Dormi, piccola mia, le foglie frusciano
E gli alberi ti sussurrano da fuori della finestra,
Il vento che attraversa i rami ti racconta di domani.
Adesso chiudi i tuoi occhi e in un momento dormirai,
Nei tuoi sogni puoi sentire il quieto respiro della Terra,
La madre dei fiori protegge il tuo riposo.
La loro canzone risuona così saggia
Dalle ere delle ere,
Cullati al ritmo gentile del tuo cuore.
La luna è nel cielo,
Le nubi sono di passaggio
E le stelle luccicano solo per te.
Circa
70.000 anni fa, l' Homo
sapiens
lasciò la sua culla di origine nell' Africa dell'Est in una
migrazione che lo portò inizialmente sulla Penisola Arabica. Da lì
cominciò a spargersi in nuove terre della massa Eurasiatica e a
colonizzarle. Quelle terre erano già abitate da altre razze umane,
fra le quali la più nota a noi era quella dei Neaderthal, insediati
in gran parte d'Europa e del Medio Oriente. Quando Sapiens e
Neanderthal vennero in contatto, dopo millenni di separazione, il gap
genetico fra le due razze era già incolmabile e l'interbreeding
impossibile se non in casi eccezionali. Nei millenni seguenti i
Sapiens rimpiazzarono i loro fratelli nell'intero globo terrestre, in
parte assorbendo le altre razze. Tale sostituzione, però, avvenne
principalmente in un più traumatico modo, scrivendo una storia di
incompatibilità, repulsione e, infine, genocidio.
Marton
fu svegliato di soprassalto dal grido di sua figlia Bianka. Senza
neanche rendersene conto corse fuori della camera, al buio, a piedi
scalzi. L'urlo si ripeté mentre lui letteralmente volava per il
corridoio e apriva la porta della cameretta. Un terzo urlo iniziò
nel momento in cui le sue dita si posavano sull' interruttore della
luce. Sua figlia era seduta sul letto, le lenzuola un groviglio
intorno alle gambe, gli occhi sbarrati e la gola tesa nel gridare, la
bocca spalancata. Un'occhiata veloce non rivelò niente di strano e
tanto meno pericoloso nella cameretta. La paura slittò in un meno
eccitato stato di preoccupazione, mentre si avvicinava al letto e la
piccola smetteva di gridare per riprendere fiato.
-Amore?
Che succede?- chiese dolcemente alla bambina. -Un incubo?
Sedendosi
sul bordo del letto allungò una mano.
-Calma,
piccola. C'è papà con te.
Gli
occhi sbarrati della bambina si puntarono su di lui e un nuovo grido
esplose dalla piccola bocca spalancata.
-Via!
Lasciami! Lasciami!- urlò istericamente la bambina, colpendo la mano
protesa del padre e cercando di allontanarsi da lui, ma impedita nel
tentativo dalle lenzuola che le avvolgevano le gambe.
Colto
di sorpresa Marton si ritrasse, ed in quel momento si sentì
afferrare per una spalla. -Scostati!- gli sibilò nell' orecchio sua
moglie con tono duro, strattonandolo per farlo alzare dal letto.
Sentendosi peggio che se fosse stato preso a schiaffi, Marton fece
spazio a sua moglie Nora e si ritirò sulla porta, da dove rimase a
guardarla abbracciare la figlia e parlarle mentre la stringeva in un
abbraccio. Quando l' urlo si spense la bimba prese dei respiri in
singulti, che divennero ben presto i singhiozzi di un pianto dirotto.
In
quel momento Marton si sentì tirare per la manica del pigiama.
Guardando in basso incontrò gli occhi perplessi di suo figlio.
-Noel,
mi spiace tu ti sia svegliato.
-Che
cos' ha Bianka?- chiese il bambino.
-Ha
avuto un incubo, niente di grave. Le passerà.
-Anch'
io ho fatto un sogno.
-Hai
avuto un incubo anche tu?
Noel
strinse le labbra, con espressione concentrata, quindi scosse la
testa.
-Era
un bel sogno, allora.
Noel
abbasso' gli occhi per un attimo, pensandoci ancora. Poi scosse la
testa nuovamente, mentre rialzava gli occhi ad incrociare lo sguardo
del padre. -C'era una bambina-, disse.
Marton
sorrise, posando una mano sulla testa del figlio ed arruffandogli i
capelli. -Se c'era una bambina, allora vale sicuramente la pena di
riprendere il sogno. Vieni.- E con un ultimo sguardo a Nora che
ancora stava cullando la piccola, sospinse Noel su per il corridoio.
-Era
strana-, disse Noel.
-Strana?
-La
bambina.
-La
bambina del sogno era strana? A volte capita che ciò che sogniamo
sia strano.
“Dai,
torna a letto e rimettiti a dormire, peste.
Marton
guardò suo figlio mettersi a letto e tirarsi le coperte fin sopra il
mento.
-Chiudi
gli occhi.
Noel
chiuse gli occhi, strizzandoli. Con un sorriso Marton spense la luce
e tornò indietro. Nora lo intercettò appena fuori della porta della
camera di Bianka.
-Scusa
per prima-, gli sussurrò. -Ma la tua presenza la spaventava di più.
Non ti aveva riconosciuto.
