Monday, 14 October 2013

La casa (parte settima)


Parte prima                           Parte quarta
Parte seconda                       Parte quinta
Parte terza                            Parte sesta


Era notte. Marco era seduto nello studio, sul divano, e alla luce di una lampada a stelo stava leggendo il diario dalla copertina nera. "The house was in ruin. Just the main walls remained. It took me a month just to clear the site from every debris."
Qualcuno busso' alla porta, interrompendo la lettura. Il bussare si ripete'. Appoggiato il diario sul divano Marco ando' ad aprire la porta d'ingresso. L'aria notturna era tiepida ed immobile. Alla porta non c'era nessuno. Marco richiuse la porta e torno' sul divano e riprese la lettura del diario da dove aveva interrotto.
"I couldn't start rebuilding before the removal of every scrap which was part of the old mansion, since it was part of what had been broken, and would have allowed them to pass through at the next attempt."
Il bussare alla porta si ripete', questa volta piu' urgente. Irritato Marco chiuse il diario e tenendolo in mano ando' ad aprire. Anche questa volta la notte era immota e vuota. Scuotendo la testa Marco torno' nello studio, cercando la pagina dove stava leggendo ancor prima di raggiungere il divano.
"Aiming to close the passage properly, I chose personally all the materials to be used to make the house up. The stones for the walls came from the same quarry they came originally; bricks and glasses came from cathedrals which shared Cold Ash destiny, the destruction during the Blitzkrieg; timber were made with wood coming from thickest of the surrounding lands: oak from the North, ash from East, birch from South and walnut from the West. The water pipes, gutters, every slate for the roof, every carpet or furniture, where not possible to be found original, I had them made by local craftsmen following the procedures as Lucretius explained them on the Book of Wisdom.
"I supervised all the jobs, to make sure that every piece was laid in the right position at the proper time."
Bussarono di nuovo alla porta. Marco alzo' la testa di scatto, le labbra tese in una linea sottile di disappunto. In quel momento un vetro della finestra esplose con uno schianto ed un corpo grigio piombo' stridendo sul pavimento. Marco urlo', sobbalzando sul divano. Al centro del tappeto un piccione sbatteva freneticamente le ali, muovendo il corpo a scatti in un cerchio spezzato, il collo torto all'indietro in una posizione innaturale.
Cercando di calmare i battiti del cuore Marco rimase a guardare l'uccello che si agitava sul pavimento con sempre minore energia. La pioggia inizio' a battere contro i vetri della finestra, mentre il piccione sobbalzava negli ultimi colpi d'ala nell' istintivo quanto inutile tentativo di sollevarsi dal suolo a cui era stato anticipatamente legato dalla morte imminente. Un colpo di vento umido entro' attraverso il vetro rotto. Marco alzo' gli occhi alla finestra e il diario era la', sullo scrittoio, aperto. Il vento ne sfogliava le pagine e la pioggia ne impregnava la carta. Guardandosi prima in grembo e poi attorno, cercando il diario dove era fino ad un attimo prima, non lo trovo'. Inorridito torno' a fissare lo scrittoio: la pioggia passava in gocce grosse e pesanti spinte dal vento attraverso il vetro rotto esattamente sopra il diario.
Con una imprecazione Marco scatto' in piedi, correndo verso lo scrittoio. Caccio' un grido e cadde a terra quando poso' un piede nudo sopra uno dei frammenti di vetro.
Ed attraverso il vetro rotto, il vento ora freddo, continuava a soffiare la pioggia all'interno, e al contempo sfogliava le pagine del diario, bagnandole una ad una e cancellando l'inchiostro delle scritte con cui erano coperte, sbavandolo e fondendolo in una serie di macchie scolorite e sfocate...

Marco si sveglio' di soprassalto, il respiro mozzato e un gran dolore al piede destro. Reprimendo un conato di vomito tiro' via le coperte da sopra i piedi. Le lenzuola erano macchiate di sangue, ed un frammento lucido di vetro spuntava dalla pianta del piede. Marco lo estrasse con un singhiozzo e si alzo' dal letto, camminando fino all'armadio dove stavano i medicinali, incurante del sangue con cui macchio' il tappeto ed il legno bianco della betulla del pavimento.
Mentre si medicava e fasciava la ferita fu colto da un paio di giramenti di testa, ma si sforzo' di completare la medicazione quindi si lascio' cadere riverso sul letto. Sprofondo' immediatamente in un sonno agitato molto vicino ad uno svenimento, ed in quello stato trascorse il resto della notte.
Al risveglio la stanza era inondata di luce, ma la confusione nella testa di Marco era tale che non si rese conto, ne' tanto meno si chiese, se fosse mattino presto o mezzogiorno. Barcollo' fuori della camera, indossando il pigiama e senza infilare le pantofole, dimentico della fasciatura insaguinata al suo piede. Scese a piano terra, scivolando un paio di volte sui gradini ripidi, ed entro' nello studio. Si guardo' intorno con occhi inniettati di sangue, cercando i vetri rotti della finestra e il piccione morto. Non c'era niente. La stanza era linda e ordinata come le cleaners l' avevano lasciata. Lo sguardo gli cadde sul diario. Era aperto alle prime pagine, come se qualcuno lo avesse sfogliato.
Io non l'ho toccato!
La certezza che la sera precedente, quando era andato a letto, il diario fosse chiuso era forte.
Prima di rendersi conto di cosa stava facendo Marco aveva preso il diario e stava letteralmente correndo, in un barcollare affrettato che lo fece sbattere un paio di volte contro un muro, verso la porta di ingresso. Un annaspare maldestro intorno alla serratura e fu fuori, oltre i due gradini della soglia e sul ghiaino del piazzale. Il diario volo' quanto piu' lontano Marco riusci'a lanciarlo, scomparendo fra i cespugli di weigelia vicino alla siepe di confine. Nel lanciare il diario Marco perse l'equilibrio e cadde sulle mani e le ginocchia. Rimase li' a singhiozzare.

