Il tempo vorace distrugge (le cose)
(Ovidio Ex Ponto liber IV
lett. X Albinovano v.7 -
"Metamorfosi liber XV v. 234").
E' strano, o forse no, come con il trascorrere del tempo le cose peggiorino. Se prima stavo sospeso fra l'impossibilità di tornare indietro e l'incapacità di andare avanti, adesso sono bloccato nella terra di nessuno fra passato e futuro, un presente che dovrei vivere ma che non riesco, o non voglio, vivere. Intrappolato fra l'impossibilità di tornare indietro e il non avere più qualcosa verso cui andare.
Nei luoghi che amavo non sono più il benvenuto, e là dove sono benvenuto non ho desiderio di andare perché troppi brutti ricordi vi aleggiano, in attesa di potermi colpire. La mancanza di desideri, di sogni, apre la strada all'apatia, e sempre più forte si fa la tentazione di scivolare a terra, in un angolo, appoggiare la testa al muro e là restare, con gli occhi chiusi, respirando piano, fin quando un velo di polvere si sarà depositato a nascondermi da coloro che, svogliatamente, potrebbero tornare indietro per cercarmi.
Niente resta di lotte e sacrifici, di errori, lezioni imparate, vittorie e risultati di cui essere fiero. Tutto ciò mi ha portato a niente. A che pro, quindi, redarre un nuovo piano, cercare un altro luogo dove credere di poter essere felice? A pro di chi e cosa rimboccarsi le maniche una volta ancora, piegare la schiena sotto i colpi del bastone e andare avanti stringendo i denti?
Due volte ho dato tutto, due volte tutto mi è stato portato via. Costruire ancora per vedermi tolto una terza volta? Quale sarebbe il mio giovamento? Anni, o forse solo mesi, di falsamente sperata felicità? Attorno a me troppe persone si sono lasciate andare, hanno rinunciato a lottare e delegato a me l'impegno di continuare. E se fossi io, questa volta, a fermarmi? Se dicessi basta, ora è il turno di qualcun altro, io mi siedo qui e aspetto?
Forse, tutto ciò di cui ho bisogno, è solo un luogo in cui nascondermi dal Mondo, il mio Altroquando introvabile.
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