"There are ghosts everywhere," Ser Jorah said softly. "We carry them with us wherever we go."
(George R. R. Martin, A Song of Ice and Fire)
Viviamo coi nostri fantasmi. Figure incorporee, evanescenti apparizioni, oppure corpi cosi' solidi che necessitiamo di tenerli a distanza. Si manifestano in uno sguardo perso nel vuoto, nel brandello di un ricordo, la rimembranza di un'emozione; tornano a noi nello sbagliare un nome, in una similitudine, nelle medesime abitudini o gusti in due persone totalmente diverse.
Ci sono entrati dentro col tempo, li abbiamo respirati, mangiati, assorbiti attraverso i pori della pelle. Li sudiamo fuori tutte le notti in sogni agro-dolci che ci velano la pelle, solo per essere scrollati via con le briciole dei sogni che ci chiudono gli occhi al risveglio. Si sono attaccati a noi con gli uncini delle cose belle, uncini affilati affondati profondamente nella carne e nelle viscere, uncini dolorosi fabbricati coi nostri momenti piacevoli, forgiando il lucido metallo della gioia diventato nero nel rimpianto. Non possiamo staccarli senza lacerarci, non possiamo dividercene perche' non lo vogliamo. Possiamo rinunciare alle persone che un tempo li hanno incarnati ma non ai loro fantasmi, perche' sarebbe come rinunciare a una parte di noi, perche' abbiamo amato quelle persone, perche' abbiamo dato loro una parte di noi da portarsi via o abbiamo lasciato che se la prendessero, perche' ci erano cari e non importava che ci meritassero oppure no, ed i loro fantasmi ci ricordano quell'amore che abbiamo provato.
I fantasmi ci ricordano come una persona che ci ha amati ci sia stata strappata, ci ricordano la sofferenza provata nello scacciare qualcuno che abbiamo amato ma che ci uccideva un pezzetto alla volta: persone che in un modo o in un altro non ci sono piu', persone che avremmo voluto continuare ad avere al nostro fianco. I fantasmi li creiamo noi, quando ci costringiamo a stare lontani da una persona che ancora amiamo e che ci ha amati, una persona che ancora e' li' ma non piu' per noi, una persona con la quale abbiamo condiviso tanto per svegliarci un giorno e scoprire che qualcosa, nessuno sa cosa, non ha funzionato, una piccola rotella dell'ingranaggio che ha inceppato tutta la macchina, un rimpianto trasformato in fantasma, perche' carne e sangue sono troppo dolorosi da affrontare.
Che sia lo spettro di un dolore, che sia il fantasma di una gioia, esso ci appartiene. Quel fantasma siamo noi, quello spettro serve a compensare in parte cio' che di noi e' stato portato via, ci e' stato strappato o sottratto con le bugie. Ma che caro prezzo paghiamo per riempire solo in parte il vuoto creatosi. Solo il ricordare e' dolore, azioni fatte lontano da noi riescono ancora a ferirci, il nuovo corso che cerchiamo di dare alla nostra vita viene stravolto dalle sciocchezze, un luogo o un letto condivisi con un altro diventano tabu', la sofferenza che mi attanaglia nel vedere gli occhi di lei quando il nome sbagliato affiora alle labbra in un momento di tensione o capisco che l'ho pronunciato nel sonno.
Non odiamo i fanstasmi dell'altro, non odiamo i nostri fantasmi, cari compagni che tentano di darci conforto. Quei fantasmi sono parte di noi, sono parte di lei, sono parte di lui. Se ami l'altro per cio' che e', non e' forse anche per i suoi fantasmi che lo ami? Non saremmo forse qualcun altro, senza i nostri fantasmi?
Ma quel qualcun altro avrebbe sicuramente i suoi spettri del passato.
Colpa di Samhain: il velo tra i mondi si alleggerisce e i fantasmi vi passano attraverso.
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