Sunday, 18 August 2013

La casa (parte terza)

   Parte prima
   Parte seconda

    Due ore dopo Marco era in biblioteca, fermo davanti ad uno scrittoio che doveva essere del '700 francese. Un calamaio vuoto ed un set di tre penne d'oca stavano appoggiati su un panno verde sul lato sinistro del piano di scrittura... il precedente proprietario era mancino?... mentre nel mezzo stava un voluminoso diario rilegato in pelle nera. Marco lo apri' in un punto a caso: le pagine erano una macchia indistinta di inchiostro bluastro, come se fossero state bagnate. E i fogli erano arricciati sui bordi e pieni di grinze come la carta bagnata e poi asciugata. E non solo le prime pagine che aveva aperto, ma anche le successive. Tutto il diario si era in qualche modo bagnato e poi era stato asciugato. Solo qua e la' alcuni passaggi, scritti in una calligrafia elaborata e fitta, ricca di svolazzi. Il primo leggibile che trovo' diceva:

  They tried again to pass through. This time some passed the hedge but were not able to walk through out the l

   Non aveva senso. Poche pagine dopo c'erano poche altre parole:

   It holds!

   Reggeva? Cosa?
  Mentre continuava a sfogliare le pagine raggrinzite in cerca di altre parti leggibili senti' il rumore di un motore. Chiuse di scatto il diario e si giro' verso l'ingresso. Quindi scatto' deciso verso la porta.
   Arrivo' ad aprire il battente che tre uomini (due uomini ed un ragazzetto, a dire il vero) scendevano da un furgone nero e argento con una decalcomania a coprire l'intera fiancata. Sullo sfondo di un meadow in piena fioritura giganteggiava la scritta Eden Garden.
   I giardinieri, penso'. Poco fantasioso quel nome...
   Il guidatore, un uomo alto e con capelli biondi lunghi fino alle spalle, gli fece un cenno ed un sorriso. -Are you all right?
   Marco stava per rispondere negativamente e sciorinare tutti i suoi problemi, come spesso faceva quando gli rivolgevano quel tipo di saluto. Non mi abituero' mai, si disse. I due compagni del biondo biascicarono un saluto incomprensibile e si diressero verso il retro del furgone.
   -Hi-, rispose. -I'm Marco, the new owner.
   -Really?-  sorrise l'uomo  incamminandosi verso di lui e lasciando l'incombenza di scaricare gli attrezzi agli altri due, un uomo tarchiato e con stampato in faccia "sono un accanito bevitore" il primo, un ragazzo neanche maggiorenne, segaligno e brufoloso il secondo, probabilmente piu' dedito al fumo di marijuana a giudicare dallo sguardo letargico. -They sold it out in the end!
   -What do you mean?-chiese Marco. Di dov'e' questo qui? Che strano accento...
   -Oh, nothing bad. Just that was a long time the house was empty. Since the previous oner died, more than one year ago.
   Marco annui'.
   -Nice to meet you. I'm Sam. Will you move in? Or it's just for holidays?
   -Actually I thought to move in, but...- disse marco stringendo la mano che l'altro gli porgeva.
  Il giardiniere alzo' un sopracciglio. Dietro di lui i suoi sottoposti avevano scaricato gli attrezzi e stavano riempiendo i serbatoi.
   -Oh, nothing. Just everything went wrong since yesterday night. The food I got bad, the car doesn't start.- Marco scosse la testa. -And about the car... Could you give me help?
   -Let's have a look!. Is the key in?
   -Ehm...no. Here it is-, disse Marco frugandosi in tasca e, al cenno dell'altro, lanciandogliela. Marco rimase un attimo ad osservare gli altri due giardinieri che avevano iniziato a lavorare: il ragazzetto, armato di edging shears rifilava i bordi del prato, mentre l'uomo aveva iniziato a ripulire le aiuole dei fiori secchi e delle erbacce.
   -It's the battery!- grido' il giardiniere.
   Ma va?! penso' Marco camminando verso la sua auto.
   -You're lucky. I have a jumper box.
  Mentre Marco raggiungeva la sua auto Sam si diresse al furgone e, apertone lo sportello, si piego' a prendere qualcosa sotto il sedile. Quindi torno' indietro con una scatola di plastica rossa, tenendola per il manico e sollevandola per mostrargliela. Marco aggrotto' le sopracciglia, poi capi' di cosa si trattava e sorrise.
   Pochi minuti dopo Marco stava ringraziando Sam per l'aiuto stando di fianco all'auto in moto.
   -Well, I need to buy some food. I didn't have a breakfast, even.
   -Then you need to go down to the town-, commento' Sam.
  -You're right-, disse Marco storcendo la bocca. -Yesterday I went to the nearly village but I found just rough people and food got bad.
   Un'espressione perplessa comparve sulla faccia di Sam. -Nearby village? The town is the nearest centre.
   -No, there's the village. I don't know the name. It's just two or three miles far.
   -That's Cold Ash...but no one lives in there.
  -Cos... Sorry. What?- Mi vuole prendere per il culo? Ma l'espressione seria sul viso del giardiniere diceva tutt'altro.
   -You must have gone farer to find people. Cold Ash is a ghost village. There just the houses, but no one lives there since the 50s.
   -I don't understand.
  -The original village... It was called with another name before the Second World War... was destroyed during the Blitzkrieg...
   -We are far from London-, commento' Marco interrompendo l'altro.
  -Yes, we are far.  But when Nazis started dropping bombs on England they spotted military airport. London bombing started for a mistake. Well, a military airport stood few miles east of Cold Ash, and one night Nazi bombers dropped their loads on the village instead of the airport. No survivors.
  "After the war the Government rebuilt the village, I don't know why they did it, really. But the new inhabitants fled their homes after few years. No one knows why. Since then it's always been empty.
  Marco guardo' il giardiniere sconcertato. -Perhaps I drove farer then I think...- Ma le sue parole non suonarono convinte.
   Sam lo fisso' per un attimo quindi si strinse nelle spalle, un movimento appena accennato. -Perhaps. Now I have to help my boys. Forgive me.
   -No worries. Thanks again-, rispose Marco accennando all'auto.
   -Had better if you stop at the garage. They'll check the battery properly.
   -I'll do it.
   Sam lo lascio' e Marco ando' in casa per prendere il portafogli, rimuginando su quanto gli era stato detto. Paese vuoto? Lui la gente l'aveva vista. E sentita, anche, se ripensava al tipo che lo aveva urtato uscendo dal negozio. Non aveva guidato a lungo. Ci sara' un paese che lui non conosce, concluse con se stesso.