Lui
sorrise. -Non c'è problema. Bianka si è calmata?
-Solo
un poco.- La voce di lei suonò preoccupata. -Passo il resto della
notte con lei, se non ti dispiace. Non sono riuscita a farmi dire
cosa abbia sognato. E mi sa che domani la tengo a casa.
-D'
accordo-, annuì Marton.
-Posso
stare a casa anche io, domani?- chiese Noel dalla porta di camera
sua.
Marton
e Nora si girarono verso di lui.
-No,
peste-, gli rispose Marton con un sorriso. -Tu andrai a scuola
regolarmente. Perciò torna a letto, ora.
Con
uno sbuffo Noel si girò per tornare in camera.
-Andresti
a scaldare un bicchiere di latte per Bianka?- chiese Nora.
-Certo.
-Anch'io
voglio il latte!- esclamò Noel.
-Va
bene, peste! Però torna a letto.
Marton
scese in cucina, cominciando a sentirsi assonnato, ora che l'
adrenalina prodotta dallo spavento aveva esaurito il suo effetto.
Inciampando a metà strada raggiunse il frigorifero, prese la
bottiglia del latte e ne versò in due bicchieri che mise insieme nel
microonde. Mentre il latte si scaldava prese il barattolo del miele
ed un cucchiaio; al suono del campanello del microonde aprì lo
sportello e, con gli occhi che gli si chiudevano per il sonno, mise
un cucchiaio di miele in ciascun bicchiere. Lasciò cadere il
cucchiaio nel lavandino, prese i bicchieri e tornò al piano di
sopra, la bottiglia del latte dimenticata sul piano della cucina.
Avvicinandosi
alla camera di Bianka udì sua moglie cantare alla bimba una ninna
nanna.
Dormi,
piccola mia, le foglie frusciano
E
gli alberi ti sussurrano da fuori della finestra,
Il
vento che attraversa i rami ti racconta di domani.
Adesso
chiudi i tuoi occhi e in un momento dormirai.
Fermo
fuori della porta Marton rimase ad ascoltare la voce di sua moglie,
un sorriso assonnato appena accennato sulle labbra.
Nei
tuoi sogni puoi sentire il quieto respiro della Terra,
La
madre dei fiori protegge il tuo riposo.
La
loro canzone risuona cosi' saggia
Dalle
ere delle ere,
Cullati
al ritmo gentile del tuo cuore.
La
luna e' nel cielo,
Le
nubi sono di passaggio
E
le stelle luccicano solo per te.
In
silenzio, dalla soglia della camera, fece un cenno col bicchiere del
latte a sua moglie. Nora si alzò dal letto e andò a prendere uno
dei bicchieri.
-Grazie-,
disse piano, baciandolo lievemente sulle labbra. -Chiudi la porta,
per favore.
Marton
annuì e, dopo aver chiuso la porta, si diresse in camera di Noel.
-Ecco
il latte, peste-, annunciò entrando.
Noel
rispose con un grugnito e si girò su un fianco, profondamente
addormentato.
-Appunto.
Facendo
spallucce spense la luce e, sorseggiando il latte, tornò al suo
letto.
Il
loro odore era diverso. Rimase a guardare la donna seduta sotto un
albero che cullava la bambina in lacrime. La donna si rifiutava di
guardare nella sua direzione, piegata sul corpo rattrappito della
bambina, ondeggiando avanti e indietro.
La
loro bocca era più grande del normale, il naso largo alla base; la
fronte era sfuggente e i capelli neri invece che marroni. Ma più
importante di tutto, il loro odore era... sbagliato. Per questo aveva
colpito la bambina con un bastone, ferendola sulla fronte. La piccola
era corsa dalla madre col sangue che le grondava sul viso.
-Stai
attento.- Sentendo la voce di suo padre alzò gli occhi.-La donna è
molto forte.
Lui
annuì, poi tornò a guardare la donna e sua figlia.
Stesa
di fianco a Bianka, Nora la sentì agitarsi nel sonno. Un flebile
gemito sfuggì dalle labbra della bambina. Istintivamente la
abbracciò, stringendola a sé. La bimba si agitò ancora un poco
nell' abbraccio, come a volersi divincolare, poi emise un rumore come
se stesse annusando e si placò. Il respiro divenne regolare. Gli
occhi di Nora si chiusero piano piano ed anche lei cadde in un sonno
profondo, chiedendosi se veramente sua figlia l'avesse annusata e
riconosciuta dall' odore.
-Tu
no mannu!- La voce di sua madre era piena di rabbia.
-Stupida
femmina! Quella bambina dimostra che sono uomo abbastanza!
Avvolta
nell'abbraccio della madre, sentì l'uomo allontanarsi. Il dolore
alla testa era meno intenso, ma pulsante. Poi sua madre cominciò a
cantare, in una lingua che non era la lingua della tribù. Non capiva
le parole, ma delle immagini si formavano nella sua mente. I rami
degli alberi ondeggiavano nel vento, e il suono delle foglie che
sfregavano fra di loro era come se lo udisse con le sue orecchie.
Udiva anche un respiro calmo e profondo, e sapeva che era il respiro
della Terra. Il suo respiro prese il ritmo di quello della Terra e
lentamente si addormentò.
