Saturday 15 August 2015

Dormi, piccola mia


Dormi, piccola mia, le foglie frusciano
E gli alberi ti sussurrano da fuori della finestra,
Il vento che attraversa i rami ti racconta di domani.
Adesso chiudi i tuoi occhi e in un momento dormirai,
Nei tuoi sogni puoi sentire il quieto respiro della Terra,
La madre dei fiori protegge il tuo riposo.
La loro canzone risuona così saggia
Dalle ere delle ere,
Cullati al ritmo gentile del tuo cuore.
La luna è nel cielo,
Le nubi sono di passaggio
E le stelle luccicano solo per te.





Circa 70.000 anni fa, l' Homo sapiens lasciò la sua culla di origine nell' Africa dell'Est in una migrazione che lo portò inizialmente sulla Penisola Arabica. Da lì cominciò a spargersi in nuove terre della massa Eurasiatica e a colonizzarle. Quelle terre erano già abitate da altre razze umane, fra le quali la più nota a noi era quella dei Neaderthal, insediati in gran parte d'Europa e del Medio Oriente. Quando Sapiens e Neanderthal vennero in contatto, dopo millenni di separazione, il gap genetico fra le due razze era già incolmabile e l'interbreeding impossibile se non in casi eccezionali. Nei millenni seguenti i Sapiens rimpiazzarono i loro fratelli nell'intero globo terrestre, in parte assorbendo le altre razze. Tale sostituzione, però, avvenne principalmente in un più traumatico modo, scrivendo una storia di incompatibilità, repulsione e, infine, genocidio.


Marton fu svegliato di soprassalto dal grido di sua figlia Bianka. Senza neanche rendersene conto corse fuori della camera, al buio, a piedi scalzi. L'urlo si ripeté mentre lui letteralmente volava per il corridoio e apriva la porta della cameretta. Un terzo urlo iniziò nel momento in cui le sue dita si posavano sull' interruttore della luce. Sua figlia era seduta sul letto, le lenzuola un groviglio intorno alle gambe, gli occhi sbarrati e la gola tesa nel gridare, la bocca spalancata. Un'occhiata veloce non rivelò niente di strano e tanto meno pericoloso nella cameretta. La paura slittò in un meno eccitato stato di preoccupazione, mentre si avvicinava al letto e la piccola smetteva di gridare per riprendere fiato.
-Amore? Che succede?- chiese dolcemente alla bambina. -Un incubo?
Sedendosi sul bordo del letto allungò una mano.
-Calma, piccola. C'è papà con te.
Gli occhi sbarrati della bambina si puntarono su di lui e un nuovo grido esplose dalla piccola bocca spalancata.
-Via! Lasciami! Lasciami!- urlò istericamente la bambina, colpendo la mano protesa del padre e cercando di allontanarsi da lui, ma impedita nel tentativo dalle lenzuola che le avvolgevano le gambe.
Colto di sorpresa Marton si ritrasse, ed in quel momento si sentì afferrare per una spalla. -Scostati!- gli sibilò nell' orecchio sua moglie con tono duro, strattonandolo per farlo alzare dal letto. Sentendosi peggio che se fosse stato preso a schiaffi, Marton fece spazio a sua moglie Nora e si ritirò sulla porta, da dove rimase a guardarla abbracciare la figlia e parlarle mentre la stringeva in un abbraccio. Quando l' urlo si spense la bimba prese dei respiri in singulti, che divennero ben presto i singhiozzi di un pianto dirotto.
In quel momento Marton si sentì tirare per la manica del pigiama. Guardando in basso incontrò gli occhi perplessi di suo figlio.
-Noel, mi spiace tu ti sia svegliato.
-Che cos' ha Bianka?- chiese il bambino.
-Ha avuto un incubo, niente di grave. Le passerà.
-Anch' io ho fatto un sogno.
-Hai avuto un incubo anche tu?
Noel strinse le labbra, con espressione concentrata, quindi scosse la testa.
-Era un bel sogno, allora.
Noel abbasso' gli occhi per un attimo, pensandoci ancora. Poi scosse la testa nuovamente, mentre rialzava gli occhi ad incrociare lo sguardo del padre. -C'era una bambina-, disse.
Marton sorrise, posando una mano sulla testa del figlio ed arruffandogli i capelli. -Se c'era una bambina, allora vale sicuramente la pena di riprendere il sogno. Vieni.- E con un ultimo sguardo a Nora che ancora stava cullando la piccola, sospinse Noel su per il corridoio.
-Era strana-, disse Noel.
-Strana?
-La bambina.
-La bambina del sogno era strana? A volte capita che ciò che sogniamo sia strano.
Dai, torna a letto e rimettiti a dormire, peste.
Marton guardò suo figlio mettersi a letto e tirarsi le coperte fin sopra il mento.
-Chiudi gli occhi.
Noel chiuse gli occhi, strizzandoli. Con un sorriso Marton spense la luce e tornò indietro. Nora lo intercettò appena fuori della porta della camera di Bianka.
-Scusa per prima-, gli sussurrò. -Ma la tua presenza la spaventava di più. Non ti aveva riconosciuto.
Lui sorrise. -Non c'è problema. Bianka si è calmata?
-Solo un poco.- La voce di lei suonò preoccupata. -Passo il resto della notte con lei, se non ti dispiace. Non sono riuscita a farmi dire cosa abbia sognato. E mi sa che domani la tengo a casa.
-D' accordo-, annuì Marton.
-Posso stare a casa anche io, domani?- chiese Noel dalla porta di camera sua.
Marton e Nora si girarono verso di lui.
-No, peste-, gli rispose Marton con un sorriso. -Tu andrai a scuola regolarmente. Perciò torna a letto, ora.
Con uno sbuffo Noel si girò per tornare in camera.
-Andresti a scaldare un bicchiere di latte per Bianka?- chiese Nora.
-Certo.
-Anch'io voglio il latte!- esclamò Noel.
-Va bene, peste! Però torna a letto.
Marton scese in cucina, cominciando a sentirsi assonnato, ora che l' adrenalina prodotta dallo spavento aveva esaurito il suo effetto. Inciampando a metà strada raggiunse il frigorifero, prese la bottiglia del latte e ne versò in due bicchieri che mise insieme nel microonde. Mentre il latte si scaldava prese il barattolo del miele ed un cucchiaio; al suono del campanello del microonde aprì lo sportello e, con gli occhi che gli si chiudevano per il sonno, mise un cucchiaio di miele in ciascun bicchiere. Lasciò cadere il cucchiaio nel lavandino, prese i bicchieri e tornò al piano di sopra, la bottiglia del latte dimenticata sul piano della cucina.
Avvicinandosi alla camera di Bianka udì sua moglie cantare alla bimba una ninna nanna.

