Thursday, 30 August 2012

The Highwayman








     La luna era un galeone che solcava il cielo. Il mondo era tinto di bianco dalla sua luce. Nubi sfibrate correvano spinte dal vento davanti alla sua faccia. E le cime degli abeti del bosco si agitavano alle raffiche calde nella notte estiva. Emergendo dal buio, preceduto dal secco suono di zoccoli ferrati, un cavaliere giunse dalla strada a Nord. La strada che in pochi percorrevano e che ancor meno completavano.
     Incurante delle ombre che scivolavano fra i tronchi degli alberi, la' dove la luce lunare non arrivava. Il cavaliere percorse l'ultimo tratto di strada, una linea che tagliava in due il bosco. Giunse in campo aperto, distese d'erba e fiori, teste coronate e file di lance che si piegavano sotto il vento. La pianura si apriva in ogni direzione davanti a lui. Ancora lontana una luce calda gli faceva da guida, indicando la presenza della locanda.
     Senza affrettarsi procedette verso la luce, oltrepassando un crocevia, una croce polverosa bordata di pietre. Chiuso da staccionate di pali, un piazzale illuminato da lanterne ad olio che ondeggiavano, appese a gruppi di tre, su alti pali di legno. Volteggio' giu' di sella, il viso ombreggiato dalla lunga tesa di un cappello sdrucito. Pelle nera e borchie metalliche sotto il mantello scuro, e lame nascoste ed acciaio tra le pieghe dei vestiti. Un mazzo di lacci di cuoio appeso al fianco. Lego' il cavallo, nero come la notte, alla staccionata dell'abbeveratoio. Gli occhi dell'animale erano rossi nel buio.
     Gli stivali risuonarono sul selciato. La porta della locanda traspariva luce gialla dal vetro piombato. Un Vampiro Guardiano gli si fece incontro dalla tenebra di un angolo, poi retrocedette nel buio addossato all'edificio, un sibilo di rabbia e paura disperso da una raffica di vento. L'uomo lo ignoro', procedette sicuro all'ingresso della taverna costruita in pietra. 
     Spalancando la porta accedette ad un ambiente dalla luce soffusa. Poco movimento, quattro avventori non umani, il propietario dietro il bancone e la figlia dell'uomo che si fermo' immobile sulla porta della cucina. Il proprietario lo guardo' passare in silenzio, duro lo sguardo, mentre lo superava ignorandolo e con passo lento raggiungeva il tavolo piu' lontano. La figlia del propietario mosse verso di lui, mentre prendeva posto al tavolo scelto, ondeggiare di fianchi e neri capelli sciolti.
     I loro occhi si incrociarono, la consapevolezza di essersi gia' conosciuti sebbene non si fossero mai incontrati.
     -Cosa ti porto, straniero?- Un sussurro, un timore.
     -Lo sai gia'.
     -Ti ho sognato...
     -Era piu' di un sogno.
     Immagini di un bicchiere pieno di liquore verde e di un corpo nudo, la sensazione di forti braccia che la avvolgevano e il calore del fuoco sulla pelle della schiena. Un ansito la sola manifestazione del ricordo, del sogno durato tutta una notte. Volteggiare della sottana, passi affrettati e la giovane dai capelli neri scomparve in cucina.
      L'uomo si tolse il cappello. Un naso adunco e pelle bruciata dal sole, occhi come braci ardenti infossati e adombrati in un volto spigoloso. Labbra sottili dalla linea dura, denti accuminati. Vorace e pericoloso. La sala era pervasa di silenzio, il sottile sibilo del gas nelle lampade era udibile se si faceva tacere il proprio cuore. 
     La giovane fece ritorno, un vassoio con una bottiglia e un bicchiere. -Dopo. Fuori della porta della cucina.-disse e scomparve ancora.
     L'uomo si verso' il liquore, denso e verde e aromatico. Lo sorseggio' lentamente. Il propietario della locanda lascio' il suo posto dietro al banco, bicchieri lucidi e bottiglie ordinate in fila. Sguardo deciso, l'aspetto di chi ha lavorato tutta una vita, si e' sudato tutto quello che ha avuto.
       -Ti serve una stanza?-chiese.
       -Quella in cima alle scale sulla sinistra.
       -Sei gia' stato qui?- Dubbio nella voce, una vena di sospetto.
      -No.- Lo strofinare di una moneta d'argento sul tavolo, spinta con due dita. -Sveglia lo stalliere. Che il ragazzo stia attento, il mio cavallo morde. Non lo deve avvicinare da dietro.
      -Certo, glielo diro'.
     L'argento scomparve. L'uomo usci' dalla cucina, poche parole inudibili, poi una porta che si apriva e sbatteva nel chiudersi.