*
* *
Noel
giocava nella sua stanza. Due serie di miniature d' auto si
fronteggiavano dalle due estremità del tappeto steso ai piedi del
letto. Quelle rosse, le più numerose per colore, da un lato; tutti
gli altri colori dall' altro a formare un diverso schieramento che
superava in numero lo schieramento rosso quasi per due a uno. A turno
ne faceva avanzare una di ogni schieramento e simulava uno scontro
frontale. Era un gioco che ripeteva quasi quotidianamente. Cercava di
essere imparziale, nel decidere quali automobiline dovessero uscire
vincitrici dagli scontri, ma immancabilmente la vittoria finale era
dello schieramento rosso.
Improvvisamente
Noel si immobilizzò, lo sguardo fisso sulla trama del tappeto, le
orecchie tese in ascolto. C'erano delle voci... alcune di adulti,
molto lontane, e quella di una bambina. C'era del vento, e la voce
della bambina non era chiara. Noel sollevò la testa, poi, alzatosi
in piedi, uscì di camera e raggiunse quella di sua sorella. La porta
era socchiusa, e lui mise la testa dentro, per vedere se fosse stata
Bianka a chiamarlo. Ma Bianka dormiva. Un sonno agitato: girava la
testa a destra e sinistra, mentre braccia e gambe si contraevano
irregolarmente.
Con
sguardo pensieroso Noel tornò in camera sua.
Il
gruppo di uomini stava seduto vicino alle tende. Parlavano, ridevano,
uno era arrabbiato. La sua rabbia faceva ridere gli altri ancor di
più. Intimorita si allontanò. Le figure minacciose degli uomini
vennero quasi subito dimenticate e lei cominciò a cantare in un
mormorio la nenia che sua madre le cantava sempre per farla dormire.
La sua mente era concentrata sull' erba sotto i piedi nudi, sul
profumo dei fiori dai cespugli che nell' arco di due o tre lune
avrebbero portato gustose bacche rosse.
Improvvisamente
il bambino sbucò da dietro i cespugli. Spaventata balzò indietro,
ma lui non si mosse. Rimaneva fermo a guardarla, annusando l'aria.
Non aveva il bastone con sé, ma il ricordo del giorno precedente la
faceva ancora tremare. Poi vide sua madre comparire in lontananza,
con un carico di legna sulle spalle, e corse da lei.
-Mamma!
Guarda cosa ho disegnato!- strillò Noel quando sua madre entrò in
camera.
Nora
gli sorrise, guardandolo seduto alla sua piccola scrivania, il
pigiama indosso e i piedi scalzi dondolanti a dieci centimetri dal
pavimento.
-Fammi
vedere-, disse scavalcando le automobiline sparpagliate ovunque.
Il
bambino, tutto serio, le passò un foglio A4. Nora lo prese e lo
guardò con attenzione. Sulla destra, alcuni uomini vestiti di pelli
marroni sedevano in gruppo davanti a quelle che dovevano essere delle
tende. Anche i loro capelli erano marroni. A sinistra, due figure
differenti si tenevano per mano: una donna e una bambina, a giudicare
dai capelli lunghi, vestite di pelli nere e coi capelli pure neri.
Madre e figlia, giudicò Nora. Tra la donna e la bambina e il gruppo
di uomini stava un' altra figura vestita di marrone, con in mano un
bastone alzato per colpire. Come a voler scacciare la donna e la
bambina. Nora corrugò la fronte. Non le piaceva quando suo figlio
disegnava scene di violenza o faceva giochi violenti. Poi notò le
scritte sotto le figure. Uomini,
sotto il primo gruppo. Neandertal,
senza la h,
sotto le figure di madre e figlia. Ma fu la scritta sotto la figura
solitaria che impugnava il bastone che la scosse. Noel.
Nora trattenne il respiro, ma si sforzò di affrontare la cosa
lucidamente.
-Chi
sono questi uomini?-chiese.
-Una
tribù-, rispose senza esitazioni il bimbo, e con un tono che
indicava che per lui il termine era sufficiente a definire il gruppo
senza bisogno di altri dettagli.
-Una
tribù di uomini primitivi?
-Una
tribù di uomini.
Nora,
dopo una breve pausa, chiese ancora: -Una tribù di soli uomini?
-No,
ci sono anche le donne. Ma nel disegno non si vedono.
Nora
annuì.
-E
la donna con la bambina? Non sono parte della tribù?
-No.
Sono neandettal.
-Come
sai che sono Neanderthal?
-L'ho
studiato a scuola. C'è una foto sul libro di storia.
-Una
foto? Vuoi dire un disegno.
-No,
una foto. L'ho fatta vedere anche a Bianka. Lei si è spaventata.
-E
tu perché sei nel disegno?
-Io
sono un membro della tribù.
Nora
fissò il figlio negli occhi, che ricambiò lo sguardo in silenzio,
senza battere ciglio.
-E
perché hai il bastone alzato? Vuoi mandare via i Neanderthal?
-Voglio
ucciderli.
-Cosa!?
Noel, ma cosa stai dicendo?! Perché vuoi ucciderli?- Nora era
sconvolta.
-Sono
diversi.
-Che
significa “sono diversi”?!
-Il
loro odore è diverso.