   Rientro' a casa nel pomeriggio. La prima cosa che aveva fatto arrivato in citta' era stato andare al garage. Avevano controllato la batteria e trovata perfettamente funzionante. Unica spiegazione era che si fosse dimenticato le luci accese. Marco era sicuro di no, ma non stette a discutere. Spero' solo che il problema non fosse dovuto a qualche altro guasto. I cleaners non sarebbero venuti fino al mercoledi' della settimana successiva, e rimanere bloccato la' per altri cinque giorni non lo entusiasmava. Dopo il garage ando' al supermercato, fece provviste abbondanti, e stava per mettersi sulla via del ritorno quando decise di dare un'occhiata in giro. Non che ci fosse molto da vedere, oltre un parco con una serie di piccoli laghi ed uno piu' grande per la pesca sportiva. A mezzogiorno trovo' un caffe' che serviva ancora le colazioni ed ordino' una Great British Breakfast: salsicce, funghi e uova e tutto il resto erano ottimi per pranzo. Dopo pranzo si fermo' a dare un'occhiata alla biblioteca locale, stranamente piu' ben fornita, sia per numero di volumi che per la loro importanza, di tutte le biblioteche che aveva visto a Londra.
   Fra una cosa e un'altra, arrivo' a casa che erano le due e tranta passate. Trovo' il prato rasato, con perfette strisce chiare e scure, i mix borders in ordine, il ghiaino del piazzale rastrellato e nessuna traccia dei giardinieri. Precisi, efficenti e veloci, a quanto pareva.
   Ma per pagarli? Non aveva idea di come funzionasse. Chiedero'.

  Dopo pranzo decise di fare una passeggiata all'interno della proprieta' e si incammino' nel boschetto di betulle, aceri e querce che si stendeva a ovest del cottage. Pochi passi lungo il sentiero di terra battuta e si senti' letteralmente piu' leggero. Come se tutti i pensieri e le brutte esperienze del giorno prima e di quel mattino non fossero accaduti.
    Cammino' un poco fra gli alberi, pieni di uccelli. Nessun passero, pero'. Non ne aveva mai visti molti in Inghilterra. Tanti altri uccelli della stessa famiglia, in genere piu' variopinti, ma i nugoli di passeri tipici dell'Italia non li aveva mai visti. Qualcuno, una volta, gli aveva detto che in passato ce n'erano tantissimi. Magari me lo hanno detto cosi', per farmi contento, penso'. Il sottobosco non era particolarmente fitto. C'erano felci, alcuni rovi carichi di more, ed un'infinita' di altri arbusti ed erbe che non conosceva.
Mangio' un po' di more, non le piu' saporite che avesse mai mangiato, ma grazie all'estate secca e calda, una stagione letteralmente presa in prestito dal Mediterraneo, non erano cattive. Poi, soddisfatto, e sazio pure, si rese conto con sua sorpresa, fece ritorno a casa. Trascorse il resto del pomeriggio in biblioteca, ceno' presto e si mise a letto con un libro. Ulysses, di James Joyce. Si era sempre ripromesso di leggerlo.
   Si addormento' mentre leggeva:

  Shouts from the open window startling evening in the quadrangle. A deaf gardener, aproned, masked with Matthew Arnold's face, pushes his mower on the sombre lawn watching narrowly the dancing motes of grasshalms.
   To ourselves... new paganism... omphalos.
   -Let him stay-, Stephen said. -There's nothing wrong with him except at night.

   Fece un incubo anche quella notte.

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