Dormi, piccola mia, le foglie frusciano
E gli alberi ti sussurrano da fuori della finestra,
Il vento che attraversa i rami ti racconta di domani.
Adesso chiudi i tuoi occhi e in un momento dormirai.

Fermo fuori della porta Marton rimase ad ascoltare la voce di sua moglie, un sorriso assonnato appena accennato sulle labbra.

Nei tuoi sogni puoi sentire il quieto respiro della Terra,
La madre dei fiori protegge il tuo riposo.
La loro canzone risuona cosi' saggia
Dalle ere delle ere,
Cullati al ritmo gentile del tuo cuore.
La luna e' nel cielo,
Le nubi sono di passaggio
E le stelle luccicano solo per te.

In silenzio, dalla soglia della camera, fece un cenno col bicchiere del latte a sua moglie. Nora si alzò dal letto e andò a prendere uno dei bicchieri.
-Grazie-, disse piano, baciandolo lievemente sulle labbra. -Chiudi la porta, per favore.
Marton annuì e, dopo aver chiuso la porta, si diresse in camera di Noel.
-Ecco il latte, peste-, annunciò entrando.
Noel rispose con un grugnito e si girò su un fianco, profondamente addormentato.
-Appunto.
Facendo spallucce spense la luce e, sorseggiando il latte, tornò al suo letto.

Il loro odore era diverso. Rimase a guardare la donna seduta sotto un albero che cullava la bambina in lacrime. La donna si rifiutava di guardare nella sua direzione, piegata sul corpo rattrappito della bambina, ondeggiando avanti e indietro.
La loro bocca era più grande del normale, il naso largo alla base; la fronte era sfuggente e i capelli neri invece che marroni. Ma più importante di tutto, il loro odore era... sbagliato. Per questo aveva colpito la bambina con un bastone, ferendola sulla fronte. La piccola era corsa dalla madre col sangue che le grondava sul viso.
-Stai attento.- Sentendo la voce di suo padre alzò gli occhi.-La donna è molto forte.
Lui annuì, poi tornò a guardare la donna e sua figlia.

Stesa di fianco a Bianka, Nora la sentì agitarsi nel sonno. Un flebile gemito sfuggì dalle labbra della bambina. Istintivamente la abbracciò, stringendola a sé. La bimba si agitò ancora un poco nell' abbraccio, come a volersi divincolare, poi emise un rumore come se stesse annusando e si placò. Il respiro divenne regolare. Gli occhi di Nora si chiusero piano piano ed anche lei cadde in un sonno profondo, chiedendosi se veramente sua figlia l'avesse annusata e riconosciuta dall' odore.

