Saturday 25 January 2014

Metropoli farneticante 2


Il Demone aveva fame. Nutrito per secoli con le anime e il sangue delle torme di popolazioni straniere, schiavi e servi fatti giungere da oltre il mare, non era mai sazio. Annidato nelle profondità della Metropoli, sistema vitale della Metropoli stessa, la sua fame era la fame della città. I suoi Signori, celati in ombrosi uffici o luminose dimore sui colli, percepivano la brama del demone e la temevano. Era cresciuto troppo durante i secoli trascorsi dalla fondazione della Metropoli, e continuava a crescere. Alcuni temevano che drenasse ogni fluido vitale della nazione, altri semplicemente ridevano delle loro paure, ormai totalmente asserviti ai desideri del Demone.
La Metropoli, coi suoi milioni di servi ignari d’ esserlo, viveva i suoi giorni senza pensare che il suo destino si annidava sotto di lei in forma di una creatura demente, pronto a condannarla, a perderla nella follia e nell’ ira. Ma i Signori vedevano chiaramente le tensioni crescenti, i punti dove il tessuto sociale andava logorandosi a causa della fame insaziabile del Demone. I commerci continuavano, opere d’ arte e della tecnica venivano create ogni giorno, i giovani di altre nazioni attraversavano il mare per studiare nelle sue scuole. Ma nuove nazioni e vecchie potenze nemiche alzavano il capo nelle nebbie di terre lontane, i mercanti tornavano carichi di frutti privi di sapore e di cibi che non saziavano, le opere degli artisti si ripetevano uguali e presto venivano dimenticate.
Ma il Demone doveva continuare ad essere nutrito. Era inevitabile. Nutrire il Demone significava continuare a far vivere la Metropoli, affamare il Demone per ridurlo all’ impotenza ne avrebbe comportato la morte. Attraverso l’entropia veniva data nuova vita ad una città che altrimenti sarebbe languita fino a spengersi. Le bandiere vennero chiamate, gli uomini vennero  adunati: i Signori pianificavano una nuova guerra. Ma la nazione era in declino, dell’antico impero restavano poche tracce, la presa sulle antiche colonie, sebbene letale, era incerta. L’inventiva e il genio languivano fra la popolazione locale e sempre più stranieri salivano nella scala sociale e questo minava il potere dei Signori.
La lotta ebbe inizio. Il popolo venne indotto a sacrificare la sua vita al Demone: spirito, carne e sangue. Il Demone doveva essere nutrito, innanzitutto, perché la sua forza era la forza della nazione, era la forza dei Signori. Era una guerra infida e non dichiarata, volta ad indebolire i vicini, a ristabilire il possesso sulle fonti di ricchezza oltremare e rubarne di nuove. Le debolezze interne furono addossate alle classi straniere più povere, a coloro che si ritenevano sacrificabili. Le ricchezze vennero indirizzate negli sforzi bellici, a sostenere le armate inviate in terra straniera, a rinforzare i meccanismi di potere. E mentre le condizioni del popolo peggioravano il Demone cresceva. La sua forza cresceva di pari passo con la sua fame. Nuove ricchezze fluivano a tratti per un temporaneo rigermogliare della nazione. Ma i beneficiari erano sempre meno, volta dopo volta, via via che la parte destinata al Demone diveniva sempre più grande. La vera lotta era supportare la crescita del Demone.
E nelle strade sopra la dimora del Demone la gente camminava ignara. Viveva la sua vita in modo sempre più ripetitivo, amava ogni giorno di meno, ascoltando gli inviti alla bramosia e all’ odio. Perdeva ogni giorno qualcosa di sé ma non se ne rendeva conto. La memoria del passato e delle tradizioni si fecero confuse. La curiosità e l’interesse per ciò che non era quotidianità si assopirono, in molti persero la capacità di provarle. Piaceri edonistici furono elevati a dogma per riempire il vuoto delle loro vite. Molti non erano più vivi, ma non lo comprendevano. L’odio e lo scontento fermentavano nei cuori che più non palpitavano, il gusto per i piaceri della vita era stato sacrificato alla necessità di sostenere lo sforzo bellico. Quando la rabbia esplodeva fra coloro che più erano miserabili, essa veniva spenta con metodi ben peggiori che lo spargimento di sangue: si uccideva lo spirito, lo si strappava dalle carni e vi si impiantava il disinteresse per tutto e tutti. La Metropoli andava affollandosi di estranei, di persone fredde, disinteressate al bene altrui. Alle masse era stato tolto tutto: la dignità, la gioia di vivere, la capacità di apprezzare le cose belle e di credere in qualcosa di superiore. In cambio era stata data loro la convinzione di essere degli eletti: il sacrificio per la nazione, il sacrificio al Demone, erano diventate la loro impronunciata religione.
Dopo aver ucciso gli Spiriti della terra i Signori si preparavano ad uccidere la terra stessa per strapparle le sue ricchezza e darle in pasto al Demone. Ed il Demone, giacendo nell’oscurità dei sotterranei della Metropoli, rideva, emettendo gorgoglii dementi.

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