Comincia oggi una rubrica settimanale di storia e che, come si deduce dal nome, uscirà ogni venerdì. Composta di brevi riassunti di fatti storici, più o meno curiosi, che, senza la pretesa di essere lavori approfonditi, nascono con l'intenzione di dare al lettore una concisa conoscenza di fatti che non gli sono noti, di particolarità che la scuola dell'obbligo non ha la possibilità di esplorare, o che tale scuola ha insegnato erroneamente, vuoi per ignoranza auto-rigenerata vuoi per calcolo politico. Ognuno dei post di questa rubrica verrà ripubblicato durante il fine settimana tradotto in inglese. Buona lettura.
E' l'anno 569 d.C.: guidati da re Alboino, i Longobardi
hanno lasciato la Pannonia ed invadono l'Italia attraverso il Friuli.
Logorata dal ventennio della guerra greco-gotica, che aveva visto
contrapposto l'Impero di Giustiniano al regno italiano degli
Ostrogoti, da epidemie e carestie, la società romana dell'Italia non
è in grado di opporre alcuna resistenza all'invasione. I Longobardi
si insediano senza alcun piano e in modo difforme in tre aree: nella
Pianura Padana, in Toscana, e nei territori di Spoleto e Benevento.
Le coste, l'entroterra di Ravenna, la Pentapoli, Roma con una fascia
di castelli che la collega alla costa adriatica e le Isole rimangono
sotto il dominio bizantino.
I Longobardi, una società militare frammentata da
disaccordi interni, fra le più rozze, definita dagli storici
contemporanei “ferocemente estranea” a quella romana, sono
cristiani ariani i capi (l'arianesimo era stato dichiarato eresia sin
dal 325), pagani i popolani. Il loro insediamento in Italia ha un
impatto violento sui romani: l'aristocrazia latifondiaria viene
dispersa e le sue terre sequestrate dai capi militari, che si
trasformano così in una aristocrazia terriera; stessa sorte è
destinata ai beni della Chiesa Cattolica, che vengono assegnati alle
chiese ariane.
La situazione per i romani migliora dopo la conclusione del periodo di conquista e riorganizzazione, ma soprattutto dopo che i
Longobardi abbracciano il cattolicesimo, con un processo iniziato
dalla conversione di re Agilulfo e sua moglie Teodolinda nel 591 e
completato con l'abolizione dell'arianesimo da parte di re Ariperto
nel 653. Nell'VIII sec. le due società sono ormai etnicamente
mescolate e, sotto re Liutprando (712-744), trovano un ulteriore
consolidamento.
E proprio Liutprando, approfittando della debolezza
imperiale e di un sollevamento popolare nel 727, scatenato dalla
lotta iconoclasta dell'imperatore Leone III, attacca e sottrae alcuni
territori a Bisanzio. Parte di questi territori sono poi donati al
papato, vuoi per riconoscerne il ruolo politico ormai acquisito, vuoi
per tenerselo buono. Quando, però, i re Astolfo prima e Desiderio
poi, riprendono, nella seconda metà del secolo, l'espansione ai
danni di Bisanzio, è proprio il Papa che invoca l'aiuto dei Franchi.
Franchi che intervengono più volte a contrastare i Longobardi,
sottraendo prima loro alcuni territori che pure sono donati al
papato, e ponendo per ultimo fine al Regno Longobardo nel 774 con
Carlo Magno, che annette il Nord Italia al suo regno. Il Regno
Longobardo continua ad esistere, semplicemente sottomesso ai Franchi
ma senza che niente cambi nella sua struttura. I ducati di Benevento
e Spoleto evitano l'occupazione e resistono fino alla conquista
normanna, completata nel 1076 con la presa di Salerno.
L'occupazione longobarda e poi la loro sottomissione da
parte dei Franchi ebbero due conseguenze che tutt'ora affliggono
l'Italia. La prima è la nascita del potere temporale dei papi con
l'acquisizione di un territorio prioprio, grazie alla donazione di
Liutprando nel 728 cui si aggiunse quella dei pipinidi nel 756. La
seconda conseguenza fu la divisione del territorio italiano in due
parti il cui sviluppo e culture procedettero indipendentemente e a
velocità differenti, e che non sarebbero più state riunite fino XIX
sec.: era nata la questione meridionale.
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