Thursday, 8 August 2013

La casa (parte seconda)

...in casa era buio, quel buio che c'e' poco prima del crepuscolo mattutino, quando gli oggetti gia' cominciano a delinearsi e riesci a dare loro dimensione e posizione nello spazio, ma non certo a distinguerne i particolari e spesso scambi una cosa per un'altra. La sua camera era silenziosa, ma qualcosa lo aveva svegliato. Col cuore che inspiegabilmente gli batteva forte rimase immobile, in ascolto, a tratti trattenendo il respiro perche' gli risuonava forte nelle orecchie. Niente, nessun suono. Niente di niente. Ma una strana sensazione era all'origine della sua ansia, si rese conto, la sensazione che qualcuno o qualcosa fosse in attesa di lui.
In attesa? Non aveva senso... oppure si'? Incerto, si alzo' dal letto e, a piedi scalzi, raggiunse la finestra. E li vide. Stavano sul prato davanti alla casa, eccetto che al posto del prato c'era una distesa di erbe alte al ginocchio e parzialmente seccate dall'inverno. Nel buio non riusciva a contarli in maniera precisa, ma erano diverse decine. Uomini e donne, disposti disordinatamente, immobili a fissare la casa. A fissare la finestra a cui si era affacciato. A fissare lui. E gli occhi... riflettevano come gli occhi dei gatti la poca luce che filtrava dalle nubi. Non producevano nessun rumore, si limitavano a fissarlo, le braccia abbandonate lungo i fianchi, il capo inclinato all'indietro. Vestivano panni grezzi, incolori; alcuni uomini portavano un cappello, alcune delle donne avevano i capelli racchiusi in un fazzoletto. I capelli lunghi delle donne, insieme all'erba alta e alle loro sottane, erano le uniche cose che si muovessero, agitati di tanto in tanto da un refolo di vento...

...Marco fissava la porta della casa. I colpi di pugni contro il battente erano incessanti. Qualcuno stava addirittura battendo contro lo stipite e i muri di pietra. Nessuno parlava o emetteva un suono. Stavano tutti ammassati dietro la porta, premendo per aprirla.
Improvvisamente la serratura gemette, il legno dello stipite si scheggio' e il battente si piego' verso l'interno, minacciando di cedere. Con un grido, Marco si lancio' contro la porta, premendo con la spalla per opporsi alla spinta che giungeva dall'esterno. Il battente si piego' ancor di piu' nella parte superiore e quello che era uno spiraglio si allargo' al punto che Marco vide una porzione di viso al di la' della porta.
Poi la serrattura cedette con uno schianto...

...Marco era in piedi al centro della strada. La notte era fredda e sferzata da un vento umido che soffiava a raffiche, agitando i pantaloni del pigiama intorno alle sue gambe scarne. L'asfalto freddo risucchiava il calore dai suoi piedi nudi. Due file di case uguali si allontanavano parallele nel buio. Il villaggio dove era stato a fare la spesa? Nessuna luce filtrava da una delle finestre, nessun lampione era acceso in strada. Poi, Marco si rese conto che di lampioni non ce n'erano: ne' pali, ne' fissati alle pareti delle case o sospesi da cavi al disopra della strada. E le finestre erano occhiaie vuote da cui gli infissi erano stati letteralmente strappati. Le porte di ingresso giacevano abbattute all'interno degli edifici.
Una raffica di vento piu' forte levatosi alle sue spalle lo prese di sorpresa, facendolo barcollare verso le file delle case. Si era appena risollevato quando un altro colpo di vento lo costrinse a fare un passo in piu'. La terza raffica non lo colse impreparato, ed opponendosi inclinando in corpo contro vento rimase sul posto. Il vento comincio' a soffiare in maniera continuata, crescendo di intensita'. Fogli, sacchetti vuoti e altra spazzatura prese a volargli intorno, insieme ad erba e foglie e nuvole di polvere. Marco oppose tutto il suo corpo alla spinta del vento, spinse nella direzione opposta, ma piano piano il vento comincio' a prevalere su di lui. Gli parve che quasi diventasse qualcosa di corporeo, tanto lo aveva avvolto intorno alle gambe e alle spalle. era come se delle mani premessero, lo spingessero verso il villaggio deserto. Un passo dopo l'altro, Marco inizio' a muoversi verso gli edifici abbandonati. Ormai il vento lo aveva costretto a girarsi, il viso rivolto alle case, mentre continuava a premere sulle gambe, le braccia allargate e sulla schiena, fecendo forza in modo migliore. Marco era costretto a sollevare i piedi e a muovere un passo dopo un altro, solo per evitare che il vento lo trascinasse.
Le case si facevano sempre piu' vicine...

