Sunday 15 December 2013

Canto di Natale


Londra la notte di Natale non era poi tanto diversa dalla Londra del resto dell'anno. Agli occhi di Marco, per lo meno. Qualche luminaria in qua e la', qualche luce in piu', addobbi nelle vetrine dei negozi per richiamare lo spirito natalizio allestiti con neanche tanto impegno. A conti fatti, la stessa trappola mangiasoldi di sempre. Solo il giorno dopo, Natale, Londra avrebbe aggiunto una nota diversa, una variante grazie alla torma di turisti incazzati neri nello scoprire che l'intera citta' si era fermata completamente: niente Underground, niente treni, niente bus, e tutti i negozzi e i ristoranti chiusi. Solo i minicab a tariffa doppia per spostarsi e kebab per sfamarti se avevi le gambe per arrivare nel Londonistan, i quartieri musulmani dell' East End.
Beh, non era cosa che lo riguardava. Problemi altrui: se eri cosi' scemo da farti attirare da Londra come una falena dalla luce di una lampadina, meritavi di bruciarti. Che poi Londra era un cattura insetti elettrico... Beh, un cattura turisti.
Incamminandosi nei vicoli fra Covent Garden e l' Hunterian Museum, represse l'abituale disgusto che ogni volta lo assaliva nel venire in contatto con la vera faccia di Londra: tanfo di piscio e spazzatura abbandonata dove capitava. Londra era una lurida citta' dalla faccia pulita. Si mostrava linda e perfetta ai turisti, ma se ci spendevi un poco di tempo venivi a contatto con la gente che pisciava contro i muri, il vomito degli ubriachi e la spazzatura buttata ovunque. Del resto non che ci fossero molti bidoni della spazzatura in giro. Ma poi, essendo i londinesi (e gli inglesi ovunque nell' isola) abituati com'erano a buttare tutto dove capitava e lasciare che qualcun altro raccattasse, avrebbero usato i bidoni se ci fossero stati? Ne dubitava.
Un pensiero gli ando' all' Hunterian Museum, con la sua collezione di parti di corpo umano, scheletri deformi e altre mostruosita' frutto del miserabile stile di vita dell'epoca vittoriana. Il dottor John Hunter sarebbe impazzito di gioia, oggigiorno: non piu' studio e collezione di deformazioni del corpo causate da malnutrizione e malattie derivanti dalla sporcizia, ma deformazioni mentali con tutta la sporcizia dell'animo che le accompaganava. Il dottore si sarebbe divertito ad affettare cervelli in cerca di macchie e malformazioni, fosse vissuto al giorno d'oggi. Col suo spirito ora da chirurgo, ora da flebotomo e ora da macellaio (altro che Jack the Ripper) il dottorino scozzese aveva messo su una collezione incredibile, oscura ed affascinante. Un luogo che meritava di essere visitato, l' Hunteriam Museum. Ma forse che i turisti lo visitavano? Qualche disgraziato che aveva sbagliato strada, magari. I coglioni andavano in massa a buttare i loro soldi per salire sul London Eye e sperimentare i quaranta minuti piu' noiosi della loro vita. Non che molti lo ammettessero, non dopo aver buttato nel cesso quasi trenta sterline. Ovvero trentasei euro. O quarantotto dollari.
Scartando tutto d' un tratto ogni pensiero relativo a turisti e musei degli orrori, Marco si arresto' nell'ombra di un edificio, forse il retro di un pub che aveva chiuso i battenti ormai da un po' di tempo. Aveva trovato chi stava cercando. Una figura stava silenziosa e immobile in fondo al vicolo, nell'alone di luce dell'unico lampione. Una spolverina scura gli pendeva dalle spalle larghe, arrivando quasi a sfiorare in terra. Teneva la testa inclinata, in ascolto. Qualcuno cantava: voci alticce giungevano da una finestra illuminata al primo piano, un coro che non riusciva ad andare all' unisono in un jingle natalizio stonato per gran parte delle note. Ma l'uomo in ascolto sembrava, chissa' come, apprezzare. Forse apprezzava il tentativo. O lo spirito del tentativo.
Facendo un profondo respiro, Marco mosse in avanti, il petto gonfio d'aria. Fece due passi e rilascio' il fiato; altri due passi e disse: -Noi dobbiamo parlare!
L'uomo in fondo al vicolo si giro' di scatto, un' espressione sorpresa sul viso che pero' duro' solo un attimo. Altri tre passi e Marco si fermo', a meno di tre metri dall'uomo con la spolverina. L'odore di urina qui era piu' forte. Sul viso dell' uomo comparve un sorriso, sornione come se fosse stato un gatto, e si porto' una mano al mento fortemente pronunciato e perfettamente rasato.
-Visto che sei riuscito a trovarmi-, disse, -penso sia doveroso concederti questa conversazione, piccolo uomo. Cosa vuoi da me?
-Tu sei lo Spirito del Natale Passato.
L'uomo annui', e il suo sorriso si fece ancor piu' pronunciato. -Questa non era una domanda. Vai avanti.
-E percio' tu rappresenti il Passato.
-Giusta deduzione. Continua.
