Wednesday, 20 November 2013

Fynyass, il Re d' Inverno

Fynyass, il Re d' Inverno


L'orso, un vecchio maschio dal pelo quasi nero, uscì con un'andatura pesante dai cespugli di tasso e mosse qualche passo nella radura. Quindi si fermò ad annusare l'aria. Intorno a lui gli alberi che delimitavano la radura erano per lo più spogli, solo poche foglie gialle restavano sui loro rami. Erano cadute a formare una coltre sull'erba del prato e sui cespugli del sottobosco, un manto giallo oro che andava virando al bruno. Gli odori nel vento freddo erano cambiati, si rese conto l'animale: si erano fatti più deboli e venati di una nota amara, amara come il sapore delle ultime bacche mangiate.
Riprendendo il cammino l'orso attraversò la radura e si reimmerse nel bosco. Il rumore del fiume era ormai da tempo scomparso alle sue spalle. Il fiume stesso era ormai un ricordo sbiadito, qualcosa legato alla sazietà, alla bocca piena del sapore del pesce. Il ricordo di una necessità soddisfatta.
Era oramai ai piedi del monte, un gigante coperto di fitti boschi di abeti scuri, il cui odore di resina ancora riempiva l'aria, quando il vento prese a soffiare in raffiche irregolari, violente e sempre più fredde. Chinando il capo contro una raffica più forte delle altre, l'orso si fermò in attesa. E dopo pochi istanti una figura alta e scura giunse lungo la pista che l'orso stesso stava percorrendo. Muovendosi silenziosa, l'alta figura avvolta in un lacero mantello con cappuccio, avanzò fino a fermarsi di fronte all'orso. Una mano scarna, quasi scheletrica, si allungò a toccare la testa del grande animale.
-Ben ritrovato, vecchio amico-, disse Fynyass, la sua voce soffice come la neve che cade, potente come lo stridere di due ghiacciai uno contro l'altro.
L'orso lo guardò con occhi acquosi, mentre la mano bianca e fredda scorreva lenta lungo una grande cicatrice sulla sua fronte.
-Ricordo bene quando ti sei guadagnato questa: troppo giovane per insidiare l'allora maschio dominante.
"Un altro anno di lotte è finito. Ti porto un poco di riposo, amico mio.
Forse Fynyass sorrise, nell'ombra del suo cappuccio, ma il volto era completamente celato. L'orso lo fissò per un poco, con occhi inespressivi, quindi aggirò Fynyass e proseguì nel suo cammino. Fynyass attese per un poco, quindi si incamminò dietro di lui.
Procedettero a passo regolare fra i contrafforti del monte, col terreno che a tratti si inclinava ripidamente. Una valle si aprì davanti a loro, fianchi scoscesi coperti da prati ingialliti da cui emergevano enormi massi smussati dalle intemperie e coperti di licheni verde scuro, sostituiti poco più in alto da abeti cresciuti fitti sotto cui funghi imbruniti dai primi geli zigzagavano in lunghe file che si perdevano nell'ombra.
Infine giunsero all'ingresso di una caverna, una fessura stretta, come una ferita scura nella terra fredda. L'orso indugiò all'ingresso della caverna, voltandosi a guardare Fynyass.
-Vai pure, amico mio. Ti sei guadagnato un lungo sonno ristoratore.
L'orso emisse un verso che poteva essere un sospiro, quindi si addentrò nella caverna e scomparve. Fynyass raggiunse un masso vicino all'ingresso, si aggiustò la spada di ghiaccio al fianco e si sedette.
E lì stette, fino al calar della notte, immobile mentre una luna a metà ballava bianca sulla foresta, e poi al mattino coperto di brina. Le stelle corsero nella volta celeste la notte successiva, e poi al mattino le nubi nascosero il sole. Fynyass sedette là, sul masso, vegliando il sonno del suo amico, mentre il vento soffiava e la neve cadeva. Gli spiriti servitori scesero dai monti delle nevi eterne e lo chiamarono.
Andiamo a Sud, voci perse nel vento dicevano.
-No-, rispondeva Fynyass.
Portiamo l'Inverno a Sud, scendiamo fino alle Porte dell'Estate.
-Non quest'anno.
I Feroci sono nuovamente forti, sui Monti di Carnach, pronti a devastare le Terre Basse. Ad un tuo ordine costruiranno un carro per te con le ossa dei loro nemici, perché tu possa arrivare fino ai Tumililande. Faremo ghiacciare le acque del fiume e del mare e intrappoleremo le navi di Rajkapur.
Fynyass scosse la testa.
-Non quest'anno-, ripeté.
Andiamo a riprenderci cio' che era nostro. Copriamo di neve le terre oltre il mare. Schiacciamo il Marciatore, seppelliamo nel ghiaccio il Leone dell'Estate!
-Basta! Per quest'anno le genti del Sud avranno un inverno mite.
E là rimase Fynyass, seduto su quel masso, a vegliare il sonno di un amico.
Passò il tempo, la natura silente avvolta nell'abbraccio freddo della lunga notte invernale. Vennero giorni di tempesta, la neve si accumulò alta intorno a Fynyass, alta al punto da nascondere l'ingresso della caverna. Poi tornò il sole, basso ma sfolgorante, bianco e crudele, che abbacinò il mondo col suo riverbero tagliente sulla neve immacolata. Le alci e i cervi migrarono verso il meridione, i lupi li seguirono e i cori dei loro ululati si persero lontano dove le notti invernali erano meno crudeli.