-Tu no mannu!- La voce di sua madre era piena di rabbia.
-Stupida femmina! Quella bambina dimostra che sono uomo abbastanza!
Avvolta nell'abbraccio della madre, sentì l'uomo allontanarsi. Il dolore alla testa era meno intenso, ma pulsante. Poi sua madre cominciò a cantare, in una lingua che non era la lingua della tribù. Non capiva le parole, ma delle immagini si formavano nella sua mente. I rami degli alberi ondeggiavano nel vento, e il suono delle foglie che sfregavano fra di loro era come se lo udisse con le sue orecchie. Udiva anche un respiro calmo e profondo, e sapeva che era il respiro della Terra. Il suo respiro prese il ritmo di quello della Terra e lentamente si addormentò.
* * *
Noel giocava nella sua stanza. Due serie di miniature d' auto si fronteggiavano dalle due estremità del tappeto steso ai piedi del letto. Quelle rosse, le più numerose per colore, da un lato; tutti gli altri colori dall' altro a formare un diverso schieramento che superava in numero lo schieramento rosso quasi per due a uno. A turno ne faceva avanzare una di ogni schieramento e simulava uno scontro frontale. Era un gioco che ripeteva quasi quotidianamente. Cercava di essere imparziale, nel decidere quali automobiline dovessero uscire vincitrici dagli scontri, ma immancabilmente la vittoria finale era dello schieramento rosso.
Improvvisamente Noel si immobilizzò, lo sguardo fisso sulla trama del tappeto, le orecchie tese in ascolto. C'erano delle voci... alcune di adulti, molto lontane, e quella di una bambina. C'era del vento, e la voce della bambina non era chiara. Noel sollevò la testa, poi, alzatosi in piedi, uscì di camera e raggiunse quella di sua sorella. La porta era socchiusa, e lui mise la testa dentro, per vedere se fosse stata Bianka a chiamarlo. Ma Bianka dormiva. Un sonno agitato: girava la testa a destra e sinistra, mentre braccia e gambe si contraevano irregolarmente.
Con sguardo pensieroso Noel tornò in camera sua.

Il gruppo di uomini stava seduto vicino alle tende. Parlavano, ridevano, uno era arrabbiato. La sua rabbia faceva ridere gli altri ancor di più. Intimorita si allontanò. Le figure minacciose degli uomini vennero quasi subito dimenticate e lei cominciò a cantare in un mormorio la nenia che sua madre le cantava sempre per farla dormire. La sua mente era concentrata sull' erba sotto i piedi nudi, sul profumo dei fiori dai cespugli che nell' arco di due o tre lune avrebbero portato gustose bacche rosse.
Improvvisamente il bambino sbucò da dietro i cespugli. Spaventata balzò indietro, ma lui non si mosse. Rimaneva fermo a guardarla, annusando l'aria. Non aveva il bastone con sé, ma il ricordo del giorno precedente la faceva ancora tremare. Poi vide sua madre comparire in lontananza, con un carico di legna sulle spalle, e corse da lei.

-Mamma! Guarda cosa ho disegnato!- strillò Noel quando sua madre entrò in camera.
Nora gli sorrise, guardandolo seduto alla sua piccola scrivania, il pigiama indosso e i piedi scalzi dondolanti a dieci centimetri dal pavimento.
-Fammi vedere-, disse scavalcando le automobiline sparpagliate ovunque.
Il bambino, tutto serio, le passò un foglio A4. Nora lo prese e lo guardò con attenzione. Sulla destra, alcuni uomini vestiti di pelli marroni sedevano in gruppo davanti a quelle che dovevano essere delle tende. Anche i loro capelli erano marroni. A sinistra, due figure differenti si tenevano per mano: una donna e una bambina, a giudicare dai capelli lunghi, vestite di pelli nere e coi capelli pure neri. Madre e figlia, giudicò Nora. Tra la donna e la bambina e il gruppo di uomini stava un' altra figura vestita di marrone, con in mano un bastone alzato per colpire. Come a voler scacciare la donna e la bambina. Nora corrugò la fronte. Non le piaceva quando suo figlio disegnava scene di violenza o faceva giochi violenti. Poi notò le scritte sotto le figure. Uomini, sotto il primo gruppo. Neandertal, senza la h, sotto le figure di madre e figlia. Ma fu la scritta sotto la figura solitaria che impugnava il bastone che la scosse. Noel. Nora trattenne il respiro, ma si sforzò di affrontare la cosa lucidamente.
-Chi sono questi uomini?-chiese.
-Una tribù-, rispose senza esitazioni il bimbo, e con un tono che indicava che per lui il termine era sufficiente a definire il gruppo senza bisogno di altri dettagli.
-Una tribù di uomini primitivi?
-Una tribù di uomini.
Nora, dopo una breve pausa, chiese ancora: -Una tribù di soli uomini?
-No, ci sono anche le donne. Ma nel disegno non si vedono.
Nora annuì.
-E la donna con la bambina? Non sono parte della tribù?
-No. Sono neandettal.
-Come sai che sono Neanderthal?
-L'ho studiato a scuola. C'è una foto sul libro di storia.
-Una foto? Vuoi dire un disegno.
-No, una foto. L'ho fatta vedere anche a Bianka. Lei si è spaventata.
-E tu perché sei nel disegno?
-Io sono un membro della tribù.
Nora fissò il figlio negli occhi, che ricambiò lo sguardo in silenzio, senza battere ciglio.
-E perché hai il bastone alzato? Vuoi mandare via i Neanderthal?
-Voglio ucciderli.
-Cosa!? Noel, ma cosa stai dicendo?! Perché vuoi ucciderli?- Nora era sconvolta.
-Sono diversi.
-Che significa “sono diversi”?!
-Il loro odore è diverso.
-Il loro...?- Nora fissò suo figlio a bocca aperta. Fece un respiro per calmarsi, poi disse: -E quando mai hai annusato un Neanderthal, tu? Che poi neanche distingui l' odore dell' arrosto di pollo da quello di maiale!
Ora basta con questi discorsi. Non è bello parlare di uccidere.
-Neanche se sono diversi?
-Neanche se sono diversi. Ascolta-, disse Nora piegandosi a carezzare la testa del bambino e posando il disegno sulla scrivania, -hai fatto un bellissimo disegno. Ma usare un bastone anche solo per picchiare un' altra persona non è bello. Non parliamo poi di uccidere qualcuno. Domani voglio che tu faccia un altro disegno, lo farai per me. Un disegno in cui tu, gli uomini della tribù e la donna Neanderthal con sua figlia giocate tutti insieme. Me lo fai questo disegno, domani?
Noel guardò sua madre negli occhi e annuì. Nora gli sorrise.
-Grazie. Adesso fila a letto.

