"La casa e' dove si trova il cuore" (Gaio Plinio Secondo)
Casa mia in Italia era una vecchia casa di montagna, di quelle costruite senza fondamenta, con muri di pietra spessi mezzo metro e piu'. Era divisa su due piani, addossata al fianco della montagna, cosi' che mentre il piano inferiore si apriva su una rampa in terra battuta sostenuta da un muro di pietre, il piano superiore si affacciava sul retro sul terreno di proprieta'. Fra il piano inferiore e il fianco della montagna era stato ricavato uno spazio costruendo un muro di contenimento e sovrachiudendolo con la cucina, costruita in un secondo tempo rispetto al resto della casa. Questo spazio era solo un corridoio di un paio di metri di larghezza, ma io avevo chiuso la cima e il fondo e ne avevo fatto la legnaia e sala caldaia. Ci avevo piazzato una caldaia a biomassa, l'impianto lo avevo costruito io.
Quando comprai la casa solo parte del piano superiore era ristrutturato, mentre una grande stanza che occupava tutto il fronte dell'edificio era allo stato grezzo e l'ingresso di casa era attraverso la cucina sul retro. Dalla stanza al grezzo una scala, con gradini di pietra, portava al piano inferiore, un quadrato diviso in quarti,ognuno una stanza. Tutte da ristrutturare. Da una porta di ingresso sul fronte della casa si entrava nella stanza in basso a sinistra del quadrato; a destra dell'ingresso un'altra porta si apriva nella stanza che nel quadrato sta in basso a destra: in questa stanza c'erano un caminetto (non abbastanza profondo per avere un tiraggio degno di questo nome) e le scale che portavano al piano superiore; sotto le scale, che salivano da destra a sinistra sulla parete posteriore della stanza, di fronte al caminetto, una terza porta conduceva nella terza stanza, e sulla parete sinistra di questa si apriva la porta che conduceva all'ultima stanza, quella che nel quadrato era in alto a sinistra. Di fronte a quest'ultima un'altra porta ancora riportava all'aperto, sul fianco sinistro della casa. Insomma, il percorso attraverso le cinque porte formava una sorta di U distesa sul lato sinistro. Quasi un percorso magico: entravi in casa da questo mondo e ne uscivi nel mio.
Lasciai il piano inferiore ad uso magazzino, limitandomi ad abbattere il muro divisorio fra le prime due stanze, creando una sola grande stanza che era la gemella di quella al grezzo che si trovava al piano superiore. I lavori di ristrutturazione intendevo farli tutti io, per lo piu' per motivi economici, ma un po' anche perche' volevo "creare" qualcosa io e cimentarmi in lavori diversi dal giardinaggio. Del resto gia' mi ero ripromesso di non permettere mai ad un idraulico di guadagnare qualcosa su quella casa, dopo che ben tre di loro mi avevano lasciato nelle peste con la pompa del riscaldamento. Il primo lo avevo portato appena comprata la casa, per riattivare il riscaldamento: aveva sistemato la pompa, ma era vecchia e da cambiare, ma poi era scomparso. Almeno non aveva chiesto di essere pagato. Avevo chiamato il secondo quando era ormai chiaro che la pompa non sarebbe durata per molto. Era gia' inverno, quello del 2002. Fece tanta neve come i 15 anni precedenti tutti messi insieme. L'inverno piu' freddo dopo il 1987. Almeno lassu' da me. Beh, il secondo idraulico mi dette buca quando doveva venire a cambiare la pompa. Mi fece chiamare dalla moglie il vigliacco, per dirmi che non poteva venire. Pochi giorni dopo la pompa si ruppe. Di sabato. Con temperature massime diurne di -8. Il cane aveva imparato a rosicchiare il ghiaccio per dissetarsi, dato che l'acqua si ghiacciava prima che potesse berla. Anche questo idraulico non fu pagato. Domenica pomeriggio, quando il terzo idraulico venne a vedere il lavoro da fare, dentro il frigorifero la temperatura era piu' alta che in cucina. Mi disse che non poteva venire per almeno quindici giorni. In quel momento decisi che da li' in avanti avrei fatto tutto da solo.
