Qualche anno fa, in Italia, un amico americano, direttore della succursale fiorentina di una universita' dell'Arkansas, mi chiese una mano nell'organizzazione di una festa. Per chi non lo sapesse ci sono (o c'erano) ben 16 universita' americane con una succursale a Firenze e dintorni, il che significa un bel numero di studenti americani sul suolo italiano, a cui vanno aggiunti quelli delle basi militari e quelli che si trovano in Italia per lavoro. Insomma, un numero sufficientemente alto perche' valga la pena organizzare un party in grande stile per l' Independence Day, che negli USA cade il 4 luglio, ma che gli americani in Italia festeggiano il sabato piu' vicino al 4 luglio. Lo fanno ogni anno a Pratolino, sopra Firenze, nel Parco di Villa Demidoff, facente parte delle proprieta' della famiglia Demidoff (in origine origine era di una villa medicea, veramente). Si ritrovano da Firenze, da Roma (viene anche
l'Ambasciatore Americano) e dalle basi militari. Molto meno formali degli italiani, diplomatici, studenti, professori e soldati si mescolano e lavorano come volontari per organizzare il party. Ovviamente non manca la Firenze Bene: Sindaco e Assessori, industrialotti in giacca e cravatta, con le signore che non fosse per il caldo afoso dell'estate fiorentina verrebbero in pelliccia (dovrebbero trasferirsi a Londra, tra l'altro qui nessuno nota se giri in pelliccia a luglio o in bermuda e infradito a Natale). E non mancano gli sponsor, aziende varie che per l'opportunita' di presentarsi a tali personalita' riforniscono il party di cibo e bevande gratis. Quando andai io c'era anche McDonalds: meglio gli hamburger pieni di ormoni di Camp Darby che quelli lavati nell' ammoniaca di McDonalds. Quelli militari sono piu' grossi e saporiti.
Ma torniamo a me e all'aiuto richiestomi. Una cosa semplice: dovevo venire col mio camion per trasportare dei tavolini da Scandicci (sede dell'universita') al Parco (sede del party). Ovviamente ero invitato con la famiglia. Venne solo mio figlio, bimbetto all'epoca dei fatti, ma poco importa ai fini di questo racconto. Bene, caricati i tavolini a Scandicci, trasportati e scaricati i tavolini al Parco, ero libero di divertirmi. Giocai un poco a frisbee, giocai un poco a pallavolo, mangiai qualche hamburger e qualche hot dog, e poi cominciai ad annoiarmi. Ero sposato e quindi non potevo certo correre dietro alle studentesse americane, ed ero piu' abituato a lavorare che a giocare. Quindi mi offrii di aiutare.
"Certo che puoi!" mi rispose Robby. "Puoi servire il vino, che' i ragazzi non lo possono toccare."
Dovete sapere che gli studenti di molte universita' cristiane, negli USA, firmano un contratto, per essere accettati nel college, in cui si impegnano a non toccare alcolici per tutto il tempo degli studi. E intendo proprio toccare, non intendo bere. Pena la sospensione. Questo creava qualche problema, dato che i volontari ai tavoli dove distribuivano da mangiare e da bere erano tutti studenti che avevano firmato questo agreement. E di vino da servire ce n'era in abbondanza. Una stanza piena di scatole e casse di Chianti, Brunello e Rosso di Montalcino, Barolo e Barbera, e molti altri ancora. Fra gli altri, due bottiglie azzurre di Ice Wine tedesco (porcheria assurda di cui parlero' un'altra volta, magari) e numerosi tetrapack da 5 litri ciascuno di vino Ronco. Vi ricordate quella pubblicita' in cui la moglie si alza da una tavola con ospiti, va in cucina, riempie una caraffa di vino e poi col dito in bocca fa il rumore del bottiglia stappata? La scena in cui lei fa il gesto dell'ombrello agli ospiti che non possono vederla e' stata tagliata, ma vi assicuro che nello spot originale c'era. Non sono sicuro, comunque, che fosse lo spot del Ronco o di un altro pseudo-vino, ma ci siamo capiti.