Quando Nora scese in cucina, suo marito la accolse da dietro una rivista che stava leggendo seduto a tavola di fronte ai resti della cena.
-C'è un interessante articolo-, disse Marton. -Pare che dall'1 al 4 per cento del nostro DNA corrisponda a quello dei Neanderthal. Degli scienziati hanno fatto una mappatura del genoma dei Neanderthal e di quello delle popolazioni d'Europa e del Medio Oriente, e pare che ci sia stata qualche mescolanza fra Neanderthal e Sapiens.
-Oggi vanno di moda i Neanderthal, a quanto pare-, lasciò andare Nora in tono fintamente piccato. Ma una nota nel suo tono diceva che quella finzione era solo una pretesa.
-Eh?!
Nora scosse la testa, sorridendo. -Noel mi ha appena mostrato un disegno con degli uomini primitivi. Una tribù di Sapiens, direi, e poi una donna e una bambina che lui dice essere Neanderthal.
Marton annui. -E in quale modo questo ti ha sconvolta? Hai la faccia sconvolta, quindi non negare.
-Noel ha disegnato anche se stesso fra i Sapiens-, disse Nora con un sospiro. -Con un bastone in mano. Per uccidere i Neanderthal.
-Per uccidere i Neanderthal?!
-Esatto-, sospirò lei, annuendo al marito. -Me lo ha detto lui. Ucciderli perché sono diversi.
-Wow! Sono senza parole.
Però non mi pare una cosa così grave.
-Che nostro figlio parli di uccidere qualcuno non è grave? Ma cosa dici!
-Dico che Noel non ha neanche sette anni, che a scuola gli stanno spiegando dei Sapiens e dei Neanderthal e di come i Sapiens hanno preso il dominio del pianeta. Gli avranno detto che le due razze hanno combattuto una guerra, et voilà, ecco i suoi discorsi sull' uccidere.
Nora scosse la testa. -Non sei minimamente preoccupato, tu.
-Onestamente, no. Credo tu stia facendo la cosa più grave di quello che è.
-Comunque gli ho chiesto di farmi un altro disegno, domani. Uno in cui i Sapiens e i Neanderthal sono amici.
Marton spalancò gli occhi e si strinse nelle spalle. -Non pare che le cose siano andate proprio così, ma... okay.
-Pff!- sbuffò Nora. -Fammi vedere questo articolo così interessante.- E sfilandogli la rivista dalle mani gli si sedette in grembo.

-Ahahah! Devi avere un po' del loro sangue, tu!
-Smetti!
Altre risate si unirono al coro. La rabbia di suo padre divertiva gli altri uomini.
-Sei l'unico che ha avuto una figlia da una come lei. Dovete essere simili.
-Sono l'unico abbastanza uomo da averne ingravidata una!
Se ne andò, per non vedere suo padre arrabbiato. Camminando senza meta ai margini dell'accampamento, sentì la bambina cantare. Un canto senza parole. Lo stesso canto della donna. C'era qualcosa di strano in quel canto, come se fossero più voci sovrapposte, lontane e stranamente in armonia fra loro. Si fermò in attesa e, dopo un attimo, attraverso i cespugli vide la bambina. Camminava da sola, strusciando i piedi nell'erba. Pareva cantasse ai fiori. Il suono della sua voce era rilassante. Ma nel momento stesso in cui l' odore di lei lo raggiunse sentì i peli del suo corpo rizzarsi. La bellezza del canto scomparve e davanti a sé vide solo un animale pericoloso nella sua diversità. Uscì da dietro i cespugli.
La bambina si ritrasse spaventata, lo fissò con occhi sgranati, poi si lanciò di corsa in direzione di sua madre.
Diversa. Il suo odore rimase a sporcargli le narici, mentre rabbia e paura si mescolavano nel suo ventre.

