Mi capita spesso di rimanere estremamente sorpreso da quanto diversamente le persone vedono quello che hanno intorno o parlano della loro vita e delle loro relazioni rispetto a come esse appaiono a me. E' ovvio che guardando una cosa da due punti di osservazione differenti, differente sara' anche cio' che di quella cosa si vede e differente sara' la percezione della cosa stessa. Per capirsi, due persone possono guardare la stessa mela da punti di osservazione diametralmente opposti: la prima persona vedra' una sola meta' della mela, lucida e rossa e attraente, mentre la seconda persona avra' magari davanti una parte della mela che' e' marcita e risultera' quindi non piu' cosi' attraente.
Stessa
cosa succede quando osserviamo la realta' in cui viviamo, che essa ci
coinvolga in prima persona o che ci veda come semplici osservatori.
Se guadagni un buono stipendio, vedrai la societa' di cui fai parte
con un' ottica completamente differente da chi uno stipendio buono
non lo guadagna: rapporterai l'intera' societa' al settore del tuo
impiego e ti manchera' il tempo o il desiderio di esplorare la
restante parte della societa'. The dark side of the apple, appunto.
Non la vedi da dove ti trovi, dove ti trovi ci stai bene, e non hai
necessita' di muoverti per girare intorno a quella mela e andare a
vedere cio' che la persona di fronte a te vede. E non solo non hai
necessita' di spostarti per andare ad osservare direttamente l'altra
meta' della mela, ma neanche hai il desiderio di farlo, perche'
sapere che l'altro lato della mela e' marcio ti rovinera' il gusto di
quella mela. Molto meglio non sapere come sia l'altra faccia della
mela ed assumere per inferenza che tutta la mela sia sana. Quindi
ogni osservazione fatta dalla tua controparte, sara' facilmente
archiviata come la lamentela di chi non ce l'ha fatta, per sfortuna o
incapacita'.
Ma
siccome in qualsiasi situazione, a lungo andare, e' difficile che non
si venga in contatto con cio' che sta sull'altro lato, per puro caso
o perche' qualcuno prima o poi irrompe di prepotenza nella tua vita e
quel marcio che non vedevi te lo sbatte in faccia, ecco che si
innesca un meccanismo di difesa. Talvolta e' difficile accettare tale
realta', e cio' per un innato senso di giustizia, ammettere che a te
e' toccata la parte sana della mela mentre ad un altro e' toccata
quella marcia, e cio', in fin dei conti, per pura casualita' o in
seguito a parametri fissati arbitrariamenti da una terza parte i
quali poco hanno a che fare col merito e col demerito. Per poter
scendere a patti con questa situazione, per poterci convivere,
attiviamo un processo di negazione o deformazione della realta' che
viviamo. Certe cose non le vediamo, o le rimuoviamo seduta stante
dalla nostra memoria; camminiamo senza vedderle a fianco di
situazioni miserevoli che coinvolgono altri esseri umani; ripetiamo a
tutti quanto la nostra situazione sia soddisfacente, che non la
cambieremmo o che non ci pentiamo minimamente delle scelte fatte
perche' cio' a cui abbiamo dovuto rinunciare era ben poca cosa in
confronto a cio' che abbiamo ottenuto in cambio.
Mi
viene il dubbio che tale continua e costante ripetizione sia piu' che
altro rivolta a se stessi. E questo accade per il lavoro, lo stile di
vita che a quel lavoro e' collegato, le relazioni sociali che possono
essere costruite, dalle piu' superficiali come quelle di vicinato,
passando per quelle un poco piu' importanti come le persone con cui
si esce insieme, fino ad arrivare a quelle piu' profonde come col
partner di vita. Incontro troppe persone che si dichiarano
soddisfatte di cio' che hanno per riuscire a far combaciare questa
presunta realta' con la nostra societa' sempre insoddisfatta, in
crisi con se stessa e disperatamente incapace di cercare una
direzione verso cui evolversi.
Non
so poi se tale insoddisfazione sia dovuta ad una innata incapacita'
dell'essere umano di trovare appagamento su questa Terra, cosi' come
Dio disse ad Adamo che gli sarebbe successo quando lo scaccio' dal
Giardino dell'Eden, o se sia frutto del rifiuto di fin troppe persone
ad ammettere che viviamo una realta' che ha smarrito o mai ha
posseduto la giusta misura delle cose, o se la seconda ipotesi sia
solo la naturale conseguenza del primo stato di fatto. Ma di sicuro
il non voler ammettere che quella mela e' mezza marcia non porta
niente di buono a nessuno.
Due
cose potrebbero essere fatte per risolvere questa situazione. Le due
controparti si mettono insieme e per eliminare l'ingiustizia decidono
di buttare via la mela marcia. Ma si sa, chi ha ottenuto qualcosa,
per quanto poco esso sia, per quanto ingiusto socialmente sia il modo
in cui lo ha ottenuto, difficilmente sara' disposto a rinunciarvi.
Molto piu' onesto sarebbe per questa categoria di persone, piuttosto
che negare la realta' dei fatti, decidere di tagliare a meta' quella
mela per tenersi la loro meta' ancora sana e gettare quanto piu'
lontano possibile l'altra meta'. Ma come ai piu' manca la forza di
rinunciare a cio' che hanno ottenuto, allo stesso tempo mancano del
coraggio di lasciare le loro controparti al loro destino.
Ricordatevi
che il marcio penetra fino al centro della mela, e prima o poi di
quel frutto non restera' niente per nessuno. Venite a fare un giro
dal nostro lato oppure decidetevi a tagliarvi la vostra parte e
gettateci via, prendete una decisione finche' avete ancora tempo a
sufficienza per agire, oppure prima che qualcuno di coloro che si
trovano sul lato "sbagliato" decida che ne ha avuto
abbastanza e che e' giunto il momento di venirsi a prendere qualcosa
dalla vostra parte. In fondo si tratta di un fenomeno sociale
ricorrente e raramente e' capace di colpire sufficientemente in alto
da raggiungere i reali responsabili delle ingiustizie sociali.
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