-Il
loro...?- Nora fissò suo figlio a bocca aperta. Fece un respiro per
calmarsi, poi disse: -E quando mai hai annusato un Neanderthal, tu?
Che poi neanche distingui l' odore dell' arrosto di pollo da quello
di maiale!
“Ora
basta con questi discorsi. Non è bello parlare di uccidere.
-Neanche
se sono diversi?
-Neanche
se sono diversi. Ascolta-, disse Nora piegandosi a carezzare la testa
del bambino e posando il disegno sulla scrivania, -hai fatto un
bellissimo disegno. Ma usare un bastone anche solo per picchiare un'
altra persona non è bello. Non parliamo poi di uccidere qualcuno.
Domani voglio che tu faccia un altro disegno, lo farai per me. Un
disegno in cui tu, gli uomini della tribù e la donna Neanderthal con
sua figlia giocate tutti insieme. Me lo fai questo disegno, domani?
Noel
guardò sua madre negli occhi e annuì. Nora gli sorrise.
-Grazie.
Adesso fila a letto.
Quando
Nora scese in cucina, suo marito la accolse da dietro una rivista che
stava leggendo seduto a tavola di fronte ai resti della cena.
-C'è
un interessante articolo-, disse Marton. -Pare che dall'1 al 4 per
cento del nostro DNA corrisponda a quello dei Neanderthal. Degli
scienziati hanno fatto una mappatura del genoma dei Neanderthal e di
quello delle popolazioni d'Europa e del Medio Oriente, e pare che ci
sia stata qualche mescolanza fra Neanderthal e Sapiens.
-Oggi
vanno di moda i Neanderthal, a quanto pare-, lasciò andare Nora in
tono fintamente piccato. Ma una nota nel suo tono diceva che quella
finzione era solo una pretesa.
-Eh?!
Nora
scosse la testa, sorridendo. -Noel mi ha appena mostrato un disegno
con degli uomini primitivi. Una tribù di Sapiens, direi, e poi una
donna e una bambina che lui dice essere Neanderthal.
Marton
annui. -E in quale modo questo ti ha sconvolta? Hai la faccia
sconvolta, quindi non negare.
-Noel
ha disegnato anche se stesso fra i Sapiens-, disse Nora con un
sospiro. -Con un bastone in mano. Per uccidere i Neanderthal.
-Per
uccidere i Neanderthal?!
-Esatto-,
sospirò lei, annuendo al marito. -Me lo ha detto lui. Ucciderli
perché sono diversi.
-Wow!
Sono senza parole.
“Però
non mi pare una cosa così grave.
-Che
nostro figlio parli di uccidere qualcuno non è grave? Ma cosa dici!
-Dico
che Noel non ha neanche sette anni, che a scuola gli stanno spiegando
dei Sapiens e dei Neanderthal e di come i Sapiens hanno preso il
dominio del pianeta. Gli avranno detto che le due razze hanno
combattuto una guerra, et voilà, ecco i suoi discorsi sull'
uccidere.
Nora
scosse la testa. -Non sei minimamente preoccupato, tu.
-Onestamente,
no. Credo tu stia facendo la cosa più grave di quello che è.
-Comunque
gli ho chiesto di farmi un altro disegno, domani. Uno in cui i
Sapiens e i Neanderthal sono amici.
Marton
spalancò gli occhi e si strinse nelle spalle. -Non pare che le cose
siano andate proprio così, ma... okay.
-Pff!-
sbuffò Nora. -Fammi vedere questo articolo così interessante.- E
sfilandogli la rivista dalle mani gli si sedette in grembo.
-Ahahah!
Devi avere un po' del loro sangue, tu!
-Smetti!
Altre
risate si unirono al coro. La rabbia di suo padre divertiva gli altri
uomini.
-Sei
l'unico che ha avuto una figlia da una come lei. Dovete essere
simili.
-Sono
l'unico abbastanza uomo da averne ingravidata una!
Se
ne andò, per non vedere suo padre arrabbiato. Camminando senza meta
ai margini dell'accampamento, sentì la bambina cantare. Un canto
senza parole. Lo stesso canto della donna. C'era qualcosa di strano
in quel canto, come se fossero più voci sovrapposte, lontane e
stranamente in armonia fra loro. Si fermò in attesa e, dopo un
attimo, attraverso i cespugli vide la bambina. Camminava da sola,
strusciando i piedi nell'erba. Pareva cantasse ai fiori. Il suono
della sua voce era rilassante. Ma nel momento stesso in cui l' odore
di lei lo raggiunse sentì i peli del suo corpo rizzarsi. La bellezza
del canto scomparve e davanti a sé vide solo un animale pericoloso
nella sua diversità. Uscì da dietro i cespugli.
La
bambina si ritrasse spaventata, lo fissò con occhi sgranati, poi si
lanciò di corsa in direzione di sua madre.
Diversa.
Il suo odore rimase a sporcargli le narici, mentre rabbia e paura si
mescolavano nel suo ventre.
Marton
entrò in camera di suo figlio. La piccola lampadina posizionata
sulla scrivania, che tenevano accesa tutta notte, sprigionava una
luce soffusa che arrivava fino al letto.
-Papà...-
mormorò Noel, semiaddormentato e aprendo a metà un occhio. -C'è
una bambina che canta...