Marton entrò in camera di suo figlio. La piccola lampadina posizionata sulla scrivania, che tenevano accesa tutta notte, sprigionava una luce soffusa che arrivava fino al letto.
-Papà...- mormorò Noel, semiaddormentato e aprendo a metà un occhio. -C'è una bambina che canta...
Poi Noel sprofondò nuovamente nel sonno.
Marton raggiunse la scrivania, curioso di vedere il disegno che aveva sconvolto sua moglie. Quando lo vide inspirò l'aria per la sorpresa. Le figure della donna e della bambina erano state cancellate con una croce rossa e ridisegnate stese in terra, le braccia e gambe allargate, gli occhi spalancati e il sangue che fluiva dai loro crani. Il bastone che la figura rappresentate Noel stringeva in mano adesso era tutto rosso.
Marton rivolse uno sguardo preoccupato a suo figlio. Prese il foglio col disegno e piegatolo in quattro se lo mise nella tasca posteriore dei pantaloni. Meglio che Nora non vedesse come Noel aveva modificato il disegno dopo che lei era scesa in cucina. E l' indomani doveva ritagliarsi un paio di ore libere per lasciare l' ufficio ed andare a parlare con lo psicologo della scuola di Noel.

Posseduto da una decisione che non aveva mai provato prima di allora, attese nascosto che la bambina, distratta dai suoi giochi, gli arrivasse vicino. Rafforzando la sua presa sul bastone inspirò profondamente e, con un grugnito e la bocca distorta da un ringhio d'odio, si lanciò fuori dai cespugli. Il bastone si alzò ed abbassò, senza che la bambina facesse in tempo a gridare. Gridò quando il bastone colpì il suo braccio sollevato a intercettare il colpo, l'espressione di stupore spazzata via e sostituita da una di dolore.
-Muori!- gridò con rabbia, sollevando ancora il bastone in un movimento goffo e raggiungendo solo parzialmente col colpo successivo la bambina che stava cadendo.
Il pianto e le urla della bambina si mescolarono ai suoi grugniti mentre tornava a colpirla un'altra volta, impattando parzialmente col terreno la punta del bastone. Lo sollevò ancora sopra la testa per sferrare una quarta bastonata, questa volta distanziandosi correttamente con un passo all'indietro. Ma quando fu il momento di lasciare andare il colpo le sue braccia non si mossero, come se stesse tentando di muovere un albero e non un bastone. Una frazione di secondo dopo l' arma fu strappata con forza dalla sua presa, ferendogli il palmo delle mani. Si voltò senza capire, giusto in tempo per vedere il manrovescio della donna che lo centrò in pieno viso, sollevandolo da terra e catapultandolo ad un metro di distanza.
Per un po' vide tutto nero, poi la vista tornò chiara e vide la donna china sulla figlia piangente. Un attimo dopo suo padre piombò su di lei, colpendola al viso con una ginocchiata. La donna rotolò sulla schiena, ma prima che suo padre potesse esserle sopra si era già rialzata su un ginocchio e lo colpì allo stomaco con una spallata. I due rotolarono a terra, colpendosi e mordendosi a vicenda. Si divisero e rialzarono, suo padre sferrò un pugno alla donna e la colpì su un orecchio. Lei, quasi insensibile al pugno, reagì spingendolo con entrambe le mani e scaraventandolo a terra. Vicino al bastone. Suo padre lo afferrò e piombò sulla donna, ferma ad aspettarlo, sferrandole un violento colpo che la prese al fianco sinistro. Con un verso strozzato, non dissimile da quello di alcuni animali nel momento in cui venivano abbattuti durante la caccia, la donna cadde a terra, inerme.
Lo scontro era finito.
Suo padre piantò i piedi a terra, ben larghi, ed alzò il bastone sopra la testa, pronto a finire la donna boccheggiante distesa davanti a lui. Una sensazione di esultanza gli pervase il petto. Poi vide i muscoli sulla schiena di suo padre rilassarsi ed il bastone abbassarsi lentamente. Suo padre si voltò verso di lui.
-Vai a prendere la corda.
Lui capì subito a quale corda suo padre si riferisse. Annuì, si sollevò da terra e corse verso la tenda, passando di corsa fra gli altri membri della tribù che avevano assistito da lontano ed ora si avvicinavano lentamente.
Quando tornò indietro con la corda di fibre vegetali intrecciate terminante in un cappio, la bambina era strisciata da sua madre e la abbracciava, piangendole su una spalla; la donna aveva passato un braccio intorno alla piccola, con fare protettivo. Suo padre stava ancora dove lui lo aveva lasciato e stava parlando con altri due uomini.
-Domani la porto dalla tribù del lago-, gli sentì dire prima che, vedendolo, si interrompesse e gli facesse segno con la mano di passargli la corda.
Gliela prese di mano bruscamente, lasciò cadere il bastone e si avvicinò alla donna, facendole scivolare il cappio intorno al collo. Quindi dette uno strattone per stringerlo, strappando alla donna un grugnito soffocato. Un secondo strattone le tirò la testa all'indietro e dette il via ad un accesso di tosse, mentre le mani cercavano freneticamente di allentare la fune.
-Vieni!- le ordinò suo padre quando fu nuovamente in grado di respirare a sufficienza e tendendo appena la corda. La donna si alzò a fatica, stringendosi il fianco, e lo seguì docilmente, a capo chino. La bambina, sempre piangendo, si aggrappò alla veste della madre ed andò con lei.

