Sunday, 1 July 2012

Un anno e' passato / One year is gone

    Un anno e' passato, ma fa ancora male. Fa male rimembrare cio' che e' stato, mi affonda nella tristezza. Non c'e' rabbia ad aiutarmi, non c'e' niente per cui essere arrabbiato. Non posso accusare a vuoto, caricare di colpe che piu' che altro sono mie. C'e' solo il rimpianto per la mia incapacita', o per la sfortuna che mi e' toccata. Pensieri che in solitudine mi si presentano silenziosi, la coscienza di un fato che non si e' abbattuto come una scure, ma che e' arrivato come il semplice click di un paio di forbici. Sufficiente a recidere quell' esile legame che unisce due persone, e lascia volar via una delle due come un palloncino nel cielo.
    Prego che quel palloncino raggiunga luoghi migliori, mentre io, le radici affondate nelle mie convinzioni tradite, sempre piu' stanco, rimango a chiedermi quali siano le possibilita' di raggiungere una felicita' terrena, ora che la serenita' e' scomparsa, che tutti i progetti non sono piu' focalizzati su me stesso, ma proiettati al bene di qualcun altro. E perche' non consumarsi, allora, consungersi negli oscuri propositi che mi rimangono? Quali effettive speranze ci sono di completare qualcosa prima che la sabbia si esaurisca, prima che l'ultimo rintocco  si spenga? Quanto dista la fine del labirinto?
    Nel continuo rinnovamento, nell'infinito ringiovanimento del creato, che torna a nuova vita dalla decadenza di cio' che e' stato prima, come un verme che nutrendosi di un cadavere genera la mosca, come un bosco che si nutre di cio' che marcisce sul suo suolo, nulla piu' possiede colori brillanti al mio sguardo. C'e' ruggine su quelle forbici, le lame non sono piu' affilate. La carie corrode il legno vivo dell'abero che sorregge i reami del creato, le sue radici sono affondate nella melma dei millenni. Cio' che abbiamo mandato nel buio ci fa visita nei sogni e l'insonnia ci protegge da noi stessi, uccidendoci piano piano nel farlo. Una assordante musica di chitarra elettrica riempie lo spazio nella mia mente, solo un vortice di emozioni confuse e pensieri frantumati, mentre uno specchio infranto mi rimanda la mia vera immagine disfatta e rimontata, un caos da cui trarre l'ordine, per poi trasformare l'ordine nel caos ancora. Giorno dopo giorno, ognuno uguale ed ognuno diverso, ognuno col suo affanno, il tempo non si affatica ed avra' la sua vittoria su ognuno di noi.
    Io forse mi sono gia' arreso. Arrivare alla fine del sentiero, ecco cosa mi rimane.

    One year is gone, but it's still painful. It's a pain to remind what it was. It sinks me into the sadness. There's no anger to help me, there's nothing to be angry. I can't blame for nothing, to charge someone of faults that are mine. There's just the regret to was no able, or for misfortune which I had. Thoughts which silent come to me in my solitude, consciousness about a fate which didn't beat down like a axe, but that is arrived like a simple scissors click. Enough to cut that faint string which links two people, and lets one of them to fly into the sky like a coloured balloon.
   I pray that balloon will reach better places, while I, my roots into my betrayed convictions, even more tired, ask to myself which are possibilities to reach a earthly happiness now that serenity is gone, now that I have no projects about myself but just for someone else good. Why not wear off? Why not wear off in my darkness purposes which remain to me? Which real hopes have I to complete something before sand runs out, before the last toll faints? How much far is the end of the labyrinth?
    In the continuous renewal, in the endless rejuvenation of creation, which comes back to new life from decay of what has been before, like a warm which turns in fly feeding itself with a corp, like a wood which feed itself with what is rotting on the ground, nothing has bright colours to me. Scissors are rusty, blades are not sharp. Decay eats the living wood of the tree which holds the creation realms, its roots are into millennia sludge. That we send into the gloom visits us in our dreams and insomnia shield us from ourself, killing us slowly. A deafening electric guitar music fields the space in my mind, only a confused feelings vortex and shattered thoughts, while a shattered mirror shows my real figure, unmade and remade, a chaos which gains order from, to change the order in chaos again. Day by day, every one the same and every one different, every one whit its own worry, the time doesn't get tired and will has its victory on every one of us.
    I just surrendered, maybe. To arrive at the end of the path, that is what remains to me.

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