Londra
la notte di Natale non era poi tanto diversa dalla Londra del resto
dell'anno. Agli occhi di Marco, per lo meno. Qualche luminaria in
qua e la', qualche luce in piu', addobbi nelle vetrine dei negozi per
richiamare lo spirito natalizio allestiti con neanche tanto impegno.
A conti fatti, la stessa trappola mangiasoldi di sempre. Solo il
giorno dopo, Natale, Londra avrebbe aggiunto una nota diversa, una
variante grazie alla torma di turisti incazzati neri nello scoprire
che l'intera citta' si era fermata completamente: niente Underground,
niente treni, niente bus, e tutti i negozzi e i ristoranti chiusi.
Solo i minicab a tariffa doppia per spostarsi e kebab per sfamarti se
avevi le gambe per arrivare nel Londonistan, i quartieri musulmani
dell' East End.
Beh,
non era cosa che lo riguardava. Problemi altrui: se eri cosi' scemo
da farti attirare da Londra come una falena dalla luce di una
lampadina, meritavi di bruciarti. Che poi Londra era un cattura
insetti elettrico... Beh, un cattura turisti.
Incamminandosi
nei vicoli fra Covent Garden e l' Hunterian Museum, represse
l'abituale disgusto che ogni volta lo assaliva nel venire in contatto
con la vera faccia di Londra: tanfo di piscio e spazzatura
abbandonata dove capitava. Londra era una lurida citta' dalla faccia
pulita. Si mostrava linda e perfetta ai turisti, ma se ci spendevi un
poco di tempo venivi a contatto con la gente che pisciava contro i
muri, il vomito degli ubriachi e la spazzatura buttata ovunque. Del
resto non che ci fossero molti bidoni della spazzatura in giro. Ma
poi, essendo i londinesi (e gli inglesi ovunque nell' isola) abituati
com'erano a buttare tutto dove capitava e lasciare che qualcun altro
raccattasse, avrebbero usato i bidoni se ci fossero stati? Ne
dubitava.
Un
pensiero gli ando' all' Hunterian Museum, con la sua collezione di
parti di corpo umano, scheletri deformi e altre mostruosita' frutto
del miserabile stile di vita dell'epoca vittoriana. Il dottor John
Hunter sarebbe impazzito di gioia, oggigiorno: non piu' studio e
collezione di deformazioni del corpo causate da malnutrizione e
malattie derivanti dalla sporcizia, ma deformazioni mentali con tutta
la sporcizia dell'animo che le accompaganava. Il dottore si sarebbe
divertito ad affettare cervelli in cerca di macchie e malformazioni,
fosse vissuto al giorno d'oggi. Col suo spirito ora da chirurgo, ora
da flebotomo e ora da macellaio (altro che Jack the Ripper) il
dottorino scozzese aveva messo su una collezione incredibile, oscura
ed affascinante. Un luogo che meritava di essere visitato, l'
Hunteriam Museum. Ma forse che i turisti lo visitavano? Qualche
disgraziato che aveva sbagliato strada, magari. I coglioni andavano
in massa a buttare i loro soldi per salire sul London Eye e
sperimentare i quaranta minuti piu' noiosi della loro vita. Non che
molti lo ammettessero, non dopo aver buttato nel cesso quasi trenta
sterline. Ovvero trentasei euro. O quarantotto dollari.
Scartando
tutto d' un tratto ogni pensiero relativo a turisti e musei degli
orrori, Marco si arresto' nell'ombra di un edificio, forse il retro
di un pub che aveva chiuso i battenti ormai da un po' di tempo. Aveva
trovato chi stava cercando. Una figura stava silenziosa e immobile in
fondo al vicolo, nell'alone di luce dell'unico lampione. Una
spolverina scura gli pendeva dalle spalle larghe, arrivando quasi a
sfiorare in terra. Teneva la testa inclinata, in ascolto. Qualcuno
cantava: voci alticce giungevano da una finestra illuminata al primo
piano, un coro che non riusciva ad andare all' unisono in un jingle
natalizio stonato per gran parte delle note. Ma l'uomo in ascolto
sembrava, chissa' come, apprezzare. Forse apprezzava il tentativo. O
lo spirito del tentativo.
Facendo
un profondo respiro, Marco mosse in avanti, il petto gonfio d'aria.
Fece due passi e rilascio' il fiato; altri due passi e disse: -Noi
dobbiamo parlare!
L'uomo
in fondo al vicolo si giro' di scatto, un' espressione sorpresa sul
viso che pero' duro' solo un attimo. Altri tre passi e Marco si
fermo', a meno di tre metri dall'uomo con la spolverina. L'odore di
urina qui era piu' forte. Sul viso dell' uomo comparve un sorriso,
sornione come se fosse stato un gatto, e si porto' una mano al mento
fortemente pronunciato e perfettamente rasato.
-Visto
che sei riuscito a trovarmi-, disse, -penso sia doveroso concederti
questa conversazione, piccolo uomo. Cosa vuoi da me?
-Tu
sei lo Spirito del Natale Passato.
L'uomo
annui', e il suo sorriso si fece ancor piu' pronunciato. -Questa non
era una domanda. Vai avanti.
-E
percio' tu rappresenti il Passato.
-Giusta
deduzione. Continua.
Uno
scintillio, fra l'ironico ed il cattivo, si accese nei suoi occhi.
Marco inspiro' profondamente, cercando di raccogliere il coraggio per
fare la sua richiesta, la sua sicurezza improvvisamente scomparsa.
C'era qualcosa, nello Spirito di fronte a lui, che incuteva timore.
