Friday, 2 October 2015

Pensieri estemporanei: italiani si, italiani no


E' sempre un po' strano incontrare, per le strade di Londra, giovani, ragazzi e ragazze, talvolta bambini, di colore o di chiare origini indocinesi o sudamericane, che parlano italiano. E con un forte accento anche, ora romano, ora del sud, ora lombardo. L'ultimo caso e' di questa mattina, dentro un supermercato della Lidl a East Ham, dove in coda alla cassa ci sono due giovanotti, poco oltre la ventina, dalla pelle olivastra cosi' scura che penseresti siano indiani o di un area cricostante. Sennonche' stanno facendo, con accento napoletano ben marcato, apprezzamenti su quanto sia carina una delle commesse, una ragazza polacca. Per l'appunto la cassiera che sta facendo loro il conto, una donna di colore, capisce l'italiano e lo parla abbastanza e li sgama: "Ah! Uomini dall'Italia!", dice con un sorriso, per poi godersi l'imbarazzo dei due. "They were talking about you", dice alla ragazza polacca quando i due malandrini se ne sono andati. "Were saying how nice you are, but they didn't know I understand Italian."
Negli ultimi tempi capita sempre piu' frequentemente di fare di questi incontri: un gruppo di ragazzine che tornano da scuola, due ragazzi sull'autobus, anche adulti in palestra o sul luogo di lavoro. E tutti di aspetto che difficilmente ricorda uno dei molti fenotipi italici. E a questo punto sorge una domanda: cosa fa di una persona un italiano? Qualcuno direbbe che dipende dalla genetica, quindi ci devono essere precise caratteristiche fenologiche. Gia' una spiegazione alquanto deboluccia, a mio avviso, dato che la razza italiana mi pare sia una delle piu' imbastardite al mondo. Dall'Italia ci son passati tutti, prima o dopo, solo una volta o a piu' riprese: popoli germanici e mongoli, arabi e turchi, vichinghi, spagnoli, francesi e inglesi, austriaci e tedeschi, svizzeri, greci e americani (un altro mescolone di razze). E la lista e' sicuramente piu' lunga. Quanto poi questi invasori abbiano inciso sul DNA delle popolazioni locali non lo so, ma tanto o poco non lo ritengo importante per determinare cosa faccia di una persona un italiano.
Ho incontrato molti stranieri che hanno vissuto piu' o meno a lungo in Italia. Di Samuel e Cedric ho gia' parlato, ma ci sarebbero anche Jon, Petre, Andres e molti altri. Rumeni, africani e sudamericani. E tutti con un buon ricordo dell'Italia: dei suoi luoghi, della sua gente, del suo cibo, del suo stile di vita e della sua cultura. A quelle persone l'Italia e' entrata nel sangue: l'hanno mangiata, l'hanno respirata, l'hanno assorbita attraverso i pori della pelle. Perche', voi potete pensare quel che volete, la cultura italiana e' forte. E' capace di imporsi con le sue usanze e tradizioni, coi suoi sapori, con le sue idee, con i suoi modi di sentire ed esprimersi. Ma e' capace di farlo in modo dolce, senza schiacciare, annullare o distruggere la cultura di origine di una persona, senza tagliare le sue radici. Ma e' capace di farlo con amore, affascinando, coccolando, facendo dello straniero un figlio del Bel Paese. E se questo e' cio' che fa a chi e' venuto in Italia da adulto, quanto maggiore deve essere l'effetto su chi, da genitori stranieri, e' nato in Italia, e in Italia e' andato a scuola, ha imparato a giocare a calcio, ha conosciuto per la prima volta l'amore. Qualcuno cosi', per me, e' italiano, anche se il suo passaporto dovesse dire diversamente. 
A queste persone l'Italia manca, la rimpiangono. In uno sfrontato contrasto con altri figli ingrati, che italiani sono nel DNA ma non nell'anima. Che si trasferiscono all'estero e dell'Italia parlano male, la offendono e la deridono. Che dichiarano che l'Italia non ha dato loro niente e che quindi loro non devono niente all'Italia. Un paese generoso genera figli ingrati. Formare un laureato costa allo stato oltre 120.000 euro, soldi che non sono stati pagati dai genitori dello studente soltanto, ma anche da me e dai miei genitori e da ogni italiano. Queste persone, che grazie alla formazione ottenuta in Italia magari ottengono un lavoro a Londra con paga base di 50.000 sterline, devono all' Italia, non certo ai suoi governi, in particolar modo gli ultimi, ma alla nazione Italia quanto meno il rispetto e il riconoscimento che se loro stessi valgono qualcosa e' grazie all'ambiente in cui sono cresciuti. 
La cultura italiana e' forte. Ed e' dura a morire, ma certo non e' invulnerabile. Il suo peggior nemico sono proprio alcuni italiani che italiani vorrebbero non esserlo. Che magari, come Togliatti, vorrebbero prendere la cittadinanza sovietica, che si ritengono cittadini del mondo e che quindi non devono fedelta' a nessuno. Sono quelli che denigrano, intimidiscono, che sputano sui loro connazionali chiamandoli razzisti e pigri e disonesti. Sono quelli che continuamente vanno dicendo che gli italiani non si meritano niente altro che cio' che sta capitando loro perche' loro stessi sono gli artefici delle loro disgrazie. Che vorrebbero cancellare la storia dai monumenti italiani usando gli scalpelli, che vogliono cancellare la nostra identita' distruggendo la famiglia, i credi religiosi, la coscienza del gender, rendendo la lingua italiana stessa priva di significato.
Gli immigrati che abbracciano la cultura italiana, e i loro figli che parlano italiano con un accento regionale e che si muovono ed esprimono come italiani, sono la prova che chi odia l'Italia si sbaglia. Forse e' tempo di riconsiderare il concetto di italianita', e' tempo di rivedere chi realmente e' italiano e chi non lo e'. Deve venire un tempo in cui si tireranno le somme di tutto cio' che ci stanno facendo in questi anni. I suicidi, gli espatrii, la perdita del lavoro, delle case e della dignita': al momento opportuno verra' scritto tutto nero su bianco. Quando quel tempo verra', spero che venga reso chiaro chi italiano e' e chi italiano non lo e' mai stato, e che a questi ultimi venga chiesto di restituire tutto cio' che hanno ottenuto indegnamente dall'Italia.

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