      Piu' tardi, nella camera, la pallida luce della luna al tramonto sul petto nudo. Lo sguardo era mobile, mai fermo. La pianura era piena di segni di vita, e piu' oltre la foresta pure. E le montagne perse nella tenebra. Pericoli e dolori, una terra che non apparteneva all'Uomo. La morte era in agguato, esseri antichi reclamavano la loro indipendenza e lottavano contro l'Impero. I luoghi sicuri erano lontani, questa era la Frontiera. Le citta' erano poche, le truppe armate battevano tutte le strade. Eppure un viaggiatore poteva non incontrare nessuno per giorni. Distanze infinite e poche certezze. Nessuna di sopravvivere. Enormi ricchezze per i piu' forti, e per chi era fortunato o protetto dagli Dei. C'era molto da saccheggiare, tra le rovine di una guerra antica, le ultime tracce di una cultura annientata.
      La bottiglia stretta al collo in una mano, il braccio abbandonato lungo il fianco. L'aria fresca entrava dalla finestra aperta, sollevo' il bicchiere. Labbra macchiate di verde. Tutte le porte erano state infine serrate. Nessun rumore, i Guardiani erano immobili e silenziosi. Un talismano oscuro pendeva ad una catena sul suo petto. Un chiavistello gratto' metallico, il fruscio di una porta socchiusa, un'ombra scivolo' lungo il muro. Posata la bottiglia e il bicchiere volteggio' fuori della finestra. I suoi piedi nudi non produssero rumore sul selciato. Si raddrizzo' lento, imponente nel buio. Un passo e fu vicino a lei. Udiva il cuore della ragazza, il suo desiderio, la sua paura.
       -Chi sei...
       -Mi conosci. Tu mi hai chiamato.
       -Ti ho sognato...
       -Era piu' di un sogno.
        Il suo tocco e un torrente di emozioni la travolsero. Le sue braccia la accolsero, niente piu' importava.
       Dopo lui disse: -Domani notte, aspettami fuori della strada che porta ad Est, la' dove incrocia il sentiero che parte dalle stalle. Guarda ad Est cercandomi quando la luna stara' per tramontare.
      Le sue parole si spensero, veloce si arrampico' fino alla sua finestra. Lei guardo' la finestra chiudersi, stringendosi le vesti al petto.
     Prima  dell'alba un  galoppo lontano annuncio' la sua partenza. Nessuno aveva avvertito che stava lasciando la locanda.

     I soldati vennero nel pomeriggio che languiva, giacche rosse impolverate, spade e moschetti. Un prete dallo sguardo avido, bocca dalla piega dura. Il suo cavallo era il piu' alto di tutti. Vesti rosse come il sangue, mani sporche di sangue innocente. Presero senza pagare, cercavano l'Highwayman.
      -E' stato qui-, disse il prete, scandagliando la grande sala con lo sguardo. -Cosa cercava?
      -Non ne ho idea-, rispose il locandiere, il capo a fatica mantenuto chino, i denti stretti per la rabbia. -Ha pagato il suo liquore e la stanza. Se ne e' andato prima dell'alba.
      -Cercava qualcosa.
      Scese la sera, la notte scivolo' ad avvolgere la locanda, i soldati ridevano e urlavano intorno ai fuochi. Fu facile per la figlia del locandiere scivolare fra le loro file dal retro della stalla, una corsa affrettata nel sentiero bordato di erbe secche, e scomparire nel buio. 
    Un albero secco, un piccolo tronco contorto, stava inclinato nel luogo dell'incontro. Alti ginepri nascondevano lo spiazzo. Voli di uccelli da preda nel buio e il respiro di una terra che non conosce il perdono. Clop-a-lot, clop-a-lot. Era lui che arrivava, una figura nera contro la luna bassa. Gli occhi rossi del suo cavallo, il vento come un brivido e il suo mantello che si agitava.
       Il tempo era un soffio, un battito del cuore; il tempo era dilatato, l'ululato del vento. Non ebbe idea di quando ne' di come, si ritrovo' fra le sue braccia. Ma i suoi occhi erano ghiaccio nero, nessun calore sul suo viso. Solo la linea secca e piatta delle labbra sottili. Lo sguardo spaventato da uccello ferito non fece breccia alcuna. La mano scivolo' al mazzo di lacci di cuoio.
     -Chi sei...?
     -Sono colui che non avresti mai dovuto incontrare.
     -Lasciami andare...ti prego...
     I lacci scorsero intorno alla sua gola.
     -Tu mi hai chiamato.- Una voce dura e fredda e lontana. 
     Lei scuote la testa. -No... non io.
     I lacci strinsero, gli occhi di lei si sbarrarono. La bocca una O silenziosa. Un ansito, un sospiro, un gemito,  mentre moriva come quando faceva l'amore. La luce si spense piano, solo il buio, poi neanche piu' il dolore.

    L'Highwayman cavalco' via veloce, tornando ad Est e scomparendo nella tenebra. Clop-a-lot, clop-a-lot. Zoccoli sul suolo indurito della strada, nessun segno nella sua polvere. La trovarono al mattino, che i soldati se ne erano andati. Stesa nell'erba, bianca e gli occhi fissi al cielo vuoto, un mazzo di lacci di cuoio stretto intorno alla gola.

2 comments:

  1. ti ho sognato,...era un sogno?...la notte certe volte si apre ma io non mi apro e continuo a pensare di dormire. Dov'ero? Stanotte ero proprio da qualche altra parte e ho sognato qualcuno. credi nelle coincidenze? Forse no, forse è troppo banale. Ma non ero qui, e forse non ero nemmeno io in questo sogno :P
    ( sono amleta da italianialondra)

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