Da un punto nascosto fra gli alberi all' interno della proprieta', l'uomo con il cloth cap osservo' Marco uscire di casa, lanciare il diario fra i cespugli e cadere sulle ginocchia nel piazzale. Accanto a lui, l'agente immobiliare disse: -We agreed that he wouldn't have been harmed!
L'uomo col cloth cap si giro' a guardarlo. Nei suoi occhi non c' era il minimo cenno di simpatia o cedimento. Era come se un fuoco bruciasse in quegli occhi neri. L' agente immobiliare scambio' nervosamente di mano la ventiquattrore, un poco intimorito da quello sguardo.
-You have been paid. You can't withdraw now.
-I don't mean to withdraw! But you agreed to don't harm him.
L'uomo col cloth cap torno' a guardare Marco, che si stava rialzando da terra e che, zoppicando, rientro' in casa e si chiuse la porta alle spalle.
-He will not be harmed. But the passage is still too narrow, and we need him to open it more for us. I must push on him to do it.

Tempo, dopo, quanto Marco non aveva idea, seduto al tavolo in cucina ripenso' al suo gesto e al sogno. Alla ferita al piede, la seconda durante due sogni simili, non voleva pensare.
Nel sogno stava leggendo il diario. Letteralmente. Lo sfogliava e leggeva le parole, scritte con quella calligrafia nitida e senza sbavature, sottile e regolare, priva di svolazzi. Leggeva cio' che ci era scritto quando in sogno e' impossibile leggere. O quanto meno non semplice... Affondo' la testa nel palmo delle mani e sospiro'. Ne usci' un singulto.
"Che mi succede?" si chiese. "Devo andarmene da questa casa!"
Alzandosi di scatto e rovesciando la sedia a terra Marco ando' a prendere le chiavi della macchina, usci' di corsa di casa e si infilo' nell'auto, sbattendo la portiera violentemente. Inseri' la chiave con mano tremante, tiro' un paio di respiri profondi per rilassarsi... Non vuoi ingolfare il motore come ieri, vero?... disinseri' la marcia e premette la frizione. Giro' la chiave, pronto a dare gas al momento giusto. Il motorino di avviamento giro' un paio di volte a fatica, quindi si fermo' con un gemito.
Marco scosse la testa, ormai sull'orlo della disperazione. Giro' di nuovo la chiave: il quadro gli mostro' delle spie opache. Spense il quadro e provo' di nuovo: questa volta il quadro non si accese affatto. Lasciando cadere la testa contro il volante scoppio' a piangere.
Ando' avanti in un pianto sordo per alcuni minuti, che si esauri' lentamente nel nulla della sua mente stordita dalla mancanza di sonno. Piano piano Marco riacquisto' un poco di lucidita', abbastanza per realizzare che stava seduto nell' auto con indosso il solo pigiama. Allora scoppio' in un cachinno isterico, che si prolungo' tanto quanto era durato il pianto.
Stava ancora sghignazzando fra se e se quando usci' dall'auto.

Dal loro nascondiglio fra gli alberi, l'uomo col cloth cap e l'agente immobiliare osservarono tutta la scena, dalla corsa in auto alla risata isterica passando per il pianto a singulti. L'uomo col cloth capp guardo' con silente soddisfazione Marco che nuovamente zoppicava dentro casa, lasciandosi dietro alle spalle la portiera dell'auto spalancata; l'agente immobiliare lo guardo' con preoccupazione venata di senso di colpa.
-Tonight we could be able to pass through-, disse l'uomo col cloth cap. -If you'll help us.
L'agente immobiliare lo guardo' di sguincio.
-He will open the passage for us, if you'll... lead him.
-What do you mean?

Le parole dell'uomo col cloth cap furono come polvere sulla lingua, aride e sterili come gli anni trascorsi senza scopo.  

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