Fynyass, il Re d' Inverno
L'orso,
un vecchio maschio dal pelo quasi nero, uscì con un'andatura pesante
dai cespugli di tasso e mosse qualche passo nella radura. Quindi si
fermò ad annusare l'aria. Intorno a lui gli alberi che delimitavano
la radura erano per lo più spogli, solo poche foglie gialle
restavano sui loro rami. Erano cadute a formare una coltre sull'erba
del prato e sui cespugli del sottobosco, un manto giallo oro che
andava virando al bruno. Gli odori nel vento freddo erano cambiati,
si rese conto l'animale: si erano fatti più deboli e venati di una
nota amara, amara come il sapore delle ultime bacche mangiate.
Riprendendo
il cammino l'orso attraversò la radura e si reimmerse nel bosco. Il
rumore del fiume era ormai da tempo scomparso alle sue spalle. Il
fiume stesso era ormai un ricordo sbiadito, qualcosa legato alla
sazietà, alla bocca piena del sapore del pesce. Il ricordo di una
necessità soddisfatta.
Era
oramai ai piedi del monte, un gigante coperto di fitti boschi di
abeti scuri, il cui odore di resina ancora riempiva l'aria, quando il
vento prese a soffiare in raffiche irregolari, violente e sempre più
fredde. Chinando il capo contro una raffica più forte delle altre,
l'orso si fermò in attesa. E dopo pochi istanti una figura alta e
scura giunse lungo la pista che l'orso stesso stava percorrendo.
Muovendosi silenziosa, l'alta figura avvolta in un lacero mantello
con cappuccio, avanzò fino a fermarsi di fronte all'orso. Una mano
scarna, quasi scheletrica, si allungò a toccare la testa del grande
animale.
-Ben
ritrovato, vecchio amico-, disse Fynyass, la sua voce soffice come la
neve che cade, potente come lo stridere di due ghiacciai uno contro
l'altro.
L'orso
lo guardò con occhi acquosi, mentre la mano bianca e fredda scorreva
lenta lungo una grande cicatrice sulla sua fronte.
-Ricordo
bene quando ti sei guadagnato questa: troppo giovane per insidiare
l'allora maschio dominante.
"Un
altro anno di lotte è finito. Ti porto un poco di riposo, amico mio.
Forse
Fynyass sorrise, nell'ombra del suo cappuccio, ma il volto era
completamente celato. L'orso lo fissò per un poco, con occhi
inespressivi, quindi aggirò Fynyass e proseguì nel suo cammino.
Fynyass attese per un poco, quindi si incamminò dietro di lui.
Procedettero
a passo regolare fra i contrafforti del monte, col terreno che a
tratti si inclinava ripidamente. Una valle si aprì davanti a loro,
fianchi scoscesi coperti da prati ingialliti da cui emergevano enormi
massi smussati dalle intemperie e coperti di licheni verde scuro,
sostituiti poco più in alto da abeti cresciuti fitti sotto cui
funghi imbruniti dai primi geli zigzagavano in lunghe file che si
perdevano nell'ombra.
Infine
giunsero all'ingresso di una caverna, una fessura stretta, come una
ferita scura nella terra fredda. L'orso indugiò all'ingresso della
caverna, voltandosi a guardare Fynyass.
-Vai
pure, amico mio. Ti sei guadagnato un lungo sonno ristoratore.
L'orso
emisse un verso che poteva essere un sospiro, quindi si addentrò
nella caverna e scomparve. Fynyass raggiunse un masso vicino
all'ingresso, si aggiustò la spada di ghiaccio al fianco e si
sedette.
E
lì stette, fino al calar della notte, immobile mentre una luna a
metà ballava bianca sulla foresta, e poi al mattino coperto di
brina. Le stelle corsero nella volta celeste la notte successiva, e
poi al mattino le nubi nascosero il sole. Fynyass sedette là, sul
masso, vegliando il sonno del suo amico, mentre il vento soffiava e
la neve cadeva. Gli spiriti servitori scesero dai monti delle nevi
eterne e lo chiamarono.
Andiamo
a Sud, voci perse nel vento dicevano.
-No-,
rispondeva Fynyass.
Portiamo
l'Inverno a Sud, scendiamo fino alle Porte dell'Estate.
-Non
quest'anno.
I
Feroci sono nuovamente forti, sui Monti di Carnach, pronti a
devastare le Terre Basse. Ad un tuo ordine costruiranno un carro per
te con le ossa dei loro nemici, perché tu possa arrivare fino ai
Tumililande. Faremo ghiacciare le acque del fiume e del mare e
intrappoleremo le navi di Rajkapur.