La prima cosa da fare era trovare una pompa per sostituire quella rotta. Era il 4 gennaio, il 6 gennaio come sapete e' festa, e molte ditte il lunedi' facevano il ponte. Una termoidraulica da cui mi rifornivo di materiali da irrigazione era aperta, per fortuna. Ma alle 9 di lunedi 5 gennaio aspettavo i tecnici della Telecom, attesa durata tre mesi, tre mesi di prese per i fondelli, con i call center che modificavano i miei dati e io che rimanevo senza telefono. Telefono che mi serviva per essere contattato dai clienti vecchi e nuovi. L'uso del cellulare non era cosi' comune ancora, e per di piu' la zona non aveva copertura. Non ho idea di quanti possibili lavori ho perso.
Comunque, i tecnici arrivarono puntuali. Tecnici... in realta' due pensionati che lavoravano a nero, usando i loro attrezzi, per un sub-appaltatore di qualche grande ditta che aveva l'appalto da Telecom. Quando vidi uno dei due in cima alla scala a pioli, per passare il cavo del telefono sul muro esterno al primo piano, scala a pioli che aveva un paio di mattoni sotto uno dei piedi dato che il terreno in quel punto era in pendenza, pensai: "Ok, se si spiaccica a terra scavo una buca nel campo e lo seppellisco li'. Poi pulisco in terra con una secchiata d'acqua." Unico problema procurarsi l'acqua, visto che era tutto ghiacciato li' intorno. Non si spiaccico' in terra, finirono il lavoro e se ne andarono. Io nel pomeriggio potei scendere in citta', un' ora d'auto, con la pompa rotta e andare alla termoidraulica in cerca di un modello uguale o simile. Lo trovai simile.
Tornato a casa scoprii che simile significava che era troppo alta per entrare nell'alloggiamento scavato nel muro. Quindi, armato di mazzolo e scalpello e, fortunatamente, martellino pneumatico, mi misi ad allargare l'alloggiamento nel muro...di pietra. Verso l'una di notte riuscii a riattivare l'impianto di riscaldamento. Meno male che il 6 gennaio e' festa e non dovevo andare a lavorare.
Negli anni successivi intrapresi altri lavori di ristrutturazione, fortunatamente non cosi' in emergenza come era stato per la pompa del riscaldamento. Comprai e montai la nuova caldaia, scelta fra quelle a biomassa in quanto col mio lavoro avevo fornitura gratis di legna: non era di prima qualita' ma non solo non la pagavo, risparmiavo anche sulle spese di smaltimento ogni volta che abbattevo o potavo alberi. Costruii la nuova canna fumaria, che passai internamente, portai i tubi per i termosifoni che avrei poi messo nelle stanze che avrei ristrutturato. Quindi mi dedicai alla stanza al grezzo del piano superiore, dove avrei fatto la camera matrimoniale. Demolii il vecchio intonaco; passai i tubi corrugati per l'impianto elettrico, scavando le tracce in questi muri di pietra; imparai a fare l'intonaco, sia per le pareti che per il soffitto. I muri, ovviamente, non erano diritti, e in certi punti l'intonaco dovetti farlo spesso quasi dieci centimetri, e doveva essere ben resistente. Dove le pietre erano belle o non le avevo sciupate scavando le tracce dell' impianto elettrico, le lasciai scoperte e ne stuccai le fughe. Costruii delle pareti in cartongesso, per chiudere la tromba delle scale, creare un guardaroba walk-in e un secondo bagno. Intonacai anche queste pareti. Il pavimento non era in piano, cose che succedono quando le persone fanno fare i lavori alle ditte piu' economiche.
Usai il cemento autolivellante per pareggiarlo. Quindi imbiancai, misi il battiscopa, rivestii il pavimento con un laminato di legno e montai i termosifoni. Costruii un mobile a ripiani da mettere dentro il guardaroba. In un angolo misi una stufa a legna decorativa, piazzata sopra una lastra di pietra serena. L'accendevamo nelle sere di autunno, quando le temperature si abbassavano ma ancora era presto per avviare il riscaldamento.