Non tanto l' imponenza della figura, non i suoi occhi imperscrutabili
e neri e profondi come miniere di carbone. L' odore polveroso delle
ere andate, delle vite ormai perdute e di cose dimenticate emanava
dalla sua persona. E ti metteva un brivido nelle ossa, ti affondava
profondamente dentro come un dolore acuto nei denti.
-Io...
io voglio indietro i Natali che ti sei preso! Voglio indietro il mio
passato!
Per
un attimo lo Spirito lo fisso' attonito, poi comincio' a ridere:
sommessamente e in singhiozzi in un primo momento, quindi sempre piu'
forte, fino ad ad esplodere in un cachinno che gli rovescio' la testa
all'indietro. Una risata fragorosa che riempi' tutto il vicolo. Marco
si rese conto che il jingle al primo piano si era interrotto. La
finestra si apri' e due figure indistinte si affacciarono. Lo Spirito
smise di ridere tutto d' un tratto, il viso rivolto in alto verso le
due persone affacciate, gli occhi neri scintillanti in uno sguardo
duro ripreso dalla rigidezza della bocca. I due alla finestra si
ritirarono di scatto all' interno di casa, chiusero la finestra
sbattendola e poco dopo la luce si spense. Nessuno riprese a cantare
nella casa.
Lo
Spirito riporto' la sua attenzione su Marco. Ogni traccia di ilarita'
era scomparsa dal suo viso. Due passi veloci, mossi senza preavviso,
lo portarono a pochi centimetri da Marco. Un brivido corse lungo la
sua spina dorsale. mentre sollevava la testa per fissare quegli occhi
neri come il carbone. Lo Spirito torreggiava su di lui con tutta la
testa.
-Ripetimi
cosa vuoi da me, piccolo uomo-, disse lo Spirito in un soffio.
-Voglio...
voglio indietro i miei Natali-, balbetto' Marco. -Sei arrivato...
troppo presto. Non ero pronto... Non ero pronto ed ho fatto troppi
sbagli. Voglio rimediare ai mie errori!
Lo
Spirito emise uno tsk di noia, scuotendo il capo.
Improvvisamente sollevo' la mano sinistra, muovendo le dita in un
gesto rotatorio. e una sfera di cristallo piena di neve comparve
nella sua mano.
-Guarda
qui dentro-, ordino'.
Marco
fisso' i turbini di neve fitta, pallini bianchi di polistirolo che
rotevano dotati di vita propria. La loro danza folle rallento', si
fecero piu radi, delle ombre si cominciarono ad intravedere oltre il
turbinare. E d'improvviso le ombre si addensarono, all'interno di una
cornice rotonda fatta di calda e dorata luce sfocata, e formarono le
linee di una stanza: un divano conosciuto, tende nella cui scelta era
stato coinvolto contro la sua volonta', un ampio tavolo di legno
massello su cui stava un cesto di frutta. Il suo salotto... E sua
moglie seduta sul divano, lo sguardo basso, assorto e meditabondo, le
mani strette fra le gambe accavallate una sull' altra. Un' altra
figura comparve nel campo visivo, suo figlio, un ragazzo alto e dai
folti capelli ricci di un nero corvino che nessuno sapeva da chi
avesse ereditato perche' nelle due famiglie, la sua e quella della
moglie, nessuno aveva i capelli neri. Suo figlio si sedette accanto
alla madre e le prese una mano, stringendola. Lei gli rivolse un
sorriso rassegnato, stringendosi nelle spalle.
Gli
occhi di Marco dardeggiarono dalla sfera di cristallo al viso dello
Spirito e nuovamente alla sfera. Cosa...? Suo figlio indossava un
maglione a collo alto che non gli aveva mai visto. Dietro di lui e
sua madre, dietro il divano, in un angolo vicino alla porta a vetri
della cucina, l' Albero di Natale era perfettamente addobbato ma le
luci erano spente. Perche' le luci erano spente? Tremando Marco
fisso' lo Spirito.
-Capisci?-
chiese lo Spirito.
-Che...
che Natale mi hai mostrato? E' il Natale Presente, vero?
-Esatto,
e' il Natale Presente. Eppure gia' mi appartiene. Capisci perche'?
Marco
gelo'. Ma che ci faccio qui? La futilita' di tutta la
situazione lo colpi' come un pugno allo stomaco.
-Stai
cercando un modo per rimediare agli errori passati, e non ti sei
accorto che ne stavi commettendo uno nuovo-, mormoro' lo Spirito del
Natale Passato, quasi dolcemente.
Marco
non riusciva a smettere di tremare, i brividi che lo scuotevano in
maniera sempre piu' violenta.
-Il
Passato arriva sempre troppo presto, piccolo uomo, perche' il
Presente e' una cagna. Entrambi non ti lasciano nessuna speranza,
perche' sono cio' che sono. Solo il Futuro puo' mostrarti una faccia
diversa.
Gli
occhi di Marco incontrarono quelli dello Spirito. Come aveva fatto a
scambiare per durezza la luce triste che emanava da quegli occhi? I
brividi, lentamente, si esaurirono.
-Non
serve che chiami la visita degli altri due Spiriti del Natale. Non
per te, piccolo uomo, vero?
Marco
scosse debolmente la testa. Come poteva essere stato cosi' cieco?
-Vai,
ora. Il Passato e' passato, ed il Presente e' cosi' facile da
perdere. Spera nel Futuro, piccolo uomo, ma non esitare. Vai.
Marco
si giro' senza una parola e si incammino' su per il vicolo. Verso
casa.
Liberamente
tratto da Canto di Natale di Charles Dickens, che per altro
non ho mai letto.
No comments:
Post a Comment