* * *
Chiudendo la portiera della macchina con un gesto stanco Marton alzò lo sguardo verso la finestra illuminata della cucina. Avranno già finito di cenare, pensò sconsolato, e si avviò lungo il marciapiede. L' incontro con lo psicologo della scuola non lo aveva lasciato soddisfatto. In compenso, a causa di quelle due ore che aveva speso per andare alla scuola e parlare col dottore, era stato costretto a fare tardi in ufficio.
-Sei arrivato, finalmente-, disse sua moglie con un sorriso mesto quando lui entrò in cucina. -Cos'è successo?
-Poi ti spiego-, rispose lui stancamente. -Fammi mandare giù un boccone, prima. Sto morendo di fame.
-Certo.
-Ciao, amore-, disse a Bianka chinandosi a darle un bacio sulla fronte. -Come stai?
-Uuh-, fu l' unica risposta che ottenne, mentre la bimba gli passava i braccini intorno al collo e lo baciava su una guancia.
La notte precedente Bianka aveva avuto un altro incubo, costringendo Nora a passare il resto della notte con lei una volta ancora. L'avevano tenuta a casa di nuovo, ma non pareva averle giovato molto, a giudicare dalla sua cera.
-Ciao, peste-, disse a Noel quando Bianka lo svincolò dall' abbraccio.
Noel, che fino a quel momento non aveva proferito parola ed era rimasto tutto il tempo guardare nel piatto, alzò gli occhi verso di lui.
-Ciao.
-Come stai?
-Bene.
-Com'è andata a scuola?
-Bene.
-Tutti di poche parole, stasera-, commentò Marton annuendo a se stesso.
-Ecco la tua cena. Io porto i bambini a letto.
Marton le fece un cenno affermativo, mentre prendeva posto a tavola. La guardò prendere Bianka in braccio e dire a Noel di precederla su per le scale. Il momento successivo a quello in cui i tre scomparvero al piano di sopra si tuffò sul cibo, finendolo senza neanche rendersi conto di cosa stesse mangiando.
Quando Nora tornò in cucina stava sorseggiando un bicchiere di vino, rilassato contro lo schienale della sedia, il braccio sinistro che gli penzolava al fianco e lo sguardo fisso nel nulla.
-Allora,- esordì Nora, -spiegami adesso.
-Sei sicura che Noel dorme?
-Mi stai facendo preoccupare. Certo che dorme.
Marton annuì.
-Sono stato a parlare con lo psicologo della sua scuola, questa mattina, per questo poi ho dovuto fare tardi in ufficio.
-Con lo psicologo? E perché mai?
-Per il disegno che Noel ha fatto ieri.
-Sei andato a parlare col suo psicologo per il disegno? Ma non ero io quella che stava prendendo la cosa troppo seriamente?
Marton sospirò, e dopo aver bevuto un altro sorso di vino, disse: -Dopo che lo hai lasciato solo in camera, ieri sera, Noel ha cambiato il disegno.
Dato che Nora lo fissava senza capire, Marton posò il bicchiere sul tavolo e, dalla tasca posteriore dei pantaloni, prese il disegno di suo figlio. Il foglio era piegato in quattro: lo aprì e dispiegò con attenzione, e dopo avergli dato un' ultima occhiata lo passò a sua moglie. Nora lo prese con entrambe le mani, lo fissò a lungo, quindi rivolse uno sguardo inorridito a Marton.
-Ma come...?
Marton si strinse nelle spalle. -Lo psicologo ha ribadito più volte che probabilmente non significa niente. E' normale che i bambini passino fasi del genere, ha detto. Però mi ha fatto un sacco di domande, ed alcune mi hanno lasciato un bel po' perplesso.
-Che domande?
-Mi ha chiesto se Noel avesse fatto altri disegni simili, se ci fossero stati episodi di violenza con altri bambini o meglio bambine e in particolare con la sorella. E... se avesse mai ucciso degli animali.
-Ucciso degli animali!?- Il tono di Nora era passato dall' inorridito all' offeso. -Violenza contro altre bambine o la sorella? Ma di cosa stiamo parlando?
-Ha detto che, essendo comparso tutto all'improvviso, sicuramente non è niente altro che la riproduzione di qualcosa che ha visto o sentito.
Però mi ha consigliato di portarlo da uno specialista. Mi ha dato il numero di un suo collega.
-Mpff! Certo. Qui si sta esagerando. E poi, se devo dirla tutta, mi preoccupano di piu' gli incubi di Bianka.
-Sei riuscita a farti dire che cosa sogna?
Nora scosse la testa. -Si rifiuta di dire una singola parola al riguardo.
-Anche Noel ha detto di aver fatto dei sogni. Ha sognato una bambina, dice. Chissà se le cose sono collegate.
-E come potrebbero esserlo?- mormorò Nora.

