Prima che il ricordo sbiadisca (potrà mai?), provo a
mettere per iscritto la Londra che risulta dalla mia esperienza
personale di 5 anni, fra “hard flat sharing” (appartamenti divisi
con indiani sudicioni, topi ed inglesi dalla cagata a spruzzo)
e “speed interview” (i colloqui di lavoro a Londra che ricordano
gli speed date, dove il lavoro viene dato al primo che lo accetta e
da cui ci aspetta massima fedeltà negli anni, poco importa se non
hai neanche avuto il tempo di valutare pure solo la parte economica
prima di essere costretto ad accettarlo, pena vedere il lavoro dato a
quello dopo di te). Trattasi di un'esperienza personale, e come tale
deve essere valutata, ma sono sicuro che non mancheranno le voci che
diranno che io non ho capito niente di Londra, che non è minimamente
come io la descrivo, eccetera eccetera eccetera. Come il ragazzetto
che dopo oltre un anno a Londra, senza aver mai lavorato in quanto
foraggiato dalla pecunia genitoriale diligentemente spedita dalla
Sardegna, né aver realmente neppure studiato durante quel periodo,
in quanto il corso che avrebbe voluto fare era troppo costoso, alla
mia affermazione che in UK non esiste la meritocrazia mi disse che
per affermare ciò dovevo non aver capito niente di questa nazione.
Al di là della validità o meno della mia affermazione, sarebbe
opportuno aver sperimentato il mondo del lavoro prima di supporre di
essere qualificati a dire la propria opinione in merito.
E di casi simili ne ho tanti: dal programmatore
residente a Londra da 13 anni che era stato una volta sola nell'East
End (a casa di amici) ma riteneva di conoscere “Londra come le sue
tasche”; alla tipa che dopo pochi mesi a Londra consigliava a
persone con un lavoro fisso in Italia e che non parlavano inglese di
licenziarsi e andare a Londra, ché un lavoro lo trovavano subito,
ritenendo di avere esperienza per parlare perché lei “aveva
vissuto sui benefit” (le traduzioni letterali dall'inglese
all'italiano possono risultare in traumi fisici per schiacciamento
per le parole, fate attenzione); al coglioncello che urlava “Italia
merda!” perché in Italia non aveva lavoro e qui aveva trovato
subito il lavoro della sua vita: mettere volantini publicitari nelle
cassette della posta. E poi quelli che vivevano vicino a musei
particolari ma conoscevano solo Brick Lane; e quelli che dicono che
Londra è una città sicura ma non hanno mai visto le statistiche sui
crimini; quelli che non si sono mai resi conto che i costi dei
trasporti aumentano in proporzione quasi geometrica, o che credono
che il monte paghe aumenti perché vi vengono considerati anche i
bonus dei manager, mentre l'unica cosa che aumenta a Londra è il
numero di persone che si deve dividere lo stesso monte paghe (vedi
dati governativi 2014); quelli che hanno inneggiato a Londra città
della tolleranza per l'elezione a sindaco del Cane Sadico, quando se
sommi musulmani e liberal shit fautori della distruzione della
civiltà occidentale ottiene la maggioranza degli elettori (e gli
effetti di quell'elezione si cominciano a vedere, direi, ma
ovviamente devi avere gli occhi aperti).
Dopo questa introduzione, viene da sé che se, tu
lettore, ritieni che io non abbia capito niente di Londra, significa
che tu non hai capito proprio un cazzo non di Londra, ma della vita.
E l'unica cosa a tua discolpa che riesco a immaginare è che non
esiste una sola Londra, bensì multiple, nelle quali si muovono per
lo più sonnambuli e creature allucinate che non vedrebbero ciò che
non vogliono vedere neanche se ci sbattessero contro. Ma vi capisco:
preferite fingere di essere felici piuttosto che valutare l'ipotesi
di tagliarvi le vene. Anche se non capisco come si possa riuscire a
fingere di essere felici quando si vive in case dove crescono i
funghi, o infestate di topi, o con una perdita d'acqua esattamente
sul vostro letto, o dividendo una stanza con uno sconosciuto (a volte
più d'uno), o lerce da far paura, giusto per fare una brevissima
lista lungi dall'essere esaustiva. Ma effettivamente ho incontrato
poche persone che riuscivano a fingere abbastanza bene da far venire
il dubbio che fossero felici veramente.
