance, let's think about the Greek myth of Heracles, who has to go to Ades to undergo the last of his labours, or Orpheus', who descends to take back to life Eurydice. And then the Sumerian goddess Inanna, the Hittite myth of Kessi the hunter, the Italian literature with Dante Alighieri. Always it involves characters who have no common features, which allow them to overcome the rage of the trials waiting in a place ruled by preternatural powers and to come back to the world of the alive. Some kind of purification is always necessary, often together with the learning of a mystery. The hero, to achieve in his search, to complete the journey, has to grasp a no common morality, to make a superior spiritual code of him. So he'll be able to master the knowledge of himself and of the universe. Such a awareness will give him control and power which, if wisely used, will let him to undergo the catabasis and to reach intact his aim.
But there's another kind of descent to the underworld. It's that one that a man undertakes when he gives away his moral rules, when he forsakes everything which had held his inner self and leaded his life. It's that desire to know what is waiting in to the dark, in to the obscure rooms of the human soul. It's the will to be driven by the desire for something that we know won't give us anything but delusion and emptiness. It's the false euphoria for what is forbidden, that someone else forbade to us, or that ourself forbade to us. It's a self-destructive process, which we decide to face, decision taken consciously sometimes, unconsciously more often.
On other occasions it happened to me to linger in front of the Sunset Door, like it happened to Kessi the Hunter. An inviting name for a passage leading to a place of darkness. Often I felt the urge to open that door. Generally I turned my back to it, going away from the temptation. On other times I tried the handle, but something always happened to take me away, like a person grabbing me by the collar to drag me away while I just was peeking into the crack. But not this time.
Alone, I was in front of that door. Alone, I lingered long enough, held against the attempts to remove me. I opened the access, silently slipped through the opening and moved my first step to undertake my catabasis. Exactly in the opposite way it should be undertaken. Without the protection and the strength of those moral rules which I left behind to start this journey. I know there's nothing for me in such places, that those are not experiences which let a man to grow. They don't give him anything. I know it, but I want to go on anyway.
The first step has been taken. It's never too late to stop. But I don't want. I have no idea how close to the bottom I will arrive, but what matters isn't how far you'll go beyond that boundary. What matters is that you overstepped the boundary you mustn't to. And I did it, knowing that there's nothing beyond, anything which is worth the cost. And then, then why?

Can you give me a reason?

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