Nel team di landscaping che lavora al Parco Olimpico ci sono molti rumeni che parlano l'italiano meglio dell'inglese, avendo vissuto alcuni anni in Italia, di cui, chi più chi meno, hanno buoni ricordi. Durante una pausa, parlando appunto dell'Italia e delle impressioni che abbiamo riguardo il paese dove insieme risiediamo attualmente e che ci accomunano in quanto a nessuno di noi il Regno Unito piace, uno di loro mi ha detto, testuali parole: "Mi dispiace per ciò che sta succedendo in Italia. Mi dispiace perché l'Italia a me ha dato la vita."
La cosa mi ha dato sensazioni contrastanti: piacevoli perché qualcuno apprezzava l'Italia, tristi perché un immigrato è quasi sempre e quasi ovunque voluto e tollerato per sopperire ai bisogni della nazione ospite. Ma lui aveva avuto qualcosa in cambio, qualcosa che era stato di gran valore nella sua situazione di allora. Poco dopo mi è capitato di parlare con un altro rumeno. Questo non era mai stato in Italia né parlava italiano. Aveva lavorato 5 anni in Israele, prima di trasferirsi a Londra. Una persona con una gran desiderio di tornare a casa sua, che si portava dietro una tristezza intima che traspariva da certi modi di dire e dallo sguardo, e che insieme alla tristezza aveva però anche una profonda gratitudine per Londra, perché gli aveva dato la possibilità di ottenere qualcosa nella vita, possibilità negatagli dalla sua nazione. Anche lui aveva ottenuto qualcosa in cambio, qualcosa di gran valore.
Abbiamo parlato un poco di questa gratitudine, gratitudine che lui provava e che io non riuscivo, non riesco né mai riuscirò a provare. Nonostante le possibilità che qui sono riuscito ad ottenere e che l'Italia mi avrebbe negato, non riesco a non sentire la sensazione di essere usato. In due anni ho ricevuto da molte persone diverse, sia a lavoro che fuori, un'infinità di promesse e rassicurazioni puntualmente disattese, fatte solo per tenermi a disposizione nell'eventualità che non trovassero qualcuno più adatto alle loro esigenze. Never speaking clear, always keeping every door open till the last moment. In the end an email of apologies will be enough. Questo è il motto egli inglesi, che mai mentono ma mai sono chiari. "Falso come un inglese" equivale a dire "Falso fino al midollo".
In questi due anni sono stato costretto a cambiare lavoro due volte per pressioni dei miei manager a cui risultavo non gradito, forse perché ero gradito ai titolari; sono stato aggredito una volta e ricevuto risate in faccia dal mio manager come risposta alla richiesta di sistemare la cosa; fatto oggetto di delazione da un collega su cose false; da tre ditte differenti sono stato costretto, per lavorare, a provvedere in proprio all'antifortunistica quando fornirla è obbligo specifico del datore di lavoro, e in un caso parte del mio equipaggiamento è stato fatto scomparire durante le ferie estive quando solo managers e titolari avevano accesso al magazzino. In due casi sono stato insultato dai miei sottoposti, una volta con sfondo razzista, e mi sono sentito dire dal mio manager che devo stare attento a come parlo perché "in questa nazione i lavoratori hanno molti diritti e se usi le parole sbagliate ti puoi ritrovare in tribunale". Evidentemente questi diritti non si estendono agli stranieri? Una volta, lasciando una compagnia, non mi sono state rimborsate le spese anticipate per parcheggio e materiali (e che dovessi anticipare le spese la dice già lunga); due volte hanno provato a non pagarmi le ferie ed una volta hanno provato a non pagarmi tutte le ore, costringendomi a tampinarli per mesi; una volta da un datore di lavoro che ha fatto bancarotta, invece di spiegazioni sul perché non poteva pagarmi il dovuto ho ricevuto minacce. Lasciando la penultima ditta per cui ho lavorato, la sera dell'ultimo giorno, dopo aver lavorato e fatto lavorare più duramene del solito tutto il team in una giornata con temperature sotto zero per completare un lavoro, ho dovuto litigare col boss perché avevo "usato il tempo pagato da lui per cose della ditta a cui mi stavo trasferendo": in pratica lui aveva annullato il mio pass di accesso al Villaggio Olimpico prima ancora che finisse la giornata ed io avevo provveduto ad averne uno nuovo con l'altra ditta. A parte il fatto che senza non sarei potuto uscire dal recinto che racchiudeva il Villaggio, lo avevo fatto nella mia pausa pranzo. Una volta un affittatore ha provato a non restituirmi il deposito per la camera in cui avevo alloggiato, senza fornire alcuna motivazione, semplicemente non ha restituito i soldi finché non ho minacciato le vie legali.