Sua madre era stanca. Lo capiva dal suo passo e dalle spalle basse. Più stanca di lei. Sentiva dolore. L'uomo la strattonava con la corda, di tanto in tanto, anche se lei non rimaneva indietro. Avevano camminato tutto il giorno ed ora stavano percorrendo un sentiero lungo le rive di un grande lago. Del fumo di levava da dietro gli alberi e voci arrivavano da lontano al suo udito fino.
Infine il sentiero uscì dal bosco e, su un lungo tratto di riva completamente spoglia, un villaggio si rivelò alla vista. Per lo più erano tende, ma c'erano anche alcune case di tronchi legati con corde, molte delle quali costruite sull'acqua e sorrette da robusti pali. C'erano donne e bambini, e molti cani. Il branco, non appena annusò i nuovi arrivati, si lanciò di corsa verso di loro, latrando e ringhiando. Gli uomini del gruppo li tennero a distanza coi bastoni delle loro lance, ed un paio più aggressivi nei confronti suoi e di sua madre provarono anche le punte di selce.
Alcuni del villaggio vennero loro incontro, e l' uomo andò a parlare con loro. Lo vide indicarle, gli uomini del villaggio guardare nella loro direzione; uno di loro le puntò a sua volta, dicendo qualcosa. Poi scosse la testa alla risposta dell' uomo, che cominciò a gesticolare rabbiosamente. Infine, scuotendo la testa, fece ritorno verso il suo gruppo.
-La donna non la vogliono.- disse con rabbia. E, puntando ad uno dei suoi compagni, aggiunse: -Porta loro la bambina.
Si sentì afferrare improvvisamente per i capelli e con uno strattone fu costretta a camminare. Gridò, chiamando sua madre, la cui risposta disperata si troncò in un gemito. Cercò di girarsi verso di lei, per vedere cosa succedeva, ma altre mani la afferrarono, resero ogni sua convulsa resistenza inutile, e dopo non molto non riuscì più a sentire l' odore di sua madre.
A quel punto, la paura la immobilizzò.

-Buongiorno, peste. Come stai?- disse Marton sedendosi a tavola per la colazione.
-Bene-, rispose Noel senza alzare la testa dal piatto.
-Hai fatto ancora sogni?
Noel annuì.
-La stessa bambina?
-La bambina non c'è più.
Marton fu colto un po' di sorpresa dalla risposta. -Non c'è più?
-No.
-Come mai?
-E' stata venduta.
-Ve... venduta?! Chi l' ha venduta?
Noel si strinse nelle spalle e suo padre non aggiunse altro.

Il giorno trascorse tedioso. Nora a casa con Bianka, che di tanto in tanto cominciava a piangere senza motivo apparente, cadendo spesso in un sonno agitato che non la ristorava. Noel a scuola, disinteressato a tutto, intento solo a disegnare scene viste in sogno e infine recluso in un' aula vuota con un insegnate di sostegno per evitare che si creassero problemi con gli altri bambini. Marton in ufficio, incapace di concentrarsi sul lavoro, i suoi pensieri che si rincorrevano in cerca di una connessione fra ciò che succedeva ai suoi figli, spesso sul punto di chiamare lo psichiatra ma sempre rinunciando per paura di non riuscire a spiegare cosa succedesse.
Infine giunse la sera, la famiglia si riunì a tavola per cenare ma nessuno parlò. Noel mangiò tutto ciò che aveva nel piatto poi, improvvisamente, si alzò e si avviò verso le scale.
-Vado a dormire-, disse.
Marton guardò sua moglie: l' espressione sgomenta sulla faccia di lei era sicuro che rispecchiasse la sua. Bianka le si era addormentata in braccio. Guardò la bimba, poi fissò Nora negli occhi
-Devono essere collegate-, mormorò.
Nora annuì, i suoi occhi che lentamente si spostavano verso le scale.
Solo vagamente cosciente di ciò che aveva intorno o di ciò che stava facendo, Noel salì al piano superiore, fece tutti i preparativi per mettersi a letto, spense la luce sulla scrivania, quella che rimaneva accesa tutta la notte, e si infilò sotto le coperte. Era buio e...

...steso nel buio guardava verso l'ombra che era suo padre, confrontato dalla donna. Le grida di lei avevano ferito le sue orecchie per tutto il tempo da quando avevano lasciato la tribù del lago.
-Tu no mannu!
-Taci!
-Tu no mannu!
-E' mia figlia! Ci faccio ciò che voglio.
Improvvisamente la donna fu libera, le corde che la trattenevano strappatesi, e con un grido acuto aggredì suo padre. Grida di allarme si levarono dagli altri uomini presenti, mentre la donna e suo padre si fondevano in un' unica ombra. Il pugno di lei si alzò più volte per abbattersi sulla testa di suo padre, che a sua volta la colpiva allo stomaco. Improvvisamente la donna emise un grugnito e si piegò su se stessa, suo padre la spinse indietro e lei cadde a terra, senza più muoversi. Nella mano di suo padre il pugnale di osso grondava sangue.
-Portatela nei cespugli-, ordinò suo padre nel silenzio che seguì la fine della collutazione.
Suo padre venne verso di lui, si lasciò cadere a terra e piantò con rabbia il coltello nel terreno.
-Una capra gravida, mi hanno dato-, disse a denti stretti. -E consigliato di aspettare che i capretti crescano prima di ammazzarli. Puah! Dovrei farmi dare la bambina indietro e finire il lavoro.
Anche nel buio, i segni dei colpi ricevuti erano visibili sul suo viso. Suo padre si distese, continuando a ripetere: -Dovevo finire il lavoro.