Fynyass
scosse la testa.
-Non
quest'anno-, ripeté.
Andiamo
a riprenderci cio' che era nostro. Copriamo di neve le terre oltre il
mare. Schiacciamo il Marciatore, seppelliamo nel ghiaccio il Leone
dell'Estate!
-Basta!
Per quest'anno le genti del Sud avranno un inverno mite.
E
là rimase Fynyass, seduto su quel masso, a vegliare il sonno di un
amico.
Passò
il tempo, la natura silente avvolta nell'abbraccio freddo della lunga
notte invernale. Vennero giorni di tempesta, la neve si accumulò
alta intorno a Fynyass, alta al punto da nascondere l'ingresso della
caverna. Poi tornò il sole, basso ma sfolgorante, bianco e crudele,
che abbacinò il mondo col suo riverbero tagliente sulla neve
immacolata. Le alci e i cervi migrarono verso il meridione, i lupi li
seguirono e i cori dei loro ululati si persero lontano dove le notti
invernali erano meno crudeli.
Un
giorno una fanciulla giunse dal Sud. Il fronte della neve recedeva di
fronte a lei, l'erba cresceva verde dove lei aveva camminato. Fynyass
la guardò avvicinarsi, meditabondo.
-E'
già giunto il tuo tempo, Spirito della Primavera?
-E'
giunto-, rispose Erhis.
Fynyass
esitò, volgendo lo sguardo all'ingresso della caverna, nuovamente
visibile ora che la neve si era sciolta.
-Sai
che non è possibile-, disse Erhis dolcemente.
-Fynyass
annuì. -Solo per un volta, una volta soltanto, vorrei che potesse
essere diverso.
-Mi
spiace. Sai già che questa è l'ultima volta che potrai vegliare il
suo sonno?
-Per
questo non ho volto i miei passi a Sud.
E
senza un'altra parola Fynyass se ne andò, facendo ritorno al suo
trono di ghiaccio fra le vette aguzze dei Monti del Nord. E là
seduto, dove il vento scuro del nord del mondo non smette mai di
soffiare, guardando dentro lo specchio ghiacciato di un lago che non
aveva mai conosciuto il disgelo, osservò il suo amico fare ritorno
ai boschi rigogliosi di vita e frutti, aggirarsi per di essi lungo
tutta la primavera, e poi corteggiare una femmina durante la stagione
degli amori, venire ferito in un combattimento estivo con un altro
maschio più giovane di lui. E quando il tempo venne per i salmoni di
risalire il fiume, già mentre l'Autunno, Araldo dell'Inverno,
colorava vivacemente quelle terre, e tutti gli orsi si disponevano
lungo il corso d'acqua per pescare quanti più pesci possibile per
saziarsi prima del lungo sonno invernale, l'orso fu sconfitto da un
altro maschio e scacciato dai luoghi di pesca migliori. Da maschio
dominante decaduto divenne preda per ogni altro maschio, fu ferito e
scacciato sempre più lontano, fino ad essere spinto dove pochi
salmoni arrivavano.
Giunse
il tempo di Fynyass d'essere Re ancora una volta, e il Re d'Inverno
scese dai suoi monti e percorse quello stesso sentiero su cui sempre
incontrava il suo amico. Quell'anno camminò fino alla radura, prima
di incontrarlo. Una pelliccia priva di lucentezza e un mucchio di
ossa. Il sangue rappreso ancora macchiava il pelo scuro. Troppo lunga
la strada fino alla caverna per un vecchio maschio ferito e digiuno.
Fynyass
sosto' vicino ai resti del suo amico, in silenzio, mentre il vento
del nord ululava per lui, strattonandonandogli la veste lacera e
scompigliando la pelliccia dell'orso morto.
-Infine
sei giunto ad un riposo migliore di qualunque io abbia mai potuto
darti, vecchio amico mio.
La
sua voce era lo scricchiolio del rotolare di foglie secche le une
sulle altre. Gli spiriti del ghiaccio volavano folli nell'aria
intorno a lui, mulinelli di vento che sollevavano mucchi di foglie
giallo bruno. Fynyass distolse lo sguardo dai resti dell'orso e
sollevò il capo per guardare lontano, oltre gli alberi e le terre
dopo di essi, oltre altre montagne che si ergevano nel meridione.
-Andiamo
a Sud, amici miei-, disse il Re d'Inverno.
E
l'Inverno marcio' a Sud con lui.
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