Tutte le persone coinvolte in questi fatti erano inglesi, eccettuato per gli insulti razzisti ricevuti che mi furono fatti da una donna gallese.
La cosa mi ha dato sensazioni contrastanti: piacevoli perché qualcuno apprezzava l'Italia, tristi perché un immigrato è quasi sempre e quasi ovunque voluto e tollerato per sopperire ai bisogni della nazione ospite. Ma lui aveva avuto qualcosa in cambio, qualcosa che era stato di gran valore nella sua situazione di allora. Poco dopo mi è capitato di parlare con un altro rumeno. Questo non era mai stato in Italia né parlava italiano. Aveva lavorato 5 anni in Israele, prima di trasferirsi a Londra. Una persona con una gran desiderio di tornare a casa sua, che si portava dietro una tristezza intima che traspariva da certi modi di dire e dallo sguardo, e che insieme alla tristezza aveva però anche una profonda gratitudine per Londra, perché gli aveva dato la possibilità di ottenere qualcosa nella vita, possibilità negatagli dalla sua nazione. Anche lui aveva ottenuto qualcosa in cambio, qualcosa di gran valore.
Abbiamo parlato un poco di questa gratitudine, gratitudine che lui provava e che io non riuscivo, non riesco né mai riuscirò a provare. Nonostante le possibilità che qui sono riuscito ad ottenere e che l'Italia mi avrebbe negato, non riesco a non sentire la sensazione di essere usato. In due anni ho ricevuto da molte persone diverse, sia a lavoro che fuori, un'infinità di promesse e rassicurazioni puntualmente disattese, fatte solo per tenermi a disposizione nell'eventualità che non trovassero qualcuno più adatto alle loro esigenze. Never speaking clear, always keeping every door open till the last moment. In the end an email of apologies will be enough. Questo è il motto egli inglesi, che mai mentono ma mai sono chiari. "Falso come un inglese" equivale a dire "Falso fino al midollo".
In questi due anni sono stato costretto a cambiare lavoro due volte per pressioni dei miei manager a cui risultavo non gradito, forse perché ero gradito ai titolari; sono stato aggredito una volta e ricevuto risate in faccia dal mio manager come risposta alla richiesta di sistemare la cosa; fatto oggetto di delazione da un collega su cose false; da tre ditte differenti sono stato costretto, per lavorare, a provvedere in proprio all'antifortunistica quando fornirla è obbligo specifico del datore di lavoro, e in un caso parte del mio equipaggiamento è stato fatto scomparire durante le ferie estive quando solo managers e titolari avevano accesso al magazzino. In due casi sono stato insultato dai miei sottoposti, una volta con sfondo razzista, e mi sono sentito dire dal mio manager che devo stare attento a come parlo perché "in questa nazione i lavoratori hanno molti diritti e se usi le parole sbagliate ti puoi ritrovare in tribunale". Evidentemente questi diritti non si estendono agli stranieri? Una volta, lasciando una compagnia, non mi sono state rimborsate le spese anticipate per parcheggio e materiali (e che dovessi anticipare le spese la dice già lunga); due volte hanno provato a non pagarmi le ferie ed una volta hanno provato a non pagarmi tutte le ore, costringendomi a tampinarli per mesi; una volta da un datore di lavoro che ha fatto bancarotta, invece di spiegazioni sul perché non poteva pagarmi il dovuto ho ricevuto minacce. Lasciando la penultima ditta per cui ho lavorato, la sera dell'ultimo giorno, dopo aver lavorato e fatto lavorare più duramene del solito tutto il team in una giornata con temperature sotto zero per completare un lavoro, ho dovuto litigare col boss perché avevo "usato il tempo pagato da lui per cose della ditta a cui mi stavo trasferendo": in pratica lui aveva annullato il mio pass di accesso al Villaggio Olimpico prima ancora che finisse la giornata ed io avevo provveduto ad averne uno nuovo con l'altra ditta. A parte il fatto che senza non sarei potuto uscire dal recinto che racchiudeva il Villaggio, lo avevo fatto nella mia pausa pranzo. Una volta un affittatore ha provato a non restituirmi il deposito per la camera in cui avevo alloggiato, senza fornire alcuna motivazione, semplicemente non ha restituito i soldi finché non ho minacciato le vie legali.