Un giorno una fanciulla giunse dal Sud. Il fronte della neve recedeva di fronte a lei, l'erba cresceva verde dove lei aveva camminato. Fynyass la guardò avvicinarsi, meditabondo.
-E' già giunto il tuo tempo, Spirito della Primavera?
-E' giunto-, rispose Erhis.
Fynyass esitò, volgendo lo sguardo all'ingresso della caverna, nuovamente visibile ora che la neve si era sciolta.
-Sai che non è possibile-, disse Erhis dolcemente.
-Fynyass annuì. -Solo per un volta, una volta soltanto, vorrei che potesse essere diverso.
-Mi spiace. Sai già che questa è l'ultima volta che potrai vegliare il suo sonno?
-Per questo non ho volto i miei passi a Sud.
E senza un'altra parola Fynyass se ne andò, facendo ritorno al suo trono di ghiaccio fra le vette aguzze dei Monti del Nord. E là seduto, dove il vento scuro del nord del mondo non smette mai di soffiare, guardando dentro lo specchio ghiacciato di un lago che non aveva mai conosciuto il disgelo, osservò il suo amico fare ritorno ai boschi rigogliosi di vita e frutti, aggirarsi per di essi lungo tutta la primavera, e poi corteggiare una femmina durante la stagione degli amori, venire ferito in un combattimento estivo con un altro maschio più giovane di lui. E quando il tempo venne per i salmoni di risalire il fiume, già mentre l'Autunno, Araldo dell'Inverno, colorava vivacemente quelle terre, e tutti gli orsi si disponevano lungo il corso d'acqua per pescare quanti più pesci possibile per saziarsi prima del lungo sonno invernale, l'orso fu sconfitto da un altro maschio e scacciato dai luoghi di pesca migliori. Da maschio dominante decaduto divenne preda per ogni altro maschio, fu ferito e scacciato sempre più lontano, fino ad essere spinto dove pochi salmoni arrivavano.
Giunse il tempo di Fynyass d'essere Re ancora una volta, e il Re d'Inverno scese dai suoi monti e percorse quello stesso sentiero su cui sempre incontrava il suo amico. Quell'anno camminò fino alla radura, prima di incontrarlo. Una pelliccia priva di lucentezza e un mucchio di ossa. Il sangue rappreso ancora macchiava il pelo scuro. Troppo lunga la strada fino alla caverna per un vecchio maschio ferito e digiuno.
Fynyass sosto' vicino ai resti del suo amico, in silenzio, mentre il vento del nord ululava per lui, strattonandonandogli la veste lacera e scompigliando la pelliccia dell'orso morto.
-Infine sei giunto ad un riposo migliore di qualunque io abbia mai potuto darti, vecchio amico mio.
La sua voce era lo scricchiolio del rotolare di foglie secche le une sulle altre. Gli spiriti del ghiaccio volavano folli nell'aria intorno a lui, mulinelli di vento che sollevavano mucchi di foglie giallo bruno. Fynyass distolse lo sguardo dai resti dell'orso e sollevò il capo per guardare lontano, oltre gli alberi e le terre dopo di essi, oltre altre montagne che si ergevano nel meridione.
-Andiamo a Sud, amici miei-, disse il Re d'Inverno.

E l'Inverno marcio' a Sud con lui.

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