* * *

-Devo finire il lavoro...
-Hai detto qualcosa?- chiese Nora al figlio. Quel giorno avevano chiamato da scuola per dirle che Noel non faceva niente durante le lezioni se non disegnare di uomini primitivi. Gli insegnanti volevano parlare con lei e suo marito.
Noel la guardò senza capire
-Che cosa hai detto?
-Niente.
-Stavi mormorando qualcosa.
-No. Vado di sopra.
-Va bene, ma cerca di non svegliare Bianka, per favore. E' un miracolo che stia dormendo.
-Uh-uh.
-E cerca di non addormentarti tu. Tra poco tuo padre ritorna e ceniamo.
Noel annuì e Nora non gli prestò più attenzione, concentrandosi sulla preparazione della cena. Marton pensa che ci sia un collegamento, si disse. Ma quale? Noel è fissato coi Neanderthal... Riuscissi a farmi dire da Bianka che cosa sogna!
E mentre continuava a rigirarsi questa domanda in testa Marton rientrò ed entrò in cucina senza che lei se ne accorgesse.
-Ciao.
-Oh...? Scusa! Non ti ho sentito rientrare.
-Fa niente. Non ti ho spaventata, vero?- chiese Marton avvicinandolesi per baciarla in fronte.
-No no. Come stai?
-Insomma. Oggi mi ha chiamato lo psicologo della scuola.
-E io sono stata chiamata dalla segreteria...
Marton la fissò mortificato. -Non è colpa tua-, disse Nora scuotendo la testa. -Gli insegnanti vogliono parlarci. Che cosa voleva lo psicologo? E perché non ci parla lui con gli insegnanti?
-Privacy. Lo sai che non possono proferire parola. Probabilmente neanche ha detto agli insegnanti che sono andato a parlargli.
Comunque... Voleva sapere se avevo preso un appuntamento col suo collega.
-Che gli hai detto?
-Che dovevo dirgli? Che non ho ancora chiamato, perché non sapevo come presentare la cosa.
-E lui?
Marton fece una pausa per raccogliere i pensieri, poi disse: -Credo che a quel punto abbia cercato di mettermi apprensione. Come se ce ne fosse bisogno. Ho promesso di farlo domani. Con Noel e Bianka che peggiorano di giorno in giorno ho perso anche troppo tempo.
A proposito, dove sono?
-Bianka, incredibile, sta dormendo. Credo per lo sfinimento. Noel è andato di sopra. Probabilmente a fare un altro di quei suoi disegni orribili sui Neanderthal!
-Ssh! Non usare questo tono, amore. Non farti prendere dalla rabbia.
-Scusa... E'... è che ho paura...
Marton annuì.
-E' quasi pronto-, disse Nora ricomponendosi. -Vai a chiamare Noel?
-Certo.
Marton uscì dalla cucina a passo stanco, solo per rientrare pochi momenti dopo con fare guardingo.
-Hai tirato fuori tu la scatola degli arnesi dal sottoscala?- chiese.
-La scatola degli arnesi? No.
-Allora e' stato Noel.
-Per farci che?!
-Spero non per fare danni. Vado su.
Marton salì stancamente le scale, sperando in cuor suo che Noel non stesse segando i mobili in camera sua. Quando raggiunse il piano sentì la voce di Noel attraverso la porta semiaperta della camera di Bianka.
-...diceva che non siamo umani. Ma io ho finito il lavoro di mio padre.
Ma cosa diavolo...?
-Tua madre diceva che noi non siamo mannu. Diceva che non siamo umani. Ma io ho finito il lavoro di mio padre.
Marton aprì la porta.
-Tua madre diceva che noi non siamo mannu...
Noel parlava a Bianka, che stava distesa sul letto.
-...diceva che non siamo umani...
In mano stringeva il martello preso dalla cassetta degli attrezzi, rosso di sangue che grondava lento a terra, in filamenti venati di grigio.
-...ma io ho finito il lavoro di mio padre.
Bianka era una figura rattrappita sul letto inondato di sangue, il cranio un ammasso di ossa, denti, carne rossa e materia grigia.
-Tua madre diceva che noi non siamo mannu. Diceva che non siamo umani. Ma io ho finito il lavoro di mio padre.
Marton arretrò barcollando, cercando di trattenere ora un urlo, ora un conato di vomito. Urtò di schiena contro la parete del corridoio e si lasciò scivolare sul pavimento.
-Tua madre diceva che noi non siamo mannu. Diceva che non siamo umani. Ma io ho finito il lavoro di mio padre.
Marton si nascose il viso nelle mani e cominciò a piangere.


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