Poi
Noel sprofondò nuovamente nel sonno.
Marton
raggiunse la scrivania, curioso di vedere il disegno che aveva
sconvolto sua moglie. Quando lo vide inspirò l'aria per la sorpresa.
Le figure della donna e della bambina erano state cancellate con una
croce rossa e ridisegnate stese in terra, le braccia e gambe
allargate, gli occhi spalancati e il sangue che fluiva dai loro
crani. Il bastone che la figura rappresentate Noel stringeva in mano
adesso era tutto rosso.
Marton
rivolse uno sguardo preoccupato a suo figlio. Prese il foglio col
disegno e piegatolo in quattro se lo mise nella tasca posteriore dei
pantaloni. Meglio che Nora non vedesse come Noel aveva modificato il
disegno dopo che lei era scesa in cucina. E l' indomani doveva
ritagliarsi un paio di ore libere per lasciare l' ufficio ed andare a
parlare con lo psicologo della scuola di Noel.
Posseduto
da una decisione che non aveva mai provato prima di allora, attese
nascosto che la bambina, distratta dai suoi giochi, gli arrivasse
vicino. Rafforzando la sua presa sul bastone inspirò profondamente
e, con un grugnito e la bocca distorta da un ringhio d'odio, si
lanciò fuori dai cespugli. Il bastone si alzò ed abbassò, senza
che la bambina facesse in tempo a gridare. Gridò quando il bastone
colpì il suo braccio sollevato a intercettare il colpo,
l'espressione di stupore spazzata via e sostituita da una di dolore.
-Muori!-
gridò con rabbia, sollevando ancora il bastone in un movimento goffo
e raggiungendo solo parzialmente col colpo successivo la bambina che
stava cadendo.
Il
pianto e le urla della bambina si mescolarono ai suoi grugniti mentre
tornava a colpirla un'altra volta, impattando parzialmente col
terreno la punta del bastone. Lo sollevò ancora sopra la testa per
sferrare una quarta bastonata, questa volta distanziandosi
correttamente con un passo all'indietro. Ma quando fu il momento di
lasciare andare il colpo le sue braccia non si mossero, come se
stesse tentando di muovere un albero e non un bastone. Una frazione
di secondo dopo l' arma fu strappata con forza dalla sua presa,
ferendogli il palmo delle mani. Si voltò senza capire, giusto in
tempo per vedere il manrovescio della donna che lo centrò in pieno
viso, sollevandolo da terra e catapultandolo ad un metro di distanza.
Per
un po' vide tutto nero, poi la vista tornò chiara e vide la donna
china sulla figlia piangente. Un attimo dopo suo padre piombò su di
lei, colpendola al viso con una ginocchiata. La donna rotolò sulla
schiena, ma prima che suo padre potesse esserle sopra si era già
rialzata su un ginocchio e lo colpì allo stomaco con una spallata. I
due rotolarono a terra, colpendosi e mordendosi a vicenda. Si
divisero e rialzarono, suo padre sferrò un pugno alla donna e la
colpì su un orecchio. Lei, quasi insensibile al pugno, reagì
spingendolo con entrambe le mani e scaraventandolo a terra. Vicino al
bastone. Suo padre lo afferrò e piombò sulla donna, ferma ad
aspettarlo, sferrandole un violento colpo che la prese al fianco
sinistro. Con un verso strozzato, non dissimile da quello di alcuni
animali nel momento in cui venivano abbattuti durante la caccia, la
donna cadde a terra, inerme.
Lo
scontro era finito.
Suo
padre piantò i piedi a terra, ben larghi, ed alzò il bastone sopra
la testa, pronto a finire la donna boccheggiante distesa davanti a
lui. Una sensazione di esultanza gli pervase il petto. Poi vide i
muscoli sulla schiena di suo padre rilassarsi ed il bastone
abbassarsi lentamente. Suo padre si voltò verso di lui.
-Vai
a prendere la corda.
Lui
capì subito a quale corda suo padre si riferisse. Annuì, si sollevò
da terra e corse verso la tenda, passando di corsa fra gli altri
membri della tribù che avevano assistito da lontano ed ora si
avvicinavano lentamente.
Quando
tornò indietro con la corda di fibre vegetali intrecciate terminante
in un cappio, la bambina era strisciata da sua madre e la
abbracciava, piangendole su una spalla; la donna aveva passato un
braccio intorno alla piccola, con fare protettivo. Suo padre stava
ancora dove lui lo aveva lasciato e stava parlando con altri due
uomini.
-Domani
la porto dalla tribù del lago-, gli sentì dire prima che,
vedendolo, si interrompesse e gli facesse segno con la mano di
passargli la corda.
Gliela
prese di mano bruscamente, lasciò cadere il bastone e si avvicinò
alla donna, facendole scivolare il cappio intorno al collo. Quindi
dette uno strattone per stringerlo, strappando alla donna un grugnito
soffocato. Un secondo strattone le tirò la testa all'indietro e
dette il via ad un accesso di tosse, mentre le mani cercavano
freneticamente di allentare la fune.
-Vieni!-
le ordinò suo padre quando fu nuovamente in grado di respirare a
sufficienza e tendendo appena la corda. La donna si alzò a fatica,
stringendosi il fianco, e lo seguì docilmente, a capo chino. La
bambina, sempre piangendo, si aggrappò alla veste della madre ed
andò con lei.