Uno scintillio, fra l'ironico ed il cattivo, si accese nei suoi occhi. Marco inspiro' profondamente, cercando di raccogliere il coraggio per fare la sua richiesta, la sua sicurezza improvvisamente scomparsa. C'era qualcosa, nello Spirito di fronte a lui, che incuteva timore. Non tanto l' imponenza della figura, non i suoi occhi imperscrutabili e neri e profondi come miniere di carbone. L' odore polveroso delle ere andate, delle vite ormai perdute e di cose dimenticate emanava dalla sua persona. E ti metteva un brivido nelle ossa, ti affondava profondamente dentro come un dolore acuto nei denti.
-Io... io voglio indietro i Natali che ti sei preso! Voglio indietro il mio passato!
Per un attimo lo Spirito lo fisso' attonito, poi comincio' a ridere: sommessamente e in singhiozzi in un primo momento, quindi sempre piu' forte, fino ad ad esplodere in un cachinno che gli rovescio' la testa all'indietro. Una risata fragorosa che riempi' tutto il vicolo. Marco si rese conto che il jingle al primo piano si era interrotto. La finestra si apri' e due figure indistinte si affacciarono. Lo Spirito smise di ridere tutto d' un tratto, il viso rivolto in alto verso le due persone affacciate, gli occhi neri scintillanti in uno sguardo duro ripreso dalla rigidezza della bocca. I due alla finestra si ritirarono di scatto all' interno di casa, chiusero la finestra sbattendola e poco dopo la luce si spense. Nessuno riprese a cantare nella casa.
Lo Spirito riporto' la sua attenzione su Marco. Ogni traccia di ilarita' era scomparsa dal suo viso. Due passi veloci, mossi senza preavviso, lo portarono a pochi centimetri da Marco. Un brivido corse lungo la sua spina dorsale. mentre sollevava la testa per fissare quegli occhi neri come il carbone. Lo Spirito torreggiava su di lui con tutta la testa.
-Ripetimi cosa vuoi da me, piccolo uomo-, disse lo Spirito in un soffio.
-Voglio... voglio indietro i miei Natali-, balbetto' Marco. -Sei arrivato... troppo presto. Non ero pronto... Non ero pronto ed ho fatto troppi sbagli. Voglio rimediare ai mie errori!
Lo Spirito emise uno tsk di noia, scuotendo il capo. Improvvisamente sollevo' la mano sinistra, muovendo le dita in un gesto rotatorio. e una sfera di cristallo piena di neve comparve nella sua mano.
-Guarda qui dentro-, ordino'.
Marco fisso' i turbini di neve fitta, pallini bianchi di polistirolo che rotevano dotati di vita propria. La loro danza folle rallento', si fecero piu radi, delle ombre si cominciarono ad intravedere oltre il turbinare. E d'improvviso le ombre si addensarono, all'interno di una cornice rotonda fatta di calda e dorata luce sfocata, e formarono le linee di una stanza: un divano conosciuto, tende nella cui scelta era stato coinvolto contro la sua volonta', un ampio tavolo di legno massello su cui stava un cesto di frutta. Il suo salotto... E sua moglie seduta sul divano, lo sguardo basso, assorto e meditabondo, le mani strette fra le gambe accavallate una sull' altra. Un' altra figura comparve nel campo visivo, suo figlio, un ragazzo alto e dai folti capelli ricci di un nero corvino che nessuno sapeva da chi avesse ereditato perche' nelle due famiglie, la sua e quella della moglie, nessuno aveva i capelli neri. Suo figlio si sedette accanto alla madre e le prese una mano, stringendola. Lei gli rivolse un sorriso rassegnato, stringendosi nelle spalle.
Gli occhi di Marco dardeggiarono dalla sfera di cristallo al viso dello Spirito e nuovamente alla sfera. Cosa...? Suo figlio indossava un maglione a collo alto che non gli aveva mai visto. Dietro di lui e sua madre, dietro il divano, in un angolo vicino alla porta a vetri della cucina, l' Albero di Natale era perfettamente addobbato ma le luci erano spente. Perche' le luci erano spente? Tremando Marco fisso' lo Spirito.
-Capisci?- chiese lo Spirito.
-Che... che Natale mi hai mostrato? E' il Natale Presente, vero?
-Esatto, e' il Natale Presente. Eppure gia' mi appartiene. Capisci perche'?
Marco gelo'. Ma che ci faccio qui? La futilita' di tutta la situazione lo colpi' come un pugno allo stomaco.
-Stai cercando un modo per rimediare agli errori passati, e non ti sei accorto che ne stavi commettendo uno nuovo-, mormoro' lo Spirito del Natale Passato, quasi dolcemente.
Marco non riusciva a smettere di tremare, i brividi che lo scuotevano in maniera sempre piu' violenta.
-Il Passato arriva sempre troppo presto, piccolo uomo, perche' il Presente e' una cagna. Entrambi non ti lasciano nessuna speranza, perche' sono cio' che sono. Solo il Futuro puo' mostrarti una faccia diversa.
Gli occhi di Marco incontrarono quelli dello Spirito. Come aveva fatto a scambiare per durezza la luce triste che emanava da quegli occhi? I brividi, lentamente, si esaurirono.
-Non serve che chiami la visita degli altri due Spiriti del Natale. Non per te, piccolo uomo, vero?
Marco scosse debolmente la testa. Come poteva essere stato cosi' cieco?
-Vai, ora. Il Passato e' passato, ed il Presente e' cosi' facile da perdere. Spera nel Futuro, piccolo uomo, ma non esitare. Vai.
Marco si giro' senza una parola e si incammino' su per il vicolo. Verso casa.

Liberamente tratto da Canto di Natale di Charles Dickens, che per altro non ho mai letto.


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