Cambiamenti contingenziali e ricerca di lavoro
Ma lasciamo da parte i dummies e concentriamoci su
Londra. Londra cambia velocemente, mostra facce sempre nuove, si
“rinnova” con estrema facilità. La maggior parte delle sue
dinamiche muta in pochi anni, quindi si necessita di fonti di
informazione fresche e addentro alla dinamica contingente per capire
come muoversi. Per tale motivo un'esperienza decennale di vita a
Londra non è necessariamente certezza di conoscenza e buoni
consigli, in tanti campi. Mi ricordo, per esempio, i commenti che
tanti “decani” davano nel 2012/13 ai neo-arrivati su come cercare
lavoro e affrontare le interview. Io pensavo, ma questi sono
completamente estraniati dalla realtà! E
in un certo qual senso lo erano. Arrivati a Londra prima della crisi
del 2008, quando era facile, quando Londra aveva più lavori che
persone e prendeva tutti, accettava cani e porci, le paghe erano alte
e lo stato pagava fino a 24 ore di lezione di inglese per meglio
introdurti nel mondo del lavoro, erano ormai ben inseriti nel network
lavorativo, da anni non facevano una interview o se la facevano era
per posizioni superiori. Insomma, non avevano la minima idea di come
le cose erano cambiate intorno a loro e nella loro supponenza davano
consigli inattuabili a chi muovesse i primi passi in quel di Londra.
Ma Londra è molto gattopardiana, non fatevi ingannare. Il Regno
Unito è ancora guidato da quella classe nobiliare che sottomise
l'isola a partire dal 1066. I cambiamenti sono di facciata,
interessano le modalità, mentre lo spirito che anima le scelte
politico/economiche e di conseguenza sociali, rimane immutato: è la
situazione contingente su cui lo spirito viene applicato che muta, e
se conoscete lo spirito e avete un'idea anche solo grossolana di
quale sia la contingenza, potrete estrapolare le vostre regole di
comportamento.
Londra citta stressante?
Londra non è una città difficile da vivere. Tutto è
molto semplice e fatto per funzionare autonomamente. Spostarsi è
semplice, internet fornisce un grande aiuto per sapere dove andare,
come andarci e cosa cercare dove. Se puoi pagare ottieni ciò che
vuoi, se non puoi pagare sei nella merda. Simple like that.
Non ci sono particolari alchimie socio-culturali da comprendere
quando hai soldi in tasca, anche perché la tanto vantata città
culturale è in realtà una città non-culturale: è il vuoto sotto
la laminatura di facciata che la definisce, la scarsa profondità
della sua offerta che la fa unica nella sua varietà. Anche
nell'offerta culturale, ovviamente, il denaro fa la differenza in ciò
che si può ottenere. Londra non è nemmeno una città stressante: lo
è molto meno delle città italiane, dove lo stile di vita impostoci
ci lascia con poco tempo libero per tutte le inutili attività che
altri hanno deciso siano “obbligatorie”, ci costringe a corse
assurde per arrivare nei negozi prima di chiusure sempre più
ritardate. Lo stress è solo una moda, per i londinesi, così come la
loro ostentata psicopatia. Intendiamoci, a Londra finisci per
diventare psicopatico per davvero. Devi, se vuoi starci: empatia e
rimorso sono pericolose in un ambiente come quello londinese, mentre
l'egocentrismo è fondamentale. Riprenderò il discorso
sull'egocentrismo più avanti.
Depressione londinese
Cosa rende Londra una città difficile per tanti,
dunque? Principalmente la scarsità e pochezza dei rapporti umani, la
loro superficialità e falsità, la loro temporaneità. A Londra è
tutto temporaneo: abitazione, lavoro, amicizie. E questo di certo non
aiuta a costruire quella stabilità di cui gli esseri umani
necessitano. Si viene ammessi in un circolo sociale per lo più in
base al lavoro che si svolge. Poco importa quali siano i tuoi
interessi, i tuoi studi o le tue conoscenze. Se lavori come
giardiniere te la devi fare coi tuoi colleghi di lavoro, e chi se ne
frega se sei capitato con la feccia dell'Inghilterra. E anche i tuoi
interessi extra lavorativi si devono adeguare a questa regola. Quando
io, giardiniere, ho osato frequentare conferenze di storia, mi sono
sentito chiedere da degli inglesi cosa ci facessi là, dato che non
lavoravo né studiavo in nessun campo connesso alla materia; e quando
sono andato a delle letture dello Ulysses di Joyce, sono stato
invitato al pub per essere studiato ed esaminato, come un animale da
bestiario, per poi essere ignorato e non ricevere più neanche un
saluto.
Per quelle persone che non sono attratte dai
divertimenti edonistici Londra può essere decisamente priva di
attrattive. Soprattutto se non si ha la capacità di concentrarsi su
un qualsiasi impegno o passatempo che ti impedisca di vedere cosa hai
intorno. Ho visto molte persone cadere preda di quella che io chiamo
la Depressione Londinese, rinchiudersi nella loro stanza e drogarsi
di internet, uscire solo per andare a fare un lavoro privo di
soddisfazioni o rinunciare addirittura a cercarlo, un lavoro, e
infine tornarsene a casa. Quella vera, che avevano lasciato. Io
stesso ho sofferto di tale depressione, e non c'è niente che te la
levi dalle ossa, perché è impossibile trovare quel senso di
appartenenza di cui necessitiamo: appartenenza ad un luogo, un gruppo
o una persona.