*
* *
Chiudendo
la portiera della macchina con un gesto stanco Marton alzò lo
sguardo verso la finestra illuminata della cucina. Avranno
già finito di cenare,
pensò sconsolato, e si avviò lungo il marciapiede. L' incontro con
lo psicologo della scuola non lo aveva lasciato soddisfatto. In
compenso, a causa di quelle due ore che aveva speso per andare alla
scuola e parlare col dottore, era stato costretto a fare tardi in
ufficio.
-Sei
arrivato, finalmente-, disse sua moglie con un sorriso mesto quando
lui entrò in cucina. -Cos'è successo?
-Poi
ti spiego-, rispose lui stancamente. -Fammi mandare giù un boccone,
prima. Sto morendo di fame.
-Certo.
-Ciao,
amore-, disse a Bianka chinandosi a darle un bacio sulla fronte.
-Come stai?
-Uuh-,
fu l' unica risposta che ottenne, mentre la bimba gli passava i
braccini intorno al collo e lo baciava su una guancia.
La
notte precedente Bianka aveva avuto un altro incubo, costringendo
Nora a passare il resto della notte con lei una volta ancora.
L'avevano tenuta a casa di nuovo, ma non pareva averle giovato molto,
a giudicare dalla sua cera.
-Ciao,
peste-, disse a Noel quando Bianka lo svincolò dall' abbraccio.
Noel,
che fino a quel momento non aveva proferito parola ed era rimasto
tutto il tempo guardare nel piatto, alzò gli occhi verso di lui.
-Ciao.
-Come
stai?
-Bene.
-Com'è
andata a scuola?
-Bene.
-Tutti
di poche parole, stasera-, commentò Marton annuendo a se stesso.
-Ecco
la tua cena. Io porto i bambini a letto.
Marton
le fece un cenno affermativo, mentre prendeva posto a tavola. La
guardò prendere Bianka in braccio e dire a Noel di precederla su per
le scale. Il momento successivo a quello in cui i tre scomparvero al
piano di sopra si tuffò sul cibo, finendolo senza neanche rendersi
conto di cosa stesse mangiando.
Quando
Nora tornò in cucina stava sorseggiando un bicchiere di vino,
rilassato contro lo schienale della sedia, il braccio sinistro che
gli penzolava al fianco e lo sguardo fisso nel nulla.
-Allora,-
esordì Nora, -spiegami adesso.
-Sei
sicura che Noel dorme?
-Mi
stai facendo preoccupare. Certo che dorme.
Marton
annuì.
-Sono
stato a parlare con lo psicologo della sua scuola, questa mattina,
per questo poi ho dovuto fare tardi in ufficio.
-Con
lo psicologo? E perché mai?
-Per
il disegno che Noel ha fatto ieri.
-Sei
andato a parlare col suo psicologo per il disegno? Ma non ero io
quella che stava prendendo la cosa troppo seriamente?
Marton
sospirò, e dopo aver bevuto un altro sorso di vino, disse: -Dopo che
lo hai lasciato solo in camera, ieri sera, Noel ha cambiato il
disegno.
Dato
che Nora lo fissava senza capire, Marton posò il bicchiere sul
tavolo e, dalla tasca posteriore dei pantaloni, prese il disegno di
suo figlio. Il foglio era piegato in quattro: lo aprì e dispiegò
con attenzione, e dopo avergli dato un' ultima occhiata lo passò a
sua moglie. Nora lo prese con entrambe le mani, lo fissò a lungo,
quindi rivolse uno sguardo inorridito a Marton.
-Ma
come...?
Marton
si strinse nelle spalle. -Lo psicologo ha ribadito più volte che
probabilmente non significa niente. E' normale che i bambini passino
fasi del genere, ha detto. Però mi ha fatto un sacco di domande, ed
alcune mi hanno lasciato un bel po' perplesso.
-Che
domande?
-Mi
ha chiesto se Noel avesse fatto altri disegni simili, se ci fossero
stati episodi di violenza con altri bambini o meglio bambine e in
particolare con la sorella. E... se avesse mai ucciso degli animali.
-Ucciso
degli animali!?- Il tono di Nora era passato dall' inorridito all'
offeso. -Violenza contro altre bambine o la sorella? Ma di cosa
stiamo parlando?
-Ha
detto che, essendo comparso tutto all'improvviso, sicuramente non è
niente altro che la riproduzione di qualcosa che ha visto o sentito.
“Però
mi ha consigliato di portarlo da uno specialista. Mi ha dato il
numero di un suo collega.
-Mpff!
Certo. Qui si sta esagerando. E poi, se devo dirla tutta, mi
preoccupano di piu' gli incubi di Bianka.
-Sei
riuscita a farti dire che cosa sogna?
Nora
scosse la testa. -Si rifiuta di dire una singola parola al riguardo.
-Anche
Noel ha detto di aver fatto dei sogni. Ha sognato una bambina, dice.
Chissà se le cose sono collegate.
-E
come potrebbero esserlo?- mormorò Nora.
