...in
casa era buio, quel buio che c'e' poco prima del crepuscolo
mattutino, quando gli oggetti gia' cominciano a delinearsi e riesci a
dare loro dimensione e posizione nello spazio, ma non certo a
distinguerne i particolari e spesso scambi una cosa per un'altra. La
sua camera era silenziosa, ma qualcosa lo aveva svegliato. Col cuore
che inspiegabilmente gli batteva forte rimase immobile, in ascolto, a
tratti trattenendo il respiro perche' gli risuonava forte nelle
orecchie. Niente, nessun suono. Niente di niente. Ma una strana
sensazione era all'origine della sua ansia, si rese conto, la
sensazione che qualcuno o qualcosa fosse in attesa di lui.
In
attesa? Non aveva senso... oppure si'? Incerto, si alzo' dal letto e,
a piedi scalzi, raggiunse la finestra. E li vide. Stavano sul prato
davanti alla casa, eccetto che al posto del prato c'era una distesa
di erbe alte al ginocchio e parzialmente seccate dall'inverno. Nel
buio non riusciva a contarli in maniera precisa, ma erano diverse
decine. Uomini e donne, disposti disordinatamente, immobili a fissare
la casa. A fissare la finestra a cui si era affacciato. A fissare
lui. E gli occhi... riflettevano come gli occhi dei gatti la poca
luce che filtrava dalle nubi. Non producevano nessun rumore, si
limitavano a fissarlo, le braccia abbandonate lungo i fianchi, il
capo inclinato all'indietro. Vestivano panni grezzi, incolori; alcuni
uomini portavano un cappello, alcune delle donne avevano i capelli
racchiusi in un fazzoletto. I capelli lunghi delle donne, insieme
all'erba alta e alle loro sottane, erano le uniche cose che si
muovessero, agitati di tanto in tanto da un refolo di vento...
...Marco
fissava la porta della casa. I colpi di pugni contro il battente
erano incessanti. Qualcuno stava addirittura battendo contro lo
stipite e i muri di pietra. Nessuno parlava o emetteva un suono.
Stavano tutti ammassati dietro la porta, premendo per aprirla.
Improvvisamente
la serratura gemette, il legno dello stipite si scheggio' e il
battente si piego' verso l'interno, minacciando di cedere. Con un
grido, Marco si lancio' contro la porta, premendo con la spalla per
opporsi alla spinta che giungeva dall'esterno. Il battente si piego'
ancor di piu' nella parte superiore e quello che era uno spiraglio si
allargo' al punto che Marco vide una porzione di viso al di la' della
porta.
Poi
la serrattura cedette con uno schianto...
...Marco
era in piedi al centro della strada. La notte era fredda e sferzata
da un vento umido che soffiava a raffiche, agitando i pantaloni del
pigiama intorno alle sue gambe scarne. L'asfalto freddo risucchiava
il calore dai suoi piedi nudi. Due file di case uguali si
allontanavano parallele nel buio. Il villaggio dove era stato a fare
la spesa? Nessuna luce filtrava da una delle finestre, nessun
lampione era acceso in strada. Poi, Marco si rese conto che di
lampioni non ce n'erano: ne' pali, ne' fissati alle pareti delle case
o sospesi da cavi al disopra della strada. E le finestre erano
occhiaie vuote da cui gli infissi erano stati letteralmente
strappati. Le porte di ingresso giacevano abbattute all'interno degli
edifici.
Una
raffica di vento piu' forte levatosi alle sue spalle lo prese di
sorpresa, facendolo barcollare verso le file delle case. Si era
appena risollevato quando un altro colpo di vento lo costrinse a fare
un passo in piu'. La terza raffica non lo colse impreparato, ed
opponendosi inclinando in corpo contro vento rimase sul posto. Il
vento comincio' a soffiare in maniera continuata, crescendo di
intensita'. Fogli, sacchetti vuoti e altra spazzatura prese a
volargli intorno, insieme ad erba e foglie e nuvole di polvere. Marco
oppose tutto il suo corpo alla spinta del vento, spinse nella
direzione opposta, ma piano piano il vento comincio' a prevalere su
di lui. Gli parve che quasi diventasse qualcosa di corporeo, tanto lo
aveva avvolto intorno alle gambe e alle spalle. era come se delle
mani premessero, lo spingessero verso il villaggio deserto. Un passo
dopo l'altro, Marco inizio' a muoversi verso gli edifici abbandonati.