Tutte le persone coinvolte in questi fatti erano inglesi, eccettuato per gli insulti razzisti ricevuti che mi furono fatti da una donna gallese.
No, non riesco proprio a provare il più piccolo briciolo di gratitudine.
Non posso dare colpa agl'Ingese per essere razzisti. Basta guardare intorno per vedere l'invasione
ReplyDeletedei immigrati.
Il razzismo è un'ideologia che ritiene una o più etnie superiori alle per una questione puramente genetica, non ha niente a che fare con l'immigrazione. E gli inglesi ne strabordano. Anche se in genere ne sono così convinti che non si sprecano neppure nel venirtelo a dire, gli basta ritenersi superiori. E' quando non gli permetti più, volutamente o no, di sentirsi meglio di te che se ne vengono fuori con frasi offensive del tipo "You're just a small migrant come here to look for a job" (veramente ero venuto in cerca di persone migliori, ma fa niente, sono io lo stupido) o "English people had enough of foreigners stealing jobs with undercut wages" (e perché lo dici a me che guadagno il 30% in più di te?). In quanto all'immigrazione che si ritrovano, al di là che è gente che il governo inglese sta chiamando qui spargendo balle su come sia facile la vita in UK e quanti lavori ci siano, una nazione che è andata a rompere i coglioni o comunque a ficcare il naso nel 95% del globo terrestre, depredando e portando rovina tutt'ora (prova a chiedere ad un nigeriano cosa stanno facendo là, per esempio), farebbe bene a farsi un esamino di coscienza. Il tutto si riassume splendidamente nel modo in cui hanno colonizzato l' India, giustificando il loro diritto a sottomettere i locali con la teoria della razza ariana, sviluppata in Francia nel 1800, ed usata per primi dagli inglesi ben prima che Hitler sapesse solo cos'era quella teoria e creando carestie in una terra dove non ce ne erano mai state.
ReplyDeleteIn molti altri post ho dato la mia idea sull'immigrazione e su alcuni impatti che ha su questa società, e su come la questione sia abilmente manipolata dalle autorità (quelle vere, annidate dove l'elettorato non può raggiungerle): il guaio è che gli inglesi, quelli che realmente vengono danneggiati dalla situazione, non fanno assolutamente niente per porvi rimedio. Esattamente come gli italiani che continuano a votare Berlusconi (o chi per lui) e PD, insomma i vecchi partiti, a discapito delle evidenze. Ma gli atteggiamenti di cui ho scritto nel post, non sono qualcosa che gli inglesi riservano agli stranieri. Ci provano più spesso con gli stranieri perché in genere non conoscono bene i loro diritti, e in passato le "furbate" erano frenate da un genuino terrore della legge, che però ormai non morde più. Ho chiesto un po' a colleghi inglesi, ed anche loro hanno spesso avuto gli stessi problemi: ad esempio è pratica diffusa, quando lasciano una ditta, il prendere tutte le ferie anche se non ne hanno bisogno invece di farsele pagare, pare proprio per la frequenza con cui ci sono "errori" di conteggio. Ovviamente quando parli con uno di quelli veramente razzisti, loro non hanno mai avuto problemi di nessun tipo. Dopo una discussione con uno di questi elementi, in cui venne fuori un paragone fra Italia e UK (all'epoca ancora in termini civili), lo sentii mormorare fra sé e sé: "I still believe that here is better." Certo, certo, qui è meglio, non ti preoccupare. Fai una vita così miserabile che se ti levo anche questa convinzione finisce che salti nel Tamigi.