Sua
madre era stanca. Lo capiva dal suo passo e dalle spalle basse. Più
stanca di lei. Sentiva dolore. L'uomo la strattonava con la corda, di
tanto in tanto, anche se lei non rimaneva indietro. Avevano camminato
tutto il giorno ed ora stavano percorrendo un sentiero lungo le rive
di un grande lago. Del fumo di levava da dietro gli alberi e voci
arrivavano da lontano al suo udito fino.
Infine
il sentiero uscì dal bosco e, su un lungo tratto di riva
completamente spoglia, un villaggio si rivelò alla vista. Per lo più
erano tende, ma c'erano anche alcune case di tronchi legati con
corde, molte delle quali costruite sull'acqua e sorrette da robusti
pali. C'erano donne e bambini, e molti cani. Il branco, non appena
annusò i nuovi arrivati, si lanciò di corsa verso di loro, latrando
e ringhiando. Gli uomini del gruppo li tennero a distanza coi bastoni
delle loro lance, ed un paio più aggressivi nei confronti suoi e di
sua madre provarono anche le punte di selce.
Alcuni
del villaggio vennero loro incontro, e l' uomo andò a parlare con
loro. Lo vide indicarle, gli uomini del villaggio guardare nella loro
direzione; uno di loro le puntò a sua volta, dicendo qualcosa. Poi
scosse la testa alla risposta dell' uomo, che cominciò a gesticolare
rabbiosamente. Infine, scuotendo la testa, fece ritorno verso il suo
gruppo.
-La
donna non la vogliono.- disse con rabbia. E, puntando ad uno dei suoi
compagni, aggiunse: -Porta loro la bambina.
Si
sentì afferrare improvvisamente per i capelli e con uno strattone fu
costretta a camminare. Gridò, chiamando sua madre, la cui risposta
disperata si troncò in un gemito. Cercò di girarsi verso di lei,
per vedere cosa succedeva, ma altre mani la afferrarono, resero ogni
sua convulsa resistenza inutile, e dopo non molto non riuscì più a
sentire l' odore di sua madre.
A
quel punto, la paura la immobilizzò.
-Buongiorno,
peste. Come stai?- disse Marton sedendosi a tavola per la colazione.
-Bene-,
rispose Noel senza alzare la testa dal piatto.
-Hai
fatto ancora sogni?
Noel
annuì.
-La
stessa bambina?
-La
bambina non c'è più.
Marton
fu colto un po' di sorpresa dalla risposta. -Non c'è più?
-No.
-Come
mai?
-E'
stata venduta.
-Ve...
venduta?! Chi l' ha venduta?
Noel
si strinse nelle spalle e suo padre non aggiunse altro.
Il
giorno trascorse tedioso. Nora a casa con Bianka, che di tanto in
tanto cominciava a piangere senza motivo apparente, cadendo spesso in
un sonno agitato che non la ristorava. Noel a scuola, disinteressato
a tutto, intento solo a disegnare scene viste in sogno e infine
recluso in un' aula vuota con un insegnate di sostegno per evitare
che si creassero problemi con gli altri bambini. Marton in ufficio,
incapace di concentrarsi sul lavoro, i suoi pensieri che si
rincorrevano in cerca di una connessione fra ciò che succedeva ai
suoi figli, spesso sul punto di chiamare lo psichiatra ma sempre
rinunciando per paura di non riuscire a spiegare cosa succedesse.
Infine
giunse la sera, la famiglia si riunì a tavola per cenare ma nessuno
parlò. Noel mangiò tutto ciò che aveva nel piatto poi,
improvvisamente, si alzò e si avviò verso le scale.
-Vado
a dormire-, disse.
Marton
guardò sua moglie: l' espressione sgomenta sulla faccia di lei era
sicuro che rispecchiasse la sua. Bianka le si era addormentata in
braccio. Guardò la bimba, poi fissò Nora negli occhi
-Devono
essere collegate-, mormorò.
Nora
annuì, i suoi occhi che lentamente si spostavano verso le scale.
Solo
vagamente cosciente di ciò che aveva intorno o di ciò che stava
facendo, Noel salì al piano superiore, fece tutti i preparativi per
mettersi a letto, spense la luce sulla scrivania, quella che rimaneva
accesa tutta la notte, e si infilò sotto le coperte. Era buio e...
...steso
nel buio guardava verso l'ombra che era suo padre, confrontato dalla
donna. Le grida di lei avevano ferito le sue orecchie per tutto il
tempo da quando avevano lasciato la tribù del lago.
-Tu
no mannu!
-Taci!
-Tu
no mannu!
-E'
mia figlia! Ci faccio ciò che voglio.
Improvvisamente
la donna fu libera, le corde che la trattenevano strappatesi, e con
un grido acuto aggredì suo padre. Grida di allarme si levarono dagli
altri uomini presenti, mentre la donna e suo padre si fondevano in
un' unica ombra. Il pugno di lei si alzò più volte per abbattersi
sulla testa di suo padre, che a sua volta la colpiva allo stomaco.
Improvvisamente la donna emise un grugnito e si piegò su se stessa,
suo padre la spinse indietro e lei cadde a terra, senza più
muoversi. Nella mano di suo padre il pugnale di osso grondava sangue.
-Portatela
nei cespugli-, ordinò suo padre nel silenzio che seguì la fine
della collutazione.
