Qui ancora arranco. Costruirmi un mondo attorno, atto ad ospitarmi, e' impresa piu' difficile del previsto. Specie se chi dovrebbe aiutare ti gioca contro. Non e' sufficiente liberare la fantasia, erigere bastioni e distendere una nuova terra coi suoi fiumi e foreste. Straniero in terra straniera, in un luogo che non ha odori e dove i sapori sono diversi, dove la gente e' aliena e il cui modo di ragionare e' incomprensibile. L'ignoranza non lascia altro spazio che a conversazioni sull'andare per locali o al divertimento che trovano nell'ubriachezza. Qui serve sudore e fatica, e forza d'animo per resistere al sospetto e all'avversione naturalmente destinate ad uno straniero, che si gonfiano non appena comprendono che ti sono inferiori. Ti ritrovi a trattare con un popolo la cui filosofia e': "Mai parlare chiaro, sempre tenere tutte le porte aperte fino all'ultimo istante. Una mail di scuse sara' sufficiente, alla fine." Le famose buona educazione e meritocrazia britanniche sono solo una balla. La prima e' giusto una scorza sottile che riveste temperamenti duri verso il prossimo, la seconda e' durata fin quando hanno avuto bisogno di braccia (e teste). Ora che l'immigrazione dal Sud e dall'Est dell'Europa ha fornito cio' in sovrannumero, la meritocrazia va scomparendo ingoiata dallo sfruttamento.
Non c'e' altro da fare che tenere duro, crearsi il proprio spazio a spallate, ed un pezzetto alla volta costruirsi un'isola, da cui partire per creare nuove terre, fin quando il tuo globo sara' completo e sarai tornato al punto di partenza. O su cui resistere, fin quando sara' possibile fare ritorno alla terra natale o veleggiare verso altri lidi.
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