Ormai il vento lo aveva costretto a girarsi, il viso rivolto alle
case, mentre continuava a premere sulle gambe, le braccia allargate e
sulla schiena, fecendo forza in modo migliore. Marco era costretto a
sollevare i piedi e a muovere un passo dopo un altro, solo per
evitare che il vento lo trascinasse.
Le
case si facevano sempre piu' vicine...
...la
porta era spalancata. La folla stava di fronte alla casa, nel buio
della notte silenziosa e immota. Occhi lucenti come quelli dei gatti.
Figure scolorite nella notte, volti anonimi i cui lineamenti non
rimanevano nella memoria. Improvvisamente un uomo fece un passo verso
la porta aperta e il resto della folla lo segui'.
Marco
li vide venire verso di lui...
...con
un ansito Marco si sollevo' a sedere sul letto. La luce del sole
entrava dalle finestre prive di tende.
"E'
gia' giorno?"
Ansimando,
una patina di sudore a coprirgli la fronte, allungo' una mano verso
il cellulare.
"Le
4:30? Cazzo!"
Con
un gemito si lascio' ricadere sul cuscino. E niente campo, si rese
conto guardando lo schermo del cellulare. Lasciando cadere
l'apparecchio inutile sul letto al suo fianco, rimase a fissare il
soffitto. Che fare? Di riprendere sonno non c'era alcuna
possibilita', lo sapeva benissimo. Ma non aveva nessuna voglia di
alzarsi. Non aveva neanche pensato di prendersi un libro dalla
fornitissima biblioteca del piano di sotto.
Una
pressione sempre piu' forte alla vescica e i brontolii dello stomaco
lo costrinsero infine a decidere di alzarsi. Uso' il bagno della
camera, quindi, ancora in pigiama, scese in cucina per fare
colazione.
Prese
il latte dal frigo, una tazza e i cereali dalla credenza e programmo'
il microonde. Apri' la bottiglia del latte e lo verso'. Il latte
colo' nella tazza con un risucchio liquido, una massa di yogurt
acido. Marco non sapeva se essere esterrefatto o infuriato. Alzo' la
bottiglia all'altezza degli occhi per leggere la data di scadenza
solo per scoprire che dove la l'etichetta la riportava era cosi'
scolorita da essere illeggibile.
-Assurdo-,
mormoro'.
Colto
da una strana idea afferro' la scatola dei cereali e la apri'. Il
sacchetto di plastica all'interno del cartone era rotto. Quello che
venne fuori quando lo scosse era simile a segatura di legno. I
brontolii del suo stomaco aumentarono.
Colazione
in citta', decise. Gettata la confezione dei cereali nella
pattumiera, svuotato il latte nel lavandino e mandata la bottiglia a
seguire i cereali, Marco risali' le scale verso la camera da letto.
La tazza l'avrebbe lavata al suo ritorno, insieme alle stoviglie
della sera prima.
Dieci
minuti dopo era seduto al volante della sua auto, girando
ripetutamente ed inutilmente la chiave, ascoltando i click-click che
ogni volta si producevano, e fissando incredulo il quadro che non
dava segni di vita. La batteria era morta.
La
testa gli cadde contro il volante mentre un paio di singhiozzi gli
sfuggivano dalle labbra. Auto in panne, cellulare senza campo, in un
posto sperduto e dimenticato da Dio, col villaggio piu' vicino a
oltre due miglia e abitato dalle persone piu' incivili che avesse mai
incontrato, e la cittadina successiva a quindici miglia e piu'.
Ma
chi glielo aveva fatto fare di rimanere per la notte?
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