Dunque, offertomi volontario, sguscio in veste di ospite sotto la fila di tavoli su cui e' disposto il cibo e risorgo sull'altro lato in qualita' di mescitore di vini, con tanto di cavatappi. Non era d'argento, pero'. Inizio a stappare bottiglie di vino a tutta manetta, fra le esclamazioni di giubilo degli ospiti italiani, i quali faticavano a mandare giu' minestra di pane, insalata russa, affettati ed altre prelibatezze del catering con Coca-Cola, Fanta e Sprite. Del buon vino to wash down tutto quel cibo ci voleva proprio.
Il pomeriggio scorre pigro, ora dopo ora, portata dopo portata, e bicchiere dopo bicchiere. Di fronte ai tavoli del cibo e' tutto un milling di uomini e donne, che si intensifica nell'angolo dove mi trovo io. E dove si trovano le bottiglie di vino, ovviamente. Ci sono pure i Bersaglieri e gli Sbandieratori di Firenze, che hanno fatto parte dell'intrattenimento e ora si godono un paio di bicchieri. Paio? Vedevo le stesse facce ricomparire ogni dieci minuti. Sebbene indaffarato a stappar bottiglie, ci scappava qualche chiacchiera, ora con la signora ingioiellata, ora con l'imprenditore strozzato dalla cravatta (avevamo intorno ai 40 gradi, quel giorno, anche se la tipica afa fiorentina non era riuscita a salire fino in collina). Complice qualche richiesta di consiglio, ho cominciato a darmi arie da sommelier, aiutato nell'inganno dalle mie conoscenze di agraria. "Cosa mi consigli con la minestra di pane?" "Sicuramente un Chianti che e' piu' tanninico!" Del resto nella ribollita ci sono fagioli e cotica, i' tannino ci vole sihuramente!
Servitevi.
E loro si servirono. "Alessiooo", mi fece una voce di donna, lamentosa e anche un poco alticcia, "ma non ce n'e' piu' di quello buono?" "Mi spiace", risposi contrito (e lo ero veramente, c'era da rischiare il linciaggio), "ma e' rimasto solo questo." Quindici minuti e mi ritrovai il tavolo coperto da bicchieri di plastica pieni fino all'orlo di vino assaggiato e lasciato li'. Il Ronco era stato schifato perfino da un Alpino di passaggio. Urgeva un rimedio.
"David", dissi a un ragazzo troppo giovane per essere iscritto all'universita', "dammi una mano. Prendi tutti i bicchieri col vino, anche quelli dove ci hanno sputato dentro, e portali nell'altra stanza, dove nessuno ci vede."
E nella stanza sul retro, attorniato dai tetrapack di Ronco e davanti ad un tavolo coperto di bicchieri pieni del medesimo liquido, mi applicai ad una azione degna delle Nozze di Cana. Prese le bottiglie di vino svuotate dai Santi Bevitori fuori nel Parco, le riempii di Ronco. Sia dai tetrapack che dai bicchieri sbevazzati. Gesu' trasformo' l'acqua in vino, io trasformai il Ronco in Chianti, Rosso, Brunello, Barolo e Barbera. Me ne tornai esultante da fuori con le bottiglie ripienate. "Mi ero sbagliato!" annunciai. "Avevano messo delle scatole di vino in un'altra stanza e non lo sapevo." E ripresi a portare bottiglie di vino buono al banco.
"Sicuramente", penserete voi, "quelli se ne sono accorti." "E a quel punto si' che ti hanno linciato." "Avrai corso piu' veloce di un ghepardo per salvare la buccia." E invece no! Quelli han bevuto senza accorgersi di niente e quando se ne sono andati il Ronco (fornito in quantita' industriale dallo sponsor - non so chi fosse il folle) era quasi terminato. Era stato bevuto pure l'Ice Wine...
Beh, io, vi assicuro, non vi so dire se un vino e' buono oppure no; pero' vi so dire se mi piace o no. Cosa che, a quanto pare, la maggior parte della gente non e' in grado di fare. Si fa sviare dall'etichetta. Capita anche a voi?
La giornata fini' verso mezzanotte, con una ventina di studenti che necessitavano di raggiungere la strada principale caricati sul cassone del camion. Arrivati in cima al Parco sollevai il ribaltabile. Solo un pochino, per fargli prender paura.
Ah, me ne tornai a casa con alcune bottiglie di vino. Di quello buono, ovviamente.
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