...la porta era spalancata. La folla stava di fronte alla casa, nel buio della notte silenziosa e immota. Occhi lucenti come quelli dei gatti. Figure scolorite nella notte, volti anonimi i cui lineamenti non rimanevano nella memoria. Improvvisamente un uomo fece un passo verso la porta aperta e il resto della folla lo segui'.
Marco li vide venire verso di lui...

...con un ansito Marco si sollevo' a sedere sul letto. La luce del sole entrava dalle finestre prive di tende.
"E' gia' giorno?"
Ansimando, una patina di sudore a coprirgli la fronte, allungo' una mano verso il cellulare.
"Le 4:30? Cazzo!"
Con un gemito si lascio' ricadere sul cuscino. E niente campo, si rese conto guardando lo schermo del cellulare. Lasciando cadere l'apparecchio inutile sul letto al suo fianco, rimase a fissare il soffitto. Che fare? Di riprendere sonno non c'era alcuna possibilita', lo sapeva benissimo. Ma non aveva nessuna voglia di alzarsi. Non aveva neanche pensato di prendersi un libro dalla fornitissima biblioteca del piano di sotto.
Una pressione sempre piu' forte alla vescica e i brontolii dello stomaco lo costrinsero infine a decidere di alzarsi. Uso' il bagno della camera, quindi, ancora in pigiama, scese in cucina per fare colazione.
Prese il latte dal frigo, una tazza e i cereali dalla credenza e programmo' il microonde. Apri' la bottiglia del latte e lo verso'. Il latte colo' nella tazza con un risucchio liquido, una massa di yogurt acido. Marco non sapeva se essere esterrefatto o infuriato. Alzo' la bottiglia all'altezza degli occhi per leggere la data di scadenza solo per scoprire che dove la l'etichetta la riportava era cosi' scolorita da essere illeggibile.
-Assurdo-, mormoro'.
Colto da una strana idea afferro' la scatola dei cereali e la apri'. Il sacchetto di plastica all'interno del cartone era rotto. Quello che venne fuori quando lo scosse era simile a segatura di legno. I brontolii del suo stomaco aumentarono.
Colazione in citta', decise. Gettata la confezione dei cereali nella pattumiera, svuotato il latte nel lavandino e mandata la bottiglia a seguire i cereali, Marco risali' le scale verso la camera da letto. La tazza l'avrebbe lavata al suo ritorno, insieme alle stoviglie della sera prima.
Dieci minuti dopo era seduto al volante della sua auto, girando ripetutamente ed inutilmente la chiave, ascoltando i click-click che ogni volta si producevano, e fissando incredulo il quadro che non dava segni di vita. La batteria era morta.
La testa gli cadde contro il volante mentre un paio di singhiozzi gli sfuggivano dalle labbra. Auto in panne, cellulare senza campo, in un posto sperduto e dimenticato da Dio, col villaggio piu' vicino a oltre due miglia e abitato dalle persone piu' incivili che avesse mai incontrato, e la cittadina successiva a quindici miglia e piu'.
Ma chi glielo aveva fatto fare di rimanere per la notte?


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