Usai il cemento autolivellante per pareggiarlo. Quindi imbiancai, misi il battiscopa, rivestii il pavimento con un laminato di legno e montai i termosifoni. Costruii un mobile a ripiani da mettere dentro il guardaroba. In un angolo misi una stufa a legna decorativa, piazzata sopra una lastra di pietra serena. L'accendevamo nelle sere di autunno, quando le temperature si abbassavano ma ancora era presto per avviare il riscaldamento.
Quindi passai a rinnovare la cucina, dove intendevo costruire una cucina in muratura. Feci la parte in muratura, lungo due pareti. Da una parte la cucina vera e propria, dall'altra un piano di lavoro. Montai i piani, semplice formica color legno, vi tagliai l'apertura per il piano di cottura e montai quest'ultimo e il forno al di sotto. I lavori si sono interrotti a questo punto. Lasciai l'Italia. Non ne potevo piu'. Non ho mai messo le piastrelle su questa cucina in muratura, ne' fatto i cassetti e gli sportelli. Ne' tantomeno la serie di mobili pensili che avevo progettato per quella cucina.
Stamane pensavo al caminetto del piano inferiore. Quella grande stanza doveva diventare una specie di taverna, magari con un piano bar in un angolo e di sicuro con un grande tavolo rustico per le cene con gli amici. Amici che non potevano venire a casa mia, perche' mia moglie si "vergognava" dello stato incompleto. Dubito la situazione sarebbe cambiata anche una volta finiti i lavori e magari comprati o costruiti mobili nuovi. Il problema era un altro. Ma indipendentemente da questo mi piaceva fare quei lavori. In fondo erano fini a se stessi. E stamani, pensando a quel caminetto, ho rimpianto di non avere avuto il tempo di sistemarlo. Dovevo rimuovere la pietra serena della base da ampliare e rimontarla magari sollevata dal pavimento. Ricostruire le pareti, mettere una cappa nuova e decorare quest'ultima con un pezzo di trave o meglio ancora un tronco piallato sulla parte superiore perche' fungesse da mensola. Uno di quei tronchi pieni di nodi, il legno reso liscio e magari lucidato con vernice trasparente, o lasciato al naturale. Era qualcosa che non ho mai fatto prima in vita mia, ma che avrei potuto imparare a fare. Cosi' come non avevo mai fatto ma avevo imparato a fare l'intonaco, montare le pareti in cartongesso, livellare un pavimento o costruire un impianto di riscaldamento. Alla fine non sono cose tanto complicate. Le prime volte ci metti il doppio o il triplo del tempo necessario, devi correggere degli sbagli, ma se ci ragioni sopra un minimo riesci a farle. E a farle bene. Io, almeno, ero capace di farle bene.
La domanda ora e': cosa sarei disposto a dare per poter tornare a finire quel caminetto? Per sedermici davanti a guardare un fuoco scoppiettante sorseggiando del liquore al basilico che mi facevo in casa? Per farci la brace e arrostire le castagne nelle sere di fine autunno, o cucinare della carne e delle verdure alla griglia quando fuori c'e' la neve? Cosa sarei disposto a pagare per riavere cio' che era mio? Per riavere quella pace con me stesso che ottenevo mentre mi sistemavo la mia casa? Onestamente non lo so. Talvolta penso che del sangue dovra' scorrere perche' l'Italia si liberi da quei parassiti che la stanno distruggendo. In certi momenti non mi dispiacerebbe essere uno di coloro che spargeranno quel sangue, sangue che sono sempre piu' convinto che andra' a macchiare i marciapiedi e le piazze di molte citta' italiane. Del resto e' gia' successo in passato. Ma le cose sono andate avanti, per me come per tutti, e quella casa nei boschi pieni di funghi e castagne, coi crochi che fioriscono tra l'erba del campo in primavera ed autunno, coi verdi ellebori che crescono fra gli alberi ad inizio e fine inverno, col rumore del torrente e i peri selvatici che diventano una nuvola di fiori bianchi appena fuori dalla finestra, bene, quella casa e quei luoghi sono definitivamente perduti. Bisognerebbe poter riavvolgere il nastro della vita, un bel rewind come facevamo per le musicassette. E quando il nastro si ferma e il tasto scatta, premere play e riprovarci.
Quel caminetto, ormai, e' solo un sogno malinconico. Inutile chiedersi cosa si pagherebbe per riaverlo.
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