Suo
padre venne verso di lui, si lasciò cadere a terra e piantò con
rabbia il coltello nel terreno.
-Una
capra gravida, mi hanno dato-, disse a denti stretti. -E consigliato
di aspettare che i capretti crescano prima di ammazzarli. Puah!
Dovrei farmi dare la bambina indietro e finire il lavoro.
Anche
nel buio, i segni dei colpi ricevuti erano visibili sul suo viso. Suo
padre si distese, continuando a ripetere: -Dovevo finire il lavoro.
*
* *
-Devo
finire il lavoro...
-Hai
detto qualcosa?- chiese Nora al figlio. Quel giorno avevano chiamato
da scuola per dirle che Noel non faceva niente durante le lezioni se
non disegnare di uomini primitivi. Gli insegnanti volevano parlare
con lei e suo marito.
Noel
la guardò senza capire
-Che
cosa hai detto?
-Niente.
-Stavi
mormorando qualcosa.
-No.
Vado di sopra.
-Va
bene, ma cerca di non svegliare Bianka, per favore. E' un miracolo
che stia dormendo.
-Uh-uh.
-E
cerca di non addormentarti tu. Tra poco tuo padre ritorna e ceniamo.
Noel
annuì e Nora non gli prestò più attenzione, concentrandosi sulla
preparazione della cena.
Marton pensa che ci sia un collegamento, si
disse.
Ma quale? Noel è fissato coi Neanderthal... Riuscissi a farmi dire
da Bianka che cosa sogna!
E
mentre continuava a rigirarsi questa domanda in testa Marton rientrò
ed entrò in cucina senza che lei se ne accorgesse.
-Ciao.
-Oh...?
Scusa! Non ti ho sentito rientrare.
-Fa
niente. Non ti ho spaventata, vero?- chiese Marton avvicinandolesi
per baciarla in fronte.
-No
no. Come stai?
-Insomma.
Oggi mi ha chiamato lo psicologo della scuola.
-E
io sono stata chiamata dalla segreteria...
Marton
la fissò mortificato. -Non è colpa tua-, disse Nora scuotendo la
testa. -Gli insegnanti vogliono parlarci. Che cosa voleva lo
psicologo? E perché non ci parla lui con gli insegnanti?
-Privacy.
Lo sai che non possono proferire parola. Probabilmente neanche ha
detto agli insegnanti che sono andato a parlargli.
“Comunque...
Voleva sapere se avevo preso un appuntamento col suo collega.
-Che
gli hai detto?
-Che
dovevo dirgli? Che non ho ancora chiamato, perché non sapevo come
presentare la cosa.
-E
lui?
Marton
fece una pausa per raccogliere i pensieri, poi disse: -Credo che a
quel punto abbia cercato di mettermi apprensione. Come se ce ne fosse
bisogno. Ho promesso di farlo domani. Con Noel e Bianka che
peggiorano di giorno in giorno ho perso anche troppo tempo.
“A
proposito, dove sono?
-Bianka,
incredibile, sta dormendo. Credo per lo sfinimento. Noel è andato di
sopra. Probabilmente a fare un altro di quei suoi disegni orribili
sui Neanderthal!
-Ssh!
Non usare questo tono, amore. Non farti prendere dalla rabbia.
-Scusa...
E'... è che ho paura...
Marton
annuì.
-E'
quasi pronto-, disse Nora ricomponendosi. -Vai a chiamare Noel?
-Certo.
Marton
uscì dalla cucina a passo stanco, solo per rientrare pochi momenti
dopo con fare guardingo.
-Hai
tirato fuori tu la scatola degli arnesi dal sottoscala?- chiese.
-La
scatola degli arnesi? No.
-Allora
e' stato Noel.
-Per
farci che?!
-Spero
non per fare danni. Vado su.
Marton
salì stancamente le scale, sperando in cuor suo che Noel non stesse
segando i mobili in camera sua. Quando raggiunse il piano sentì la
voce di Noel attraverso la porta semiaperta della camera di Bianka.
-...diceva
che non siamo umani. Ma io ho finito il lavoro di mio padre.
Ma
cosa diavolo...?
-Tua
madre diceva che noi non siamo mannu. Diceva che non siamo umani. Ma
io ho finito il lavoro di mio padre.
Marton
aprì la porta.
-Tua
madre diceva che noi non siamo mannu...
Noel
parlava a Bianka, che stava distesa sul letto.
-...diceva
che non siamo umani...
In
mano stringeva il martello preso dalla cassetta degli attrezzi, rosso
di sangue che grondava lento a terra, in filamenti venati di grigio.
-...ma
io ho finito il lavoro di mio padre.
Bianka
era una figura rattrappita sul letto inondato di sangue, il cranio un
ammasso di ossa, denti, carne rossa e materia grigia.
-Tua
madre diceva che noi non siamo mannu. Diceva che non siamo umani. Ma
io ho finito il lavoro di mio padre.
Marton
arretrò barcollando, cercando di trattenere ora un urlo, ora un
conato di vomito. Urtò di schiena contro la parete del corridoio e
si lasciò scivolare sul pavimento.
-Tua
madre diceva che noi non siamo mannu. Diceva che non siamo umani. Ma
io ho finito il lavoro di mio padre.
Marton
si nascose il viso nelle mani e cominciò a piangere.
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