Ancora sullo stress che non esiste
Ritornando allo stress:
i ritmi di lavoro londinesi (e britannici ancor di più) non sono
minimamente al livello di quelli italiani. Un operaio inglese in
italia non sopravviverebbe una settimana; i colletti bianchi si
ritroverebbero all'orario di chiusura degli uffici senza aver
prodotto assolutamente niente, abituati come sono a cazzeggiare tutto
il giorno per poi concentrare il lavoro nell'ultima ora o mezz'ora e
invariabilmente essere costretti a fare overtime
(straordinario, spesso non
retribuito). Ricordo una manager di banca, una che “tirava su 600
sterline al giorno”, che si lamentava che alle 7 di sera lei era
ancora al lavoro, mentre la sua controparte italiana alle 4 o al
massimo alle 5 era già andata a casa. Solo che la controparte
italiana entra a lavoro alle 7 e 30, ha mezz'ora per il pranzo e
prima di staccare per pranzare ha già prodotto quanto a Londra viene
prodotto in 2 giorni, mentre la nostra manager londinese entrava a
lavoro fra le 9 e le 10 (più verso le 10), si prendeva 2 ore per
pranzare con parenti e/o amici, passava il pomeriggio a scarrozzare
il figlio del compagno in qua e là o per fare la spesa e portarla a
casa. Londra si è creata una reputazione di luogo duro, dove solo i
migliori riescono, quando in realtà ha raccolto insieme a tanti
meritevoli (prima del 2008) anche tanto del peggio dell'Italia e di
altre nazioni: ovvero tutti coloro che per un motivo o per un altro
avevano fallito nel paese di origine. I quali, ovviamente, dopo aver
avuto un immeritato successo, non erano minimamente disposti a
rinunciare al merito personale di tale successo ed hanno intortato la
storiella della tough city.
Ma se vuoi mantenere una fama usurpata qualcosa devi pagare in
cambio, e i londinesi lo pagano con gli orari di lavoro: non si può
avere finito tutti i compiti assegnati per le 2 del pomeriggio e
magari andarsene a casa come facevo io quando lavoravo all'Olympic
Park e al più grande living wall d'Europa.
Se vuoi dare ad intendere che lavori duro devi rimanere in ufficio
fino a buio e oltre.
Ovviamente ci sono anche aziende dove le condizioni
lavorative sono realmente dure o addirittura disumane, in un paio
così ci ho lavorato pure io. Ma impiegano tutte immigrati di recente
arrivo e dal basso profilo professionale. Così come ci sono persone
capaci che sono dovute emigrare a Londra perché in patria avevano
tutte le porte chiuse, tipo i ricercatori scientifici per fare un
esempio; ma anche loro rientrano a buon titolo fra coloro che “hanno
fallito in patria”, pure se non per loro colpa ma per un sistema
perverso.
Sapersi vendere
In un ambiente dove le
capacità personali, spesso, non hanno grande rilevanza,
l'appartenenza ad una classe sociale o a un gruppo etnico o a una
qualsiasi minoranza diventano fattori di successo. Per esempio, nel
mio settore, il giardinaggio, i posti migliori erano riservati ad
inglesi e membri bianchi del Commonwealth; le farmacie e la medicina
generale sembrano non avere altri impiegati che indiani; la
distribuzione dei farmaci parrebbe invece appannagio dei pakistani.
In un ambiente del genere il sapersi vendere in fase di reclutamento
diventa più importante di essere capace di eseguire il tuo lavoro.
Ricordo che ricevetti una risposta negativa ad una mia application
e che nella mail veniva chiaramente detto che la selezione e la
scelta finale del candidato erano state fatte sulla base della
qualità delle cover letter.
In pratica, come i candidati avevano scritto la loro cover letter. O
meglio, come una terza persona aveva scritto la cover letter per
loro, era passato avanti alle conoscenze e capacità dei candidati
stessi. Alla mia replica che faceva loro notare ciò fu risposto che
avevo frainteso il senso e che, anzi, la mia era una delle cover
letter scritte meglio. A parte la soddisfazione di aver scritto di
mio pugno una delle “migliori cover letter”, c'era solo la
comprensione del perché il giardinaggio in Inghilterra sia scaduto
così tanto.
La meritocrazia non esiste
La meritocrazia è una balla, come ho già scritto e
come sempre più persone stanno realizzando ora che il numero di
immigrati è aumentato a dismisura. Ma come si poteva credere, dico
io, che, in una nazione in cui le più alte cariche dello Stato e del
Governo vengono assegnate per diritto di nascita, il sistema si
basasse sulla meritocrazia? C'era spazio per tutti, fino a poco tempo
fa, e qualunque idiota poteva salire di posizione; ma la maggioranza
delle persone, inebriate dalla loro “ascesa”, non si rendevano
conto che in realtà la loro ascesa era stata limitata
volontariamente e dovuta unicamente al velocissimo ricambio dovuto ad
un continuo abbandonare. Era bisogno, non riconoscimento dei meriti.
Se qualcuno di voi ha raggiunto posizioni di riguardo, si chieda dove
sarebbe arrivato se fosse stato inglese. E non giustificate la cosa
con la questione culturale, come qualcuno ha fatto con me quando l'ho
messo alle strette durante una discussione: la scusa non regge.
Ovviamente, il Regno Unito è una nazione che intende ancora
competere sullo scenario mondiale, non si è venduta come la nostra
classe dirigenziale, perciò, di tanto in tanto, qualcuno veramente
bravo lo devono tirare dentro. Non si compete solo coi figli di papà.
What London wants
Tutto ciò che
interessa a Londra è il business, che lubrifica con l'alcol e le cui
tensioni rilascia col sesso. Se non sei interessato a business, sesso
o alcol, temo che Londra abbia poco da offrirti. Almeno così è
stato per me e per tante altre persone che ho conosciuto. E a Londra
tutto è incentrato sul business, tutto ciò che serve al business
funziona. Il resto potrebbe anche non esistere. La fortuna è che il
divertimento di uno è in genere il business di un altro, quindi si
riesce ad avere una (insoddisfacente) vita extra-lavorativa se si
vuole. Ma la creatura che viene coccolata è Londra, mentre i suoi
abitanti sono solo degli accessori sfortunatamente necessari a far
funzionare la città. Basta soffermarsi sul nome dell'ente che
gestisce i trasporti londinesi per capirlo: Transport for
London, non certo Transport for
the Londoners.
Per chi è Londra?
Eppure in tanti dicono
di trovarsi bene a Londra. E per qualcuno di loro magari è pure
vero. Un amico (ex amico, da quando mi sono reso conto che stava
diventando un vero londinese) mi disse, i primi tempi che ero a
Londra: a Londra non devi aspettare né le persone né il
meteo, altrimenti non farai mai nulla.
Aveva ragione, ovviamente: se fai dei piani e vi rinunci perché chi
ti doveva accompagnare ha disdetto all'ultimo minuto ne porterai a
compimento molto pochi, e quasi nessuno se poi aspetti pure di avere
un tempo decente per uscire. Londra, del resto, è perfetta per i
narcisisti, gli edonisti e gli egocentrici. Per quelle persone che, a
vari gradi, gioiscono solo di se stesse e in se stesse, e che poco o
nessun valore danno agli altri se non come ornamenti che possono
essere sostituiti a proprio piacimento o in base alle necessità. Se
vuoi sopravvivere a Londra devi tirare fuori il narcisista che è in
te, devi ottundere la tua sensibilità verso il tuo prossimo e
rimuovere i sensi di colpa. Tu devi essere il centro di tutto il tuo
fare, la persona per la cui soddisfazione (per quanto temporanea) ti
adoperi. Se sei così Londra ti calza a pennello. Se vuoi stare a
Londra devi sforzarti di essere così.
Un'altra categoria di
persone che immancabilmente si trovano bene a Londra, anche se
talvolta lo negano, sono tutti coloro che hanno un progetto. Che sia
un progetto di business, di studio e ricerca, o artistico, Londra è
perfetta per svilupparlo. Che, certo, non è poco. Non ti mette
paletti per limitarti né pali fra le ruote per bloccarti: non crea
impedimenti come fa l'Italia, bensì ti stende tappeti rossi. Ma
implica che tu ti dedichi interamente al tuo progetto, che tu lo
persegua con tutto te stesso, con una necessaria mancanza di empatia,
perché non puoi certo permettere che un'altra persona diventi più
importante del tuo progetto e vanifichi tutto ciò su cui hai
impostato la tua vita. Io stesso sono stato una “vittima” di
questa situazione, barattato come un oggetto per il successo di un
progetto. Ma in fondo anche questo tipo di persone, che dedicano (o
vendono?) anima e corpo alla realizzazione di neanche loro sanno
quale parte di se stessi, ricadono nella categoria degli
egocentrici/narcisisti. Magari sono proprio su quel confine offuscato
e vago che divide la maggior parte delle persone dalla categoria dei
narcisisti, ma lì sono.
E qui concludo, per ora. I consigli che ho dato
prendeteli o scartateli. Per me non cambia niente.
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